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Utilizzo di Pet Coke nella cava di Bernezzo in provincia di Cuneo

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Nel post di oggi parliamo di una vicenda "locale" che costituisce l'esempio classico di quanto accade in tanti altri angoli del nostro Paese. Succede a Bernezzo, in provincia di Cuneo, dove il paese si divide sulla richiesta, da parte dell’azienda Unicalce, di cambiare il combustibile utilizzato per un forno già esistente passando dal metano al pet coke.

La vicenda: la Unicalce come dicevamo decide di convertire un suo forno già alimentato a metano. Dopo sette lunghi anni di attesa per avere un nuovo forno da utilizzare in azienda - aspettando l'autorizzazione da parte della Provincia che arriva solo qualche mese fa - ora, complice la crisi, lo stabilimento di Bernezzo non ha bisogno di un forno in più ma ritiene più utile convertire uno dei due già esistenti. Da questa considerazione è partito lo studio per verificare quale carburante potesse essere più utile e compatibile con la lavorazione e l'ambiente circostante.Dunque, cambiato il mercato, l'azienda ha cercato soluzioni alternative al forno in più, decidendo così di sostituire l'attuale combustibile a metano con uno meno caro ma di uguale resa, se non superiore.La ricerca è caduta sul Pet coke anche dopo aver valutato altre alternative, come la biomassa.Il Pet è un combustibile che viene utilizzato già negli stabilimenti Unicalce, per esempio a Lecco, dove l'impianto è stato costruito proprio sopra la città.

La reazione: gli abitanti di Bernezzo sono preoccupati per l'impatto ambientale che questa conversione potrebbe avere sulla qualità della vita e della attività produttive (coltivazioni biologiche, imprese turistiche) dei cittadini. Alcuni di questi si sono organizzati con petizioni online, raccolta firme, coinvolgendo partiti ed esponenti della politica.
In mezzo, a chiedere di attendere il responso degli enti decretati ad una valutazione di impatto ambientale, il sindaco del paese Laura Vietto – sostenuto da tutti quelli della vallata – e il presidente dell’Unione industriale della Granda, Franco Biraghi. Entrambi sostengono che: “le aziende sono di fondamentale importanza per lo sviluppo economico e sociale del territorio e le valutazioni tecniche in materia di inquinamento vanno lasciate agli enti preposti, vale a dire Arpa e Provincia”. 
In luglio è arrivata l'opinione dell'Arpa che, nella sua relazione inviata come risposta al progetto presentato da Unicalce, non ha richiesto la Valutazione di Impatto Ambientale escludendo la possibilità per le istituzioni locali (Comune e Provincia) di poter rappresentare l’opinione dei cittadini in merito alla decisione dell’Azienda di utilizzare un combustibile che fino al 2002 veniva considerato un rifiuto.
Dal canto suo l'Arpa, già lo scorso febbraio aveva stilato un rapporto a riguardo, concludendo in questo modo: "considerate le valutazioni effettuate, si possono ragionevolmente definire irrilevanti gli impatti sull’ambiente dovuti alla variante al progetto autorizzato dell’impianto Unicalce di Bernezzo". A fine giugno, dopo ulteriori accertamenti e analisi, è arrivata anche la comunicazione in merito alla necessità o meno di procedere con la V.I.A. o valutazione di impatto ambientale.
Nel documento si conclude che: "Considerati i flussi massicci di inquinanti in gioco, le caratteristiche del combustibile proposto, le risultanze preliminari della modellistica diffusionale analizzata, i requisiti associati all'applicazione delle Migliori Tecniche Disponibili del settore della calce, l'esperienza accumulata in merito all'utilizzo di analogo combustibile solido in un contesto territoriale di competenza dello scrivente Dipartimento, si ritiene che il progetto possa essere compiutamente analizzato e valutato nell'ambito degli iter amministrativi di RIESAME di AIA cui il progetto verrà sottoposto ai sensi della Direttiva IED sulle emissioni industriali, e che pertanto possa essere, a meno di diverse indicazioni da parte dì codesta Amministrazione, escluso dalla fase di Valutazione".
Quanto riportato rimane valido a condizione che, nell'ambito delle procedure autorizzative di cui sopra, vengano affrontati seguenti temi:
a) rettifica degli errori materiali ravvisati nello studio diffusionale sugli inquinanti aerodispersi;
b) valutazione degli inquinanti CO e COT e completo raccordo con i livelli emissivi associati all'uso delle Migliori Tecniche Disponibili (BAT Conclusione)
c) rivisitazione del tenore di ossigeno di riferimento per gli inquinanti emessi dai forni di cottura e della tempistica di riferimento (oraria -> giornaliera)
d) perseguimento di un bilancio emissivo meno sfavorevole attraverso: - minimizzazione delle emissioni di ossidi di azoto dal forno interessato dall'uso di petcoke - logiche compensative da realizzarsi sui limiti emissivi di altri parametri inquinanti e/o di altri impianti dello stabilimento - ricerca di configurazioni produttive che possano limitare l'impatto aggiuntivo derivante dall'uso del combustibile solido (stagionalità o periodicità favorevoli alla dispersione degli inquinanti, ecc..)
e) verifica dell'opportunità dell'eventuale dotazione di Sistema di Monitoraggio in Continuo delle emissioni (SME).
Insomma, l'ARPA emette un sì condizionato; tuttavia se per l'Arpa gli impatti sull'ambiente di questa conversione sono irrilevanti,  ora la palla passa all'Ente Provincia, l'unico che potrebbe, allo stato attuale, richiedere la Valutazione d'Impatto Ambientale.
La legge attribuisce specifica competenza in materia di rilascio dell’autorizzazione in questione alla Regione o al soggetto da essa delegata, la provincia di Cuneo nel caso specifico. Il relativo procedimento di rilascio dell’autorizzazione prevede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti, anche nell’ambito di una specifica conferenza di servizi, ma tra questi soggetti non figura il Ministero dell’Ambiente, che non ha dunque facoltà di intervenire nello specifico procedimento, né di sindacare sull’operato dell’autorità competente. Peraltro nel merito il problema appare mal posto, poiché il PET Coke è un combustibile ammesso dalla norma, pertanto non pare legittimo vietarne a priori l’impiego. In base alla normativa vigente invece, nel corso dell’istruttoria presso la competente provincia di Cuneo, verrà effettuata la dovuta analisi sulle prestazioni (e in particolare sui livelli di emissione di inquinanti) che l’installazione deve garantire, a prescindere dal tipo di combustibile impiegato, prestazioni che dovranno di norma conformarsi ai livelli di emissione (BAT-AEL) specificamente fissati per i cementifici dal documento comunitario “Conclusioni sulle BAT” del marzo 2013. Si tratta di una tematica molto delicata, che per essere affrontata necessita di un esame approfondito di tutti gli aspetti ambientali, ivi compresi, soprattutto, quelli di diritto. Natura Giuridica, studio di consulenza ambientale integrata, offre ai suoi clienti una gamma completa di servizi nel settore ambientale. Per contatti, per farvi aiutare nella difesa collegarsi al sito di Natura Giuridica, che da quasi 15 anni si occupa di consulenza in tutti i settori del diritto dell'ambiente. E soprattutto di diritto all'ambiente.


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Bruciare i residui agricoli/vegetali: è reato oppure no? Quando il buon senso non basta...

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Dallo scorso mese di dicembre, Natura Giuridica ha avviato una collaborazione con il quotidiano online CuneoCronaca.
Nelle pagine del quotidiano NG affronterà ovviamente tutte le più spinose tematiche ambientali che riguardano la "Provincia Granda", ma non mancheranno anche approfondimenti delle principali normative nazionali.
Quello che segue è un articolo pubblicato il 22 dicembre 2014, in tema di incenerimento di rifiuti agricoli: è un reato oppure no?!

L’antica e tradizionale pratica agricola di bruciare nei campi sterpaglie, ramaglie, avanzi di potature, residui provenienti da attività agricole e assimilate (disboscamento, raccolta, pulizia di boschi, campi, giardini, aree verdi ecc.), è sempre stata comunque circondata da alcune cautele per il timore che, sfuggendo al controllo, potesse divenire causa d’incendi.

Tuttavia, sia pure con le dovute cautele, tale attività è sempre stata lecita, fino a quando il nostro legislatore, nell’intento di venire incontro alle esigenze degli agricoltori ha:

  • dapprima deciso di introdurre alcune modifiche al “codice dell’ambiente” (filosofeggiando sulle nozioni di rifiuti, sottoprodotti, materia prima secondaria), che invece di risolvere i problemi ne hanno creati di ulteriori;
  • quindi, per fronteggiare una delle tante emergenze ambientali di turno, ha introdotto con il “decreto terra dei fuochi” il reato di “Combustione illecita di rifiuti”. Si tratta di un reato che, nella sua ipotesi base (sono previste aggravanti e sono sanzionate altre attività connesse), ha punito con la reclusione da due a cinque anni “chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate”, e con la “sola” sanzione pecuniaria amministrativa la combustione dei rifiuti vegetali “urbani”, provenienti cioè da giardini, aree verdi, ... 
In questa delicata situazione giuridica, gli enti locali hanno nel tempo cercato di porre un qualche rimedio.
Così, la regione Lombardia ha previsto che la combustione all’aperto di materiale di origine vegetale è vietata soltanto fra il 15 ottobre e il 15 aprile (periodo di maggiore criticità per l’inquinamento atmosferico), ammettendola implicitamente negli altri periodi.
In Liguria si è addirittura affermato che i residui vegetali non devono essere classificati come rifiuti: via libera, dunque, all’“abbruciamento controllato, nel rispetto delle norme per la prevenzione degli incendi”.
In Sicilia e nel Veneto è stato affidato ai Comuni il compito di disciplinare con i propri regolamenti di polizia rurale “la combustione controllata sul luogo di produzione dei residui vegetali”.

Quest’estate con il “decreto competitività” è stata introdotta un’ennesima modifica al Codice dell’ambiente, che ha stabilito che:

  • le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli
  • in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali 
  • effettuate nel luogo di produzione, 
costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali é sempre vietata.

I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione di tali materiali all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attivita' possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumita' e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)".

All’indomani dell’entrata in vigore del “decreto competitività”, in Piemonte molti comuni hanno emanato alcune ordinanze in merito, stabilendo, “con decorrenza immediata e sino a nuove disposizioni”, che:
  • é consentita la combustione controllata direttamente sul luogo di produzione dei soli residui vegetali derivanti dall’attività agricola di coltivazione del fondo, nel rispetto di alcune specifiche condizioni (a quelle dettate dal “decreto competitività” se ne aggiungono generalmente alcune, dettate dal buon senso); 
  • dovranno essere in ogni caso rispettate le limitazioni imposte dalla Regione Piemonte qualora venga determinato lo stato di massima pericolosità per gli incendi boschivi; 
  • la combustione non potrà essere effettuata in ogni caso al ricorrere di specifiche circostanze (ad esempio, nel centro abitato; in aree definite “residenziali” dal vigente Piano Regolatore Comunale; in terreni boscati o cespugliati, all’interno di aree destinate all’arboricoltura, alla frutticoltura e simili; ...)
Ma cosa accade, se non si rispettano quelle condizioni?

In due recenti sentenze, la Corte di Cassazione ha detto che “è reato”, evidenziando che:
  • bruciare scarti vegetali mediante incenerimento a terra rimane reato, “il cui elemento oggettivo sussiste indipendentemente dalla quantità del materiale vegetale bruciato. In sostanza, se non è provato l’inserimento anche mediante trasformazione in un circuito produttivo delle ceneri prodotte dalla combustione, rimane l’offensività della condotta”. In questo caso gli scarti sono rifiuto, e bruciarli senza autorizzazione integra il reato di smaltimento senza autorizzazione di rifiuti speciali non pericolosi; 
  • la nuova norma introdotta dal “decreto competitività”, “dovendosi interpretare nel suo complesso, senza isolare artificialmente il primo periodo dai seguenti, alla luce degli ordinari canoni ermeneutici, non depenalizza tout court l'abbruciamento in terra di scarti vegetali come rifiuti, ma prevede un margine di irrilevanza della condotta, specificamente determinato a livello quantitativo e temporale, anche a mezzo dell'individuazione amministrativa di parte di tali modalità scriminanti mediante appunto una ordinanza sindacale ad hoc, e fatto salvo il limite imposto dalle regioni per tutelare dal rischio degli incendi boschivi”.
In sostanza, neanche la Cassazione sembra aver le idee chiare, se da un lato dice che anche il rispetto delle condizioni quantitative non esclude il reato e, dall’altro, invece, afferma che il rispetto di quelle stesse condizioni costituisce una scriminante...


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Car fluff nelle campagne cuneesi

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Car fluff non è il nome di un personaggio dei cartoni animati, ma è il termine per indicare gli ultimi materiali residui derivanti dalla demolizione delle automobili, quella che avviene dal classico sfasciacarrozze. Chi si occupa di demolizione di veicoli ha precisi obblighi relativi allo smaltimento del car-fluff e, se vi si sottrae, per esempio interrandolo anziché conferendolo in discarica, commette un reato penale.
Il car-fluff è classificato come rifiuto speciale e contiene sostanze tossiche e nocive come arsenico e piombo.
L'occasione per parlarne è data dal caso relativo alla scoperta di car fluff illegalmente interrato e scoperto nelle campagne tra Barge e Revello in provincia di Cuneo, reato per il quale ora è in corso il processo. (Natura Giuridica si è occupata di una prima inchiesta sempre relativa all'interramento illegale di car fluff in provincia di Cuneo, giunta a sentenza definitiva nel 2009).
E' notizia - apparsa il 20 dicembre scorso su La Stampa di Cuneo - che la Procura di Saluzzo ha chiesto il rinvio a giudizio di 5 persone (tra i quali il titolare di un'azienda di demolizione di veicoli e 2 agricoltori) accusate di discarica illegale di rifiuti e di avvelenamento di acque destinate al consumo umano. Gli imputati  hanno chiesto di essere giudicati col rito abbreviato e, dopo la presentazione delle perizie di parte, il processo proseguirà il 24 gennaio con le arringhe conclusive, le discussioni, da parte del pubblico ministero e delle parti civili, cui seguiranno quelle degli avvocati difensori, mentre la sentenza dovrebbe essere pronunciata a marzo. 
Il car fluff è costituito da una miscela eterogenea di materiali metallici, ferrosi e non, di plastica, di gomma, vetro, fibre tessili, carta e cartone, vernici. Rappresenta circa il 25-30% del peso totale dell'intero veicolo, una percentuale elevata che fino ad oggi non veniva intercettata dalla filiera del riciclo a causa dei costi elevati di gestione e della mancanza di tecnologie adeguate. A fronte di un parco auto circolante di oltre 36 milioni di veicoli solo in Italia, ogni anno sono 1,5 milioni le auto italiane che concludono la loro onorata carriera e la produzione di rifiuti che ne deriva ammonta a circa 9 milioni di tonnellate annue. Questa enorme quantità di materiale si divide in pezzi di ricambio – che hanno nuova vita in altre auto – e componenti recuperabili, di cui ad oggi si riesce a riciclare un buon 70%. 
Il “car fluff” è invece costituito dalle rimanenti parti dell’auto in materiale plastico, le schiume, la gomma, il vetro, e pure alcune polveri metalliche, vernici ed i tessuti di rivestimento, parti che oggi rimangono per lo più in discarica. Inoltre le sperimentazioni sull'utilizzo del car-fluff "tal quale" come carica combustibile per cementifici e termovalorizzatori hanno dato esito negativo a causa della formazione di fumi e gas tossici e dell'elevato quantitativo dei residui della combustione contenenti, fra l'altro, anche metalli pesanti e sostanze nocive.
Non resta che il conferimento in discarica, ma chiaramente la cosa migliore sarebbe quella di cercare di diminuire sempre di più la quantità di questo insospettabile scarto, liberando così le discariche e danneggiando meno le risorse naturali. Riciclando anche questi scarti, la quasi totalità del veicolo può essere recuperata: si stima infatti che in un anno si possa arrivare a riciclare circa 1 milione di tonnellate di materiale metallico, come acciaio e alluminio, riutilizzandoli al posto della materia prima.
La vera sfida oggi è recuperare anche il car fluff, che da solo vale 400.000 tonnellate di residui non metallici e, oltre a rappresentare uno spreco di risorse, contamina terreno e falde, rilasciando, col tempo, diverse sostanze tossiche.
La soluzioni proposte per il riciclo e il recupero di questi componenti sono diverse: la prima comporta la trasformazione del fluff in conglomerato bituminoso da impiegare per la pavimentazione delle strade, così da ridurre ulteriormente e drasticamente la percentuale stoccata in discarica. Un’altra proposta, invece, riguarda il recupero energetico attraverso processi di piro-gassificazione: il materiale adeguatamente riscaldato si trasformerebbe in gas che, recuperato e convogliato, produrrebbe energia elettrica utile a livello nazionale. 


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Convegno Il MaB Unesco incontra il Monviso, a Saluzzo il 13 ottobre 2012

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Il Parco del Po cuneese, all’interno del progetto “Risorsa Monviso”, sostenuto dall’Unione Europea attraverso il Programma di cooperazione transfrontaliera ALCOTRA 2007- 2013, ha avviato la candidatura del territorio del Monviso alla rete globale delle Riserve della Biosfera UNESCO del Programma Intergovernativo “Man and Biosphere”. E' nell'ambito di tale contesto che si inserisce il convegno internazionale “Il MaB Unesco incontra il Monviso” in programma per sabato 13 ottobre a Saluzzo.
Si tratta di un'intera giornata dedicata al MaB ed è la prima volta che viene organizzata in Piemonte.
Interverranno tutti i maggiori esperti del settore per parlare di strumenti e strategie di sviluppo locale, governance e riserve della biosfera e l'evento di per sé rappresenta un altro passo avanti nel percorso di candidatura dell’Area del Monviso alla rete globale delle Riserve della Biosfera del MaB dell’UNESCO.
“Il Monviso è un elemento di forte richiamo e visibilità – spiega Giorgio Andrian del Cursa, il Consorzio Universitario per la Ricerca Socioeconomica e per l’Ambiente, che ha seguito la nascita e lo sviluppo del dossier -, perché costituisce lo spunto, l’occasione attorno a cui si radunano gli staff del Ministero dell’Ambiente, dei Beni e delle Attività Culturali e il Comitato nazionale tecnico del programma MaB Unesco e tutte le Riserve italiane, sia le otto che già esistono ufficialmente, sia le due nuove (Monviso e Sila) che si sono candidate per diventarlo nel 2013”.
Partecipano anche alcuni delegati del Comitato Nazionale MaB Francia ed i responsabili del Parco del Queyras, per presentare il lavoro sulla candidatura transfrontaliera. “I due dossier nazionali, quello italiano e quello francese – continua Andrian - sono stati depositati alle rispettive autorità ottenendo un pieno appoggio e un incoraggiamento a presentare una candidatura univoca transfrontaliera fin da subito”. Se le due proposte di candidatura nazionale saranno approvate nel 2013, i due parchi metteranno a punto un progetto di unificazione delle due aree che porterebbe alla definizione della prima Riserva della Biosfera Transfrontaliera presente sul territorio italiano. E proprio una riserva transfrontaliera sarà ospite del convegno: Michael Weber, presidente dei Vosges du Nord parlerà della realtà di quest’area franco-tedesca. Ognuna delle tre sessioni del convegno affronta un tema importante (la “governance”, la zonizzazione, gli strumenti e le strategie di sviluppo locale). Consultando questa pagina web sarà possibile scaricare il programma dell'evento ed il modulo di registrazione.
Vi è un'altra candidatura Unesco che riguarda la provincia di Cuneo, ed in particolare i territori vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato a patrimonio dell'umanità. All'interno del blog vi sono vari articoli dedicati a questo argomento nella sezione naturagiuridica.blogspot.it/cuneo. Anche in questo caso il responso definitivo sul dossier di candidatura già presentato arriverà nel 2013.



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Fotovoltaico a terra: assimilabilità dell'edificio a un immobile: il caso di Sommariva di Bosco (Cuneo)

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Un impianto fotovoltaico non è un edificio:   il TAR di Torino si è pronunciato poche settimane fa in merito alla (mancata) realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra a Sommariva del Bosco in provincia di Cuneo, la cui costruzione era stata negata dalla Provincia a causa del diniego espresso da parte del Comune, e motivata con il fatto che l’edificio – così veniva classificato l’impianto fotovoltaico a terra – non poteva essere realizzato, per “motivi di salute” pubblica, nella fascia di rispetto cimiteriale. 
Qualcuno di voi, i più agguerriti avversari del fotovoltaico a terra “senza se e senza ma” diranno “va beh, che importanza ha, alla fine, se tanto il governo Monti, qualche mese fa, ha sostanzialmente vietato la realizzazione di tali impianti”? Ne ha, eccome, di importanza, perché il procedimento autorizzatorio era cominciato ben prima che le regole del gioco cambiassero, e se non ci fossero stati ritardi nei procedimenti autorizzativi, la società ricorrente avrebbe avuto tutto il tempo di realizzare il proprio impianto. Contribuendo, pro quota, al raggiungimento degli obiettivi che l’Italia è obbligata a raggiungere entro il 2020….. 
Ma veniamo ai fatti, che riassumo in questa sede in modo sintetico: potete scaricare il testo della sentenza sul sito di Natura Giuridica sezione premium: sul sito potrete trovare tanti altri documenti utili (sentenze, commenti, pareri) in materia di fotovoltaico, di diritto dell’energia e dell’ambiente più in generale, indispensabili per sapersi orientare in questo difficile e complicato settore, essenziale per il raggiungimento delle molteplici sostenibilità (Per un approfondimento, leggi il post: “All’insegna delle molteplici sostenibilità: ambientali, energetiche, economiche, sociali, culturali, giuridiche”).
A settembre 2011, la Provincia di Cuneo negava la realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra nel Comune di Sommariva del Bosco, sulla base di svariati motivi fra i quali spiccano (direi per intrinseci motivi di eccesso di potere e contraddittorietà) quelli relativi al fatto che: 
• sarebbe mancato l’ok comunale alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico a terra. La Provincia, infatti, ha sottolineato la presenza del diniego espresso da parte dell’Amministrazione locale in sede di conferenza di servizi; 
• l’impianto de quo non sarebbe potuto essere realizzato a meno di cento metri dal cimitero (a norma del R.D. n. 1265/34): la centrale fotovoltaica, infatti, doveva essere considerata alla stregua di un edificio. Poco importa se, a quest’ultimo proposito, la stessa amministrazione comunale aveva, tempo addietro, realizzato un proprio impianto fotovoltaico a meno di 50 metri dallo stesso cimitero…. 


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Per Langhe, Roero e Monferrato il riconoscimento come patrimonio Unesco è rimandato

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La candidatura di Langhe-Roero e Monferrato al riconoscimento Unesco di ”Patrimonio dell’Umanità” non è stata bocciata come molti hanno sostenuto, ma "rimandata" al 2013 perché sono stati richiesti degli approfondimenti al dossier di candidatura.
Dalla trentina di pagine stilate dalla International council on monuments and sites (si possono anche leggere sul sito Unesco) emerge che «il vitigno Nebbiolo e i vini Barolo e Barbaresco sono molto convincenti», mentre «deve essere meglio giustificato il modo in cui ognuna delle zone scelte contribuisca a dare l’eccezionale valore universale all’insieme». 
Fatte salve, quindi, le zone del Barolo e del Barbaresco, quelle del Moscato devono dimostrare l’unicità del prodotto che, si legge, «è presente in forme genetiche molto vicine in tutto il bacino del Mediterraneo», fino a dire che la zona di Loazzolo «sperimenta difficoltà dovute ai terrazzamenti su cui la meccanizzazione è difficile».
A influenzare il giudizio dei delegati del World Heritage Commitee (che il 29 giugno, a San Pietroburgo, saranno chiamati a sciogliere i nodi sulle proposte presenti sul tavolo di valutazione), sarebbe stata la frammentazione del dossier presentato dai rappresentanti del territorio: pare, infatti, che si sia voluto insistere eccessivamente sull’estetica delle vigne senza allargare il discorso, ovvero senza ricomprendere anche le cantine che, storicamente e culturalmente, hanno contribuito e non poco alla crescita e all’affermazione della viticultura. Il primo commento alla notizia è stato quello del vice-presidente della Regione, Ugo Cavallera: «L’ICOMOS, organo tecnico incaricato dall’Unesco per l’analisi del dossier di candidatura, riconosce il valore universale dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato come certo. E’ consuetudine nelle procedure di candidatura richiedere approfondimenti finalizzati alla continuazione del processo valutativo. Pertanto il gruppo di lavoro costituito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Piemonte, Provincia di Alessandria, Asti e Cuneo, Associazione Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli e SITI, sta valutando le strategie da adottare per ottenere il riconoscimento ufficiale dell’UNESCO. Nei prossimi mesi sarà necessario adeguare il progetto alle osservazioni per rendere congruente il valore universale riconosciuto con i perimetri delle “core zone” in modo da riportare la candidatura all’attenzione dell’UNESCO già nel 2013».



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Le biomasse in provincia di Cuneo

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Il futuro incerto di alcuni progetti di centrali a biogas e biomasse legnose in provincia di Cuneo.
Tempi duri per chi vuol realizzare impianti a biomasse legnose o a biogas in provincia di Cuneo. La telenovela della centrale che dovrebbe sorgere tra Bra e Cherasco è solo l'episodio più eclatante: ne abbiamo già parlato in questo post ("La centrale a biogas di Cherasco, alla ricerca delle molteplici sostenibilità"), cercando di sottolineare l'importanza di un'analisi del caso concreto, al fine di determinare la bontà, o meno, di un'idea progettuale.
Quando non prevale il senso di allarmismo da parte dei cittadini, che spesso (ma non sempre) hanno poche nozioni e molti pregiudizi rispetto allo sfruttamento di queste due fonti energetiche rinnovabili, l'iter si blocca in conferenza di servizi, perché risulta necessario apportare integrazioni notevoli ai progetti presentati dai soggetti proponenti. A Chiusa Pesio gli abitanti hanno addirittura proposto al Sindaco di indire un referendum per dire no, una volta per tutte, al progetto di una centrale a biomasse da 400 kw, che dovrebbe sorgere nell'area compresa tra la collina del Mombrisone e la provinciale per Peveragno. Il Sindaco, dal canto suo, si è detto disponibile, ma solo quando vi sarà un progetto vero e non una semplice ipotesi.
A Mondovì invece gli imprenditori agricoli proponenti hanno rinunciato a presentare le integrazioni al progetto richieste dalla conferenza di servizi. A marzo un comitato spontaneo di cittadini aveva promesso di dar battaglia ed è di pochi giorni fa (venerdì 25 maggio) la dichiarazione del dirigente della Provincia Luciano Fantino - uff. Energia, secondo cui - dato che i proponenti non hanno presentato la documentazione richiesta entro i termini previsti dalla legge - si configura la chiusura di tutti i procedimenti autorizzativi, che tradotto significa che - almeno per il momento - la centrale non si farà.


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Tentativi di sostenibilità: l'ecotessera di Alba

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Una delle tasse più odiose agli occhi dei contribuenti italiani è senz'altro la TARSU, la tassa sui rifiuti. Moltissimi cittadini si lamentano del fatto che l'importo annuale sia calcolato sulla base dei metri quadri della propria abitazione, e non sulla base dei volumi di spazzatura effettivamente prodotti.
Per passare alla tariffa, e calcolare l'importo dovuto sulla base del volume dei rifiuti effettivamente prodotti, occorrerebbe dotare di dispositivi elettronici, come i microchip, i cassonetti della spazzatura, che dovrebbero "riconoscere" ciascun utente che conferisce rifiuti attraverso la lettura di una scheda elettronica, e registrare i quantitativi consegnati. Una spesa ingentissima, se si pensa al numero di cassonetti presente in una grande città.
Eppure, è possibile vedere premiati i cittadini virtuosi nella gestione dei loro rifiuti grazie ad iniziative come quella del Comune di Alba in provincia di Cuneo che, grazie ad una semplice tessera a punti, premia chi si impegna seriamente nella raccolta differenziata. 
Di che cosa si tratta?


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La centrale a biomasse di Cavallermaggiore Cuneo

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La Provincia di Cuneo, sulla base del parere favorevole della Conferenza di servizi, ha autorizzato il mese scorso la realizzazione sul territorio di Cavallermaggiore di un impianto di cogenerazione alimentato con biomasse legnose.
L’impianto utilizzerà legno cippato per produrre sia energia elettrica che termica (acqua calda). La Conferenza di servizi che ha esaminato la pratica ha coinvolto 16 diverse istituzioni o Enti come il Comune di Cavallermaggiore, la ASL CN1, i Vigili del fuoco, Legambiente e l'ARPA Piemonte. L’impianto, che verrà realizzato da una ditta del posto, sorgerà presso la strada vicinale delle Basse e appartiene alla categoria di impianti di media dimensione con una potenza produttiva di 1 MW di energia elettrica e 3,5 MW di energia termica.
Le 45 tonnellate giornaliere di biomasse legnose necessarie per alimentare l'impianto di Cavallermaggiore saranno approvvigionate dalla ditta stessa nel raggio di 70 Km di distanza dall'impianto, principalmente da coltivazione a ciclo breve di pioppi di proprietà dell'azienda: questi sono i criteri che stabilisce la legge per parlare di filiera corta delle biomasse.
Una distanza che alcuni ritengono eccessiva, ma che in ogni caso si attaglia alla perfezione alla "provincia granda", una provincia molto estesa, nella quale i boschi (fonte primaria della biomassa legnosa) si trovano spesso in zone impervie, che rendono difficoltoso l'insediamento di qualsiasi attività produttiva.
Non verranno utilizzati né sermenti di vite né rami di potatura di frutteti. L’insediamento dovrebbe comprendere, oltre all’impianto di cogenerazione, un essiccatoio di biomasse legnose e di serre per circa 2.000 mq, per la selezione e l’allevamento di piante necessarie alla realizzazione di filiere agro-energetiche. Le due strutture di servizio sono funzionali allo sfruttamento dell’energia termica prodotta dalla centrale e che altrimenti andrebbe persa. L’impianto, nel suo complesso, si dice, darà lavoro a circa 25 persone, delle quali, 4 addetti fissi all’impianto di cogenerazione e venti per le attività dell’essiccatoio e per le serre.



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La centrale a biogas di Cherasco alla ricerca delle molteplici sostenibilità

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Un'azienda braidese vorrebbe realizzare un impianto a biogas al confine tra i Comuni di Cherasco e di Bra in provincia di Cuneo, ma parte della comunità locale ha manifestato nei giorni scorsi il suo disaccordo, attraverso un portavoce, presidente del Comitato di quartiere “Centro Storico” e vicepresidente del circolo locale di Legambiente. Primo Penone, questo il suo nome, si è fatto portavoce di moltissimi cittadini, scrivendo una lettera ufficiale che riassume i principali timori della comunità.
Il progetto contestato consiste in un impianto alimentato da gas derivato da biomasse agricole e reflui zootecnici, per la produzione di energia elettrica e termica, della potenza di 635 kW. 
Martedì 24 gennaio 2012 si è tenuta, presso il Palazzo della Provincia, a Cuneo, la Conferenza dei servizi: la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, infatti, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate a seguito di un procedimento unico, svolto nel termine massimo di novanta giorni (escluso il tempo necessario per l’espletamento dell’eventuale verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.
Questo meccanismo (sistema autorizzatorio e procedimento unico) incentra nella conferenza di servizi la sede per la composizione e il bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti – tra cui assumono rilievo in modo particolare gli interessi alla tutela del paesaggio, alla tutela dell’ambiente e dell’iniziativa economico privata – e prevede il rafforzamento della fase istruttoria e dell’apporto motivazionale delle amministrazioni coinvolte, che hanno l’obbligo di fornire completa e adeguata motivazione in ordine al bilanciamento effettuato.


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Lettera dell'UNCEM a Clini: incentiviamo le biomasse

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Aggiornamento del 26 febbraio 2020:
con l'obiettivo di aumentare la quantità di fabbisogno energetico distribuita a partire da fonti rinnovabili, segnaliamo che Il Ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato recentemente nuovi fondi per le Piccole e Medie Imprese del Meridione per il finanziamento di costruzione, realizzazione e distribuzione di reti intelligenti (Smart Grid). In particolare, "Il nuovo bando di Reti Intelligenti del Ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato fondi pari a euro 23.978.254,41, rivolto ai distributori di energia elettrica nelle regioni di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, e Sicilia. Il Bando prevede finanziamenti per la realizzazione, adeguamento e potenziamento di reti intelligenti, note come Smart Grid. 
Questo nuovo sistema di reti intelligenti è finalizzato ad aumentare la quantità di fabbisogno energetico distribuita da fonti rinnovabili. Per presentare la propria domanda, utilizzare la piattaforma presente al seguente link, entro il termine delle ore 10:00 del 1 giugno 2020

Per gentile segnalazione di Gianluca Bonomi, Communication Manager - Reti Intelligenti 

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Dopo Coldiretti - e dopo le Associazioni che raggruppano gli operatori professionali del fotovoltaico - anche Uncem Piemonte ha scritto a Clini in vista dell'emanazione, annunciata per fine mese, del decreto che riforma gli incentivi alle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico, ivi comprese dunque le biomasse forestali.
Nella lettera di Lido Riba, presidente di Uncem Piemonte, al ministro dell’Ambiente Corrado Clini, si chiede una maggiore attenzione rispetto alla terre montane in materia di biomasse legnose, che non metta in pericolo la concreta possibilità della nascita di una filiera energetica legnosa.
Una lettera, dunque, per chiedere una maggiore attenzione alle specificità delle aree montane nei decreti nazionali che andranno a regolare i nuovi incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili. 
L'Uncem Piemonte si unisce all’appello dell'Uncem nazionale e dell'Anci – lanciato nelle scorse settimane, evidenziando il grande ruolo che l’area montana italiana, e piemontese in particolare – giocheranno nello sviluppo della green economy e nel raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020, secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto.


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La riscossione dei canoni rivieraschi e l'ignoranza del diritto dell'ambiente

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Investire in impianti idroelettrici è estremamente redditizio. Anche in questo settore energetico c'è stata una sorta di bolla speculativa. Chi deteneva delle concessioni per lo sfruttamento di piccoli rii e cascate, fino a pochissimo tempo fa non sapeva di possedere una miniera d'oro. E' capitato così che tanti vendessero a prezzi contenuti a persone che avevano intenzione di investire nel settore, non certo per beneficenza, ma perché si tratta di una forma di investimento estremamente redditizia.
Chi aveva un vantaggio in termini di capitali e di informazioni ci ha guadagnato, e continuerà a farlo a lungo.
Chi ha venduto si mangia le mani.
Succede così ed è fisiologico in tutti i nuovi mercati: vi è per natura chi sa cogliere le opportunità prima degli altri.



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Natura Giuridica: dal web alla carta stampata. E' uscito il mio libro "La consulenza giuridica nella fonti rinnovabili"

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E' uscito il mio libro La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili - di Andrea Quaranta, che si inserisce nel progetto più ampio di Natura Giuridica, impresa on line che si occupa di servizi e consulenze nell'ambito del diritto ambientale e dell'energia. Il libro è pubblicato da Dario Flaccovio Editore, ed è acquistabile on line sul portale della casa editrice. 
E' proprio in virtù della visibilità data a Natura Giuridica dal sito, dal blog, dalla pagina Facebook e dalla mia presenza sui principali social & business network, che l'editore, palermitano, ha deciso di contattarmi e di propormi la redazione del manuale.
Curioso il nostro percorso "imprenditoriale": Natura Giuridica nasce infatti come creatura squisitamente on line. Nel 2009, io e mia moglie Naide Della Pelle, abbiamo deciso di aprire un blog dedicato all'ambiente, avventurandoci in un ambiente, quello della comunicazione ambientale (perdonate l'innocente gioco di parole), considerato per certi versi piuttosto ostico, perché spesso i messaggi trovano un pubblico indifferente, distratto, disinteressato. Invece, vuoi la crisi economica, vuoi i capricci climatici che da qualche tempo interessano anche il nostro Paese, c'è stato un avvicinamento delle persone alle tematiche relative all'ambiente e all'energia.
Al blog si è presto affiancato un sito, dedicato agli aspetti squisitamente tecnico - giuridici legati all'ambiente e all'energia, e questo passaggio ha coinciso con la trasformazione di Natura Giuridica in un'impresa di servizi specializzata in consulenza giuridica ambientale.
Oggi, diversamente da quanto accade alla maggior parte delle attività commerciali che aprono il sito web dopo aver avviato l'attività off line, Natura Giuridica, nata on line come la scommessa di 2 wwworkers di Dronero - Cuneo, approda ora alla carta stampata. 
Il manuale La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili è una guida che tenta di mettere ordine nel complesso panorama del diritto dell'energia, attraverso un'accurata trattazione rispetto alle normative nazionali e regionali in materia di energia, al sistema incentivante statale, il tutto corredato dalla presentazione di alcune delle più rappresentative pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali, che in questi anni hanno sovente chiarito i tanti dubbi interpretativi circa la normativa in materia di energia.





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Candidatura UNESCO per Langhe-Roero-Monferrato

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Nei giorni scorsi è stato compiuto un ulteriore passo avanti nell’ambito del progetto di candidatura di “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe- Roero- Monferrato” a Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
A distanza di circa un anno dalla presentazione del dossier di candidatura per Langhe Roero e Monferrato, il 2 gennaio scorso rappresentanti della Regione Piemonte, insieme alle province di Asti e Alessandria e al Comune di La Morra (Cuneo), hanno firmato tre accordi di programma il cui scopo ultimo è quello di valorizzare il paesaggio, con particolare attenzione agli edifici di valore storico ed alle zone di rilievo turistico. 
L'accordo riguardante il Comune di La Morra prevede interventi per 180.000 euro, da impiegare per realizzare opere in grado di mimetizzare le brutture industriali nel territorio. Una serie di interventi per valorizzare il paesaggio, recuperare edifici o punti panoramici e mitigare l’effetto di quegli elementi incongrui che caratterizzano alcune zone.
L'accordo di Programma, finalizzato alla “Valorizzazione dei paesaggi vitivinicoli del Piemonte – area di approfondimento Le Langhe del Barolo”, sarà finanziato dalla Regione per 150.000 e dal Comune per 30.000 euro. L’investimento riguarda un contributo per la realizzazione di opere nel comune di La Morra di mitigazione di fabbricati, tipici dell’edilizia industriale degli anni ‘60/’70, che costituiscono elementi incongrui con il contesto paesaggistico vitivinicolo delle Langhe.
Gli altri 2 accordi consistono nell'Accordo di Programma tra Regione, Provincia di Asti e Comuni di Castelletto Molina, Pino e Portacomaro, finalizzato alla “Valorizzazione dei territori interessati alla candidatura UNESCO – Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe Roero e Monferrato” per uno stanziamento totale di 244.700 euro e nell'Accordo di Programma tra la Regione e la Provincia di Alessandria finalizzato alla “Valorizzazione del territorio interessato dalla candidatura UNESCO – Stazioni di posta del paesaggio”per uno stanziamento di 200.000 euro



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Biomasse forestali della Regione Piemonte: la relazione del WWF

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Ha fatto parecchio discutere una relazione del WWF Italia dal titolo "Il grande inganno del progetto energetico da biomasse forestali della Regione Piemonte: sperpero di denaro pubblico ed enorme danno ambiantale", a cura della Sezione Regionale Piemonte e Valle d'Aosta, che risale al 2010, Anno Internazionale della Biodiversità.
Il dossier è tornato al centro della ribalta perché, a pochi giorni dallo svolgimento del Consiglio Comunale a Paesana - durante il quale si è a lungo discusso a proposito della possibilità di localizzare o meno nel Comune una centrale a biomasse - una copia cartacea del documento è stata collocata nella buca delle lettere della redazione di TargatoCN

Il documento, scaricabile dal sito del WWF Italia colpisce per la veemenza con la quale vengono esposte le argomentazioni, fin dalla pagina 4: "Una propaganda fraudolenta sta spacciando lo sfruttamento forestale addirittura come utile o necessario all’ambiente e considera il legno come risorsa abbondante, abbandonata e gratuita. Il legno è invece materiale prezioso, limitato e di enorme valore bio-ecologico e, secondo il criterio della sostenibilità, tale patrimonio dovrebbe essere trasmesso alle generazioni future. La Regione Piemonte vuole raggiungere l’ambizioso traguardo di produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Obiettivo condivisibile, ma che purtroppo verrà raggiunto nei modi sbagliati, ovvero bruciando biomasse legnose in modo da contribuire al 60% di quel 20%. Per produrre energia si prevede di utilizzare ogni anno 2,2 milioni di metri cubi di legname, tagliato secondo le anacronistiche e discutibili norme della nuova Legge forestale regionale (L.R. 4/2009), in conflitto con le disposizioni in materia di sostenibilità contenute nelle Risoluzioni approvate nelle Conferenze Ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa (Helsinki 2003 e successive)".

Nei paragrafi successivi si passa a contestare il basso rendimento delle centrali a biomasse legnose (se paragonate ad altri combustibili fossili) e la necessità - imposta dalla scarsa densità della materia prima, il legno da bruciare - di raccogliere legname nel raggio di decine e decine di km dal luogo della centrale: questo implica considerevoli costi per il trasporto della materia prima sia in termini economici (il carburante dei mezzi di trasporto) sia ambientali (le emissioni stesse dei camions).



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La filiera delle biomasse legnose: le centrali di Envie e di Paesana

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In Piemonte, grazie alla forte dotazione di foreste, lo sviluppo di una filiera locale per lo sfruttamento delle biomasse legnose a fini energetici  è un'opportunità economica molto interessante, e di conseguenza al centro del dibattito mediatico, come sta accadendo per la centrale di Envie e quella di Paesana, site entrambe in provincia di Cuneo.
Come accade ogni qual volta, in un determinato territorio, vi sia un'iniziativa imprenditoriale volta all'installazione di un impianto per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, vi sono moltissime contestazioni e prese di posizioni da parte di varie figure: dai comitati cittadini alle associazioni ambientaliste.
Nel caso delle centrali a biomasse legnose, i fattori più delicati, capaci di stimolare un acceso dibattito, concernono essenzialmente 3 punti: il controllo delle emissioni inquinanti, il timore di una eccessiva deforestazione come conseguenza della necessità di rifornire di biomassa da bruciare la centrale stessa, gli effettivi rendimenti energetici di tali impianti. 
In parole povere, ci si chiede sempre se il gioco valga la candela (sviluppo economico versus tutela degli ecosistemi boschivi e della qualità dell'aria), e quali siano i reali ritorni economici per le comunità locali "ospitanti".


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A Cuneo il Circolo locale del Forum Salviamo il Paesaggio

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Nella puntata speciale di Presa Diretta, dedicata all'alluvione che ha interessato Genova e le Cinque Terre,  andata in onda lunedì 7 novembre 2011, si è puntato il dito contro la cementificazione selvaggia che ha afflitto - e continua ad affliggere - il nostro Paese, considerandola come una fra le più importanti cause del dissesto idro-geologico a monte delle recenti alluvioni. 

L'altra grave causa scatenante è costituita dall'incuria nella manutenzione di argini e letti dei fiumi: se l'acqua non trova uno spazio sufficiente per scorrere se lo prende, invadendo con furia inaudita città e paesi, rimuovendo i tappi costituiti da case, arcate di ponti, arbusti ed esseri umani.

In questo scenario, appare un segnale molto importante la notizia che è sorto a Cuneo il Circolo locale del Forum Nazionale “Salviamo il paesaggio, Difendiamo i territori”, un movimento creato nei mesi scorsi da Carlo Petrini di Slow Food e altri, con lo scopo di arginare la dilagante cementificazione del nostro paese. 

Il  territorio è stato trattato, a partire dal boom economico degli anni 60 del 900 come un supermercato da cui prendere aree sempre più vaste di suoli boschivi o coltivati,  con l'unico scopo di cementificare. In passato, si è cementificato per costruire case, oggi lo si fa perché i Comuni hanno sempre più bisogno di fare cassa, e cambiano la destinazione urbanistica anche a terreni che sono situati troppo vicini ai fiumi, o che hanno una natura franosa. E i condoni non hanno certo migliorato la situazione, anzi: sono state sanate numerose situazioni che le norme qualificavano come abusive.

Il Forum Salviamo il paesaggio, Difendiamo i territori invece, sostiene che esiste una strada concreta alternativa al modello attuale e che si può gestire un comune anche facendo a meno degli oneri di urbanizzazione derivanti da nuove edificazioni. E' un risultato che si può ottenere attraverso la "crescita zero" urbanistica, come esito di una concertazione attenta e condivisa. 

I fronti operativi sono 2:


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Dicono di noi Wwworkers

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Gestendo un blog dedicato all'informazione ed al diritto ambientale, ci capita spesso di scrivere a proposito di leggi, eventi, notizie o prodotti in campo ambientale.
Questa volta invece ecco un articolo che parla di noi, ossia dello studio di consulenza Natura Giuridica di Andrea Quaranta.
Recentemente, i media si sono occupati di noi in qualità di wwworkers, ossia di lavoratori che utilizzano per il proprio business le tecnologie e le opportunità offerte dalla rete. Molte persone in Italia hanno fatto una scelta lavorativa (e di vita) simile alla nostra e, grazie al progetto ideato e realizzato dal giornalista del Sole24ore Giampaolo Colletti, il mondo si è accorto di noi, e del fatto che sempre più persone abbandonano, oppure smettono di cercare, il posto fisso per avviare un'attività on line.

Ecco una breve rassegna degli articoli che ci riguardano:

Per cominciare: la nostra scheda di consulenti in diritto ambientale sul sito wwworkers ; sul libro Wwworkers, i nuovi lavoratori della rete, di Giampaolo Colletti, edito da Gruppo24ore, ci trovate invece a pag.76.
La Repubblica ediz. Torino - Reinventarsi grazie a internet la carica dei lavoratori www
Targato CN - I wwworkers approdano nella granda: l'esperienza di marito e moglie di Dronero
Jobslot - Lavorare sul web e reinventarsi: i wworkers
Eco - legale - Eco-legale: ora c’è anche l’avvocato delle cause green

Hanno parlato di noi wwworkers su:
l'Unità - Addio cartellino, lavoro da casa. Un manuale sui wwworkers
LSDmagazine -  Wwworkers: i nuovi lavoratori della rete l’ultimo libro di Giampaolo Colletti
Il sito web Sole24ore - GENERAZIONE wwworkers
Agora Vox Italia - WEB 2.X_ME: la passione diventa professione
VoglioVivereCosì - Nuovi orizzonti: wwworkers lavorare grazie a internet
Abruzzo News - Come ti abbandono il posto fisso per lavorare in rete


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Carbonverde e differenziata a Cuneo

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L'utilizzo del carbonverde, il combustibile ricavato dai rifiuti indifferenziati, è incompatibile con una politica che incentivi la pratica della raccolta differenziata?

E' una domanda che mi è sorta accostando tra loro 2 notizie ambientali riguardanti Cuneo, una città dove la quota raggiunta dalla raccolta differenziata si attesta attorno al 50% dei rifiuti prodotti: una è relativa al potenziamento della raccolta differenziata dei rifiuti organici, risalente al novembre scorso e l'altra, di fine gennaio 2011, riguarda la protesta di un gruppo di Associazioni del cuneese circa l'utilizzo dei rifiuti indifferenziati come carbonverde.


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I paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato potrebbero essere presto acquisiti al Patrimonio Unesco

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Venerdì 21 gennaio a Parigi è stato ufficialmente presentato, negli uffici dell’Unesco, il dossier di candidatura per l’iscrizione nella lista dei beni patrimonio dell’Umanità dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Si tratta dell’unica candidatura italiana per il 2011, candidatura che ha avuto il via libera dal gruppo di lavoro interministeriale (Affari Esteri, Politiche Agricole, Beni Culturali ed Ambiente).


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