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Tentativi di sostenibilità: l'ecotessera di Alba

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Una delle tasse più odiose agli occhi dei contribuenti italiani è senz'altro la TARSU, la tassa sui rifiuti. Moltissimi cittadini si lamentano del fatto che l'importo annuale sia calcolato sulla base dei metri quadri della propria abitazione, e non sulla base dei volumi di spazzatura effettivamente prodotti.
Per passare alla tariffa, e calcolare l'importo dovuto sulla base del volume dei rifiuti effettivamente prodotti, occorrerebbe dotare di dispositivi elettronici, come i microchip, i cassonetti della spazzatura, che dovrebbero "riconoscere" ciascun utente che conferisce rifiuti attraverso la lettura di una scheda elettronica, e registrare i quantitativi consegnati. Una spesa ingentissima, se si pensa al numero di cassonetti presente in una grande città.
Eppure, è possibile vedere premiati i cittadini virtuosi nella gestione dei loro rifiuti grazie ad iniziative come quella del Comune di Alba in provincia di Cuneo che, grazie ad una semplice tessera a punti, premia chi si impegna seriamente nella raccolta differenziata. 
Di che cosa si tratta?


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La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili

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Dopo un'estate e un autunno di intenso lavoro, è appena uscito il mio manuale dal titolo La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili, edito da Dario Flaccovio Editore. 
Come ho già avuto modo di sottolineare (e documentare) nei post di questo blog, negli ultimi anni la legislazione in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili ha subito molti, troppi stravolgimenti, non sempre all’insegna della linearità e della coerente programmazione, che hanno sovente messo in difficoltà i cittadini e le imprese, da un lato, e le pubbliche amministrazioni, dall’altro.
Negli anni il sistema è stato indubbiamente semplificato, ma non è ancora semplice da capire, da interpretare, da applicare.
Nella mia attività di consulente ambientale vengo quotidianamente in contatto con diverse realtà, da cui emergono interrogativi specifici e complessi, dettati da esigenze pratiche, a cui occorre dare una risposta adeguata. Spesso questo si rivela un obiettivo difficile da raggiungere.
Tali motivi mi hanno spinto a tentare di mettere ordine nel mare magnum di norme, regolamenti e prassi del diritto dell’ambiente e dell’energia, stratificatosi negli anni, attraverso la lettura in filigrana della normativa e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza. Quest’ultima ha assunto il ruolo di indispensabile strumento per comprendere le dinamiche applicative delle normative indirizzando l’azione amministrativa e, soprattutto, consentendo agli operatori di muoversi con meno incertezze, e maggior celerità, nel settore.
Lo scopo di questo manuale è quello di fornire una chiave di lettura teorico-pratica, basata sulla necessità del conoscere per sapersi muovere: in questo contesto politico-normativo, che probabilmente cambierà ancora le regole tecniche in materia di fonti di energia rinnovabile, infatti, orientarsi dal punto di vista giuridico nel settore della produzione di energia elettrica da f.e.r. costituisce quel quid pluris che il manuale si prefigge di dare a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
Si tratta di un approccio integrato che, limitando  l’excursus storico all’essenziale e all’attualità (capitolo 1), da ampio spazio all’analisi degli aspetti critici salienti della normativa, fra i quali spicca il complicato riparto di competenze (capitolo 2) che paralizza ab initio l’intero sistema. Quindi, si passa all’interpretazione giurisprudenziale delle principali problematiche applicative (capitolo 3), mentre il quarto capitolo rappresenta una guida particolareggiata ai numerosi incentivi economico-fiscali che, nel tempo, il legislatore ha introdotto nel sistema normativo, diversificandoli per singola fonte rinnovabile, in modo da permetterne lo sviluppo sostenibile, sulla base delle rispettive, specifiche caratteristiche. Il quinto e ultimo capitolo è infine dedicato alle legislazioni regionali, evidenziandone peculiarità e criticità.

Per ulteriori informazioni segnalo la recensione de La consulenza giuridica sulle fonti rinnovabili pubblicata su quotidianocasa.it


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Campionato solare termico 2011

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Lo scorso 22 settembre sono stati presentati a Bolzano i vincitori della competizione annuale di Legambiente Campionato Solare Termico. I comuni di Terento (BZ), Torre San Giorgio (CN) e Prato allo Stelvio (BZ) sono i primi tre classificati, premi speciali invece a Vaiano e Padova per i migliori progetti locali. 

Il Campionato Solare seleziona ogni anno le città più virtuose in materia di fotovoltaico e solare termico: i vincitori sono dunque i comuni “più solari” d’Italia, quelli più avanti nella rivoluzione energetica che il solare consente di realizzare come alternativa alle fonti fossili.

I criteri alla base della classica sono molteplici e tengono conto di diversi fattori, perché mettono in luce i risultati più importanti realizzati nei Comuni in termini di risposta del solare ai fabbisogni delle famiglie (elettricità e acqua calda sanitaria, riscaldamento delle case) e sono elaborate in funzione della popolazione residente, proprio perché diverse sono le situazioni nei grandi, medi e piccoli comuni. Inoltre, punteggi “bonus” sono assegnati ai comuni che hanno favorito lo sviluppo del solare attraverso precise politiche energetiche, come i Regolamenti Edilizi, e per progetti energetici realizzati in aree degradate o soggette a bonifica e sono “premiati” gli impianti fotovoltaici su tetti o coperture rispetto a quelli a terra, proprio perché una delle opportunità del solare consiste nell’avvicinare domanda e produzione di energia. 

  1. A Terento, primo classificato, sono collocati ben 186 impianti distribuiti tutti su tetti e coperture. In questo piccolo comune altoatesino, il contributo del fotovoltaico copre al 100% i fabbisogni elettrici delle famiglie residenti, grazie a 834 kW di impianti fotovoltaici installati, mentre sono 1.800 i mq impianti termici che permettono ridurre sensibilmente le bollette delle famiglie. 
  2. A Torre San Giorgio, in provincia di Cuneo, sono installati 3,3 MW fotovoltaici, con una crescita di ben 2,6 MW solo nell’ultimo anno, e 1.556 mq di pannelli solari termici di cui 1.000 su un originale impianto a parete verticale di un’azienda locale. 
  3. Prato allo Stelvio può vantare 1.100 mq di pannelli solari termici e 5,6 MW di impianti fotovoltaici distribuiti in 99 impianti, e grazie al suo articolato e integrato sistema di impianti da fonti rinnovabili è al 100% rinnovabile sia per la parte elettrica che per la parte termica. 
Come si diceva, 2 premi speciali sono andati, per l’impegno e le scelte effettuate, al Comune di Padova per il progetto di solarizzazione degli edifici comunali, che ha portato a installare 52 impianti, e al Comune di Vaiano (Po), per il progetto di un impianto fotovoltaico integrato realizzato in una ex discarica. 

Il Campionato Solare è una competizione tra comuni, nata allo scopo di diffondere la cultura del solare termico e fotovoltaico nei territori italiani. E’ curato da Legambiente e realizzato in collaborazione con la Fiera Klimaenergy di Bolzano, dove sono stati presentati appunto i risultati dell’edizione 2011, e alla quale hanno partecipato 3.921 comuni italiani (il 48,4% del totale), ossia quelli che ospitano sia impianti solari termici che fotovoltaici. 
Non necessariamente si tratta di piccoli comuni (2.260 dei comuni partecipanti hanno meno di 5.000 abitanti), perché 1.276 sono comuni medi (tra 5.001 e 20.000 abitanti), 341 sono medio grandi (con un numero di abitanti compreso tra 20 mila e 100 mila) e ben 44 sono grandi comuni (> 100.000 mila abitanti). 



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I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato potrebbero essere presto acquisiti al Patrimonio Unesco

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Venerdì 21 gennaio a Parigi è stato ufficialmente presentato, negli uffici dell’Unesco, il dossier di candidatura per l’iscrizione nella lista dei beni patrimonio dell’Umanità dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Si tratta dell’unica candidatura italiana per il 2011, candidatura che ha avuto il via libera dal gruppo di lavoro interministeriale (Affari Esteri, Politiche Agricole, Beni Culturali ed Ambiente).


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Detrazione 55% story

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Per chi si accinge a ristruttare la propria casa nell'anno 2011, e per gli artigiani chiamati a realizzare tali lavori, queste sono ore convulse: si attende il comunicato ufficiale del Governo - e soprattutto il testo - relativo alla proroga per il 2011 della detrazione del 55% per interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

In un primo tempo, la notizia della bocciatura degli emendamenti di FLI e PD volti ad ottenere la proroga delle misura nella Finanziaria (ora Legge di Stabilità) per il 2011, aveva destato scalpore e le polemiche di diverse associazioni di categoria.

La detrazione del 55% ha infatti creato una serie di importanti effetti positivi sull'economia: la crescita di posti di lavoro in comparti quali quello dei serramenti (in misura maggiore) e delle ristrutturazioni di involucro degli edifici (in misura minore, perché si tratta di interventi più complessi per i consumatori); la riqualificazione energetica di una ingente quantità del parco immobili italiano, un ottimo strumento per il raggiungimento degli obiettivi europei sulle riduzioni di CO2.

Qualcuno dice, senza mezzi termini, che l'iniziale chiusura del Governo verso la proroga della detrazione sia stato un éscamotage per non rallentare la corsa alle riqualificazioni negli ultimi mesi del 2010. 



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Bioplastiche di seconda generazione

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Dalle bioplastiche di prima generazione ai biopolimeri non più in concorrenza con le colture alimentari.

Negli ultimi anni, abbiamo guardato allo sviluppo delle bioplastiche, derivanti dal mais o dalla canna da zucchero, con un certo scetticismo, perché sembrava che la tecnologia ci avesse portato di fronte ad una dicotomia difficilmente sanabile: food versus no food. In un'epoca in cui metà del Pianeta soffre la fame, pensare di coltivare alcuni alimenti per ricavarne sostanzialmente plastica sembrava / sembra una cosa blasfema.

Ma lo sviluppo tecnologico scatenatosi in questi ultimi anni viaggia così velocemente che presto, anzi direi ora, avremo di fronte una nuova realtà: una seconda generazione di biopolimeri che utilizzano sì materiale organico, ma non in concorrenza con le colture alimentari. L'americana Rotuba utilizza la polpa di legno, mentre la giapponese Denso l'olio di ricino. Altre stanno cominciando ad utilizzare le alghe: con queste si produce il bioetanolo, che verrà poi utilizzato come materia prima per sviluppare bioplastiche.
Gli ultimi arrivati come materia prima per bioplastiche sarebbero addirittura i liquami di fogna. Raffinati da batteri naturali, i liquami si strasformano in biopolimeri, pare anche di alta qualità. C'è una start - up, la Micromedas, nata in seno all'Università della California, che ha sviluppato questo progetto: se si arrivasse alla produzione industriale, risulterebbe alleggerito anche il lavoro dei depuratori.

Ma quali sono gli utilizzi delle bioplastiche? Intanto le ritroviamo nelle nuove buste della spesa, dato che  le vecchie borse in polietilene sono state definitivamente messe al bando perché troppo inquinanti. Oggi al loro posto utilizziamo principalmente i sacchetti in Mater-B, la linea di biopolimeri dell'italiana Novamont. Altri utilizzi si hanno nel packaging, nell'informatica (per esempio nei pc portatili), negli interni delle automobili, nelle scarpe e perfino con i capi di vestiario.

Sono ben lontani i tempi in cui al giovane Ben - protagonista del celebre film Il Laureato - veniva consigliato di cominciare a lavorare nella plastica, perché quello era il futuro.

Fonte: Le plastiche della natura, di Elena Comelli - Il sole 24 Ore del 20/05/10


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Critical City per una città sostenibile

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di Naide Della Pelle

Ieri leggo su un magazine un breve servizio a proposito di un progetto, Critical City e, incuriosita, mi connetto per saperne di più. In quel momento il sito di critical city è indispo-nibile, così comincio a consultare il blog di critical city per farmi un’idea. Non è facile definire Critical City.

Diciamo che è un modo “sociale” per riappropriarsi del proprio ambiente urbano, attraverso il gioco. Ti registri sul sito e scegli una mission, una missione, tra quelle proposte: per esempio girare un video in una zona degradata della propria città, proporre una soluzione – la costruzione di una rotonda, tanto per dirne una – per superare  in questo caso un problema di traffico…

Critical city connette le persone che vivono nella stessa città e connette il virtuale al reale.
Critical City si serve della tecnologia e ti consente, documentando il buon esito della tua missione, di acquisire un punteggio, che a sua volta ti permette di ottenere il controllo di quella zona della tua città, un po’ come nel Risiko. Chi partecipa alla stessa mission si conosce e scambia sms e video, interagendo appunto in modo reale e non solo virtuale.



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Medley ambientale

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Nelle pagine di Natura Giuridica ho parlato spesso di politiche ambientali, sottolineando la confusionaria arretratezza del legislatore italiano, (it)alieno da qualsiasi visione prospettica ed integrata, l’unica in grado di dare respiro ad un progetto serio, autorevole, efficace.

Abbiamo visto il nostro legislatore utilizzare le emergenze ambientali anche come ammortizzatori sociali, demandare (spesso) la tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente contro i fenomeni di inquinamento atmosferico alla decretazione d’urgenza o a strumenti inidonei allo scopo, usare, a volte, strumenti inadatti per supplire all’incapacità amministrativa dello Stato.

Abbiamo scoperto ministri che giocano di prestigi(acom)o, o intenti a mostrarsi come novelli robin hood, e delineato una classe politica starnazzante,“non connessa”.

Nelle pagine di Natura Giuridica ho cercato anche di analizzare la deriva energetica italiana, il deserto comunicativo, nonchè la figura dell'taliano medio, incastrato nella sua disonestà, che giudica impossibile raggiungere determinati obiettivi, raramente responsabile, a volte anche truffato (appena si distrae un po’), a volte esagerato, a volte verde, a volte per niente, neanche per sbaglio.

Ho anche sottolineato le mie perplessità di fronte ad un certo tipo di ambientalismo, incapace di dire un solo sì, o di offrire valide soluzioni alternative.

Ma ho anche dato qualche buona notizia, perché, per fortuna, esistono anche quelle (rigenerazione degli oli usati; stop al consumo di territorio; strategia rifiuti zero; umanità ad impatto zero; pale eoliche ed impatto verde; prove di economia sostenibile; la comunità ecoBlogica; ecoprofit; condanne esemplari; esperimenti fotovoltaici; il rumore del rimborso; il pugno duro della Cassazione sul disastro ambientale; il progetto europeo di informazione ambientale.

Ed è proprio di qui che voglio cominciare oggi: parlare del Piemonte, della sua strategia volta a fare della mia regione il motore ecologico d’Italia, dei progetti e degli strumenti di sostenibilità ambientale…

Prima, però, occorre una premessa, volta a sottolineare il ruolo della regione nella politica ambientale.
Nel suo intervento “L’ambiente: riflessioni introduttive per una tutela giuridica”, il Prof. Paolo Maddalena, Giudice della Corte Costituzionale, ha sottolineato la difficoltà di definire l'ambiente sul piano giuridico, e di indicare i presupposti giuridici della sua tutela (che, ovviamente, spetta al legislatore).
Si tratta, infatti, di concetti che si scontrano con una cultura giuridica
“tutta protesa verso il riconoscimento dei diritti individuali di libertà (là dove si tratta di diritti collettivi e di doveri collettivi), e che appare sempre più insensibile ad assegnare al diritto il compito di difendere e salvaguardare dei valori”
Nel lungo articolo, il Prof. Maddalena – che evidenzia la necessità di prendere una posizione sul piano filosofico – pone l’accento sulla profonda crisi del sistema normativo, nel quale
il diritto è pura forma e procedimento. Osservati questi, qualsiasi interesse può prevalere.
Tutto dipende dalla forza dell'interesse in gioco.
Ai valori si sostituisce la volontà di chi riesce ad influenzare la maggioranza politica.
Esiste, è vero, la Costituzione ed i valori che questa contiene, ma si deve tener conto che anche le norme costituzionali vanno interpretate e che, d'altro canto, la Costituzione può essere agevolmente cambiata.
Probabilmente il diritto ha perso molta della sua forza.
E' diventato un diritto mite, e può persino dubitarsi che esso sia sempre in grado di assicurare la tutela degli interessi generali.
D'altro canto, la stessa politica, profondamente malata, sembra dimentichi spesso che il suo compito è quello di perseguire, non interessi personali o di lobbies, ma il bene comune della Nazione.
Intanto i valori tradizionali, ed in particolare il valore della giustizia, sembrano regredire di fronte all'avanzata, possente e distruttiva insieme, dell'interesse economico.
Questa crisi in campo ambientale è più evidente che mai, e investe tutti i livelli di governo.

In Italia la prima legge ambientale risale al 1966 (c.d. “legge antismog”): nei vent'anni successivi, la legislazione in materia ha continuato ad essere sporadica, episodica, e si potevano contare poche altre fonti in materia.

A partire dal 1986 – anno in cui è stato istituito il Ministero dell'Ambiente – le normative in campo ambientale sono aumentate in maniera esponenziale, in assenza di un disegno unitario.

Le conseguenze non si sono fatte attendere:
  • è aumentato il tasso di incertezza del diritto, causato dalla contraddittorietà e dalla frammentarietà della normativa ambientale, e dalle sua spiccata settorialità;
  • è cresciuta la confusione nei rapporti fra le sue diverse fonti;
  • si sono moltiplicate sovrapposizioni di precetti e conflitti di competenza (il cosiddetto “inquinamento legislativo”).
Spesso, dietro il prescritto rigore formale delle regole generali si nascondevano ampie possibilità di deroga e di sanatorie, anche a “dispetto” del diritto comunitario.
Figlia di un modo di legiferare perennemente emergenziale (…continuamente prorogato…), la confusa legislazione ambientale ha creato notevoli problemi pratici fra gli operatori del settore, ha influito negativamente sullo sviluppo economico del nostro Paese (frenandolo) e, soprattutto, ha impedito un’efficace tutela dell’ambiente.

Negli anni '90 del secolo scorso si è aperto un dibattito in dottrina, volto a trovare soluzioni efficaci per ridisegnare l'assetto della normativa in campo ambientale.
Due gli obiettivi di fondo:
1. garantire la piena conformità delle leggi ambientali alla normativa europea, anche alla luce degli interventi della Corte di Giustizia e, soprattutto,
2. definire quella disciplina unitaria e orizzontale, necessaria a garantire coerenza ed uniformità al un sistema sovraccarico di norme, sottoposte a continue modifiche.

Dal 1997 il Governo, avvalendosi delle deleghe legislative contenute nelle più recenti leggi comunitarie, ha sottoposto alcuni settori ad una significativa opera di riforma: tuttavia, questi tentativi hanno lasciato inalterato il problema della eccessiva proliferazione delle norme, e non sono riusciti a coordinare fra di loro i diversi interventi normativi, che non hanno superato la loro natura settoriale.

In tale quadro normativo si è inserita la legge delega n. 308/04, sulla base della quale, nel 2006, è stato varato il c.d. “Testo Unico Ambientale”, il quale – nonostante lo “sforzo”, e al di là dei proclami – non è riuscito a rendere concrete le aspettative di semplificazione, razionalizzazione e coordinamento del diritto ambientale.
Tanto che l’attuale Governo – lo stesso che emanò in tutta fretta il “testone” alla vigilia delle elezioni del 2006 – ha proposto di ricominciare di nuovo tutto da capo, attraverso una nuova delega “a riordinare, coordinare ed integrare la legislazione esistente in materia ambientale”.
Ad ulteriore dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, dell’assoluta mancanza di una politica ambientale credibile ed autorevole.

Insomma, l’emergenza si è cronicizzata, la salute dell’ambiente (e quella dell’uomo…) ne paga le conseguenze…

Foto: “Los desafíos de la sustentabilidad - SGCG, UASLP, México, 2007” originally uploaded by Lucy Nieto




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Stop al consumo di territorio

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Sul sito del movimento Stop al consumo di territorio i promotori sottolineano che
l’Italia è un paese meraviglioso. Ricco di storia, arte, cultura, gusto, paesaggio.Ma ha una malattia molto grave: il consumo di territorio.
Un cancro che avanza ogni giorno, al ritmo di quasi 250 mila ettari all’anno.
Dal 1950 ad oggi, un’area grande quanto tutto il nord Italia è stata Seppellita sotto il cemento.
Il c.d. “limite di non ritorno”, è sempre più vicino.
Ma – per italica abitudine (o convenienza….e in alcuni casi anche per assuefazione al peggio…) nessuno ne parla…

Il mix “mortale “ fatto di mancanza di informazione e di pilotata disinformazione costituiscono uno dei peggiori mali di un consumismo (che consuma anche territorio) al quale, se non viene posto un freno, rischiamo di soccombere…“quasi” senza accorgercene…

Per fortuna che c’è chi lotta, in nome di valori che riguardano tutti, e che tutti dovrebbero, pro quota, contribuire a salvaguardare…

Pervasi di cultura sostenibile, i promotori di “Stop al consumo di territorio” stanno utilizzando ogni tipo di mezzo per diffondere i sacrosanti principi di cui si sono fatti portatori.

Oltre alla tradizionale partecipazione ai numerosi eventi organizzati in materia di ambiente (io li ho conosciuti a Bra, durante la premiazione AICA), il loro canale di informazione privilegiato è la rete

Hanno appena fondato un gruppo su Facebook, che conta ormai già 3288 iscritti; e 1668 sono coloro che si sono registrati sul sito del movimento.

Sabato 14 febbraio 2009 è stata organizzata la presentazione del movimento di opinione per salvare i suoli rimasti agricoli e boschivi: perche' si costruisca, si conservi e si ristrutturi nell'ambito del patrimonio edilizio esistente.

Di seguito riporto il programma della manifestazione: "Stop al consumo di territorio"

Assemblea-dibattito di Alba
Sabato 14 Febbraio 2009, ore 16
presso la Sala Beppe Fenoglio
in via Maestra
(Via Vittorio Emanuele,19)


Modera Roberto Cavallo della Coop. Erica

Parteciperanno:

Elio Sabena, Gino Scarsi, Beppe Marasso, Gianni Rinaudo e
Flavia Bianchi, Responsabile del Settore Territorio di Legambiente Piem.
Primi firmatari del manifesto nazionale del neonato Movimento “Stop al Consumo di Territorio”;

Francesco Vallerani docente di Geografia presso l'Università di Venezia Ca' Foscari si è occupato recentemente non solo delle relazioni tra il declino dei paesaggi e l'angoscia sociale, ma anche di strategie per il recupero ambientale

Giorgio Ferrero - Ex Presidente Coldiretti Piemonte, Componente CNEL Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

Tutta la cittadinanza e’ invitata a partecipare

Maggiori informazioni su: www.stopalconsumoditerritorio.it - www.altritasti.it




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Strategia rifiuti zero, inceneritori e cementifici

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Dopo l’intervento del Prof. Paul Connett, è interventuto il responsabile rifiuti di Legambiente Piemonte, Michele Bertolino, che ha illustrato il contesto generale sulla gestione dei rifiuti in Provincia e in Piemonte (facendo riferimento anche alla situazione dei quattro consorzi della provincia – CEC – ACEM – COASBER e CSEA) e, per quanto riguarda l’incenerimento di rifiuti nei cementifici – forse il tema più caldo della serata – ha affermato che
“l’utilizzo in co-combustione serve a ridurre gli impatti ambientali degli impianti esistenti”.
A prescindere, in questa sede,
  • dall’aspetto tecnico (non sono in grado di dire se effettivamente i cementifici hanno dei sistemi di filtrazione meno efficienti di quelli di un inceneritore…) e
  • da quello economico (faccio riferimento anche a quanto, con dovizia di riferimenti normativi, ha brillantemente spiegato l’Ing. Bosco, durante il suo lungo intervento, in relazione al duplice “incentivo” di natura economica per quegli impianti che si vogliono considerare centri di profitto e non di costo)
che pure sono importanti in una considerazione globale e di strategia a medio–lungo termine, vorrei soffermarmi proprio su quanto affermato da Bertolino.E affrontare le problematiche connesse all’incenerimento dei rifiuti da un punto di vista logico-giuridico-strategico.

Il responsabile rifiuti di Legambiente Piemonte è stato duramente (rectius: politicamente…) attaccato dall’assessore provinciale all’ambiente (proprio per questo “ripreso” dal pubblico, attento, partecipe e non disposto a farsi prendere in giro dal politichese), che si è preso “la briga e di certo il gusto” di affermare che le parole di Bertolino sono il segno più evidente della sua militanza nel “partito dell’incenerimento”, in totale contraddizione con lo spirito della strategia rifiuti zero…

Non si tratta di prendere le difese di Bertolino, o di volersi schierare aprioristicamente (sempre e comunque, a prescindere dalla bontà delle “offerte politiche” – ammesso e non concesso che al momento attuale ci siano – di volta in volta proposte…) da una parte o dall’altra della barricata che sembra impedire, nel nostro diviso paese, un dialogo effettivo, e non solo di facciata.

Le parole di Connett sulla responsabilità che ognuno di noi deve avere – che necessariamente si deve rapportare con quella di tutti gli altri – anche come antidoto alla noiosità della classe dirigente, e come strumento di promozione e sensibilizzazione verso un nuovo modo di intendere la società, dovrebbero farci riflettere…

Credo che, specie nella delicata fase attuale, si debba procedere risoluti nel perseguimento dell’obiettivo, ma anche con una certa cautela nella metodologia…e (cercare di) cogliere tutte le sfumature e le implicazioni della questione ambientale e della complessa strategia che vorremmo ci portasse ai rifiuti zero.
In altre parole: occorre gestire il cambiamento, e domandarsi quale sia, medio tempore, la soluzione meno indolore possibile per raggiungerlo.

Certo, l’incenerimento è antitetico alla raccolta differenziata: considerazione peraltro alquanto ovvia, ma che non può essere perennemente decontestualizzata (cioè parlare di incenerimento senza ulteriori specificazioni, quantomeno opportune e doverose).

Personalmente sono contrario non solo alla costruzione di nuovi inceneritori, ma anche al mantenimento, ampiamente sovvenzionato, di quelli attuali, finanziati attraverso la perversa applicazione del sistema CIP6, nato come un giusto e importante incentivo, funzionale ad una specifica politica energetica (favorire le fonti di energia rinnovabili), trasformato, di fatto, in un’iniqua sovvenzione ai “soliti noti”.

Ammesso e non concesso che l’incenerimento dei rifiuti sia una soluzione sostenibile, se gli imprenditori del fuoco vogliono bruciare rifiuti, che ce la facciano con i loro mezzi (il sacro fuoco della libera e sfrenata concorrenza, del resto, non fa parte della mentalità liberista?), senza alimentare con soldi pubblici un circolo vizioso (più rifiuti, più brucio, più guadagno…), anziché quello virtuoso proposto da Connett, che condivido.

Ad ogni buon conto, gli inceneritori bruciano rifiuti e basta, e costituiscono una pura e semplice operazione di smaltimento, anche se incidentalmente avviene un recupero di energia (cosa che “autorizza” i fautori di questa soluzione a utilizzare pomposi termini quali termovalorizzazione, per creare quella confusione semantica – cui facevo riferimento nel post di ieri – sulla base della quale cercare di creare consenso).

L’incenerimento dei rifiuti nei cementifici, invece – per quanto l’operazione possa non essere condivisibile (si tratta pur sempre di bruciare rifiuti, ovvio) – costituisce un’operazione di recupero energetico – per usare i termini del Giurista ambientale, quale sono – e, allo stato attuale, consente di “ridurre gli impatti ambientali degli impianti esistenti”, i quali, se non bruciassero rifiuti, brucerebbero comunque qualcos’altro (petrolio, olio combustibile, pet-coke, ….)

Si tratta di una differenza di non poco conto – dettagliatamente spiegata in due importanti sentenze del 2003 dalla Corte di Giustizia delle comunità europee.

Ritengo questa precisazione doverosa, sia per contraddire quanto affermato dall’assessore provinciale, sia per rispondere a quanti fra il pubblico (rappresentante VAS) – nel bailamme creatosi in seguito alle giuste contestazioni… “economiche” mosse nei confronti dei cementifici – deviando in parte dall’argomento principale della serata (strategia rifiuti zero) hanno considerato che, a questo punto, è comunque meglio l’incenerimento in un impianto dedicato (controlli pubblici) rispetto a quello in un cementificio (denuncia e controlli meno “continui e pregnanti”).

Non è questa la sede per unalteriore approfondimento della materia: quello che appare evidente è la confusione intrinseca della problematica, alimentata da virutosismi linguistici, da considerazioni emotive e da pregiudizi ideologici.
La soluzione, dunque, non appare semplice, e se non si pongono le basi per creare un sostrato culturale con il quale affrontare un dialogo effettivo e sensato (un linguaggio che permetta di capirsi, senza fraintendimenti), la semplice responsabilità personale (indispensabile al pari delle altre forme di responsabilità, e delle loro interazioni, fondate anche sul confronto e sul dialogo), non sarà sufficiente per arrivare alla società dei rifiuti zero, che rischia di rimanere solo uno sbiadito sogno…

Come il rappresentante di Legambiente, non sono a favore degli inceneritori ma, essendo un ambientalista con i piedi per terra e senza paraocchi preconfezionati (da qualcun altro), ritengo che, medio tempore, nella fase della necessaria pianificazione della strategia rifuti zero, quella dell’incenerimento dei rifiuti nei cementifici (con le dovute cautele tecniche e senza alcun tipo di incentivazione economica) sia la soluzione temporanea meno invasiva per ridurre gli impatti ambientali degli impianti esistenti (che comunque brucerebbero altro, in aggiunta a quanto brucerebbero gli inceneritori tout court), e per tamponare il problema connesso alla gestione dei rifiuti (che adesso, che non siamo la società dei rifiuti zero, esistono, e costituiscono un problema che va affrontato).

Solo in questo modo, credo, si può aspirare a costruire, se non proprio la società rifiuti zero (che, forse, in quanto assoluta non è realisticamente immaginabile), almeno una società che tenda il più possibile verso questo obiettivo: mi sembrerebbe già un ottimo risultato.



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Strategia rifiuti Zero: Paul Connet a Cuneo

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Ieri, 3 febbraio 2009, nel centro incontri della Provincia di Cuneo si è tenuta un’interessantissima conferenza sulla “Strategia rifiuti zero”, tenuta dal Dr Paul Connett, Professore Emerito di Chimica presso la St Lawrence University di Canton, New York.

Finalmente una buona notizia, non solo per l’intervento in sé del Prof. Connett – interessante, coinvolgente, dettagliato, appassionato, comunicativo, a tratti esilarante – ma anche per l’attenta partecipazione del pubblico, numeroso, informato, curioso, pronto a fare domande precise (che a volte lasciavano intravedere conoscenze di dettaglio degne di nota) e a protestare vibratamente quanto il politico di turno ha cominciato ad allargarsi un po’ troppo, inanellando una serie di…“castronerie”, poi prontamente negate, rettificate e seppellite dall’uso di un pedante politichese, infarcito di toni da propaganda elettorale.

Fra qualche mese in provincia di Cuneo si vota per il rinnovo della giunta provinciale, e l’assessore all’ambiente in carica – che ricorda vagamente nell’aspetto un noto esponente di Confindustria, e nei modi, un “po’ troppo” sopra le righe, il suo “maestro di rettifiche” – non ha mancato di polemizzare, a volte anche a sproposito, con il responsabile rifiuti di Legambiente Piemonte, Michele Bertolino…il quale, punzecchiato anche da un ragazzo del pubblico per essersi “reso colpevole” di aver fatto da traduttore all’ottima relazione del Prof. Paul Connett, a mio avviso è stato lucido nell’esposizione, sciorinando dati e, parlando senza peli sulla lingua, ha soprattutto detto “cose” sensate, in relazione ai due argomenti tema della serata: strategia rifiuti zero come alternativa unica e credibile all’insostenibilità delle discariche e all’assoluto “non-sense” dell’incenerimento.

Dimostrando, anche in questo caso, di sapere “qualcosa” in più sull’argomento rispetto al politico che, al di là della facciata, e senza l’aiuto dei suoi collaboratori (più volte invocati, ma misteriosamente dileguatisi a metà serata), si è dovuto arrampicare sugli specchi per sostenere l’insostenibile (e negare l’evidenza), e nascondere il fatto che non conosce la differenza fra l’utilizzo di un combustibile non convenzionale in un inceneritore piuttosto che in un cementificio….ma su questo punto ritornerò nei prossimi post….


La relazione del Prof. Paul Connett, dopo una panoramica generale, partita dall’analisi sulle diverse sfide che l’uomo dovrà sostenere nel XXI secolo, rispetto a quello precedente (si è passati da una gestione dei rifiuti ad una gestione delle risorse; il “punto chiave” oggi non è più la sicurezza, ma la sostenibilità; il modello lineare della società – estrazione, produzione, consumo, rifiuti – si scontra con il mondo che invece segue una logica circolare), ha cominciato la sua puntuale requisitoria contro il modo di sotterrare (discariche) o bruciare (inceneritori) le prove del fallimento del modello iperconsumistico di una società progettata per crescere macchine da consumo, pronte a disfarsi dell’oggetto dei propri desideri per inseguirne sempre nuove, ed effimere, chimere di (in)felicità…

L’unica soluzione credibile, che si fonda sulla responsabilità di ogni cittadino, è quella che affronta i problemi, e cerca di risolverli in modo coerente e sostenibile, evitando inutili sprechi di risorse, denaro, opportunità…

A questo riguardo, il Prof. Paul Connett ha sottolineato che l’incenerimento dei rifiuti è uno spreco di denaro pubblico, di preziose risorse materiali, di energia, di un’opportunita’ di combattere il riscaldamento globale del pianeta.

È passato, quindi, ad una disamina delle conseguenze dannose per la salute umana delle c.d. nanoparticelle e all’attacco frontale (e personale) nei confronti del nostro ex ministro della Sanità, Veronesi, il quale di recente si è lanciato in affermazioni quantomeno discutibili, non solo in relazione al “rischio zero” (cancro…) dell’incenerimento dei rifiuti, ma anche con riguardo alle problematiche connesse all’utilizzo degli OGM…
In definitiva, “l’inceneritore è un tentativo di perfezionare una pessima idea”

Effettuata questa doverosa premessa, volta a contestualizzare le problematiche connesse alla gestione dei rifiuti, la sua relazione, a questo punto, è entrata nel merito della questione principale: cos’è la strategia rifiuti zero e come attuarla nel concreto?

La considerazione iniziale è la seguente: il trattamento dei rifiuti non è un problema tecnologico, ma di strategia, organizzazione, educazione e progettazione industriale.

Per inseguire e realizzare la strategia zero rifiuti occorrono:
1. (a monte) responsabilità industriale (progetto industriale di sostenibilità; produzione pulita; responsabilità della catena di produzione ,
2. (a valle) responsabilità della comunità (separazione alla sorgente; raccolta porta a porta, che costituisce il trampolino per la realizzazione della strategia rifiuti zero) e
3. una buona leadership politica (per saldare insieme le prime due)
Non sono mancati esempi concreti di attuazione di questi comportamenti (fabbrica di birra nell’Ontario, Xerox con i componenti dei prodotti elettronici).
Infine, prime delle conclusioni, Paul Connett si è soffermato sull’importanza dei centri di ricerca – laboratori di sostenibilità – sull’analisi di quanto sta avvenendo a Capannori (Lucca), primo comune italiano ad aver dichiarato di voler realizzare la strategia rifiuti zero e sulle interazioni delle interazioni che quest’ultima produce (un sistema di migliaia di “green boxes”).


L’invito finale al pubblico è: “divertitevi”, nella "battaglia" contro i consulenti pagatia peso d'oro, sulle note di un’inaspettata, quanto divertente canzoncina, intonata da un comunicatore formidabile, capace di parlare con leggerezza di temi cupi e drammaticamente importanti…

We don’t want incineration
We don’t want incineration
We don’t want incineration
We know there’s a better way!
Mine eyes have seen the garbage
That’s a smoldering on the grate
We must stop incineration
Before it is too late
Unless we wish the dangers
We had better separate
And we must do it now!

Tutt’altra musica, rispetto a quanto (non) avvenuto venerdì 30 gennaio 2009 a Bra, dove il convegno pubblicizzato dall’associazione internazionale di comunicazione ambientale si è risolto in un autoreferenziale spot pubblicitario di iniziative vaghe, insussistenti, a volte fastidiose, un po’ snob, che non rimarrà nella memoria neanche di quei quattro gatti (fra i quali ero presente anch’io…) che hanno deciso, in assoluta buona fede, di dedicare parte del proprio tempo libero per cercare di comprendere e comunicare meglio l’ambiente.

Nel prossimo post dirò la mia su quanto avvenuto nel dibattito che ha seguito la relazione del Prof. Paul Connett “Strategia rifiuti zero”, nella quale, accanto a puntuali interventi da parte del pubblico, è emersa una certa “confusione semantica” (oltre che nozionistica, politica, civica) da parte di alcuni cittadini, ma soprattutto di quegli amministratori che dovrebbero prendere decisioni molto importanti, ma si riducono a perpetrare, in modo noioso, una perenne, vuota, inutile e dannosa campagna elettorale.

Paul Connet - Cuneo, 3 febbraio 2009 - Slides



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Pale eoliche e rivoluzione verde

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Il Paese che fece la rivoluzione verde nel vento

C’è un Paese dove il governo, e soprattutto il premier, sono in difficoltà e per recuperare il calo dei consensi hanno deciso di lanciare una rivoluzione verde, ossia un investimento di 125 miliardi di Euro in pale eoliche.


Tanto tempo fa il Premier era un convinto sostenitore del nucleare ma qualcuno, più di una volta, gli ha fatto notare la spinosa questione delle scorie: nell’attesa che la radioattività dell’uranio si esaurisca in modo naturale, o che la ricerca ci dia nuove idee per liberarci dalle scorie, si pongono delle questioni cruciali: dove depositare le scorie e quanto costa liberarsene utilizzando le attuali tecnologie.

Nel frattempo, il mondo è ripiombato in una crisi energetica simile a quella della fine degli anni ’70: i combustibili fossili vanno esaurendosi ed urge trovare nuove fonti energetiche prima che diventi costoso non solo usare l’automobile, ma anche tenere in piedi le produzioni industriali.

Così questo Premier – che non deve essere poi una così cattiva persona – ha commissionato delle indagini scientifiche ed ha scoperto che i venti che battono le coste del suo Paese potrebbero produrre tanta energia da soddisfare il fabbisogno interno.
Senza contare che la rivoluzione eolica produrrebbe tanti nuovi posti di lavoro senza lo straccio di una scoria e ridurrebbe la dipendenza delle attività produttive dal costo del petrolio.

I Cittadini sono molto scontenti dell’operato del Governo e, alle ultime elezioni locali, hanno votato il partito avversario facendo capire al premier che ha i minuti contati.
Vi sono già dei candidati pronti a sostituirlo: un ministro che ha 37 anni ed un altro che ne ha ben 43.

Come avrete capito, non si tratta dell’Italia.

Il progetto, che piace ai Cittadini, deve quindi essere avviato alla svelta perché le 7.000 turbine che occorrono per convertire il movimento delle pale eoliche in energia saranno costruite in circa 12 anni.

Auguro al Premier di riuscire a fare la rivoluzione verde e di recuperare così quel tanto di consensi che gli occorrono per terminare in bellezza il suo mandato ed avviare per bene il suo progetto.

Ah, dimenticavo: il Paese è la Gran Bretagna, il premier è Gordon Brown e le pale saranno installate in Cornovaglia.

Naide Della Pelle

Foto “Natures Mirror” originally uploaded by Sebalbert



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Rigenerazione oli usati: è bello ogni tanto essere i primi della classe

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Un esempio di come anche nel paese del gattopardo le cose possano funzionare. Basta volerlo

Nel post “Dai bulloni alla teoria dei sistemi aperti”, Naide chiosava dicendo che
apportando alcuni correttivi alla filiera di produzione (ad esempio, utilizzando materiali organici in alcune fasi della lavorazione) si fa in modo che gli scarti prodotti siano a loro volta scomponibili ed utilizzabili come materie prime per altre produzioni.

Nella puntata di Report del 09 marzo 2008, dopo aver parlato del drammatico problema relativo al fatto che, purtroppo, spesso le emergenze ambientali vengono utilizzate come ammortizzatori sociali si è accennato a una buona notizia in questo senso, che vede l’Italia in prima fila, una volta ogni tanto: mi riferisco alla storia di un particolare tipo di rifiuto pericoloso, l’olio lubrificante usato, che può diventare, se opportunamente trattato, un prodotto base per olii lubrificanti nuovi di zecca.

La storia – sottolinea Giuliano Marrucci – “di come sia possibile che questo paese, che ai suoi rifiuti non sa mai che fine fargli fare, in questo gioco di prestigio sia un passo avanti a tutti”.

La Viscolube rigenera l’olio lubrificante usato, un inquinante pericolosissimo, che contiene sostanze tossiche formatesi durante il suo utilizzo e ha una capacità di penetrazione del sottosuolo e, per questo, inquina le falde più profonde.

L’olio esausto, pertanto, deve essere raccolto e recuperato.

Come?
Attraverso 76 imprese private concessionarie del Consorzio Obbligatorio Oli Usati, che in un anno ritirano qualcosa come 250.000 tonnellate di olio esausto, recuperato per il 90%.

Il risultato?
Dalla rigenerazione si ottengono gasolio, bitume, metalli preziosi.

E non si brucia niente: insomma, si risparmiano materie prime, e non si inquina.

L’unico neo riguarda il fatto che viene dato poco risalto a questo tipo di attività: infatti, quando andiamo al supermercato di oli con su scritto “prodotti da basi rigenerate” non c’è traccia.

Un’ultima annotazione: a differenza di altri settori, l’Italia – insieme al Lussemburgo – con l’Europa a 15 è stata l’unico paese a non essere condannata dalla corte europea del Lussemburgo per non aver rispettato la priorità alla rigenerazione sancita dalla direttiva 75.
Tutti gli altri paesi invece hanno ricevuto questa condanna.
È bello ogni tanto essere i primi della classe, significa che quando parte col piede giusto anche questo disastrato paese qualche speranza c’è, e non solo riguardo ai rifiuti…
Ora, siccome il resto d’Europa non è ancora riuscito a trovare una risposta giusta a questo tipo di rifiuto, cosa stanno pensando: stanno pensando di eliminare l’obbligo per gli stati membri di rigenerare l’olio usato. Speriamo che, prima di gettare la spugna, ci prendano come esempio…almeno in questo.


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Economia sostenibile: in Francia ci provano

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L’economia può essere (ri)orientata in modo sostenibile: in Francia il ministro dell’Ambiente Jean Luois Borloo ha deciso di proporre quella che qualcuno ha già ribattezzato “tassa picnic”…

L’idea è quella di “tassare” tutti i prodotti usa e getta (quelli di cui fanno incetta la grande distribuzione e i fast food, tanto per intenderci), per il fatto che, dal punto di vista ambientale, il loro utilizzo ha un costo decisamente superiore rispetto ai prodotti riutilizzabili

Così tutti i vari tipi di imballaggi, gli imballaggi degli imballaggi, le posate di plastica e via discorrendo diventerebbero meno “comodi”, meno accattivanti, e il grido d’assalto del consumismo fine a se stesso, destinato unicamente a vendere vendere vendere (ripetuto come un mantra, come faceva la Sandrelli in “Non ci resta che piangere”…) si smorzerebbe un po’…

In questo modo si riesce, da un lato, ad educare ecologicamente il cittadino e, dall’altro, a coprire, almeno in parte, i costi legati alla raccolta differenziata e del recupero.

Staremo a vedere se come e quando questa tassa verrà varata (ed applicata…): ma si tratta di un buon punto di partenza, innanzitutto perché si muove per riportare il cittadino nell’alveo di comportamenti più ecosostenibili (sensibilizzandolo all’utilizzo di prodotti riutilizzabili) e, in secondo luogo, perché costringe i colossi del consumismo sfrenato a correggere il tiro, rivedendo politiche dannose per l’ambiente (adottando, ad esempio, sulla scia dei comportamenti eco sostenibili dei consumatori consapevolizzati). Un’idea, insomma, nel senso della sostenibilità, che segue altre iniziative del Governo francese: il bonus malus ecologico per determinate categorie di rifiuti (frigoriferi, scooter, pneumatici, computer, televisori,…); la campagna di sensibilizzazione negli asili per convincere i genitori della bontà dell’utilizzo dei pannolini lavabili in luogo di quelli usa e getta (portata avanti dal sottosegretario all’ambiente Nathalie Kosciusko-Morizet); la tassa sul passaggio dei mezzi pesanti; i prestiti a tasso zero per le aziende verd; gli sgravi fiscali a favore dei cittadini che intendono ristrutturare le proprie abitazioni utilizzando tecnologie volte al risparmio energetico, fino alla discussa tassa sull’obesità, che ha creato più di qualche malumore in aziende che adottano slogan pubblicitari tanti seducenti quanto poco aferenti alla realtà...

Mai sentito parlare di Greenwashing?



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Wikia Green: la comunità ecoBlogica

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L’ideatore di Wikia Green – Jimmi Wales, co-fondatore di Wikipedia – ci tiene a sottolineare che lo scopo di Green Wikia è quello di "creare una community ambientale dinamica e flessibile, in grado di coprire le tematiche ambientali reperibili sui blog ecologici […]
Stiamo realizzando la migliore risorsa per gli abitanti della Terra affinché conoscano l'ambiente e imparino come vivere una vita più sostenibile".

Il risultato di questo progetto – nato in seguito ad una conversazione con Al Gore, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti – consiste in una piattaforma ecologista, incentrata sulle tematiche ambientali e i diversi aspetti del vivere sostenibile.

Wikia Green possiede una suddivisione in canali e aree a tema, l'elenco dei servizi disponibili compreso un “green glossary” per termini complessi ed è integrata con video e mappe.
Ma oltre a ciò, Green Wikia cerca di coinvolgere l'utente in azioni concrete che possano essere facilmente applicabili alla vita quotidiana e che promuovano uno stile più sostenibile.
“Alla luce della crisi climatica e delle altre sfide ecologiche che ci si pongono innanzi – si legge sul sito di Green Wikia, così come riportato da “La Repubblica” – le persone stanno iniziando ad essere più consapevoli dei problemi ambientali e a intraprendere azioni che attenuino il loro impatto. Tuttavia, conoscere l'ambiente può essere spesso complicato e fonte di confusione.
La visione in materia di ambiente, si sa, non è mai univoca (basti pensare alla questione dei biocarburanti) e all’interno dell’eco-inciclopedia si possono ritrovare le diverse posizioni di attivisti, governi, società, gruppi di consulenza e no-profit, (solo per citarne alcune) ognuna con il proprio punto di vista. Per questo uno spazio particolarmente importante è quello del Village Pump, in cui la comunità che ruota attorno al portale ha la possibilità di avviare spazi di discussione e organizzazione di iniziative e nuovi servizi. Ora non ci resta che aspettare la versione italiana"
Da marzo 2008, data dell’attivazione (guarda a caso lo stesso mese dello stesso anno in cui è nata Natura Giuridica) sono stati pubblicati 650 articoli: pochi, per il momento, ma, così come è successo per Wikipedia, credo che il numero degli articoli crescerà a livello esponenziale, e Wikia Green diventerà uno dei punti di riferimento del panorama ecologico sul web.


Lo scopo di Natura Giuridica – che è un ecoBlogico di InFormazione, comunicazione e diritto ambientale – è quello di diffondere e condividere informazione e comunicazione ambientale approfondita, comprensibile e imparziale.
Come dice il nome stesso, Natura Giuridica si propone di trovare un dialogo equilibrato fra le esigenze della natura, dell’ambiente, dell’ecologia, da un lato, e quelle della “legge dell’uomo”, dall’altro.

Per questo darò anch’io il mio contributo, perché, anche attraverso Wikia Green, i contenuti del blog Natura Giuridica possano avere la maggior diffusione possibile, e contribuire così all’acquisizione di una maggiore informazione ambientale e, quindi, una migliore consapevolezza di ciò che siamo in grado e dobbiamo fare per difendere l’ambiente in cui viviamo.



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Recoplastica. Franchising. Meeting del 13 settembre 2008

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Questo è un altro articolo a proposito dell’ecopunto informativo di Recoplastica

Allora, sottolineavo:
"E, personalmente, sono convinto che il riutilizzo, prima ancora del recupero, sia la strada da perseguire: ma penso che iniziative come questa debbano essere seguite e incoraggiate, proprio perché, inserite in un contesto integrato, rappresentano il contributo che ci si aspetta da ognuno di noi, e perché concorrono a diffondere una cultura ambientale, indispensabile base per costruire, giorno dopo giorno, un mondo migliore".
Dell’iniziativa di Recoplastica si è occupato anche Il Sole 24 ore; sul sito di Greenreport il 25 agosto 2008 è apparso un articolo (oggi - novembre 2011 - purtroppo la pagina non è più disponibile) che solleva qualche dubbio…
Vi riporto alcuni stralci.
A Moncalieri un negozio (forse) che compra rifiuti: un bene o un male?
La notizia si guadagna addirittura un posto in prima pagina sul quotidiano economico più letto d’Italia, Il Sole 24 Ore, ed in effetti si presenta alquanto stuzzicante soprattutto dopo l’ennesima bordata al sistema di filiera di recupero dei rifiuti Conai, arrivata una decina di giorni fa dall’Antitrust.
Anche se assomiglia un po’ ad un pezzo ‘pubblicitario’ i fondamentali ci sono tutti: un’azienda piemontese apre nel centro di Moncalieri un negozio dove i cittadini possono portare i loro rifiuti domestici (già selezionati in modo differenziato) ricevendo in cambio denaro sulla base dei prezzi di mercato.
Il materiale viene quindi recuperato dalla stessa azienda, la Recoplastica, oppure rivenduto ad altre aziende delle rispettive filiere.
Non manca il giallo, perché nell’articolo si parla di un’autorizzazione negata da parte del Comune (ma allora come fa a essere già aperto il negozio?), che invece in un primo momento avrebbe appoggiato il progetto.
Progetto che per la cronaca punta a diventare un network di franchising, con un ‘obiettivo di almeno 50 negozi in tutta la penisola, entro il 2009’.
Fermandosi alla lettura dell’articolo potremmo esprimere un parere sostanzialmente positivo: il rifiuto si recupera e quindi il cuore del progetto racchiude un’esperienza positiva, anche se diversi dubbi riguardano la possibilità che un simile sistema si sviluppi e si allarghi, visto che finché si tratta di pochi quintali raccolti in un comune tutto sembra rose e fiori, ma quando si aspira a fare sistema i nodi vengono al pettine e in questo caso i nodi sono appunto i consorzi di filiera e i rapporti con i comuni stessi, visto che un cittadino che vendesse una buona parte dei suoi rifiuti alla Recoplastica (una quota di indifferenziato resterebbe comunque) avrebbe probabilmente l’ardire di chiedere quanto meno uno sconto su Tia o Tarsu.
Discorsi in prospettiva.
Anche perché in realtà l’attività dell’Ecopunto di Recoplastica è tutt’altro che avviata […]
Ma gli addetti ai lavori cosa ne pensano?
Segue una breve intervista a Antonio Marrucci, della società Revet di Pontedera che, conclude, «la considero in ogni caso un’iniziativa positiva […] perché forzano la situazione e stimolano la riflessione se il sistema privato obbligatorio dei consorzi di filiera, prima o poi possa essere sostituito da libero mercato del riciclo. Inoltre in questo modo si andrebbero a intercettare anche frazioni di rifiuti che i consorzi non trattano perché non sono imballaggi: penso per esempio a tutti i giocattoli o altri prodotti di plastica».

A settembre 2008 l'azienda piemontese organizzò un meeting per spiegare - tra gli altri - il progetto di franchising di ecopunti per la raccolta dei rifiuti:

Programma meeting organizzato dalla Recoplastica, in vista del progetto di franchising.

Programma meeting del 13 settembre 2008 a Moncalieri (TO)
· 10.00 - 10.15 Introduzione
· 10.15 - 11.00 Il ciclo dei rifiuti e gli adempimenti
· 11.00 - 11.30 Il franchising Recoplastica
· 11.30 - 12.00 Aspetti legali (st. legale avv. Piovano)
· 12.00 - 12.30 Aspetti amministrativi (st. dott. Mandile)
· 12.30 - 13.00 Aspetti autorizzativi (Eco Team dott.ssa Brizzi)
·
· 13.00 - 15.00 Pausa pranzo
· 15.00 - 15.30 Aspetti tecnici (st. geom. Beccia)
· 15.30 - 16.00 Aspetti di immagine (st. ing. Zavaglia)
· 16.00 - 16.30 Demo
· 16.30 - 18.00 Domande e risposte

Concludo riportando un comunicato di Recoplastica, apparso sul sito, nel quale si evidenzia che:
"sono più di 100.000 i contatti che abbiamo avuto fino ad oggi e vi ringraziamo per l'interesse che dimostrate per il progetto.
A tutti coloro che hanno richiesto di partecipare al meeting comunichiamo che abbiamo purtroppo superato la capienza della sala riservata. Siamo pertanto, nostro malgrado, costretti a fare una selezione dei partecipanti. Il 4 settembre comunicheremo agli interessati la conferma della partecipazione.
Chi non potrà partecipare al meeting sarà in seguito ricontattato e gli verranno fornite tutte le informazioni.
Attualmente stimiamo in 1.300 il numero degli Ecopunto che saranno aperti in tutta Italia.
Il meeting sarà ripetuto il 27 settembre a Messina.


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