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Il decreto legislativo sui nuovi incentivi per le FER diverse dal fotovoltaico: parere favorevole della conferenza Stato-Regioni. Ecco la struttura del decreto

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Poco più di un mese fa la Conferenza unificata Stato-Regioni ha dato il proprio parere favorevole, con modifiche, al testo del decreto legislativo che modifica gli incentivi per le fonti di energia rinnovabile diverse dal fotovoltaico
Il nuovo decreto ha lo scopo di sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica: 
• attraverso la definizione di incentivi e modalità di accesso semplici, 
• che promuovano a) l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità degli oneri di incentivazione in misura adeguata al perseguimento degli obiettivi stabiliti nella Strategia Energetica Nazionale; b) il graduale adattamento alle Linee guida in materia di aiuti di Stato per l’energia e l’ambiente.
Andiamo a vedere, a grandi linee, la struttura del nuovo decreto incentivi.

L’accettazione di richieste di accesso ai meccanismi di incentivazione cessa decorsi 30 giorni dal raggiungimento della prima fra le seguenti date: a) il 1° dicembre 2016 (1° dicembre 2017 per gli impianti idroelettrici); b) la data di raggiungimento di un costo indicativo massimo degli incentivi di 5,8 miliardi di euro l’anno. La vecchia normativa, il DM 6 luglio 2012, continua ad applicarsi agli impianti iscritti in posizione utile nelle graduatorie formate a seguito delle procedure di asta e registro svolte ai sensi dello stesso decreto. 

L'accesso ai meccanismi di incentivazione può essere diretto (per impianti eolici di potenza fino a 60 kW; impianti idroelettrici di potenza nominale di concessione fino a 250 kW, se rientrano nelle specifiche categorie elencate nell’art. 4, comma 3, lett. b); per alcuni impianti alimentati a biomassa di potenza fino a 200 kW e per gli impianti alimentati a biogas di potenza fino a 100 kW; per gli impianti oggetto di un intervento di potenziamento, se la differenza tra il valore della potenza dopo l’intervento e quello della potenza prima dell’intervento non sia superiore ai valori massimi di potenza consentiti per la singola FER; così come per gli impianti oggetto di rifacimento aventi potenza complessiva, a valle dell’intervento, non superiore ai valori massimi di potenza consentiti per la singola FER; infine gli impianti realizzati con procedure ad evidenza pubblica da Amministrazioni pubbliche, con potenza fino al doppio del livello massimo consentito per singola FER e gli impianti solari termodinamici di potenza fino a 100 kW), oppure con iscrizione in appositi registri, in posizione tale da rientrare in limiti specifici di potenza (impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, ibridi, oggetto di un intervento di rifacimento totale o parziale, oggetto di un intervento di potenziamento, nei limiti che per ognuno il nuovo D.Lgs analiticamente prevede). Possono richiedere l’iscrizione al registro (e partecipare alle aste) i soggetti titolari dell’autorizzazione o, in alcuni casi specifici, dal proponente. Un'ultima modalità di accesso consiste nella partecipazione a procedure competitive di aste (impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, ibridi la cui potenza è superiore alla pertinente potenza di soglia; impianti oggetto di un intervento di potenziamento qualora la differenza tra il valore della potenza dopo l’intervento e quello della potenza prima dell’intervento sia superiore al valore di soglia vigente per gli impianti alimentati dalla stessa fonte). Il soggetto responsabile degli impianti partecipa a procedure pubbliche d’asta al ribasso, svolte in forma telematica, per la definizione del livello di incentivazione dell’energia elettrica prodotta, nei limiti dei contingenti annui di nuova capacità produttiva.  Gli ex-zuccherifici continuano ad accedere agli incentivi del “decreto rinnovabili” (DM 18.12.2008), alle condizioni e nei limiti previsti dalla delibera del Comitato Interministeriale Bieticolo-saccarifero del 5 febbraio 2015.

Quali le modalità di accesso? Entro 30 giorni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto il soggetto responsabile deve presentare al GSE la documentazione prescritta (allegato 3). Entro 90 il GSE procede alla stipula del contratto e all’erogazione dell’incentivo spettante, a decorrere dalla data di entrata in esercizio commerciale.

Per quanto riguarda i valori della potenza di soglia: 5 MW per tutte le tipologie di fonte rinnovabile. La potenza di un impianto è costituita dalla somma delle potenze degli impianti, alimentati dalla stessa fonte, a monte di un unico punto di connessione alla rete elettrica;. Più impianti alimentati dalla stessa fonte, nella disponibilità del medesimo produttore o riconducibili, a livello societario, a un unico produttore e localizzati nella medesima particella catastale o su particelle catastali contigue si intendono come unico impianto, di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti. 

Procedure applicative, controlli e monitoraggio sono a carico del GSE. Questi meccanismi di incentivazione non sono cumulabili con altri incentivi pubblici comunque denominati, fatte salve le specifiche eccezioni già contemplate dalla normativa di incentivazione delle FER (il “decreto Romani”, D.Lgs n. 28/2011). 



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Consumo del territorio: la superficie realmente coperta dagli impianti eolici

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Eolico e consumo del territorio 

Nonostante la giurisprudenza, dopo un’iniziale contrapposizione ideologica, con il tempo abbia con il tempo sviluppato un orientamento volto a porre l’attenzione necessaria al corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco (ambientali ed economici), ancora oggi sono molti i ricorsi che hanno ad oggetto la corretta localizzazione degli impianti eolici. Di recente, la Cassazione si è pronunciata in merito ad un caso relativo ad un particolare aspetto concernente il consumo di territorio: quello relativo all’esatta individuazione del concetto di “superficie coperta” da un impianto eolico, al fine di stabilire con precisione quanto territorio può consumare la realizzazione di un impianto “elettroeolico”. 

*°*

Nella delicata mediazione fra interessi ambientali ed economici, sottesa alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia, la localizzazione degli IAFR rappresenta una delle problematiche più “sentite”, che da luogo a numerosi scontri fra i sostenitori dell’uno o dell’altro. 
Nonostante la giurisprudenza, dopo un’iniziale contrapposizione ideologica – che vedeva contrapporsi, da un lato, i sostenitori di una più spinta difesa del paesaggio e, dall’altro, i fautori dello sviluppo di IAFR – con il tempo abbia “sviluppato” un orientamento volto a porre l’attenzione necessaria al corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco, ancora oggi sono molti i ricorsi che, inter alia, hanno ad oggetto proprio la corretta localizzazione degli impianti de quibus, specie quando il loro impatto visivo è rilevante, come nel caso degli aerogeneratori. 
Di recente, la Cassazione si è pronunciata in merito ad un caso relativo ad un particolare aspetto concernente il consumo di territorio: quello relativo all’esatta individuazione del concetto di “superficie coperta” da un impianto eolico, al fine di stabilire con precisione quanto territorio può consumare la realizzazione di un impianto “elettroeolico”.

Il caso oggetto della sentenza della Cassazione (Cassazione penale, sentenza n. 33365/12) riguarda una lunga, complessa e controversa vicenda autorizzatoria, cominciata più di dieci anni prima che – dopo svariati passaggi di proprietà e molti ridimensionamenti progettuali (originariamente erano previste 41 pale eoliche) – pochi mesi fa ha portato al sequestro di alcuni aerogeneratori e delle aree su cui insistono, parte di un più ampio parco eolico in corso di realizzazione in una zona del sud della Sardegna. 
Secondo l’accusa, infatti, l’amministratore delegato della società, che intende realizzare gli impianti eolici, e il progettista-direttore dei lavori hanno effettuato opere edilizie per la realizzazione del parco elettroeolico:
  • in totale difformità dei permessi di costruire rilasciati dal Comune, che prevedevano precisi limiti territoriali, entro i quali realizzare gli impianti de quibus; 
  • occupando una superficie “di gran lunga superiore al limite del 40% di quella totale”, secondo quanto indicato nell’art. 11.5 del Piano regolatore del Consorzio industriale del CASIC (ora CACIP, Consorzio Industriale delle provincia di Cagliari): in particolare, non sarebbero state osservate le distanze minime delle turbine dai confini delle strade provinciali; 
  • senza chiedere la valutazione d’impatto ambientale.
A prescindere dall’analisi di quest’ultimo aspetto – la Suprema Corte, infatti, si è limitata ad osservare che l’ordinanza del GIP appellata aveva escluso che la realizzazione del parco eolico dovesse essere preceduta dalla valutazione d’impatto ambientale, trattandosi di impianto realizzato in area industriale – occorre soffermarsi sulla ricostruzione effettuata dal Collegio in merito ai rapporti fra diritto di superficie, disposizioni contrattuali e normativa urbanistica.

 Il punto di partenza è costituito dalle previsioni contrattuali, in base alle quali: 
  • il diritto di superficie interessava numerosi lotti di terreno per una superficie complessiva di ha 91.61.83; 
  • ciascuna piazzola, sulla quale sarebbe stato posizionato un aerogeneratore, avrebbe avuto una superficie di 625 m2; 
  • “le zone dove effettivamente e concretamente il diritto verrà esercitato saranno delimitate ed individuate catastalmente in virtù dell’atto di precisazione che le parti si obbligano a stipulare”, in seguito al quale veniva identificata l’area occupata dagli impianti, e sulla quale veniva esercitato il diritto di superficie (ha 01.14.43). 
Con l’ordinanza, oggetto del ricorso da parte del PM, il Tribunale di Cagliari:
  • ha ritenuto insussistente la violazione delle previsioni dei permessi di costruire con riferimento alle dimensioni della superficie destinata alla realizzazione del progettato parco eolico. Nelle motivazioni, il Tribunale cagliaritano ha evidenziato che i permessi di costruire facevano riferimento al negozio costitutivo del diritto di superficie e alla successiva individuazione dell’effettiva estensione sulla quale sarebbe stato esercitato il diritto;
  • ha rilevato che la superficie occupata da ogni singolo impianto, “da rapportarsi alla base dei tralicci che sorreggono la struttura, è di 151 m2”. Di conseguenza, doveva ritenersi soddisfatto il requisito posto dal cit. Piano regolatore del CACIP circa il rapporto (massimo del 40%) fra superficie totale del lotto destinata a ciascun impianto e quella occupata, appunto, da ogni singolo aerogeneratore. 
La Cassazione ha ribaltato questa decisione, sottolineando la correttezza delle contestazioni sollevate dal PM e l’erroneità del metodo di calcolo prescelto dal Tribunale: infatti, nel calcolare la superficie occupata dai singoli aerogeneratori, si deve tener conto non solo della superficie occupata dai tralicci che sostengono le pale, ma anche del diametro di queste ultime e, in particolare, della superficie occupata in conseguenza del movimento rotatorio di 360 gradi che le stesse effettuano nel seguire la direzione del vento.
Essendo il diametro delle pale di 80 metri – ha sottolineato il PM nel suo ricorso – la superficie occupata da ciascun impianto, rispetto a quella prevista per i lotti sui quali tali impianti insistono, è del 98%. 

Nell’accogliere la tesi della pubblica accusa – e nell’annullare con rinvio, per un nuovo esame su punto, l’ordinanza impugnata – la Corte di Cassazione ha affermato che, “ai fini della determinazione della superficie occupata da ogni singolo impianto eolico, deve tenersi conto della proiezione della parte aerea sull’area sottostante”. 
Ai fini di tale valutazione, infatti, non può non tenersi conto del movimento rotatorio dell’impianto stesso. 

Il concetto di superficie coperta, con riferimento alla realizzazione di impianti industriali, infatti, “non deve essere inteso in senso tecnico-costruttivo, bensì in quello più lato urbanistico-edilizio, quale superficie direttamente impegnata da un impianto fisso anche tenendo conto della superficie occupata per il suo funzionamento, in quanto detta superficie viene sottratta ad ogni altra possibilità di utilizzazione”. 

 Decisione, a parere di chi scrive, ineccepibile, che tuttavia lascia aperto un interrogativo. 
La Cassazione, infatti, fa riferimento al rapporto fra la superficie occupata dal singolo aerogeneratore e quella, sottostante, su cui incide l’impianto: se quest’ultima – come nel caso in esame – è oggetto di una disposizione pattizia fra le parti, ci si domanda se: 
  • al netto delle considerazioni relative al rispetto di tutte le altre normative di settore;
  • ferma restando la disponibilità potenziale di un vasto territorio;
  • per rientrare nei limiti previsti dalle norme di settore (nel caso di specie, la soglia del 40% indicata nel cit. Piano regolatore territoriale) e, quindi, realizzare almeno in parte gli impianti, sia sufficiente ampliare la superficie del lotto sul quale realizzare l’aerogeneratore… 
Come si concilierebbe, questa ipotesi, con una ponderata tutela del paesaggio e del territorio?


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Il reale costo complessivo delle rinnovabili e il necessario completamento del sistema elettrico

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Qual è il reale costo delle rinnovabili, e in particolare di quelle intermittenti
Da tempo si tenta di dare una risposta soddisfacente a questo interrogativo, al fine di trovare una soluzione di equilibrio in grado di rendere il mercato elettrico sostenibile, da un lato, e di marginalizzare le esternalità negative, dall’altro, senza che tuttavia gli sforzi profusi abbiano prodotto risultati apprezzabili. 
Poche settimane fa, il CESE, Comitato Economico e Sociale Europeo, ha approvato un “parere esplorativo” sugli effetti economici dei sistemi elettrici con una quota crescente di energie rinnovabili intermittenti, che hanno acceso un vivace dibattito sulle conseguenze tecniche ed economiche di questa tendenza. 

Il motivo è presto detto: oltre una certa quota del mix energetico, le FER intermittenti rendono necessario completare il sistema energetico mediante alcune componenti aggiuntive: estensioni della rete; impianti di stoccaggio; capacità di riserva; sforzi per un’utilizzazione flessibile. Tali componenti aggiuntive sono indispensabili per evitare di dover fronteggiare situazioni di indisponibilità della produzione energetica, o di sovraccarico delle reti e dei sistemi di controllo che, a catena: 
  • avrebbero conseguenze negative sull’efficienza degli impianti; 
  • minaccerebbero l’approvvigionamento energetico e la sostenibilità del mercato energetico europeo; 
  • produrrebbero un aumento dei prezzi dell’energia elettrica, con ulteriori danni a cascata per la concorrenzialità dell’industria europea (delocalizzazione verso Paesi extra-UE dove l’energia costa meno, ma è più inquinante) e nuovi oneri, che peserebbero, in particolare, sulle categorie socialmente svantaggiate. 
Naturalmente, per implementare tale sistema occorrono ingenti investimenti, volti a sviluppare e far funzionare le componenti tuttora mancanti di un sistema completo.
 Ma non si tratta soltanto di investimenti: occorre anche intervenire sull’assetto degli incentivi, perché “sussidi inappropriati e incentivi differenti da un paese europeo all’altro possono causare costi aggiuntivi”, e l’intero problema dei costi (comprese anche strategie energetiche alternative) deve quindi essere discusso in modo aperto e trasparente, occupandosi anche della questione dei costi esterni dei vari sistemi energetici e della loro interdipendenza. 
In definitiva, occorrono una politica energetica comune dell’Europa e un mercato interno dell’energia, in grado di fornire la base per un quadro legislativo affidabile che ispiri fiducia e consenta investimenti nell’energia e la creazione di sistemi paneuropei, realizzando l’obiettivo di fondo di tutti gli sforzi volti a costruire una Comunità europea dell’energia. 

La questione dei costi 

Le rinnovabili non programmabili presentano una serie di costi
  • legati allo sviluppo e al funzionamento del sistema completo (dal produttore al consumatore di energia), da un lato, e al loro impatto sulla capacità economica, la competitività e la sostenibilità sociale, dall’altro, che negli ultimi anni sono cresciuti in maniera significativa in tutti i comparti del settore energetico, a maggior ragione in un settore come quello delle rinnovabili, caratterizzatosi da una “dose cospicua” di sussidi e meccanismi di sostegno necessari per aiutare la loro penetrazione sul mercato; 
  • indiretti (derivanti dallo sviluppo della rete, “dall’erogazione regolare di energia e dalla garanzia di capacità di riserva”) ed esterni, che variano da una tecnologia energetica all’altra. 
Quello “offerto” dal CESE è un tentativo: il Comitato, infatti, mette in evidenza che, allo stato attuale, manca un’analisi indipendente ed autorevole, che sappia fornire “un modello esaustivo dei costi dell’energia e che non soltanto comprenda tutte le esternalità note, ma riconosca anche il significativo impatto dei recenti sviluppi riguardanti il reperimento e la produzione dei combustibili fossili non convenzionali”.
Se la tendenza all’aumento degli impianti alimentati da fonti rinnovabili intermittenti continuerà, inevitabilmente i costi sistemici indiretti finiranno per superare quelli diretti degli impianti di produzione dell’elettricità, e anche se i costi diretti di tali impianti sono ormai scesi considerevolmente, essi non costituiscono ancora un’alternativa competitiva in assenza di sussidi e anzi contribuiscono ancora ad aumentare la bolletta energetica.

L’analisi su questo specifico punto, a valle delle criticità sopra rilevate, si conclude con una serie di moniti:
  • innanzitutto, occorrerà dare la priorità all’installazione e messa in servizio delle componenti mancanti al completamento del sistema, in particolare a infrastrutture di trasmissione e sistemi di stoccaggio adeguati, e a sistemi per il consumo flessibile (in alternativa, bisognerà modificare le regole sull’immissione prioritaria; 
  • un’altra opzione consisterà nel livellare le differenze regionali in termini di eccesso di fornitura e di domanda in momenti specifici, attraverso interconnessioni adeguate; 
  • le reti di trasmissione dell’elettricità prodotta da rinnovabili (tipicamente a basso e medio voltaggio) dovranno essere maggiormente sviluppate ed integrate con reti intelligenti; 
  • anche le reti di trasmissione ad alta tensione dovranno essere potenziate “dal momento che interconnessioni insufficienti causano il passaggio imprevisto di flussi di energia che mettono a rischio la sicurezza del funzionamento dei sistemi di trasmissione”; 
  • ultimo, ma non meno importante, la gestione della domanda e l’elettromobilità. Il trasferimento della domanda dai periodi di picco ai periodi di traffico normale (“stoccaggio funzionale dell’energia”), compresa l’elettromobilità, può contribuire ad attutire gli effetti dell’intermittenza. 
Naturalmente, l’economia nel suo insieme, “ossia sostanzialmente i consumatori (e/o i contribuenti), dovrà inevitabilmente farsi carico dei costi totali derivanti dal ricorso alle fonti energetiche rinnovabili intermittenti”, fra i quali quelli del ciclo di vita di almeno due sistemi di approvvigionamento energetico:
  • da una parte una serie di centrali elettriche alimentate con le energie rinnovabili, che inevitabilmente richiederanno una capacità in eccesso significativa che dev’essere utilizzata; 
  • dall’altra una seconda serie di centrali con capacità di riserva tradizionali, stoccaggio dell’elettricità, nuove capacità di trasmissione e sistemi di gestione della domanda per i consumatori finali. 
I fattori economici 

Fatte queste premesse, quali passi si devono fare per: 
  • tenere al più basso livello possibile l’aumento dei costi che si verificherà, 
  • renderne accettabile l’impatto, 
  • recare un beneficio alla forza economica dell’Europa e 
  • garantire l’approvvigionamento energetico? 
Il primo passo per evitare e prevenire gli sprechi evitabili di risorse finanziarie e un aumento ancora maggiore dei prezzi dell’energia, consiste nella pianificazione, nello sviluppo e nell’installazione delle componenti necessarie al sistema completo (impianti di stoccaggio, reti e centrali di riserva) su scala sufficiente per aprire la strada all’ulteriore installazione delle FER intermittenti. In sostanza, il sistema dovrà riguardare tutta l’UE, per evitare di dover modificare le regole sull’immissione: in quest’ottica, le sinergie con in sistemi di erogazione del teleriscaldamento e teleraffrescamento e con i sistemi di trasporto potranno semplificare l’integrazione sistemica. In ogni caso – nell’ottica di un continuo miglioramento – il CESE suggerisce di distinguere fra le diverse categorie, tempistiche e aree di azione, come sintetizzato nella tabella che segue, e di adottare uno sguardo globale, che sappia cogliere tendenze innovative e sostenibili, e consenta di redigere un elenco chiaro delle priorità per gli obiettivi principali, volto anche a ridurre “la crescente tendenza alle interferenze regolamentari non armonizzate da parte dei governi dei vari Stati membri”.

Occorre globalizzarsi, insomma, nella costante ricerca di un equilibrio fra la tutela dal fenomeno della povertà energetica delle categorie sociali a basso reddito, da un lato, e la protezione dei settori industriali a più elevata intensità energetica dai continui aumenti del costo dell’energia, per evitare che risulti compromessa la loro competitività globale, e si verifichi la deindustrializzazione. A tal fine, sono necessari ricerca e sviluppo, “anziché lanci sul mercato di larga scala affrettati e prematuri. La distinzione fra ricerca, sviluppo e dimostrazione da una parte e sostegno e lanci di mercato su larga scala dall’altra deve rimanere netta altrimenti, fra le altre cose, si rischiano situazioni di mercato che potrebbero impedire l’innovazione”. Una distinzione che dovrebbe riguardare anche il latu sensu sistema di sostegno delle rinnovabili, che, visto con il senno di poi, ma in una logica prospettica di medio-lungo periodo, eviti il procrastinarsi di quelli che, con il tempo, da aiuti necessari per far fronte agli alti costi si sono trasformati in occulte forme di “assistenzialismo protezionista” (il CESE richiama espressamente il sistema degli incentivi previsti in passato per il fotovoltaico). Come a dire che occorre lanciare gli investimenti – che “generano ottimismo, contribuendo a creare posti di lavoro e ad instaurare un clima di fiducia” – e non continuare ad alimentare speculazioni finanziarie, che sono a vantaggio di pochi e producono costi indiretti ulteriori a danno della collettività. 

In conclusione, le rinnovabili costano, ma non per questo devono essere accantonate. Si tratta di rivedere le modalità del loro utilizzo, e soprattutto di integrarle all’interno di un sistema elettrico globale più efficiente. Il CESE, dunque, non boccia le rinnovabili – che considera, al contrario, il cardine di un sistema energetico sostenibile – ma evidenzia che devono essere potenziate cum grano salis: per farlo, è necessaria una maggiore trasparenza dei dati, e coinvolgere maggiormente il pubblico, perché la partecipazione, la comprensione e il consenso da parte del pubblico per i diversi cambiamenti che dovranno essere apportati al nostro sistema energetico nei prossimi decenni sono elementi essenziali”.


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La necessaria ponderazione degli interessi ambientali ed economici nella localizzazione degli IAFR - Impianti Alimentati da Fonti Rinnovabili.

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Nella localizzazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili (fra le quali rientrano anche i rifiuti, a particolari condizioni), di quali interessi bisogna tener conto?

In Italia, dopo anni di estenuanti diatribe giuridiche riguardanti la presunta prevalenza dell’interesse ambientale su quello economico, e viceversa, che ha visto in dottrina, ma anche in giurisprudenza, contrapporsi da un lato i sostenitori di una più spinta difesa del paesaggio e, dall’altro, i fautori dello sviluppo di IAFR, con il tempo si è andata affermando una costante giurisprudenza volta a porre l’attenzione necessaria al corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco. 

Di recente, tre sentenze del TAR dell’Abruzzo – nella sua duplice sede de L’Aquila e di Pescara – sono intervenute nuovamente in materia di localizzazione di IAFR, evidenziando una “contrapposizione di ritorno” che, di sicuro, non giova l’interprete ma, soprattutto, nuoce agli operatori del settore che, per fattori 
  • del tutto imponderabili (la “fortuna”, o meno, di soggiacere alla giurisdizione di un tribunale più o meno “equilibrato”) e 
  • inopinatamente discrezionali (senza alcuna motivazione nel/del caso concreto), 
rischiano di subire un trattamento indiscriminatamente differente, in relazione a fattispecie analoghe. 

Collocandosi sulla scia della consolidata giurisprudenza, il TAR de L’Aquila ha affermato che sono illegittimi gli atti amministrativi che vietano la localizzazione di uno IAFR in zone tout court classificate agricole dai vigenti piani urbanistici e, nello stesso tempo, la generale previsione di compatibilità con la destinazione agricola non importa comunque la possibilità di indiscriminata localizzazione.
Inoltre, è illegittimo il provvedimento con il quale la Regione nega l’avvio del procedimento di autorizzazione unica sulla base della considerazione che l’impianto progettato è in contrasto con il divieto di attività industriali in zona agricola: alla Regione è precluso procedere ad automatici meccanismi preclusivi invocando una destinazione urbanistica comunque non incompatibile con la realizzazione di opere che – una volta debitamente autorizzate – comunque si caratterizzano per essere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti. 

Il TAR di Pescara, invece, ha innanzitutto richiamato “a proprio uso e consumo” le linee guida regionali in materia di localizzazione degli IAFR, che hanno dichiarato “espressamente inidonee le zone interne e anche esterne dei parchi nazionali e regionali, oltre che le riserve naturali regionali e nazionali”.

Sulla scia di un'assolutistica  presa di posizione - che potete approfondire leggendo l'articolo "Localizzazione degli IAFR: la necessaria ponderazione degli interessi ambientali ed economici", pubblicata su "Il quotidiano IPSOA" - il TAR di Pescara ha apoditticamente affermato che
“la gerarchia dei valori delineata a livello costituzionale comporta la prevalenza dell'interesse ambientale rispetto all'interesse economico, pur rilevante”, 
mettendo di fatto al bando qualsiasi altro tipo di considerazione, e pretermettendo ogni analisi del caso concreto.
A “giustificazione” di tale affermazione non vale evidenziare che l’area sulla quale si sarebbe dovuto realizzare il progettato intervento era destinata a verde agricolo e, sia pure al di fuori dei confini di una riserva naturale, ricadeva tuttavia all'interno della fascia di protezione esterna della riserva medesima.


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La sostenibilità culturale quale (unico) veicolo per la crescita del nostro Paese

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La sostenibilità culturale quale (unico) veicolo per la crescita del nostro Paese: sembra essere questa la conclusione e l'auspicio contenuto nella seconda relazione annuale dell'AEEG
Crescita ma con rigore: di questo abbiamo sentito parlare in questi mesi, anche se abbiamo visto molto rigore, e poca crescita. Chiunque ne parli, tuttavia, si dimentica che, per immaginare un futuro all'insegna delle molteplici sostenibilità, occorre partire dallo sviluppo e dalla promozione di una crescita culturale, specie in un periodo di grandi cambiamenti come quello che stiamo vivendo in questi anni.
Lo sa bene l'AEEG, che con la seconda relazione annuale sullo stato dei servizi e dell’attività svolta, ribadisce l’importanza del ruolo del regolatore del mercato dell’energia elettrica e del gas, che deve promuovere la concorrenza e l’efficienza, al fine di tutelare pienamente gli interessi di un consumatore che, come gli altri attori del mercato, deve essere capacitato, “così da allineare il perseguimento dei legittimi obiettivi individuali all’interesse del sistema nel suo complesso e a quello dell’insieme dei consumatori in particolare”. 
Tuttavia, le metodologie già indicate nella scorsa relazione, anche e soprattutto a causa dei rapidi cambiamenti che hanno investito anche il settore energetico, devono essere declinate in ragione del contesto specifico che, di volta in volta, caratterizza i settori regolati e, come detto, in funzione dei significativi cambiamenti in corso.

Il binomio rigore-crescita, infatti, non può essere configurato in modo qualunque, semplicemente affiancandoli.
Esso richiede, piuttosto, non solo di evitare inefficienze, così da liberare risorse, ma anche di utilizzare le risorse liberate e, più in generale, quelle disponibili in modo selettivo, privilegiando gli interventi a maggior efficacia ed efficienza.
Un modo corretto di coniugare rigore–crescita passa, quindi, attraverso il criterio della selettività e questo vale anche per la regolazione.

La relazione inizia dai radicali cambiamenti intervenuti negli ultimi anni che si sono verificati molto più rapidamente di quanto si sarebbe potuto immaginare, senza che la costruzione di un mercato unico europeo – l’unico in grado di affrontare in modo adeguato le nuove esigenze – sia stata ancora portata a compimento, e anzi, con il rischio che i mutati paradigmi nei diversi Stati membri rischi di far divergere gli interessi nazionali, rendendo più difficile il mercato energetico a livello dell’Unione europea.
Quindi, prosegue sottolineando che, per ipotizzare un futuro molteplicemente sostenibile, occorre allora tradurre le criticità connesse a questi mutamenti strutturali
“in un impulso costruttivo a ritrovare un vero e proprio spirito di governo, soprattutto dei cambiamenti in essere, ben sapendo che, in generale, «nulla è costante tranne il cambiamento», secondo la saggezza filosofica antica (Eraclito) e, pertanto, nel costruire l’oggi dobbiamo prepararci ad ospitare ed accogliere il domani. Questo cambiamento svolga per tutti quella funzione maieutica che «non insegna» apoditticamente ma «aiuta a ricercare» il cammino da intraprendere”. 
Al bando, dunque, qualsiasi “tentazione paternalistica di sostituirsi al mercato”, la regolazione deve promuovere la concorrenza e l’efficienza, al fine di tutelare pienamente gli interessi di un consumatore che, come gli altri attori del mercato, deve essere capacitato, “così da allineare il perseguimento dei legittimi obiettivi individuali all’interesse del sistema nel suo complesso e a quello dell’insieme dei consumatori in particolare”.

L’analisi completa delle relazione, e delle prospettive per il futuro, è stata pubblicata su “Il Quotidiano IPSOA”, nell’articolo “La sostenibilità culturale quale (unico) veicolo per la crescita del nostro Paese”.


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MOODY'S mette il becco anche sulle rinnovabili

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Vi ricordate della pubblicità in cui, una mattina, dopo una notte di festa in casa di chissà chi, Camilla si alza e rumorosamente si appresta a preparare la colazione, svegliando un impaurito ragazzo che, dopo i bagordi della sera prima, era rimasto a dormire sul divano? I due non si conoscono, ma erano entrambi alla festa, ma poco importa, tant'è che lui, con una studiata ingenuità, fa la battuta finale, quella che da più di dieci anni ancora ricordiamo: "ma poi, 'sta festa, di chi era?"

Allo stesso modo, ci domandiamo un po' tutti, da qualche mese a questa parte, "Ma poi, 'sto Moody's, (di) chi è?", aggiungendo alla mia innata curiosità: "ma che vole?" e, soprattutto, "chi gli ha concesso tutto questo potere?". Lì per lì, infatti, rimuginavo fra me e me, sentendo per la prima volta nomi come Moody's, e delle altre agenzie di rating, frasi come "non mi importa", "chi saranno mai!".
E invece no, importa eccome, se nel tempo hanno determinato le sorti di Paesi, società, aziende, borse, banche, e via discorrendo, in un crescendo rossiniano in cui hanno messo bocca su tutto, ma proprio su tutto, prendendosi la libertà (o il lusso?) di effettuare downgrade (questo uso eccessivo di anglismi mi ricorda invece la pubblicità dove un erede di Tognazzi si mette a fare un improvvisato rapper de noatri) di ciò che ritengono "pericoloso". Pericoloso per chi? E per quali motivi?
Perché una società privata può avere così tanta importanza nel mondo moderno?
Di recente Moody's è intervenuta in materia di rinnovabili, il cui boom negli ultimi mesi ha cominciato a mostrare qualche segno della loro intrinseca (e contingente) debolezza, connessa alla mancata programmazione politico-normativa: oltre alle problematiche giuridiche, il punctum dolens ha riguardato i diversi sistemi di incentivazione, le carenze infrastrutturali e la naturale non programmabilità delle rinnovabili. In ogni caso, le rinnovabili hanno costretto i produttori di energia da fonti convenzionali a reagire alla loro concorrenza, in parte positiva, al netto delle speculazioni che ci sono state. Prova ne è il recente declassamento di ENEL effettuato da MOODY'S... 
Qualche giorno fa è stato pubblicato un articolo a mia firma, sull'argomento, sul sito di IPSOA, che vi invito a leggere ("Moody's e il downgrade delle oligarchie energetiche convenzionali"). Qui mi limito a qualche breve riflessione. MOODY’S, in estrema sintesi, vuol evidenziare una parte del cambiamento del paradigma energetico: ENEL fa parte di quelle imprese che, un tempo, erano considerate “stabili”, ma che ora stanno progressivamente perdendo certezze e si vedono costrette a modificare i propri business-plans, specie in quei settori dove, per “scarsa lungimiranza” si sono investiti negli ultimi anni qualcosa come 25 miliardi di euro (cicli combinati a gas). 
Come se la “stabilità” – si può leggere fra le righe – di per se stessa fosse, da sola, in grado di garantire il migliore interesse generale, e non, al contrario, soltanto quello dell’oligarchia energetica che ha dominato incontrastata nei decenni passati. 
Il rapporto dell'agenzia di rating sul settore energetico, in sostanza, si limita a “scoprire l’acqua calda” della crisi del settore termoelettrico, "messa alla prova" da un settore che, sia pure con i suoi limiti (che è necessario e doveroso “aggiustare”): 
  • sta contribuendo (e potrà farlo ancora di più in futuro, se opportunamente “gestito”) alla crescita pro quota sostenibile del nostro Paese, 
  • oltre ad essere stato (e continuare ad esserlo) uno dei pochi traini dell’economia asfittica degli ultimi anni. 
Per “limitare i danni”, i produttori di “energia convenzionale” hanno agito sui prezzi.
Per porre un freno alla concorrenza, invece, gli stessi si stanno opponendo allo sviluppo dei sistemi di accumulo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, che potrebbero penalizzare ulteriormente i prezzi di picco, incrementando la competitività delle rinnovabili ed emarginando ancor più la produzione termoelettrica. 
Una mano ai produttori di energia da fonti convenzionali – come ha sottolineato anche MOODY’S nella sua relazione – arriva, inoltre, da molti Stati europei, che stanno “prendendo in considerazione l’introduzione di sistemi di capacity payments” per consentire ai produttori di energia termoelettrica di rimanere “online”, grazie alla remunerazione di certi impianti per la potenza messa a disposizione, anziché solamente per l’energia prodotta: il fulcro del discorso ruota attorno alla non programmabilità delle rinnovabili, che rende i meccanismi di capacity payments “essenziali per affrontare la sicurezza del sistema di trasmissione dell’energia, anche se i politici saranno cauti nell’addossare ai consumatori costi aggiuntivi in bolletta”
Il problema, in sostanza, si sposta sempre, da qualunque angolo visuale lo si voglia vedere, sul consumatore finale: tant’è che, neanche fra le righe, ma scritto nero su bianco, si legge che, secondo MOODY’S (non: secondo i malpensanti) il meccanismo di capacity payment “would be credit positive for MOODY’S rated utilities, although their timing and structure remains uncertain”
Non si parla, cioè di “benefici collettivi”: infatti, ci sarebbe soltanto 
  • un’ulteriore “privatizzazione degli utili” (intesi nell’accezione di benefici) e 
  • una “socializzazione delle perdite” (non solo in termini di costi sui consumatori – la cautela dei politici è più paventata che reale – ma anche in termini di dissoluzione di parte dei benèfici effetti della concorrenza), 
con buona pace di chi, imperterrito, continua a parlare di sostenibilità.
Continuando ad ammantare (e a permettere di farlo) di sostenibilità concetti ed azioni decontestualizzati e volti alla (parziale) risoluzione di problemi specifici, invece che cominciare a porre le basi per il raggiungimento – per il tramite di una politica coordinata, integrata, lungimirante ed autorevole – delle molteplici sostenibilità e degli interessi generali, non si fa altro che rimandare la soluzione ad un futuro più o meno lontano, facendo finta, nel frattempo, di aver ottenuto chissà quale risultato per “il rilancio dell’economia”. 
Le problematiche, senza girarci tanto intorno, si conoscono, così come si conoscono le (sempre indigeste, per qualcuno) medicine, con le quali risolverle: rimandare la decisione di prenderle (le “medicine”), significa, in ultima analisi, perpetrare lo status quo conservatore di chi ha tutto da guadagnarci (o,comunque, tutto da non perderci). 
Così facendo, però, si fanno (male) i conti senza l’oste: oste che un domani, neanche troppo lontano, potrebbe avere le sembianze non del nostro (autonomo ed autorevole) legislatore, e neanche della “solita” emergenza (comoda scusa per giustificare terapie d’urto di ogni sorta), ma di qualche altro Stato, non necessariamente della vecchia Europa.


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Piemonte: approvato il nuovo piano d'azione sull'energia per il biennio '12-'14

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Il 19 novembre scorso la Giunta regionale del Piemonte ha approvato il nuovo Piano d'azione sull'energia per il biennio 2012-2014. Si tratta del documento che fissa obiettivi e budget riservati alla programmazione energetica regionale.
Saranno quattro gli assi strategici di intervento per il biennio 2012-2014: produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili, efficienza e risparmio energetico, reti e generazione distribuita, filiera della clean economy e specializzazione dei cluster regionali.
 “Oltre 39 milioni di euro a disposizione - precisa Giordano, assessore allo sviluppo - che saranno utilizzati realizzando strumenti di sostegno attraverso prestiti agevolati e contributi a fondo perduto. Tengo a sottolineare che gli assi strategici di intervento sono stati concordati direttamente con i cittadini, che hanno potuto esprimere le loro osservazioni e proposte attraverso il portale del Forum energia. Un confronto e una condivisione unica nel suo genere, che ha potuto avvicinare amministrazione e cittadini nell’attuazione dei principi di partecipazione e trasparenza. Non mi risulta ci siano mai state esperienze analoghe nel nostro Paese nella costruzione di una programmazione energetica regionale”.
Le risorse, che derivano da fondi europei e regionali, verranno così ripartite: promozione efficienza energetica e fonti rinnovabili nelle imprese (5 milioni); impianti biomasse forestali (5 milioni); impianti termici da fonti rinnovabili (3,5 milioni); razionalizzazione dei consumi energetici negli edifici pubblici (6 milioni); riqualificazione energetica di coperture di amianto sugli edifici scolastici (2,5 milioni); sostegno all’innovazione nel settore della clean economy (4 milioni); clean economy come smart specialization del Piemonte (1 milione); esperienze pilota smart building (1,5 milioni). Sulle esperienze pilota smart building, in particolare, verranno erogati anche parte degli 8 milioni di fondi Far (Fondo Agevolazione alla Ricerca) messi a disposizione dall'accordo con il Ministero della Ricerca. 
Con le risorse regionali derivanti da minori erogazioni o da revoche di contributi si finanzierà invece nuovamente il bando "edifici a energia quasi zero", che aveva fatto registrare ottimi riscontri, esaurendo in poco tempo le risorse disponibili. 
Infine, saranno destinati 3 milioni e 100 mila euro per la riqualificazione emissiva ed energetica degli edifici. “Si tratta comunque di una dotazione iniziale - chiarisce Giordano - I bandi che avranno più successo verranno rifinanziati utilizzando risorse di quelli che ne hanno avuto meno. Il nostro obiettivo complessivo è promuovere sempre meglio l'innovazione nel settore energetico, in attesa di fare quel salto di qualità che ci porti a creare il distretto piemontese sulla green tech. Questo dovrà coinvolgere più ambiti e avere l'ambizioso compito di porsi come un esempio di eccellenza a livello internazionale”.


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Il ruolo dell'AEEG nella promozione dell'efficienza energetica

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Da anni si parla, a livello di princîpi, di promozione delle FER e di efficienza energetica, di obiettivi da raggiungere nel risparmio energetico: tuttavia, spesso il legislatore non ha concretizzato tali “ideali energetici” in norme chiare e complete. Nonostante tutto, la nostra normativa continua imperterrita a caratterizzarsi per la sua frammentarietà ed incompletezza. In questo contesto politico-normativo deficitario, assume un ruolo quanto mai essenziale quello svolto dall’AEEG o Autorità per l'energia elettrica e il gas, che, nella sua globale ed integrata attività di regolatore del settore, ha fra i suoi obiettivi principali quelli di stabilire le tariffe per l’utilizzo delle infrastrutture; garantire la parità d’accesso; promuovere, attraverso la regolazione incentivante, gli investimenti con particolare riferimento all’adeguatezza, l’efficienza e la sicurezza; promuovere più alti livelli di concorrenza e più adeguati standard di sicurezza negli approvvigionamenti, con particolare attenzione all’armonizzazione della regolazione per l’integrazione dei mercati e delle reti a livello internazionale; promuovere l’uso razionale dell’energia, con particolare riferimento alla diffusione dell’efficienza energetica e all’adozione di misure per uno sviluppo sostenibile. In altri due suoi recenti atti – la relazione sullo stato di utilizzo ed integrazione degli impianti da fonti rinnovabili e il parere in merito allo schema di decreto per l’incentivazione della produzione di energia elettrica da FER diverse dalla fonte solare – l’AEEG, sulla scia di quelle conclusioni, dimostra, ancora una volta, una capacità propositiva e un’analisi d’insieme senza eguali nel mondo politico.
Nel primo documento, dello scorso marzo, l’AEEG fotografa lo scenario dei mercati (all’ingrosso e al dettaglio) dell’energia elettrica e del gas naturale: scopo dell’analisi è quello di assicurare, da un lato, l’economicità dell’energia offerta ai clienti finali e le condizioni di non discriminazione degli operatori nel territorio nazionale, anche al fine di promuovere la competitività del sistema economico del Paese nel contesto europeo e internazionale, e di tutelare, dall’altro, gli utenti‐consumatori, con particolare riferimento alle famiglie che versano in condizioni economiche disagiate. Nel secondo documento l’Autorità ha evidenziato che i nuovi strumenti incentivanti previsti dal DLGS 28/11 dovrebbero promuovere la gestione degli impianti secondo criteri che tengano conto delle esigenze di sistema, e che è necessario continuare a prevedere incentivi di tipo feed in premium, mantenendo in capo al produttore la cessione dell’energia elettrica immessa in rete. Il testo completo dell’articolo “Lo stato di (precario) utilizzo ed (incompleta) integrazione degli IAFR” è stato pubblicato mercoledì 8 agosto 2012 su “Il quotidiano online – Professionalità quotidiana”, portale edito dalla casa editrice milanese Ipsoa, con cui Andrea Quaranta collabora da ormai da 10 anni.


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Regione Piemonte: agevolazioni per le rinnovabili

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E' di pochi giorni fa la notizia che la giunta regionale del Piemonte ha deciso di aumentare di 20 mln lo stanziamento di 100 mln destinato alle imprese piemontesi che hanno presentato progetti di investimento volti alla razionalizzazione dei consumi energetici, all'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile negli insediamenti produttivi e alla riduzione dell'inquinamento. Questo ulteriore stanziamento aumenta l'apposito fondo di rotazione che passa così da 100 a 120 milioni di euro, e su cui erano arrivate molte richieste, di cui una settantina ancora in lista d'attesa. 
"L'intervento - commenta l'assessore regionale allo Sviluppo economico, Massimo Giordano - permettera' di finanziare quasi tutte le iniziative, consapevoli di quanto il tema del risparmio energetico sia di cruciale importanza in ottica di sviluppo sostenibile."
La misura, rivolta a tutti i tipi di imprese, prevede finanziamenti agevolati, integrati da un contributo a fondo perduto entro certi massimali, che variano in relazione alla tipologia di azienda. 
Intanto, prosegue a livello regionale il lavoro verso l'adozione di un nuovo Piano energetico ambientale, che definisca i necessari indirizzi prioritari, le azioni e gli strumenti da seguire, secondo gli obiettivi posti dall'Unione Europea per il 2020. In vista della realizzazione del nuovo PEAR, la Regione Piemonte ha attivato un forum on line per raccogliere i suggerimenti degli utenti.
Attraverso il portale infatti, gli utenti interessati possono, previa registrazione, inserire commenti, idee, osservazioni e proposte di modifica. Fino al 14 ottobre scorso, attraverso il forumenergia, gli utenti hanno potuto già fornire contributi e proposte sulle “linee d’azione” del Piano d’Azione 2012-2014, prima dell’approvazione delle stesse da parte della Giunta regionale.


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Registri e procedure d'asta: i bandi

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Il Gestore dei Servizi Energetici o GSE, come previsto dal Decreto interministeriale del 6 luglio 2012, ha pubblicato a settembre i Bandi riferiti ai Registri e alle Procedure d’Asta per le FER diverse elettriche diverse dal fotovoltaico.
I Registri e le Procedure d’Asta sono stati aperti come previsto l'8 ottobre scorso e si chiuderanno alle ore 24,00 del 6 dicembre 2012. 
L'iscrizione ai Registri e la partecipazione alle Procedure d’Asta sarà possibile esclusivamente tramite l’apposito portale informatico https://applicazioni.gse.it . Entro il 6 dicembre devono dunque essere trasmesse le relative richieste di iscrizione, pena l'esclusione. Il Decreto ministeriale stabilisce le modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diversi da quelli fotovoltaici, nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, oggetto di intervento di potenziamento o di rifacimento, aventi potenza non inferiore a 1 kw e che entrano in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2012. 
I nuovi meccanismi di incentivazione sono riconosciuti in riferimento all'energia prodotta netta da impianti a fonti rinnovabili e immessa in rete ovvero al minor valore fra la produzione netta e l'energia effettivamente immessa in rete. Il decreto individua, per ciascuna fonte, tipologia di impianto e classe di potenza, il valore delle tariffe incentivanti base di riferimento per gli impianti che entrano in esercizio nel 2013. Definisce inoltre una serie di premi cui possono accedere particolari le tipologie di impianti che rispettano determinati requisiti di esercizio. Peraltro il decreto definisce le quattro diverse modalità di accesso ai meccanismi di incentivazione, a seconda della taglia di potenza e della categoria di intervento, come, appunto, l'iscrizione a registri e le aste. Il primo è previsto sia per gli impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati o oggetto di potenziamento se la relativa potenza è superiore a quella massima ammessa per l'accesso diretto, ma non superiore ad un determinato valore soglia (per i potenziamenti non deve essere superiore a tale valore soglia l'incremento di potenza) - , sia per nel caso di rifacimenti di impianti la cui potenza è superiore a quella massima ammessa per l'accesso diretto. Comunque, in entrambe i casi i due tipi di impianti devono trovarsi in posizione tale da rientrare entro contingenti annui di potenza incentivabili. L'aggiudicazione degli incentivi a seguito di partecipazione a procedure competitive di aste al ribasso, invece, è prevista nel caso di impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati o oggetto di potenziamento se la relativa potenza è superiore ad un determinato valore soglia (per i potenziamenti deve essere superiore a tale valore soglia l'incremento di potenza). Oltre a tali meccanismi il Dm prevede un'ulteriore modalità di accesso ai meccanismi di incentivazione, ossia l'accesso diretto, nel caso di impianti nuovi, integralmente ricostruiti, riattivati, oggetto di rifacimento o potenziamento con potenza non superiore ad un determinato limite (per i potenziamenti non deve essere superiore a tale limite l'incremento di potenza).

Link al comunicato ufficiale del GSE da cui scaricare i singoli bandi:
http://www.gse.it/it/salastampa/news/Pages/decreto-FER-elettriche-GSE-pubblica-i-bandi.aspx


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Il risarcimento per i danni causati dal comportamento dilatorio dell’amministrazione

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Nel post “Come essere risarciti per i comportamenti meramente dilatori delle PP.AA., a margine del discorso relativo alla localizzazione degli IAFR o impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia, e al correlato potere delle amministrazioni coinvolte, ho fatto cenno alla possibilità di richiedere il risarcimento per i danni causati dal comportamento dilatorio dell’amministrazione stessa. Tecnicamente, però, come si fa a provare il danno subito? Qual è il quantum del risarcimento? Come agire per ottenerlo? A questi ed altri quesiti potete trovare una prima risposta sfogliando le pagine del sito di Natura Giuridica, il sito nel quale sono scaricabili, abbonandosi a costi contenuti, documenti di interesse in tutti i settori del diritto dell’ambiente e dell’energia, come questo: “Impianti eolici: parere di compatibilità paesaggistica - Risarcimento del danno”, relativo alla realizzazione di un impianto eolico.
Il sito è un ottimo strumento per approfondire tutte le numerose tematiche relative al diritto dell’ambiente e dell’energia: tuttavia, per poter risolvere, nel concreto, le vostre problematiche, è necessario uno studio approfondito del caso, a valle del quale poter studiare e strutturare una strategia per ottenere il miglior risultato possibile. Questo lo si può fare anche durante la fase “patologica”, quando il danno ormai è (stato) fatto, per colpa dell’amministrazione – come nel caso in cui si chiede il risarcimento del danno per un torto subito – sia nel caso in cui le colpe (o le negligenze) siano vostre. 
Gli avvocati che lavorano con e per Natura Giuridica sono qui per questo. Ma come sono solito dire a tutti coloro che mi contattano, prevenire il verificarsi di quei danni che potreste causare per negligenza, sottovalutazione delle conseguenze, superficialità, è la soluzione ideale: costa moto di meno sia in termini temporali (il tempo è denaro) sia in termini economici. Questa è la mission principale di Natura Giuridica: prevenire il verificarsi di problematiche di tipo ambientale, sia per motivi di sostenibilità ambientale, sia per motivi economici. 
Nel documento citato poc’anzi potrete trovare, inter alia, una descrizione delle modalità: • con le quali la Soprintendenza può esprimere il proprio parere (al di fuori delle quali risulta essere un’autorità amministrativa priva di potere in materia) e, • con le quali chiedere – provandolo – il risarcimento del danno subito, che, pur essendo possibile, non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale. 
Di risarcimento – questa volta per danno ambientale – si parla in molti altri documenti, fra i quali vi cito uno dei più recenti “Danno risarcibile sub specie del pregiudizio arrecato all'attività svolta - dall'associazione ambientalista”, nel quale si sottolinea, da un lato, il diverso atteggiarsi dei “mezzi di prova” ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile e, dall’altro, la natura del danno risarcibile secondo la disciplina civilistica, che può configurarsi anche come sub specie del pregiudizio arrecato all’attivivtà concretamente svolta dall’associazione ambientalista per la tutela e la valorizzazione del territorio sul quale insistono i beni oggetto della lesione. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica: un pool esperti a vostra disposizione per tutte le tematiche relative all’ambiente e all’energia.


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Quando e come agire in giudizio per la tutela dei propri diritti in materia di fonti rinnovabili di energia

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Comitati di cittadini più o meno longevi; gruppi di interesse; semplici cittadini; privati proprietari di terreni interessati dalla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia; proprietari di terreni posti nelle vicinanze di questi ultimi; associazioni nazionali; associazioni territoriali; delegazioni regionali di associazioni nazionali, e via discorrendo. Tutti soggetti che, in un modo o nell’altro, sono interessati dalla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia. Interessati ma non direttamente coinvolti nel procedimento unico, se non a livello di potere di formulare delle osservazioni (che spesso e volentieri sono in grado, specie se supportate da una consulenza giuridica adeguata, di far breccia nelle pieghe di progetti non sempre all’insegna della massima trasparenza). Possono, tutti questi soggetti, proporre ricorso per chiedere l’annullamento di atti autorizzativi? Solo qualcuno? E in caso di risposta affermativa, cosa e come possono agire? 
In un settore – quello delle energie rinnovabili, reso negli anni appena un po’ più semplice, ma che di sicuro non è stato semplificato, è inevitabile porsi il problema della legittimazione ad impugnare i provvedimenti (o il comportamento silente dell’amministrazione) che autorizzano, in senso lato (autorizzazione unica ed ex DIA, ora PAS) o vietano la realizzazione e l’esercizio di tali impianti: tema, quello della legittimazione a ricorrere in materia ambientale che, per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell’ambiente, infatti, non costituisce un autonomo settore d’intervento dei pubblici poteri, ma assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano: in sostanza, assume un carattere trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri. L’ambiente è inoltre un bene pubblico non suscettibile di appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme: ciò rende problematica la sua tutela, specie con riferimento ad aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso. 
 Nel mio manuale “La consulenza giuridica nella fonti rinnovabili” (v. recensione),  è stato approfondito questo argomento, attraverso lo studio di numerosi cases hystories: la varietà di soggetti interessati, e il loro diverso rapportarsi con l’oggetto dell’atto autorizzatorio, tuttavia impongono un’analisi particolareggiata del singolo caso, perché non sempre tutti gli stessi soggetti possono indistintamente proporre appello (rectius: non sempre sono legittimati a farlo ). 
Così sul sito di Natura Giuridica sono stati analizzati ulteriori casi, relativi alla legittimazione ad agire di alcune di queste categorie di soggetti interessati, che di volta in volta fanno valere la tutela di interessi ambientali, o relativi al diritto alla salute, alla salubrità dell’ambiente. Mancando nel nostro ordinamento la così detta “azione popolare”, occorre individuare un criterio per differenziare la posizione dei singoli che agiscono per la tutela dell’ambiente. Per sapere quali sono gli strumenti a vostra disposizione, e come utilizzarli al meglio per raggiungere il vostro obiettivo, non limitatevi al “sentito dire” (mi riferisco, ad esempio,alla molte domande che ricevo relative alla class action), ma consultate il prima possibile un consulente ambientale, in grado di seguire passo dopo passo la vostra battaglia, ed indicarvi le strategie migliori. 
Natura Giuridica è al vostro fianco proprio per aiutarvi: per questo non esitate a contattarci  e sottoporre alla nostra attenzione le vostre problematiche, per trovare insieme il modo per superare gli ostacoli che, stante la complessità della materia, è inevitabile trovare lungo il percorso.


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Come essere risarciti per i comportamenti meramente dilatori delle PP.AA.

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Una delle problematiche più scottanti, quando si parla di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia, è quella relativa alla loro localizzazione: c’è sempre chi si lamenta, non sempre a ragione, della location prescelta (in preda alla sindrome NIMBY, not in my back yard o a quella ancora più assolutista, ma meno ipocrita, BANANA, build absolutely nothing anywher near anything), e c’è sempre qualche amministrazione che, per spiccioli, svende, nei fatti, porzioni di territorio comunale che andrebbero meglio e più adeguatamente preservati. A porre un (certo) rimedio, anche se con molto, troppo ritardo, sono intervenute nel 2010 le linee guida nazionali per un corretto inserimento nel territorio degli IAFR: solo in attuazione di tali linee guida le regioni avrebbero potuto, ai sensi dell’art. 12, comma 10, del D.Lgs. 387/03, “procedere all’indicazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti”. 
Nella realtà, le cose sono andate diversamente e la paralisi normativo-amministrativa, conseguente alla mancata adozione delle linee guida nazionali, ha vanificato in parte i princìpi di semplificazione e razionalizzazione delineati nel paragrafo precedente, contribuendo ad acuire le problematiche localizzative, tecniche, fiscali, organizzative e temporali. A quest’ultimo proposito, occorre segnalare che in numerose occasioni la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle discipline regionali che determinano la sospensione sine die dei procedimenti volti ad ottenere l’autorizzazione per gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La sospensione sine die dei procedimenti, infatti, costituisce una delle storture più evidenti del sistema che, a causa della sua intrinseca, e mai curata, disorganicità, ha permesso lo svilupparsi di pratiche dilatorie da parte di quelle amministrazioni che, per i più disparati motivi, non volevano che nel loro territorio venissero realizzati impianti alimentati da fonti rinnovabili. Come difendersi da pratiche ostruzionistiche di tale stampo? Potete farvi un’idea consultando i documenti pubblicati sul sito di Natura Giuridica/FER-norme generali che parlano di queste problematiche. 
Vi segnalo, fra gli ultimi, quelli relativi:
ad un caso relativo all’insussistenza di gravi motivi posti da un’amministrazione a fondamento dell’esercizio del potere di sospensione; 
a quello in cui si descrivono i limiti del potere discrezionale della P.A.  nell’imporre una sospensione;
a quello in cui si evidenziano i contenuti “di massima” (da declinare nel caso concreto) delle motivazioni utilizzate dalla stessa amministrazione;
alle modalità per valutare il silenzio e, in genere, qualsiasi atto soprassessorio da parte dell’amministrazione competente. 
E, dulcis in fundo, a come può essere chiesto un risarcimento del danno subito a causa di tali comportamenti ostruzionistici, soprassessori, dilatori. Come avvenuto, ad esempio, in Sicilia, in un caso nel quale il giudice amministrativo ha condannato l’amministrazione al risarcimento del danno dopo aver ravvisato anomalie procedurali che avevano segnato l’inizio di una maladministration risoltasi, nei fatti, in un ingiustificato superamento dei termini imposti dalla legge per la conclusione del procedimento. Ritardi che hanno significato, inter alia, perdite di denaro…. 
Quelli sopra elencati sono solo alcuni degli ultimi documenti, relativi al corretto svolgimento del procedimento unico, pubblicati sul sito di Natura Giuridica, nella sezione Premium, alla quale si può accedere sottoscrivendo un abbonamento dai costi contenuti. Abbonamento utile per tutti quei soggetti che, operando nel settore dell’ambiente e dell’energia, hanno bisogno di essere costantemente aggiornati, con un prodotto di facile consultazione, immediatamente fruibile, ordinato diacronicamente e per singola materia. È possibile contattare natura Giuridica per ottenere convenzioni personalizzate (nei contenuti, nella durata, nel prezzo), sulla base delle specifiche esigenze del committente: vi verrà fornito un preventivo gratuito. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica.


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Fonti rinnovabili: il procedimento unico

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Qual è l’iter corretto per lo svolgimento della conferenza di servizi in materia di fonti rinnovabili di energia, e come correggerne le storture.
 A gennaio 2012 è stato pubblicato per la casa editrice Flaccovio di Palermo il mio primo libro in materia di fonti rinnovabili di energia, intitolato “La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili” (v.la recensione,  nel quale – dato atto delle difficoltà di capire, e quindi applicare, una normativa caotica come quella relativa alle FER – ho cercato di dare un ordine al mare magnum di norme, regolamenti e prassi del diritto dell’ambiente e dell’energia, stratificatosi negli anni, attraverso la lettura in filigrana della normativa e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza, che negli anni ha assunto il ruolo di indispensabile strumento per comprendere le dinamiche applicative delle normative (non sempre sufficientemente chiare), indirizzando l’azione amministrativa verso una corretta e sostenibile gestione della pianificazione energetica e, infine, consentendo agli operatori di muoversi nel settore con meno incertezze e maggiore celerità. 
Fra gli argomenti trattati nel manuale, particolare risalto è stato dato alle dinamiche proprie del procedimento unico omnicomprensivo, che assorbe ogni altro procedimento previsto dalle leggi regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell’impatto ambientale. Un concetto che, data la sua centralità, così viene declinato nella maggioranza delle sentenze che riguardano le fonti di energia rinnovabile:
• in alcuni casi è stata sottolineata l’unicità del procedimento (all’interno del quale le amministrazioni interessate devono esprimere le rispettive determinazioni e coordinare i vari interessi pubblici, rilevanti per l’autorizzazione unica finale), facendo riferimento alla correlata necessità di rispettare i termini previsti dal legislatore per la sua conclusione; 
• in altri si è parlato di luogo procedimentale di valutazione e confronto dei vari interessi pubblici incisi e/o coinvolti nella realizzazione di uno IAFR, facendo riferimento al dovere anche dell’interessato di fornire i necessari apporti collaborativi; 
• in altri ancora si è posto l’accento sulla concentrazione dei vari apporti valutativi delle diverse amministrazioni interessate nella sede unitaria rappresentata dalla conferenza di servizi, facendo riferimento agli oneri delle amministrazioni coinvolte nel procedimento. 
In definitiva – dal momento che, spesso, nei casi sottoposti al loro giudizio, i tribunali amministrativi coinvolti hanno constatato il mancato rispetto anche di questi aspetti basilari e fondamentali di semplificazione amministrativa – la giurisprudenza, nel dettare la soluzione del caso concreto, ha continuato ad evidenziare le dinamiche proprie del procedimento omnicomprensivo, relative alle modalità partecipative, alla ratio legislativa, al comportamento del soggetto richiedente l’autorizzazione unica, a quello dell’amministrazione procedente e, infine, alla durata dello stesso. 
Nelle pagine del sito di Natura Giuridica, sottoscrivendo un abbonamento Premium dai costi contenuti, avrete la possibilità di approfondire ulteriormente questa materia, analizzando nel dettaglio tutte le sfaccettature del procedimento unico, imparando a conoscere tutto ciò che si deve sapere per instaurarlo correttamente e concluderlo il più rapidamente possibile con i maggiori benefici (ambientali, ma anche economici…). Di recente, ad esempio, nella sezione Premium, sono stati pubblicati alcuni documenti relativi: • alle modalità e alle tempistiche relative al pagamento degli oneri istruttori per prestazioni e controlli da eseguire da parte di pubblici uffici, che sono a carico dei soggetti interessati, i quali tuttavia devono essere posti in grado di sapere con precisione il loro ammontare; 
• ai soggetti legittimati a partecipare alle conferenze dei servizi decisorie; 
• alle modalità con le quali queste ultime possono esprimere il proprio eventuale dissenso; 
• alla possibilità, accordata alle pubbliche amministrazioni, di accordarsi pattiziamente con soggetti privati con convenzioni che riguardano anche la localizzazione di IAFR; 
• all’informazione ambientale e alle problematiche relative all’accesso, ivi compresa la relativa tutela processuale e la legittimazione; 
• alla plausibilità delle motivazioni di diniego espresse dai vari enti particpanti alla conferenza di servizi; 
• alle “modalità di gestione” del procedimento, fra le quali spicca quella relativa alla possibilità di redigere il verbale della conferenza di servizi anche in un momento successivo a quello della sua conclusione, grazie alla distinzione – rafforzatasi negli anni grazie al certosino lavoro della giurisprudenza – fra il momento conclusivo dei lavori della conferenza e il momento provvedi mentale, in base alla quale solo il provvedimento finale con cui si determina l’assetto definitivo della fattispecie ha efficacia esterna direttamente ed autonomamente lesiva, e solo per questo vi è pertanto l’onere dell’immediata impugnazione entro i termini di decadenza.

Quelli appena elencati sono solo alcuni degli ultimi documenti, relativi al corretto svolgimento del procedimento unico, pubblicati sul sito di Natura Giuridica, nella sezione Premium, alla quale si può accedere sottoscrivendo un abbonamento. Abbonamento utile per tutti quei soggetti che, operando nel settore dell’ambiente e dell’energia, hanno bisogno di essere costantemente aggiornati, con un prodotto di facile consultazione, immediatamente fruibile, ordinato diacronicamente e per singola materia. È possibile contattarci inoltre per ottenere convenzioni personalizzate, sulla base delle specifiche esigenze informative ed operative del committente: vi verrà fornito un preventivo gratuito in maniera rapida e trasparente.
 Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica: un pool esperti a vostra disposizione per tutte le tematiche relative all’ambiente e all’energia!


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Fonti rinnovabili: tutte le differenze fra progettazione preliminare e definitiva sono significative?

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In materia di fonti rinnovabili tutte le differenze fra progettazione preliminare e definitiva sono significative? Quando è possibile modificare i progetti in modo ragionevole (e sostenibile economicamente)? Cosa succede quando vi è una differenza fra il progetto preliminare, sottoposto a verifica di assoggettabilità, e quello definitivo, in materia di realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia? Quando le modifiche possono dirsi ragionevoli e quando, invece, consistono semplicemente in un modo per ingannare l’Amministrazione procedente? 
Nel manuale, che ho pubblicato a gennaio 2012, intitolato “La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili” (v. recensione), è stato analizzato con dovizia di particolari il caso della frammentazione progettuale di un impianto energetico, al fine di eludere la normativa sulla valutazione d’impatto ambientale (capitolo 3.2.1). 
Una tematica già affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, in relazione ad altre materie: ad esempio, in relazione alla realizzazione di porti turistici ed infrastrutture stradali, per le quali è stato sottolineato che “il progetto definitivo dell’opera pubblica deve essere corredato dallo studio di impatto ambientale, con conseguente necessità della verifica dei profili di impatto ambientale al momento dell’approvazione del progetto che comporti variante al PRG; la valutazione ambientale necessita di una valutazione unitaria dell’opera, ostante alla possibilità che, con un meccanismo di stampo elusivo, l’opera venga artificiosamente divisa in frazioni eseguite in assenza della valutazione perché, isolatamente prese, non configurano interventi sottoposti al regime protettivo”. Diversamente, verrebbe in modo inammissibile a trasferirsi in capo ai soggetti, redattori dei progetti, il potere di determinare i limiti della procedura di via, attraverso la sottoposizione ad essi di porzioni di opera e l’acquisizione, su iniziative parziali e, perciò stesso, non suscettibili di apprezzamento, circa i livelli di qualità finale di una pronuncia di compatibilità ambientale asseritamente non modificabile, con conseguente espropriazione delle competenze istituzionali dell’amministrazione competente e sostanziale elusione delle finalità perseguite dalla legge. In questa sede vi voglio segnalare che, sul sito di Natura Giuridica - sezione premium, potete trovare, fra i molti ivi caricati, anche alcuni documenti utili a dare una risposta alle domande con le quali ho iniziato questo post. 
Di recente, in particolare, sono stati analizzati tre casi nei quali:
1. l’amministrazione ha riscontrato una difformità fra il progetto definitivo e quello sottoposto a verifica di assoggettabilità. In particolare, è stata analizzata l’efficacia endo-procedimentale degli atti con i quali l’Amministrazione comunica alla società istante di provvedere all’avvio di un nuovo procedimento con l’applicazione delle norme di legge e del regolamento vigenti al momento di presentazione dell’istanza stessa e, contemporaneamente, indica le istruzioni generali in merito al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di IAFR: sono atti immediatamente lesivi e, quindi, impugnabili, o no? 
2. sono state riscontrate ragionevoli differenze fra la progettazione preliminare e quella definitiva; 
3. vi sono state delle sopravvenienze rilevanti, che non potevano cristallizzare la situazione al momento del rilascio della valutazione d’impatto ambientale. 
Sul sito troverete la soluzione di alcuni casi concreti, che possono offrire spunti interessanti da utilizzare a vostro beneficio, per indirizzare in modo coerente e sostenibile la vostra azione amministrativa. Tenete conto, in ogni caso, che si tratta solo del primo step per agire in modo preventivo e sostenibile: occorre, in ogni caso, una consulenza mirata da parte di uno specialista che, a partire dall’analisi della vostra situazione di partenza,vi fornisca tutte le indicazioni utili per agire nel vostro esclusivo interesse nel minor tempo possibile e a costi sostenibili. Natura Giuridica, con il suo pool di esperti ambientali (tecnici e giuridici) è a vostra completa disposizione per seguire, in tutti i settori dl diritto dell’ambiente e dell’energia, la vostra impresa, e aiutarvi a scegliere le soluzioni a voi più convenienti.


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Prime parziali considerazioni sul cont(r)o energia e sugli incentivi alle altre FER

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Sono stati pubblicati da pochi giorni il decreto del Quinto Conto Energia e il decreto che disciplina gli incentivi alle fonti rinnovabili elettriche diverse da quella solare, rispettivamente i decreti del 5 e del 6 luglio 2012: forte la tentazione di pubblicare un commento a caldo, anche sulla scia delle reazioni di varie figure istituzionali e associazioni di categoria.
Eppure, data la mole dei due atti normativi (in tutto circa 130 pagine di norme, dati, tabelle), e la loro cruciale importanza nel ridefinire regole giuridiche ed economiche degli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ci è sembrato opportuno esprimere un commento solo dopo un'attenta disamina dei due atti, che devono peraltro essere letti in un approccio integrato con le precedenti normative che finora hanno disciplinato entrambi gli ambiti.
Una prima disamina delle principali novità contenute nei 2 decreti sarà oggetto di un articolo a firma di Andrea Quaranta sulla rivista specialistica Ambiente & Sviluppo, edita da Ipsoa, in pubblicazione a fine luglio (numero 8/9. in fondo al post troverete riferimenti utili).
Ma che cosa dicono in sostanza i due decreti?
Dopo una serie di premesse teoriche di lungo periodo, del tutto condivisibili, sull'importanza dell'aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili in vista dei traguardi energetici comunitari - e del benessere del nostro pianeta - che sembrerebbe voler introdurre una normativa finalmente di ampio respiro, ci si accorge, con una certa delusione, che nulla è cambiato nel modo in cui i vari Governi hanno legiferato fino ad oggi in materia energetica: atti normativi miopi, che ricalibrano (al ribasso) gli incentivi erogati, fissano una breve finestra per coloro i quali hanno investimenti e progetti in corso nella transizione tra vecchia e nuova normativa, e rimandano ad altri tipi di atti regolamentari per il  quadro definitivo di procedure e dati statistici cui gli operatori devono attenersi per richiedere gli incentivi.


Oltre al fatto che la riduzione degli incentivi operata dal nuovo decreto rende più lunghi i rientri dagli investimenti per coloro che si cimentano oggi, rispetto al passato, nella realizzazione di impianti energetici, c'è da dire che si abbassa l'incentivo per chi, nella realizzazione di un impianto, coglie anche l'opportunità di rimuovere l'amianto dalle proprie coperture (rimesse, pensiline, capannoni); inoltre, in relazione al fotovoltaico, resta l'obbligo di iscrizione al registro degli impianti per la soglia, piuttosto bassa, dei 12 kW, contestata in fase di lettura delle bozze; per queste ragioni Assosolare considera il Quinto Conto Energia un decreto "punitivo" che genera "incertezza" dato che, se l'intenzione era quella di favorire lo sviluppo di un mercato senza incentivi, bisognava accompagnare le nuove norme con una profonda ristrutturazione del mercato elettrico italiano. 
Dello stesso tenore i commenti di Valerio Natalizia, presidente di GIFI-ANIE: "Siamo rimasti molto delusi. Ci aspettavamo una flessibilità diversa: il registro a 12 kW è un chiaro segnale che si vuole limitare la realizzazione di impianti fotovoltaici.L'effetto annuncio - dato che del nuovo conto si è iniziato a parlare oltre 3 mesi fa - ha portato a una corsa alle installazioni. La nostra paura è che a settembre, quando il nuovo regime partirà, i 6 miliardi saranno già superati di molto: di qualche centinaia di milioni di euro. Il quinto conto energia dunque nascerà con un limite di spesa già di molto ridotto".

Di seguito, l'elenco dei paragrafi dell'articolo "I nuovi incentivi economici alle fonti rinnovabili: quale futuro?", che vi invito a leggere (si parla sia di conto energia che di incentivi per le altre rinnovabili), e che è in corso di pubblicazione sul n. 8-9/12 della rivista Ambiente & Sviluppo, IPSOA, con un breve abstract introduttivo (l'analisi prende lo spunto dai versi di una nota canzone di Ivano Fossati, che sembra quanto mai adattarsi al "modus operandi" del nostro legislatore: "La musica che gira intorno"):

Premessa
Leggere, interpretare (rectius: cercare di capire la logica) e, dulcis in fundo, commentare la normativa italiana (non solo) in materia di fonti rinnovabili di energia è diventato un mestiere, più che un compito, ingrato, perché, nell’analizzare una normativa così pervicacemente isterica, il rischio nel quale anche il più navigato commentatore può incorrere è quello di incappare in errori di valutazione, di prospettiva. Di trarre delle conclusioni affrettate. Specie quando è costretto a rincorrere modifiche di dettaglio, o a cercare nelle pieghe delle successive modifiche normative un po’ di sostanza [...]
Il quinto conto energia

[...] Le novità riguardano “essenzialmente”:il passaggio dalla vecchia feed in premium (un sistema in cui il prezzo dell’energia rinnovabile è composto da due fattori: il valore di mercato dell’energia elettrica, esposto alle oscillazioni della domanda e dell’offerta, e un premio fissato dall’autorità pubblica) alla nuova feed in tariff (una tariffa omnicomprensiva del prezzo di vendita e dell’incentivo), per gli impianti di potenza inferiore a 1 mw, con contestuale abbassamento delle remunerazioni per kw/h di energia elettrica prodotto [...]

Gli incentivi alla produzione di energia elettrica da FER

[...] Il meccanismo di incentivazione di tali fer, finora basato sulla feed in tariff, è stato incentrato – come per gli impianti fotovoltaici, su un doppio meccanismo, che si applicherà a seconda che la potenza dell’impianto, di volta in volta considerato:·         sia inferiore a 1 mw: in questo caso verrà applicata, ove richiesta, la feed in tariff, e il gse erogherà, sulla produzione netta immessa in rete, una tariffa incentivante omnicomprensiva (tariffa incentivante base, di cui all’allegato 1), determinata in relazione alla fonte, alla tipologia dell’intervento e alla potenza dell’impianto [...]

Prime parziali considerazioni sul contr(o) energia e sugli incentivi alle alte FER

Questa, a grandi linee, è la “musica” che gira intorno alle rinnovabili: con queste premesse – al di là degli obiettivi già raggiunti con grande anticipo, sbandierati anche per giustificare operazioni come quella che ha originato i due decreti, qui commentati “a caldo”: obiettivi che in ogni caso andrebbero meglio analizzati, per valutarne il peso specifico, in relazione alla complessiva strategia che (anche) un settore come questo dovrebbe porsi – per continuare a parafrasare Fossati, questa “musica” “non ha futuro […] saremo noi [rectius: il legislatore] che abbiamo nella testa un maledetto muro”.Il muro, neanche a dirlo, è rappresentato [...] 





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Le continue riforme degli incentivi alle rinnovabili

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I commentatori politici hanno sovente sottolineato che quasi tutti i governi italiani hanno avuto il tratto comune di voler a tutti i costi fare la riforma della scuola e/o dell'università e della ricerca, con l'obiettivo di fissare una propria impronta sul sistema formativo nazionale, che sforna i futuri cittadini-elettori.
Lo stesso adagio potrebbe essere ripetuto anche per quanto riguarda gli incentivi statali alle energie prodotte da fonti rinnovabili; dopo il rapidissimo avvicendarsi del terzo e del quarto conto energia (fotovoltaico), dopo i ripensamenti e le numerose polemiche, legate soprattutto al fotovoltaico in zona agricola, anche il Governo Monti ha detto la sua e, in attesa che venga presentato il decreto di riforma degli incentivi statali alle energie rinnovabili diverse da quella fotovoltaica (agroenergie, biogas, biomasse, eolico, geotermia ecc), nel decreto liberalizzazioni, appena licenziato, all'art. 65 si stabilisce gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non possono più accedere agli incentivi statali previsti dal Decreto Rinnovabili (Dlgs 28/2011).


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... e la saturazione reale della nostra pazienza

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Con la deliberazione del 22 dicembre 2011 - ARG/elt 187/11, che potete scaricare, previa registrazione sul sito di Natura Giuridica l'AEEG ha apportato delle modifiche e delle integrazioni alla sua precedente deliberazione ARG/elt 99/08, in materia di condizioni tecniche ed economiche per la connessione alle reti con obbligo di connessione di terzi degli impianti di produzione – TICA – per la revisione degli strumenti al fine di superare il problema della saturazione virtuale delle reti elettriche.
Come accennavo nel post precedente ("La saturazione virtuale delle reti...") il problema della saturazione virtuale è strettamente connesso al sistema delle prenotazioni: secondo i dati dell'AEEG, in Italia, al 30 aprile 2011, a fronte di quasi 250.000 preventivi di connessione alle reti di distribuzione e trasmissione accettati, corrispondenti a circa 196 GW di potenza, solo 42 GW sono relativi ad impianti già connessi. Poco più del 21%. Dei restanti 154 GW, ben 140 GW (attribuiti a 22.000 preventivi) sono relativi ad impianti che non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio, ma che comunque continuano ad impegnare capacità sulle reti, generando il problema della saturazione virtuale. La capacità di trasporto disponibile in Italia, dunque, viene sovente impegnata non da impianti realizzati o di certa realizzazione, ma da propositi di realizzazione la cui numerosità, tra l’altro, ne rende poco realistica l’effettiva realizzabilità. Questo fenomeno costituisce una barriera all’ingresso di nuovi operatori che, in alcuni casi, realizzano gli impianti di produzione ma non riescono ad ottenere la connessione in tempi rapidi, e negli ultimi anni ha raggiunto dimensioni preoccupanti, tanto da rischiare di compromettere il corretto sviluppo del settore della produzione degli impianti di energia elettrica.
Quali sono le novità introdotte dall'AEEG (delibera ARG/elt 187/11) per far fronte al problema della saturazione virtuale delle reti? L'AEEG interviene sugli articoli 32 e 33, relativi, rispettivamente, al versamento del corrispettivo per la prenotazione della capacità di rete nel caso di connessioni in aree (o su linee) critiche e alla prenotazione della capacità di rete nel caso di merchant lines (le linee private d'interconnessione per importare energia dai Paesi vicini), oltre al caso riguardante gli impianti alimentati da fonti non rinnovabili né cogenerativi ad alto rendimento da connettere alla Rete di Trasmissione Nazionale.



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La saturazione virtuale delle reti...

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Nelle pagine di questo blog ho scritto molte volte dell'inadeguatezza del nostro legislatore a dettare normative adeguate, integrate, coordinate ed autorevoli in materia di diritto dell'ambiente e dell'energia capaci di far iniziare al nostro Paese un percorso all'insegna delle molteplici sostenibilità (in proposito, rimando al post "Conferenza Patrimonio Boschivo", e accedere ad una mia relazione sul tema della multifunzionalità delle foreste fra confusione legislativa e progetti sostenibili).

Uno dei sintomi del “malessere normativo” italiano è rappresentato dal complicato sistema del riparto delle competenze (rimando per questo argomento al mio post Il riparto di competenze in materia di energie rinnovabili nel Paese dei C8 (mila) (parte prima), tanto che ritengo sarebbe opportuno prevedere strumenti finalizzati a responsabilizzare maggiormente le regioni e le amministrazioni coinvolte nel procedimento autorizzativo, non solo per rendere più certe le tempistiche, ma anche per consentire di eliminare un altro “storico” problema italiano: quello relativo alla “saturazione virtuale” delle reti, e alle connesse speculazioni finanziarie... In estema sintesi: prima ancora della “saturazione reale” della rete (gli elettrodi possono trasportare un certo quantitativo di energia elettrica per unità di tempo, e la capacità produttiva supera tale limite. Ne deriva l'impossibilità per la rete di assorbire tutta l'energia producibile, e di conseguenza molti impianti – spesso eolici – vengono fermati), esite la  “saturazione virtuale”, connessa al sistema della prenotazione delle reti, non commisurata all'effettiva realizzazione degli impianti (in pratica, viene prenotata la rete per l'immissione di un certo quantitativo di energia elettrica, fino a che, di fatto, prenotazione dopo prenotazione, tale energia virtuale, sommata a quella reale già immessa, raggiunge il limite massimo consentito dalla rete. Il sistema è saturo solo virtualmente, fino a che tutti gli impianti “prenotati” vengono effettivamente realizzati e connessi alla rete).

L’A.E.E.G. ha più volte rilevato il fatto che la prenotazione delle reti non è commisurata all’effettiva realizzazione degli impianti, e che la c.d.“saturazione virtuale” delle reti costituisce una barriera all’ingresso di nuovi operatori che, in alcuni casi, realizzano gli impianti di produzione ma non riescono ad ottenere la connessione in tempi rapidi, anche se la rete è satura solo sulla carta, a causa dell’intasamento virtuale delle reti stesse, provocato da operatori energetici che hanno prenotato la connessione alla rete ma tardano/rinunciano alla realizzazione dell’impianto ed alla conseguente reale occupazione della rete, per rivendere i permessi, con sovraprezzo, anche a distanza di anni. Una vera e propria speculazione, diventata difficilmente gestibile anche a causa della mancata pianificazione dello sviluppo della rete e della mancata integrazione tra stato e regioni rispetto all’individuazione di macro aree di sviluppo.


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La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili

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Dopo un'estate e un autunno di intenso lavoro, è appena uscito il mio manuale dal titolo La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili, edito da Dario Flaccovio Editore. 
Come ho già avuto modo di sottolineare (e documentare) nei post di questo blog, negli ultimi anni la legislazione in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili ha subito molti, troppi stravolgimenti, non sempre all’insegna della linearità e della coerente programmazione, che hanno sovente messo in difficoltà i cittadini e le imprese, da un lato, e le pubbliche amministrazioni, dall’altro.
Negli anni il sistema è stato indubbiamente semplificato, ma non è ancora semplice da capire, da interpretare, da applicare.
Nella mia attività di consulente ambientale vengo quotidianamente in contatto con diverse realtà, da cui emergono interrogativi specifici e complessi, dettati da esigenze pratiche, a cui occorre dare una risposta adeguata. Spesso questo si rivela un obiettivo difficile da raggiungere.
Tali motivi mi hanno spinto a tentare di mettere ordine nel mare magnum di norme, regolamenti e prassi del diritto dell’ambiente e dell’energia, stratificatosi negli anni, attraverso la lettura in filigrana della normativa e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza. Quest’ultima ha assunto il ruolo di indispensabile strumento per comprendere le dinamiche applicative delle normative indirizzando l’azione amministrativa e, soprattutto, consentendo agli operatori di muoversi con meno incertezze, e maggior celerità, nel settore.
Lo scopo di questo manuale è quello di fornire una chiave di lettura teorico-pratica, basata sulla necessità del conoscere per sapersi muovere: in questo contesto politico-normativo, che probabilmente cambierà ancora le regole tecniche in materia di fonti di energia rinnovabile, infatti, orientarsi dal punto di vista giuridico nel settore della produzione di energia elettrica da f.e.r. costituisce quel quid pluris che il manuale si prefigge di dare a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
Si tratta di un approccio integrato che, limitando  l’excursus storico all’essenziale e all’attualità (capitolo 1), da ampio spazio all’analisi degli aspetti critici salienti della normativa, fra i quali spicca il complicato riparto di competenze (capitolo 2) che paralizza ab initio l’intero sistema. Quindi, si passa all’interpretazione giurisprudenziale delle principali problematiche applicative (capitolo 3), mentre il quarto capitolo rappresenta una guida particolareggiata ai numerosi incentivi economico-fiscali che, nel tempo, il legislatore ha introdotto nel sistema normativo, diversificandoli per singola fonte rinnovabile, in modo da permetterne lo sviluppo sostenibile, sulla base delle rispettive, specifiche caratteristiche. Il quinto e ultimo capitolo è infine dedicato alle legislazioni regionali, evidenziandone peculiarità e criticità.

Per ulteriori informazioni segnalo la recensione de La consulenza giuridica sulle fonti rinnovabili pubblicata su quotidianocasa.it


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