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Regione Piemonte: ai Comuni contributi per la bonifica di manufatti contenenti amianto. Bando aperto

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E' stato pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Piemonte il bando regionale per la presentazione delle istanze di contributo per l’assegnazione di risorse finanziarie destinate alla bonifica di manufatti contenenti amianto: oltre 2 milioni di euro sono destinati per la rimozione dell'amianto dagli edifici pubblici.
All'interno del blog ci siamo già occupati dell'amianto sotto diversi aspetti (le iniziative e i bandi di finanziamento per agevolare la rimozione dell'amianto, notizie legate alle sentenze giurisprudenziali, e alle raccolte dati sulle patologie causate dall'amianto). La società Natura Giuridica può assistervi nella gestione delle problematiche riguardanti lo smaltimento dell'amianto incluso l'accesso a bandi e finanziamenti
Il bando della Regione Piemonte è aperto ai Comuni piemontesi e le risorse saranno assegnate per contribuire alla bonifica, mediante rimozione, di edifici e strutture di proprietà comunale con manufatti contenenti amianto. La scadenza per presentare la domanda è fissata al 15 maggio 2019. Gli interventi dovranno essere realizzati dai Comuni beneficiari del contributo entro il 30 novembre 2020.
Il finanziamento regionale coprirà il 100% dell’importo netto dei costi di bonifica e dei costi per il ripristino, strettamente conseguenti alla rimozione dei manufatti contenenti amianto, oltre all’importo netto degli oneri per la sicurezza. L’importo massimo del contributo regionale assegnabile per singola istanza è pari ad € 250.000,00. Le richieste di contributo vanno presentate agli uffici della Direzione regionale Ambiente, Governo e Tutela del Territorio.
La documentazione contenente i termini e le modalità di presentazione delle istanze di contributo è disponibile sul bur della Regione Piemonte e nella sezione del sito web della Regione Piemonte relativa ai Bandi di finanziamento.
 “Con questo ultimo bando la Regione Regionale avrà assegnato oltre 8 milioni di euro sulla legge 30 del 2008 – afferma l’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte, Alberto Valmaggia – Un segnale importante soprattutto nei confronti dei nostri ragazzi che frequentano le scuole pubbliche, le quali saranno i principali edifici su cui il bando vuole intervenire”.

Link utili: 



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Via l’amianto a costi contenuti. Bando INAIL ISI 2014: migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul lavoro

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Segnaliamo a breve l'apertura del BANDO INAIL ISI 2019 . Ecco invece un link al bando ISI 2018, l'asse 3 è quello relativo ai manufatti in amianto.

L’INAIL ha pubblicato il bando ISI 2014 che eroga complessivi 267.427.404 euro in finanziamenti a fondo perduto per la realizzazione di progetti che abbiano come fine il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Fra gli interventi, anche quelli che prevedono il rifacimento di coperture per l’eliminazione e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto
I soggetti interessati potranno inserire le domande di partecipazione dal 3 marzo 2015 e fino alle ore 18.00 del 7 maggio 2015, nella sezione Servizi online. 
La tabella che segue spiega in cosa consiste il bando ISI e quali sono le fasi che ne caratterizzano il funzionamento, in particolare il c.d. click day.
BANDO ISI 2014: cos’è
L'Inail finanzia in conto capitale le spese sostenute per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. I destinatari degli incentivi sono le imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Fondi a disposizione
Con il Bando Isi 2014, l'Inail mette a disposizione 267.427.404 euro per finanziamenti a fondo perduto.

I finanziamenti vengono assegnati fino a esaurimento, secondo l’ordine cronologico di arrivo delle domande.

Il contributo, pari al 65% dell’investimento, per un massimo di 130.000 euro, viene erogato dopo la verifica tecnico-amministrativa e la realizzazione del progetto.

I finanziamenti Isi sono cumulabili con benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito (es. gestiti dal Fondo di garanzia delle Pmi e da Ismea).
Prima fase: inserimento online del progetto
Dal 3 marzo 2015 e fino alle ore 18.00 del 7 maggio 2015, nella sezione Servizi online, le imprese registrate al sito Inail hanno a disposizione un’applicazione informatica per la compilazione della domanda, che consentirà di:
  • effettuare simulazioni relative al progetto da presentare, verificando il raggiungimento del punteggio “soglia” di ammissibilità 
  • salvare la domanda inserita.
Seconda fase: inserimento del codice identificativo
Dal 12 maggio 2015 le imprese che hanno raggiunto la soglia minima di ammissibilità e salvato la domanda possono accedere nuovamente alla procedura informatica ed effettuare il download del proprio codice identificativo che le individua in maniera univoca.
Terza fase: invio del codice identificativo (click-day)
Le imprese possono inviare attraverso lo sportello informatico la domanda di ammissione al contributo, utilizzando il codice identificativo attribuito alla propria domanda, ottenuto mediante la procedura di download.

La data e gli orari di apertura e chiusura dello sportello informatico per l’invio delle domande saranno pubblicati sul sito Inail a partire dal 3 giugno 2015.
Obiettivo
Incentivare le Imprese a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Destinatari
I soggetti destinatari dei contributi sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura.
Progetti ammessi a contributo
Sono ammessi a contributo progetti ricadenti in una delle seguenti tipologie:
  1. progetti di investimento; 
  2. progetti di responsabilità sociale e per l’adozione di modelli organizzativi.
Le imprese possono presentare un solo progetto per una sola unità produttiva, riguardante una sola tipologia tra quelle sopra indicate.
Per i progetti di tipologia 2 l’intervento richiesto può riguardare tutti i lavoratori facenti capo ad un unico datore di lavoro, anche se operanti in più sedi o più regioni.
Risorse finanziarie destinate ai contributi
L’importo destinato dall’Inail ai progetti ammessi a contributo, per l’anno 2014, è ripartito sui singoli Avvisi Regionali pubblicati sul portale dell’Inail.
Ammontare del contributo
Il contributo, in conto capitale, è pari al 65% delle spese sostenute dall’impresa per la realizzazione del progetto, al netto dell’Iva.

Il contributo massimo erogabile è pari a € 130.000.
Il contributo minimo ammissibile è pari a € 5.000.

Per le imprese fino a 50 dipendenti che presentano progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale non è fissato il limite minimo di contributo.
Modalità e tempistiche di presentazione della domanda
La domanda deve essere presentata in modalità telematica, con successiva conferma tramite Posta Elettronica Certificata, come specificato negli Avvisi regionali.

A partire dal 3 marzo 2015, sul sito www.inail.it – Servizi on line, le imprese avranno a disposizione una procedura informatica che consentirà loro, attraverso un percorso guidato, di inserire la domanda di contributo con le modalità indicate negli Avvisi regionali.

Qual è la vostra regione?
Avete bisogno di qualcuno che segua per voi la pratica?
Avete bisogno di una consulenza?

Contattate Natura Giuridica, che vi seguirà passo dopo passo nella presentazione della domanda.
In ogni regione sono previsti diversi avvisi pubblici e diverse procedure, che verranno resi noti contestualmente alla pubblicazione del bando. 




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Amianto: il datore di lavoro è oggettivamente responsabile? Cassazione 18627/13

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L’art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge (in materia di amianto, nel caso di specie) o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, sicché incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore dì lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi

È scientificamente assodato che la tossicità dell'amianto si manifesta principalmente in caso di inalazione delle relative fibre e che il rischio per la salute è direttamente legato alla quantità ed al tipo di fibre inalate, alla loro stabilità chimica nonché ad una predisposizione personale a sviluppare la malattia. 
In altre parole, la scienza medica ha appurato che mentre nel mesotelioma pleurico, nei soggetti suscettibili esposti ad amianto, l'effetto cancerogeno può essere conseguente ad una "dose" estremamente bassa, al contrario, per tutti gli altri tumori - compreso il carcinoma polmonare da amianto - dosi basse non producono effetti epidemiologicamente dimostrabili. 
È stato anche specificato che il carcinoma polmonare è in rapporto sicuro con l'amianto solo se vi è asbestosi o "l'evidenza di un'affezione pleurica causata dall'amianto", in quanto in difetto di tali evenienze, il suddetto tumore può essere conseguenza, ad esempio, del fumo di sigarette. Il che presuppone obiettivi riscontri anatomo-patologici e il rinvenimento di fibre di amianto nei polmoni in quantità rilevanti. 

Nella fattispecie analizzata dalla Cassazione (18627/13), la Suprema Corte ha evidenziato che, se è vero che i ferodi dei freni dei mezzi meccanici di vecchia fattura contenevano amianto e ciò vale anche per quelli dei sistemi frenanti degli ascensori, è altrettanto vero che l’affermazione del collegamento - causale o concausale - dell'esposizione all'amianto con l'insorgenza di un tumore polmonare da parte di un manutentore ascensorista (venuto in contatto con ferodi dei freni di vecchia fattura) è necessario dimostrare l'effettiva ricorrenza delle condizioni di polverosità da asbesto dell'ambiente di lavoro.
Va, inoltre, considerato che l'esposizione all'amianto nella lavorazione sui sistemi frenanti assume, per i manutentori ascensoristi, un rilievo diverso rispetto a quello che si riscontra nella cantieristica navale, per i lavoratori che hanno svolto attività di manutentori meccanici (con interventi sui sistemi frenanti di gru e carri ponte spesso effettuati con frequenza giornaliera, dato l'elevato numero di mezzi meccanici da sottoporre a manutenzione periodica) così come per gli addetti ai sistemi frenanti di automezzi di medie e grosse dimensioni delle aziende di trasporto pubblico nonché per gli operai meccanici che abbiano svolto anche il lavoro di gommista, stando così a stretto contatto con le polveri di amianto che si raccolgono sia all'interno di tutto il sistema frenante sia all'interno degli pneumatici. 
Di qui l'esclusione della rilevanza causale o concausale della suddetta esposizione rispetto alla malattia, cioè la configurazione di tale elemento come antecedente privo, in concreto, dì efficienza causale.


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La rimozione dell'eternit dai tetti delle scuole per far posto al fotovoltaico: il caso

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Questo articolo prende le mosse da una notizia riportata sul sito Quale Energia, dal titolo "Se l'eternit a scuola è meglio di un impianto fotovoltaico", di Lorenzo Misuraca,  relativa al diniego, da parte di una Soprintendenza, dell'autorizzazione all'installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto di una scuola costruita negli anni '60, che avrebbe costituito l'occasione per la rimozione dei pannelli in eternit presenti sul tetto dell'edificio stesso. Per di più, la ditta installatrice avrebbe effettuato la costosa bonifica a costo zero, sia per la scuola che per il Comune.

No, non è una boutade: "È successo a Robbiate, in provincia di Lecco, dove l'idea avanzata dall'amministrazione comunale è stata bloccata per motivi paesaggistici. Abbiamo chiesto maggiori dettagli direttamente al Comune. Dall'ufficio tecnico ci spiegano: “Le scuole elementare e media di Robbiate hanno una copertura in amianto. Avevamo trovato un professionista del settore in grado di rimuovere le lastre e sostituirle con pannelli fotovoltaici". "La sostituzione con energia rinnovabile delle vecchie coperture in Eternit prevede infatti, secondo il quarto conto energia, un premio, aggiuntivo alla tariffa incentivante, di 5 centesimi al kWh prodotto (con il quinto conto energia probabilmente scenderà a 3 cent/kWh, ma sarà cumulabile con l'incentivo al fotovoltaico con tecnologia made in Europe)".

La rimozione delle coperture in amianto è una questione seria e spinosa, che riguarda potenzialmente tutti i cittadini e le imprese che vivono e lavorano in edifici rivestiti di pannelli in eternit. Sopra, riporto una pagina della e - newsletter Torino Ambiente, edita dalla Camera di Commercio di Torino, nella quale viene riassunto in modo chiaro quali sono le cose da fare nel caso si possieda un tetto con copertura in amianto.

Il primo passo è quello di attivarsi per farne valutare dalle autorità competenti lo stato di conservazione e la nocività: solo se quest'ultima viene riscontrata allora scatta l'obbligo di rimozione. In ogni caso, nelle situazioni più controverse, come per esempio nel caso dell'esistenza di vincoli paesaggistici, che possono di fatto ostacolare e rallentare il processo di smaltimento, è il caso di rivolgersi ad un giurista esperto di diritto ambientale come Andrea Quaranta, che aiuti a chiarire ed interpretare le prerogative delle autorità competenti ed individui tutti i margini possibili di manovra che le leggi italiane in materia consentono, al fine di veder rispettato il proprio diritto alla salute, e ad utilizzare pienamente gli strumenti incentivanti che l'ordinamento mette a disposizione.

Lo strumento incentivante - a costo zero per lo Stato, poiché finanziato con un prelievo dalla componente A3 della bolletta - in tre anni ha permesso di smaltire quasi 13 milioni di metri quadrati di Eternit; a Robbiate inoltre la ditta addetta avrebbe ripagato il suo lavoro con il diritto a usufruire dei ricavi relativi all'impianto per vent'anni. Dopo questo tempo, i ricavi sarebbero toccati all'amministrazione comunale. Insomma, l'idea sembrava buona e avrebbe permesso al Comune di rifare il tetto della scuola bonificandolo senza il problema di dover anticipare il capitale. Ma il tutto è stato bloccato da una risposta informale della Soprintendenza: “Ci è stato detto che la richiesta sarebbe stata molto probabilmente respinta perché la scuola elementare è a un solo chilometro dall'area di visuale panoramica del territorio e la presenza dei pannelli avrebbe rovinato la vista. Quindi abbiamo dovuto rinunciarci”. 

E così dalla boutade si è passati alle polemiche: i costi per lo smaltimento dell'amianto sono infatti altissimi in quanto la sola rimozione di un metro quadro di amianto costa 8-10 euro, cui si aggiunge il costo della nuova copertura da installare. Dalla provincia di Lecco si è tentato di sbloccare la situazione, ma invano. Nel frattempo, lo scorso febbraio è nato in zona il comitato cittadino di Robbiate per la rimozione dell'amianto, con l'obiettivo di aiutare tutte le persone che hanno il problema dell'amianto, attraverso la costituzione di uno sportello. Tra gli altri obiettivi, quello di ottenere convenzioni con una o più ditte, affinché i cittadini aderenti e intenzionati a rimuovere l'amianto, possano usufruire di prezzi e offerte vantaggiose. Molto probabilmente la scuola sarà costretta a foderare i pannelli presenti sul tetto con una sovra - copertura che ne possa azzerare gli effetti nocivi, ma dovrà farlo a sue spese. 



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Quanto amianto c'è ancora in Italia?

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Quanto amianto c'è ancora in Italia?
La sentenza del processo Eternit rappresenta una tappa importante, ma appunto solo una tappa, nella lunga battaglia contro l'eternit in Italia perché, a due decenni dalla legge che, nel nostro Paese, ha vietato l’uso dell’amianto, la situazione è ancora allarmante: "non si contano" i metri quadri di eternit ancora presenti in Italia, e ogni anno muoiono circa 3.000 persone per patologie legate all'esposizione all'amianto.
In sostanza, non vi sono esclusivamente vittime da esposizione diretta, perché per esempio lavoravano in settori produttivi come edilizia, metalmeccanica, cantieristica navale ferroviaria, ma nel 15% dei casi si parla di “esposizione ignota”. 
Alessandro Marinaccio, ricercatore Inail e responsabile del Registro Nazionale dei Mesoteliomi, avverte che  questo trend «si ripeterà ancora per qualche anno, con un picco di vittime fino al 2015, quando la curva epidemiologica comincerà a ridursi». 
Non c'è da meravigliarsi di queste cifre, perché in Italia i metri quadri ricoperti di amianto sono il doppio della superficie del comune di Roma: secondo una stima del Cnr, in Italia esistono ancora 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture realizzate con materiali contenenti amianto, pari a circa 32 milioni di tonnellate.


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Lombardia: stop alle coperture di amianto entro il 2015

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Come è andata a finire? Segnaliamo il documento Relazione Amianto 2016-2017 pubblicato sul sito della Regione Lombardia, che raccoglie in 14 pagine tutto quanto è stato messo in atto sia per quanto riguarda il censimento (ultimi dati al 28 febbraio 2018) dei siti e la loro bonifica, sia per quanto riguarda il monitoraggio sanitario.

La Regione Lombardia, attraverso il Piano Regionale Amianto (PRAL) approvato con delibera 8/1526 del 22 dicembre 2005,  individua come uno degli obiettivi strategici il censimento e la mappatura dei siti con amianto presenti nella Regione al fine di definire l’entità del rischio da amianto friabile e compatto e sviluppare programmi di maggiore tutela sanitaria. Lo stesso documento fissa il termine del 2015 per effettuare la rimozione ed il conferimento in discarica di tutto l’amianto presente sul territorio regionale lombardo.

Chi detiene una struttura con presenza di amianto è tenuto alla compilazione della scheda di “notifica presenza amianto in strutture o luoghi” da presentare alla ASL dell’Ambito territoriale dove è presente l’immobile in cui è stata rilevata la presenza dell’amianto, mentre la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento-amianto è effettuata tramite l’applicazione dell’Indice di Degrado (I.D.) ed è condotta attraverso l’ispezione del manufatto. 

In effetti, chi possiede una copertura in amianto ha di fronte a sé diverse possibilità sia in relazione allo stato di conservazione dell'amianto, sia alla tipologia di edificio sottostante. Questo perché per "bonifica" si intende  non soltanto la rimozione dell'amianto, e dunque la sostituzione dell'amianto con altra copertura, ma anche procedure come l'incapsulamento e la sovra-copertura.
Infatti, quando una copertura in cemento-amianto è affetta da uno stato di degrado devono essere intraprese azioni di bonifica che consistono in una fra 3 opzioni: sovra-copertura, incapsulamento e rimozione. La sopracopertura consiste in un intervento di confinamento che si ottiene installando una nuova copertura al di sopra di quella in amianto-cemento che viene lasciata in sede quando la struttura portante sia idonea a sopportare un carico permanente aggiuntivo. 
L’incapsulamento prevede invece l’utilizzo di prodotti ricoprenti la copertura in cemento-amianto; preliminarmente all’applicazione di tali prodotti si rende necessario un trattamento della superficie del materiale, al fine di pulirla e garantire l’adesione del prodotto incapsulante. Il trattamento finale dovrà essere certificato dall’impresa esecutrice. Tale intervento non desime il committente dall’obbligo di verificarne lo stato di conservazione. La rimozione prevede un intervento di asportazione totale della copertura in cemento amianto e sua sostituzione con altra copertura. Chiaramente, in quest'ultimo caso, si ha la garanzia totale di non vivere  e/o lavorare più a contatto con questa pericolosa sostanza. 
Tuttavia, le 3 opzioni hanno tutte in comune il fatto che chi detiene i diritti di proprietà del fabbricato dovrà comunque sostenere dei costi qualsiasi sia l'opzione prescelta.

Bonificare e smaltire le coperture in amianto è costoso (vi è un costo al mq + pratica ASL), ma occorre tenere presente che l’onere di questa rimozione può divenire un’interessante opportunità attraverso gli incentivi fissati nel IV Conto Energia, poiché favorisce economicamente la sostituzione di coperture contenenti amianto/eternit incrementando la tariffa incentivante base di 0,05 €/kWh per l’installazione di un impianto fotovoltaico.

A ciò si aggiunge il fatto che le spese edili sostenute per la rimozione godono della defiscalizzazione del 36% (limitatamente alle unità immobiliari a carattere residenziale come esplicita la Guida dell’Agenzia delle Entrate), e dunque ci si può rendere conto di come l’intervento possa essere ammortizzato, coniugando la promozione dell’uso di energie rinnovabili, la bonifica dell’ambiente dai materiali nocivi alla nostra salute ed il risparmio economico conseguente alla riduzione della bolletta elettrica.

Peraltro, oggi chi possiede una copertura e vuole installarvi dei pannelli fotovoltaici ha due alternative: affittare il proprio tetto a terzi, che realizzeranno l'impianto in cambio di un canone periodico, oppure fungere essi stessi da committenti, affrontando delle spese iniziali certo, ma potendo godere in prima persona dei benefici economici ed energetici dell'impianto. Prima di prendere una decisione in merito, sia che si tratti di bonificare una copertura in eternit, sia che si tratti di una copertura libera da amianto, occorre valutare attentamente diversi fattori, confrontando i business plan ed i progetti relativi alle diverse possibilità, verificando la fattibilità tecnica, economica e giuridica del progetto.
A questo proposito può essere opportuno ricorrere ad una consulenza ambientale, per far luce sia sugli aspetti di fattibilità giuridica dei progetti (in base alle normative vigenti nella propria Regione), sia per analizzare gli aspetti contrattualistici rispetto ad un realizzatore terzo, oppure rispetto alla stipula di polizze e contratti di finanziamento. Conoscere e sapersi orientare attraverso un'informazione chiara e corretta sono i presupposti per cogliere tutte le opportunità per liberarsi dal pericolo amianto e al contempo avviare un buon investimento in impianti fotovoltaici.


Fonti:
http://www.lecconotizie.com/rubriche/efficienza-energetica/rimozione-amianto-una-opportunita-economica-ed-energetica-47659/ 
http://www.lombardia.coldiretti.it/amianto.aspx?KeyPub=PAGINA_CD_LOMBARDIA_AT%7C14745336
http://www.lombardia.coldiretti.it/allegato-2.aspx?KeyPub=14745336|16869879&Lingua=IT 


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Sentenza eternit di Torino: considerazioni in attesa di leggere le motivazioni

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La notizia, pochi giorni fa, è di quelle "storiche": nell'ambito del processo Eternit, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni, sono stati condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche.
La condanna vale per i reati commessi negli stabilimenti piemontesi di Casale e Cavagnolo, dal 13 agosto 1999 in avanti. Altri invece risultano prescritti, come quelli contestati in determinati periodi negli stabilimenti di Bagnoli e Rubiera.
E' appena stato pubblicato il dispositivo (128 pagine, coincidenti con l'elenco delle parti civili costituite) della sentenza di Torino che condanna i capi della Eternit al risarcimento per i danni provocati ai cittadini e all'ambiente di Casale Monferranto, sede dello stabilimento in cui si produceva l'eternit appunto, un (allora) "innovativo" materiale composto da fibra di amianto.
Di seguito, pongo alcune considerazioni partendo dall'articolo pubblicato sul sito di Repubblica, a firma di Antonio Cianciullo, dal titolo più che evocativo: "Le altre eternit, diecimila vittime in tanti anni di inquinamento".

Nell'articolo si concentra l'attenzione sul significato che la sentenza riveste da un duplice punto di vista: il reato non riguarda un evento singolo, come Seveso per intenderci, ma l'inquinamento "da stillicidio", causato ad un territorio e ad una popolazione "poco a poco", nel corso di anni e anni di attività.
Inoltre, e qui arriviamo alla seconda importante novità, ad essere considerati colpevoli non sono i capi di reparti o sotto reparti demandati alla sicurezza, ma l'asset proprietario dell'impresa.
Citando dall'articolo: "la sentenza di Torino è destinata a fare da apripista a tante altre. A rilanciare storie di discariche, acciaierie e impianti chimici che hanno gravemente danneggiato il territorio e la salute della gente. Oltre 5 milioni di persone interessate con dati impressionanti di mortalità in eccesso. Questo è il commento asciutto di Rino Pavanello, da 25 anni segretario dell'associazione Ambiente e lavoro".

La sentenza ha fatto notizia nei media di tutto il mondo, e sembra essere la miccia pronta a riaccendere  centinaia di vertenze "dormienti" relative all'impatto sanitario e ambientale dell'inquinamento nel lungo periodo dei vecchi colossi della chimica, dell'acciaio e delle discariche sui territori che li hanno ospitati. Quei territori che, nel caso delle fabbriche e degli stabilimenti industriali sorti nel boom economico, hanno ricevuto molto in termini di lavoro e iniziale benessere, dovendo poi restituire, in una proporzione assolutamente sballata, in termini di vite umane e danni incalcolabili all'ambiente.

Per una ricostruzione accurata del profondo e controverso legame che unisce un territorio al proprio "mostro chimico" suggerisco la lettura de Il segreto tra di noi, ambientato fra le langhe piemontesi, che attraverso la vicenda letteraria racconta anche il dramma dell'Acna di Cengio, la grande fabbrica che avvelenò il fiume Bormida e i suoi operai.


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