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La riforma della Costituzione, il referendum costituzionale e l'ambiente

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Cosa votare al Referendum costituzionale di quest'autunno?
La riforma della Costituzione approvata pochi mesi fa, vi convince o no?
Ma soprattutto: avete letto il testo che criticate e/o, al contrario, ritenete valido?
Vi è venuto qualche dubbio?
Il vostro sì, o il vostro no, sono frutto di una scelta consapevole o soltanto di una visione (para)ideologica?

Sul blog di NG voglio riportare qualche stralcio di un articolo che sta per essere pubblicato sulla rivista "Ambiente & Svilupppo", edita da IPSOA: nell'articolo viene analizzata la riforma costituzionale, in riferimento al tema al quale è dedicato questo blog: l'ambiente

Natura Giuridica vi anticipa qualche stralcio perchè ritiene doveroso arrivare più consapevoli al referendum costituzionale di quest'autunno (in rosso i titoli dei paragrafi)

Un Paese di costituzionalisti 

Fra qualche settimana finalmente si saprà chi “avrà vinto” nella contesa sulla riforma costituzionale, se i supporters del “sì” o quelli del “no”, neanche si trattasse di una partita di calcio, e di un certo malsano tifo che, ahimè, spesso ne è parte integrante.
Ma purtroppo è così che ci viene, di fatto, presentata.
L’impressione che ne si ha è che – a prescindere dal vincitore – si continuerà comunque a parlarne, a dibattere dei perché e dei percome dei risultati, di cosa ha twittato il Governo e di cosa ha annunciato ai microfoni l’opposizione e via discorrendo, perdendo un’altra occasione per capire cosa, al di là del contingente risultato politico, si dovrebbe fare per imbastire un progetto di un’Italia – più che di una Costituzione – nuova, cominciando a porre fine al “modello pervasivo di semplificazione emergenziale” (espressione coniata da C. Galletti) che da decenni affligge l’Italia.
E che con la vittoria dei sì – ma anche dei no, sia pure per diverse vie, e con diverse sfumature – potrebbe addirittura consolidarsi.

Perché in un Paese di “poeti, di artisti, di eroi, di santi, …”, di recente ci siamo scoperti anche tutti costituzionalisti, con asserite verità da sbandierare, riforme da proporre (o barattare), anche blandendo l’uditorio con comunicati spot, efficaci quanto pericolosi, senza (perdere tempo a) porsi alcuna domanda sulle conseguenze di certe velleitarie azioni, o al contrario del perpetrarsi di quell’incessante immobilismo che, ahinoi, non senza ragioni, gli incauti riformisti di oggi additano come la causa del mali dell’Italia di oggi (e di ieri).
La realtà, molto più prosaica, è che i mali dell’Italia di oggi – se vogliamo riassumerli giornalisticamente in questo modo – sono il frutto di questo mix pericoloso di pressappochismo politico – che bada al presente più che al lungo periodo, dissipando energie nella ricerca di una semplificazione che, finora, si è rivelata come il suo esatto contrario, quando non una chimera – e di un uso distorto delle parole, che al posto di spiegare vengono utilizzate come veicolo di mere (e contingenti) propagande ideologiche.
Prendiamo l’ambiente, ad esempio, che è stato in parte qua oggetto della “riforma delle riforme”, e cerchiamo di analizzare quali potrebbero essere le conseguenze dell’eventuale vittoria del sì.

L’ambiente nel pensiero costituzionale: un necessario ma rapido excursus [...]

Il riparto di competenze in materia ambientale prima e dopo la riforma a confronto
[...]

Prima di passare all’analisi dell’art. 117, occorre sia pur rapidamente fare un cenno alle modifiche contenute nella riforma costitiuzionale concernenti:
  • le funzioni amministrative (art. 118), in relazione alle quali – oltre alla soppressione del riferimento alle Province, definitivamente abolite dopo il riordino avvenuto con la legge Delrio – si è voluto specificare che “le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori”, e che la legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni in specifiche materie e di intesa e coordinamento “in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici”;
  • l’autonomia finanziaria (art. 119), per la quale – oltre alla citata soppressione del riferimento alle province e ad una riformulazione linguistica del primo comma – la “riforma Boschi” precisa che le risorse derivanti da tutte le fonti elencate nello stesso articolo “assicurano” (prima consentivano) “il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni”, e che “con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni”;
  • il potere di sostituirsi, da parte del Governo, agli organi delle Regioni (art. 120).
Nella tabella 2 vengono messi a confronto il previgente testo dell’art. 117 della Costituzione e quello che sarà sottoposto al referendum costituzionale di quest’autunno [...]

Le ragioni del “sì”, e quelle del “no” [...]

Le ragioni di chi vorrebbe un progetto di un’Italia che guardi con occhi (e parole) nuovi 

Non “basta un sì”, come ci vorrebbero far credere i supporters della riforma, e non basta limitarsi a dire no, come nella sostanza fanno molti (fra i politicanti) di coloro che, per le ragioni più disparate, aderiscono al #iovotono.
Così come non basta votare sì per essere (oltre a dichiararsi) moderni e riformisti, o votare “no” per credere di continuare a vivere in un Paese incantato dove questa Carta costituzionale debba rimanere a priori inviolabile.
Occorrerebbe quantomeno informarsi sul contenuto della riforma della costituzione, nel suo complesso ma anche, e soprattutto, nelle sue singole parti: già, perché se della riforma “nel suo complesso” bene o male si parla, sia pure in termini molto generici, e al netto dei pregiudizi (o idee politiche) di chi, di volta in volta, ci spiega cosa succederà, non si è mai affrontato seriamente il singolo tema.
Come è successo per l’ambiente, rimasto indietro nella “gerarchia”, forse anche perché percepito ancora una volta come meno…urgente.
Eppure in questo settore i risvolti insiti in questa riforma, che si pone in scia con una certa deriva decisionistica, non sono di poco conto.
Perché se è vero che anche per quanto riguarda l’ambiente la continua mediazione e la continua rivendicazione di competenze, ma anche il suo contrario – il classico rimpallo di competenze (tipico di queste latitudini: “non è di mia competenza”) – hanno indubbiamente creato un ostacolo alla crescita (innanzitutto culturale) del nostro Paese, è altrettanto vero che un decisionismo altrettanto fine a se stesso rischia nella migliore delle ipotesi di non risolvere nulla.
Non è questa la sede più opportuna per discettare sul modus operandi del legislatore nelle sue diverse estrinsecazioni (normative, politiche e diacroniche), ma non si può non notare che – al di là di qualsiasi distinguo ci si voglia prendere la briga di fare – il nostro “modello di crescita” è quello cui si è fatto cenno all’inizio di questo contributo: un “modello pervasivo di semplificazione emergenziale”, nel quale senza soluzione di continuità i legislatori che si sono susseguiti nel tempo hanno collegato il progresso (e la ripresa economica) a progetti di “Grandi Opere”, che naturalmente hanno anche Grandi Impatti sull’ambiente.
Grandi Impatti che, in quanto tali, se non devono soggiacere al ricatto del primo comitato di condominio nato ad hoc per impedire una qualsivoglia opera, non devono neanche, al contrario, essere il frutto di un atto di fede nell’intrinseca bontà di accelerazioni decisioniste, fatte in nome di una non meglio specificata asserita strategicità dell’opera presa di volta in volta in considerazione, in barba alla leale collaborazione (oltre che dell’adeguata ponderazione, condivisione e visione comune).
Un modello che, per fare soltanto un esempio, ha trovato una delle sue ultime massime manifestazioni nello #SbloccaItalia, di cui questa riforma costituisce in qualche modo “lo strumento operativo privilegiato”.
Uno strumento che non solo amplia la competenza esclusiva dello Stato, ricomprendendovi anche materie prima oggetto di competenza concorrente; non solo elimina il comma 4, in base al quale comunque spettava alle Regioni “la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”, ma addirittura lascia la porta aperta per dilatare ulteriormente il ruolo dello Stato, laddove prevede la “clausola (che si potrebbe definire) ad libitum”, in base alla quale “su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
Non sembra, infatti, che anche grazie alle riforme connesse a quella costituzionale (ci si riferisce, in particolare, alla legge elettorale, e alle maggioranze in grado di produrre), la proposta del Governo di intervenire laddove teoricamente non gli dovrebbe competere, possa cadere nel vuoto, se, come e quando dovesse decidere (ad libitum, appunto) di esercitare questa facoltà.
Se è pur vero che la riforma del 2001, a detta degli odierni riformisti, non chiarendo sufficientemente il riparto di competenze aveva avuto come effetto collaterale l’aumento del contenzioso, è pur sempre altrettanto chiaro non solo che i criteri di ripartizione non sono, non possono essere, mai così netti, ma anche che gran parte della responsabilità è da attribuire al nomoteta, che con la scusa dell’emergenza ha legiferato in modo decontestualizzato, senza uno straccio di visione per il futuro e con norme il cui contenuto, inevitabilmente contraddittorio, è spesso anche giuridicamente … caotico? Incomprensibile? Diversamente interpretabile e/o attribuibile? Necessariamente conflittuale?
In ogni caso, che dire delle “disposizioni generali e comuni”, cui si fa riferimento nella riforma, qua e là, nel testo dell’articolo 117, a proposito della tutela della salute, delle politiche sociali e per la sicurezza alimentare, dell’istruzione e formazione professionale, delle attività culturali e sul turismo, del governo del territorio?
Non sono forse espressioni volutamente ambigue che nel riservare ulteriori margini di esclusività statale prestano comunque il fianco ad altre tipologie di contenzioso?
E chi deciderà “dove finiscono le «disposizioni generali e comuni del governo del territorio» e iniziano le disposizioni specifiche, rispetto ad esempio ai rapporti fra attività economiche e tutela del territorio e del paesaggio”?
Allora non è lo strumento, ma chi lo deve utilizzare. Sia esso Stato o Regione.
È una questione di (reciproca e) leale collaborazione, concetto che nonostante rimanga all’interno dell’articolo 120 della Costituzione, con la riforma viene sostituito nei fatti con il “ci penso io” da parte dello Stato: una semplificazione minimalista che relega la riforma, nei fatti, nel calderone delle riforme da riformare, perché (ancora una volta) di facciata e non di sostanza, e comunque passibili di essere dichiarate incostituzionali, come è avvenuto (neanche a farlo apposta) qualche mese fa proprio con lo #SbloccaItalia, che è stato dichiarato incostituzionale in parte qua, ovvero proprio in relazione al più ampio mancato coinvolgimento delle Regioni interessate.
È una questione culturale: perché neanche la migliore delle riforme immaginabili può garantire che non ci siano sprechi (di denaro, di tempo e di vite umane), corruzione, criminalità organizzata, disastri ambientali e sanitari annunciati, …. non solo nelle Grandi Opere, ma anche in quelle che riguardano, dovrebbero riguardare, la vita quotidiana di milioni di persone.
Basti pensare alla recente tragedia ferroviaria accaduta in Puglia…
L’inamovibile paravento costituito dal continuo dibattito su riforme annunciate nasconde il vero problema di fondo (e fa la fortuna di chi da questa situazione può trarre vantaggio): che forse si potrebbero cambiare la cose con quello che abbiamo, se solo le parole (comprese quelle contenute nella Costituzione) fossero utilizzate non in funzione di un risultato politico (che non ci interessa) ma di un obiettivo condiviso, frutto di una pianificazione strutturata effettuata all’interno di una visione.
E con una concertazione che non sia impostata sulla classica contrapposizione di (asserite) diverse esigenze (ideologie), ma su una progressione di competenze e non su recinti (para)ideologici, sulla conoscenza e non sulle conoscenze, sull’uso finalmente corretto e meditato delle parole, in grado di spiegare cosa sta succedendo, e soprattutto cosa potrebbe succedere.
Perché “non si possono dare spiegazioni affrettate e superficiali, bisogna pensarci bene, ci va il tempo che ci va”: e soprattutto non possiamo aspettare che queste spiegazioni ci vengano offerte ex post sempre e solo dalla Corte Costituzionale, che nella cit. sentenza
“ha predisposto una graduazione giurisprudenziale degli strumenti di partecipazione regionale, al fine di dare compiuto svolgimento al principio di «leale collaborazione» tra enti territoriali”, confermando la precedente giurisprudenza ed evidenziando “come, in relazione all’oggetto della decisione e all’organo di raccordo azionato (o da azionare), siano «fisiologiche» talune differenziazioni concernenti l’intensità del coordinamento; e come, ad ogni modo, la concertazione appaia necessaria affinché possa considerarsi rispettato il canone della lealtà in fase di cooperazione tra lo Stato e gli altri enti territoriali”.
Perché – nonostante ci venga presentata nei termini cui si è fatto cenno in premessa – per tornare al punto di partenza e chiudere il cerchio argomentativo, non siamo allo stadio, ma nell’arena della vita di tutti i giorni, e non conta chi ha vinto o ha perso, se a rimetterci è la qualità della nostra vita.


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#SbloccaItalia: tanto rumore per nulla

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Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nel decreto #SbloccaItalia, svolta nei seguenti post: 
  • Le novità ambientali contenute nello #SbloccaItalia: il dissesto idrogeologicodissesto idrogeologico
  • Le novità ambientali contenute nello #SbloccaItalia: le semplificazioni in materia edilizia 
  • #SbloccaItalia:misure nel settore energetico, idrocarburi, gas naturale 
scopriamo che, in realtà, l’ultimo remake normativo emergenziale, straordinario o eccezionale che dir si voglia, non è diverso da quello originale, anche se forse qualcosa è cambiato a livello di comunicazione, come già evidenziato ne "La politica ambientale ai tempi di twitter".

Una nuova comunicazione che, tuttavia, non risolve i problemi: tanto rumore per nulla. 

Per fare solo qualche esempio, ci sono novità soltanto annunciate (terre e rocce da scavo).
Altre che consistono in proroghe concesse per l’adozione di atti i cui termini di scadenza erano già abbondantemente scaduti (conto termico).
Altre ancora la cui “visione strategica” lascia molto perplessi (le norme sull’incenerimento e quelle sulla trivellazione), senza contare che non sono state recepite nel D.Lgs n. 133/14 quelle poche buone cose che il testo uscito dal Consiglio dei ministri del 29 agosto 2014 conteneva . 

Anche in materia di dissesto idrogeologico qualcosa è stato fatto, ma il punto è che, ancora una volta, il nostro legislatore è intervenuto dopo. Dopo un altro disastro, dopo altre vittime, dopo i fiumi di denaro spesi nella gestione dell’emergenza, dopo tanto tempo e, soprattutto, sull’onda dell’“emotività” della politica e dell’opinione pubblica. 

Il risultato di questo modo di intervenire è la produzione schizofrenica di norme scoordinate, confuse, liberamente interpretabili che, spesso, introducono principi generali o anche deroghe, eccezioni e rinvii a futuri decreti attuativi che chissà quando vedranno la luce e che, per questo, stentano ad avere concrete ricadute pratiche. 

In definitiva, ci sono troppe norme inutili, mentre di quelle utili o non si parla, o quando lo si fa il tono è sempre è soltanto quello di chi si limita a reclamare bei principî, senza tuttavia renderli operativi. 

Due esempi su tutti, strettamente connessi al dissesto idrogeologico


Il primo concerne la bozza sulle “linee strategiche”per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio che il ministero dell’ambiente aveva inviato al CIPE nel 2012, nella quale si poneva, fra l’altro, la fine di marzo 2013 come orizzonte temporale massimo entro il quale il Governo avrebbe dovuto adottare un disegno di legge per l’introduzione, nel nostro ordinamento, di un’assicurazione obbligatoria per la copertura dei rischi connessi agli eventi climatici estremi a carico di beni e strutture di proprietà pubblica e privata. 
Un testo la cui adozione tuttavia è stata procrastinata dalla travagliata nascita del Governo delle “larghe intese”, che ha fatto finire questo provvedimento, come tanti altri, nel calderone delle “larghe attese”. 
E pensare che si tratta di un argomento di primaria importanza, non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello, strettamente correlato, economico. 


Il secondo, invece, riguarda il disegno di legge di contenimento del suolo e di riuso del suolo edificato (stop alla cementificazione a tutti i costi), che ha avuto il “via libera” dal Consiglio dei Ministri esattamente un anno fa, il 13 dicembre 2013: una normativa di cui si sentiva sicuramente la mancanza e per la quale il legislatore ha emanato poco più di una minimale messa in scena. 
Non è questa la sede per spiegare i tecnicismi e i ragionamenti giuridici sottesi a questa affermazione; occorre tuttavia segnalare che spesso le parole del nostro legislatore suonano più come una rassicurazione che come il nucleo di una strategia e, l’ipotizzata legge sul contenimento dell’uso del suolo, più che una normativa di riforma economico e sociale, appare per quello che è: un insieme disorganico di parole, che per quanto belle rimangono inutili, se non concretizzate – tanto da chiedersi che senso abbia colmare un vuoto normativo con una normativa vuota. 


Forse basterebbero soltanto un po’ di impegno e di pragmatica buona volontà ad ogni livello dell’amministrazione e della cittadinanza, senza aspettare i lunghi tempi di un placet normativo: basti pensare agli esempi virtuosi dei Comuni di Cassinetta di Lugagnano e di Recco, anche se in questo secondo caso le vicende successive (l’amministrazione comunale virtuosa non è stata riconfermata al successivo appuntamento elettorale) insegnano che occorre prevedere, oltre alle parole e ai conseguenti fatti, anche un’opera paziente, ma immediata, di sensibilizzazione e di autorevolezza politica.

In altre parole, occorre passare dall’astrattezza di certe parole alla concretezza della volontà dei fatti, per porre fine all’andirivieni tipico di questo inutile gioco dell’oca, ed arrivare al traguardo finora soltanto pronunciato, ma mai realmente sperato, di vivere in un ambiente antropizzato e (ma) a misura d’uomo.


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#SbloccaItalia:misure nel settore energetico, idrocarburi, gas naturale

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(continua da: "Le novità ambientali contenute nello #SbloccaItalia: le semplificazioni in materia edilizia")

La rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale 
In relazione alla rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale il Governo è intervenuto a stabilire:

  • la competenza dello Stato (al quale sono attribuite le funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, garantendo comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio, funzionali al perseguimento degli obiettivi) e quella del consiglio dei ministri, che dovrà individuare le aree de quibus, per ognuna delle quali sarà predisposto un programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana;
  • la disciplina d’urgenza per le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, dichiarate aree di rilevante interesse nazionale. 
Le misure nel settore energetico

Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi
Il Governo è intervenuto sulle leggi di stabilità:

  • 2012: attraverso la novella legislativa è stata aggiunta una nuova modalità per la determinazione delle spese finali, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, che per gli anni 2015-2018 dovrà essere determinato dalla somma delle spese correnti e in conto capitale risultanti dal consuntivo al netto anche “delle spese sostenute dalle regioni per la realizzazione degli interventi di sviluppo dell’occupazione e delle attività economiche, di sviluppo industriale e di miglioramento ambientale, nonché per il finanziamento di strumenti della programmazione negoziata nelle aree in cui si svolgono le ricerche e le coltivazioni di idrocarburi”. 
  • 2015: sarà definito per le Regioni, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, il limite della esclusione dal patto di stabilità interno delle spese in conto capitale finanziate con le entrate delle aliquote di prodotto previste dalla normativa relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi 
Misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale

Con lo scopo di “aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti, i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazioni dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti”

Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali
Oltre alla dichiarazione di interesse strategico (e di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili) che rivestono le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, il Governo ha modificato la disciplina relativa:

  • ai progetti di competenza statale (che ricomprendono anche le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi anche sulla terraferma, oltre che quelli in mare);
  • ai procedimenti di VIA in corso presso le regioni al 13 settembre 2014 (se sono relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la Regione presso la quale é stato avviato il conclude lo stesso entro il 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente tale termine, deve trasmettere la relativa documentazione al MATTM per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al MiSE);
  • le modalità per l’ottenimento del titolo concessorio per lo svolgimento di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi Sono svolte a seguito del rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori articolato in una prima fase di ricerca, per la durata di sei anni, prorogabile due volte (per tre anni) nel caso sia necessario completare le opere di ricerca, a seguito della quale, in caso di rinvenimento di un giacimento riconosciuto tecnicamente ed economicamente coltivabile da parte del MiSE seguono la fase di coltivazione (30 anni) da prorogare per una o più volte per un periodo di 10 anni, laddove siano stati adempiuti gli obblighi derivanti dal decreto di concessione e il giacimento risulti ancora coltivabile, e quella di ripristino finale. Il comma 6, invece, stabilisce l’iter burocratico (il titolo concessorio unico è accordato con decreto del MiSE; a seguito di un procedimento unico a soggetti che dispongono di capacità tecnica, economica ed organizzativa, oltre ad offrire garanzie adeguate alla esecuzione e realizzazione dei programmi presentati e con sede sociale in Italia o in altri Stati membri dell’Unione europea e, a condizioni di reciprocità, a soggetti di altri Paesi). Tali disposizioni si applicano, su istanza del titolare o del richiedente, da presentare entro l’11 dicembre 2014, anche ai titoli vigenti e ai procedimenti in corso. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del DL, il MiSe dovrà dettare con disciplinare le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e quelle di esercizio delle relative attività;
  • alla legge obiettivo per lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi Nuovo art. 8, commi 1-bis del DL 112/08 : “Al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare localizzate in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato e al fine di valorizzare e provare in campo l’utilizzo delle migliori tecnologie nello svolgimento dell’attività mineraria, il MiSE, di concerto con il MATTM, sentite le Regioni interessate, può autorizzare, per un periodo non superiore a 5 anni, progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti. I progetti sono corredati sia da un’analisi tecnico-scientifica che dimostri l’assenza di effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici e sia dai relativi progetti e programmi dettagliati di monitoraggio e verifica, da condurre sotto il controllo del MiSE e del MATTM. Ove nel corso delle attività di verifica vengano accertati fenomeni di subsidenza sulla costa determinati dall’attività, il programma dei lavori é interrotto e l’autorizzazione alla sperimentazione decade. Qualora al termine del periodo di validità dell’autorizzazione venga accertato che l’attività é stata condotta senza effetti di subsidenza dell’attività sulla costa, nonché sull’equilibrio dell’ecosistema e sugli insediamenti antropici, il periodo di sperimentazione può’essere prorogato per ulteriori 5 anni, applicando le medesime procedure di controllo;
  • all’autorizzazione rilasciata dall’ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia Alla quale saranno soggette, oltre alle attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, anche quelle che prevedono “la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento”, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati.
In materia di infrastrutture lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali lo Sblocca Italia ha previsto che:

  • anche per i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero e le opere accessorie l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio comprende la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, la VIA, ove prevista dalla normativa vigente, ovvero la valutazione di incidenza naturalistico-ambientale l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi e la variazione degli strumenti urbanistici e dei piani di gestione e tutela del territorio comunque denominati;
  • l’autorizzazione sostituisce, anche ai fini urbanistici ed edilizi nonché paesaggistici;
  • i soggetti titolari o gestori di beni demaniali, di aree demaniali marittime e lacuali, fiumi, torrenti, canali, miniere e foreste demaniali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, funicolari, teleferiche, e impianti similari, linee di telecomunicazione di pubblico servizio, linee elettriche, che siano interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o da gasdotti di importazione di gas dall’estero, partecipano al procedimento di autorizzazione alla costruzione e in tale ambito sono tenuti ad indicare le modalità di attraversamento degli impianti ed aree interferenti.
(Continua con: "#SbloccaItalia: tanto rumore per nulla")


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La normativa ai tempi di twitter: la politica degli annunci

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Le altre riforme 

Il 2014 ha visto la nascita di altre riforme, “di serie b”, verrebbe da dire, non avendo ottenuto il rango di riforme “hashtagbili”, ma altrettanto impattanti, e foriere di numerose critiche, al di là di alcuni aspetti positivi introdotti. 

Oltre a quelle sul “nuovo MUD”, alla riforma dell’Albo Nazionale dei gestori ambientali, alle varie norme ambientali contenute nella “legge europea bis” e a quelle in fieri contenute nel collegato ambientale alla legge di stabilità, il 2014 ha visto l’emanazione di tre decreti legislativi, in attuazione di altrettante direttive comunitarie, recepite “con qualche ritardo” dal nostro Paese. 

Così il “decreto emissioni industriali”, che pur avendo introdotto aspetti indubbiamente positivi (su tutti, l’eliminazione delle disposizioni illogiche che hanno anche portato la prassi a disapplicarle; l’eliminazione dell’art. 20 del D.Lgs n. 133/05 sul danno ambientale, specifico per la disciplina sull’incenerimento dei rifiuti; più in generale lo spirito semplificatorio che sembra permeare il decreto, anche attraverso l’inserimento del riesame con valenza di rinnovo; il riferimento alle BAT; l’inserimento della caratterizzazione del suolo e delle acque sotterranee pre-insediamento), solleva alcune perplessità relative alla presunta novità della “de-materializzazione” delle procedure e al regime temporale.

Così anche il D.Lgs n. 49/2014 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che pur avendo introdotto novità apprezzabili (estensione della normativa RAEE ai pannelli fotovoltaici; possibilità di riconsegna in ragione di uno contro zero dei RAEE di piccolissime dimensioni) presenta alcuni elementi critici, relativi all’eccessiva burocratizzazione degli scadenziari riferiti agli obiettivi di raccolta e di recupero, ai criteri di individuazione delle categorie di RAEE sui quali costruire le prescritte rendicontazioni, all’elusione del nodo della non chiara identificazione del momento in cui un’apparecchiatura elettrica o elettronica, magari ancora funzionante, oggetto di riconsegna nel punto vendita, diventa un RAEE, cioè un rifiuto. 

Qualche miglioramento si è intravisto anche nel D.Lgs n. 102/2014, che ha recepito la direttiva sull’efficienza energetica (eliminazione della disposizione che equiparava l’APE, realizzata conformemente alla metodologia per la determinazione della prestazione energetica degli edifici, alla diagnosi energetica nel settore civile; introduzione di una cabina di regia che dovrà assicurare anche il coordinamento delle politiche e degli interventi attivati attraverso il Fondo nazionale per l’efficienza energetica, i cui decreti i attuativi, come s’è visto, non sono ancora stati emanati). 
Ma anche in questo caso sono più numerose le ombre, a partire proprio dalla “cabina di regia”, che rappresenta una modifica più nominale che sostanziale, dal momento che, ai sensi dell’art. 4, comma 4, il suo funzionamento sarà stabilito con un futuro decreto del MATTM, “tenuto conto di quanto previsto ai commi 1 e 2”.
In sostanza, il legislatore delegato introduce, come novità, un (altro) rinvio che, unitamente a tutti quelli che si sono accumulati nel corso degli anni, si innesta in quella politica degli annunci tanto scenografica nella forma quanto evanescente nei fatti, e (ma) soprattutto destrutturata e, a dispetto dei tempi biblici che impiega per essere messa nero su bianco, spesso improvvisata.

La politica degli annunci 

Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nella normativa partorita dal nostro legislatore nel corso del 2014 emerge che le novità annunciate, in fieri e/o rimandate, le conosciamo già, sia per quanto riguarda la forma (ci sono molti, troppi rinvii a norme e decreti attuativi che tardano ad essere emanati), sia nella sostanza (manca una strategia), anche se indubbiamente qualcosa è cambiato a livello comunicativo. 
Adesso è tutto strategico, oltre che twittabile e, per questo motivo, popolare: il legislatore non si limita ad enumerare le abituali semplificazioni, accelerazione (dei tempi), urgenze, straordinaria necessità, eccezionale situazione, pubblica utilità ed urgenza. 
Adesso, appunto, è tutto #strategico – come se questa parola avesse un potere taumaturgico – e online – come se questo da solo fosse garanzia di qualità. 
In realtà continua ad esser tutto frenetico ed emergenziale (vale a dire l’esatto opposto di strategico), e di nuovo c’è, come s’è fatto cenno, lo stile comunicativo. Che però sembra fine a se stesso. 

Per dire: poche settimane fa, il 9 ottobre 2014, il Governo ha lanciato una prima campagna di comunicazione, chiamata #Italiasicura, “che punta al coinvolgimento dei cittadini nella conoscenza del rischio nei territori in cui vivono e un sito dedicato (italiasicura.governo.it) con informazioni su cantieri, opere, iniziative per la difesa dell’ambiente e la riqualificazione delle scuole”, e che punta tutto sul claim “se l’Italia si cura, l’Italia è più sicura”. 
Bello, non c’è che dire: ma se ci si prende la briga di andare a visitare il sito, ci si accorge che la scenografica homepage del sito di #Italiasicura è intrisa di belle parole, di informazioni teoriche di quello che si ha intenzione di fare, ma nono di fatti. Ma soprattutto contiene una corposa galleria di....selfie dai cantieri. 
Quelli sì, come i tweet e gli annunci, sicuri (nel senso di immancabili).

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter. lo #SbloccaItalia

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Lo #sblocca Italia: le novità che sapevamo già

Lo Sblocca Italia interviene nuovamente a modificare la disciplina sulle terre e rocce da scavo, “introducendo” una disciplina:

  • semplificata del deposito preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto;
  • della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto. 
Si tratta di un testo che nei pochi giorni intercorsi dall’approvazione in sede di Consiglio di ministri ha subito rilevanti modifiche.
A distanza di pochi giorni, il testo del decreto pubblicato in gazzetta ufficiale, “ai fini di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo”, si limita a rinviare a fine anno (entro il 12 dicembre) l’adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i seguenti principî e criteri direttivi:
a. coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti;
b. indicazione esplicita delle norme abrogate;
c. proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;
d. divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo.

Il DL introduce nuove semplificazioni in materia di bonifica, apportando alcune modifiche al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. In particolare, il decreto legge prevede che:

  • nel caso in cui le stazioni appaltanti si avvalgano della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, le stesse debbano richiedere ai soggetti invitati di presentare apposita documentazione attestante i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa anche nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • la norma, in base alla quale il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto, non si applica al requisito dell’iscrizione all’ANGA;
  • nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è consentita anche, “nella misura strettamente necessaria, nei casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati”;
  • nelle procedure ristrette, e in quelle negoziate con pubblicazione di un bando di gara, per le stazioni appaltanti, è possibile stabilire termini diversi per la ricezione delle domande di partecipazione anche nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati;
  • le varianti in corso d’opera possono essere ammesse, sentito il progettista e il direttore dei lavori, anche nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • non sono considerate varianti gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio che siano contenuti entro un importo non superiore al 20 per cento per i lavori di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • il contratto d’appalto che prevede l’affidamento sulla base di un progetto preliminare o definitivo può comprendere altre attività in relazione ai lavori concernenti beni mobili e superfici decorate di beni architettonici e scavi archeologici sottoposti alle disposizioni di tutela di beni culturali, nonché nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati.
Inoltre, lo “sblocca Italia” stabilisce che nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere:

  • richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture;
  • lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi;
  • lineari di pubblico interesse. 
Tali opere possono essere realizzate purché ciò avvenga secondo modalità e tecniche che non pregiudicano né interferiscono con il completamento e l’esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area. 

In relazione alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – finalizzate al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana – il Governo è intervenuto a stabilire la competenza dello Stato (al quale sono attribuite le funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, garantendo comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio, funzionali al perseguimento degli obiettivi) e quella del consiglio dei ministri, che dovrà individuare le aree de quibus, per ognuna delle quali sarà predisposto un programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana. 

All’insegna dell’urgenza anche le misure volte all’individuazione e alla realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture energetiche di preminente interesse nazionale, che prevedono:
  1. innanzitutto l’annuncio che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del DL, il MATTM dovrà individuare, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare, per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore; 
  2. che la verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di impianti di recupero energetico R1 per gli impianti esistenti dovrà avvenire, da parte delle Autorità competenti, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del DL, termine entro il quale, inoltre, le stesse Autorità dovranno revisionare “in tal senso […] quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali”;
  3. l’autorizzazione obbligatoria “a saturazione del carico termico” per tutti gli impianti, esistenti o ancora da realizzare; 
  4. la priorità di trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e, a saturazione del carico termico, il trattamento dei rifiuti speciali anche pericolosi a solo rischio sanitario, adeguando coerentemente le autorizzazioni integrate ambientali;
  5. il dimezzamento dei termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di VIA e di AIA per tali tipologie di impianti.
E ancora misure urgenti per favorire degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi, per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale, per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, per la revisione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni complessive.

(continua con: "La normativa ai tempi di twitter: la politica degli annunci")

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter: l’assenza delle istruzioni operative

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In ogni caso, vale la pena sottolineare – in relazione a quanto alla rimodulazione degli incentivi – che fino a pochi giorni fa non erano ancora stati emanati i decreti attuativi che dovevano disciplinare, entro il 1° ottobre 2014, le percentuali di rimodulazione dell’incentivo per gli impianti di potenza nominale > 200 kW: una situazione in base alla quale – evidenziava il presidente di Assorinnovabili – chi, dopo i l 1° ottobre 2014, “ ha un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 200 kW in Italia non solo si è visto decurtare l’incentivo retroattivamente, ma si trova pure nella condizione di non poter scegliere la modalità con cui gli sarà ridotta la tariffa, perché la disciplina attuativa di una delle tre opzioni non esiste ancora ”. 

Quello del ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi è un fenomeno diffuso: per rimanere nel settore energetico, entro il entro il 17 ottobre 2014 avrebbero dovuto essere emanati i provvedimenti attuativi del Fondo nazionale per l’efficienza energetica, ovvero le istruzioni operative per implementare il Fondo e conseguire gli obiettivi che lo stesso persegue, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, che dovrebbero individuare:

  • le priorità, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del Fondo;
  • le modalità di articolazione per sezioni, di cui una dedicata in modo specifico al sostegno del teleriscaldamento, e le relative prime dotazioni. 
Nel quadro dei progetti e programmi ammissibili all’intervento del Fondo, e tenendo conto del miglior rapporto tra costo e risparmio energetico, dovranno inoltre essere individuati termini e condizioni di maggior favore per interventi che presentino specifica valenza prestazionale e siano volti a:

  1. creare nuova occupazione;
  2. migliorare l’efficienza energetica dell’intero edificio;
  3. promuovere nuovi edifici a energia quasi zero;
  4. introdurre misure di protezione antisismica in aggiunta alla riqualificazione energetica;
  5. realizzare reti per il teleriscaldamento e per il teleraffrescamento in ambito agricolo o comunque connesse alla generazione distribuita a biomassa. 
*°*

Altri decreti attuativi che mancano all’appello (per i quali sono scaduti i termini) Senza data (ma urgenti!): in relazione all’efficienza energetica negli edifici mancano i decreti attuativi che dovranno indicare le nuove metodologie e le nuove modalità di calcolo della prestazione energetica

Entro il:

  • dicembre 2012 (decreto di definizione dei nuovi coefficienti da applicarsi per le accise carburanti per gli impianti cogenerativi);
  • luglio 2013 (nuove linee guida per la preparazione, esecuzione, valutazione dei progetti, e per la definizione dei criteri e modalità per il rilascio dei certificati bianchi);
  • 09.07.2014 (definizione delle modalità operative con cui – dal secondo semestre 2014 – le tariffe incentivanti del Conto energia dovranno essere erogate con rate mensili costanti, in misura pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, nell’anno solare di produzione, con successivo conguaglio entro il 30 giugno dell’anno successivo);
  • 18.08.2014 (modalità di esecuzione del programma di interventi di riqualificazione energetica su almeno il 3% della superficie coperta climatizzata degli immobili appartenenti alle PP.AA. centrali – o, in alternativa interventi che comportino annualmente un risparmio equivalente a quello ottenibile con la riqualificazione delle superfici);
  • 15.09.2014 (indicazione della quota minima di biocarburanti da immettere nei trasporti, compresa la sua ripartizione in quote tra diverse tipologie di biocarburanti, per gli anni successivi al 2015);
  • 17.09.2014 (integrazione del contratto tipo per il miglioramento del rendimento energetico dell’edificio con gli elementi minimi indicato dal D.Lgs n. 102/2014);
  • 01.10.2014: a) approvazione del modello unico di Comunicazione al Comune da utilizzare per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da FER e di microcogenerazione; b) indicazione delle percentuali di riduzione dell’incentivo in Conto energia per chi sceglie di aderire all’opzione rimodulazione a doppio periodo.
(continua)

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter: lo spalmaincentivi

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Lo scopo dichiarato della normativa prevista per la rimodulazione degli incentivi per il fotovoltaico (#spalmaincentivi), introdotta in un maxiemendamento ad inizio agosto, è quello di “ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi, e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili”. 

In estrema sintesi, il maxiemendamento ha ri-disciplinato il meccanismo nei seguenti termini: 

  1. dal 1° luglio 2014 il GSE eroga le tariffe incentivanti con rate mensili costanti nella misura del 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto nell’anno solare di produzione. Il conguaglio è effettuato entro il 30.06 dell’anno successivo;
  2. impianti di potenza nominale > 200 kW: dal 1° gennaio 2015 la tariffa è rimodulata sulla base di una scelta effettuata dall’operatore, fra le tre alternative indicate in tabella;
  3. tariffe omnicomprensive di cui al IV conto energia: le riduzioni si applicano alla sola componente incentivante;
  4. il beneficiario della tariffa incentivante, di cui ai precedenti punti 2 e 3, può accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza fra l’incentivo già spettante al 31.12.2014 e quello rimodulato. I finanziamenti possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia, concessa dalla CDP;
  5. le regioni e gli EE.LL. adeguano, ciascuno per la parte di competenza, e ove necessario, alla durata dell’incentivo rimodulata la validità temporale dei permessi rilasciati per la costruzione e l’esercizio degli impianti;
  6. acquirente selezionato: i beneficiari degli incentivi pluriennali per la produzione di energia elettrica da FER possono cedere una quota degli incentivi (non > all’80%) ad un acquirente selezionato, che subentra nei diritti a percepire gli incentivi rimodulati. In ogni caso, l’AEEG può esercitare annualmente l’opzione di acquisire tali diritti, a fronte della corresponsione di un importo pari alla rata annuale costante, calcolata sulla base di un tasso di interesse determinato. 
In relazione allo #spalmaincentivi sono stati sollevati molti dubbi di costituzionalità, che possono esse sintetizzati come segue:
  1. la seconda opzione, indicata in tabella, non sembra raggiungere l’intento perseguito dal legislatore di creare una situazione di equilibrio fra riduzione, da effettuarsi immediatamente, e maggiorazione, da fare in un secondo momento, dal momento che la prima non è in alcun modo ammortizzata né compensata dalla seconda, anche solo volendo considerare che, nel tempo, gli impianti invecchiano e, dunque, decadono in termini di produttività, ledendo, in questo modo, i diritti quesiti degli operatori. E senza contare che le continue modifiche già avvenute finora su diritti quesiti dagli operatori lasciano ampi spazi di manovra a future, ed ulteriori, modifiche peggiorative: in sostanza, nulla garantisce all’operatore che all’immediata riduzione segua effettivamente la maggiorazione “promessa”;
  2. in relazione ai finanziamenti bancari, la norma è priva di contenuto, dal momento che nel testo, come spesso accade, si fa rinvio ad un futuro decreto del MEF, che dovrebbe prevedere criteri e modalità dell’esposizione della Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe garantire i prestiti;
  3. anche la “cartolarizzazione” degli incentivi – prevista dalla norma che favorisce la cessione degli incentivi e il recesso degli operatori dai contratti stipulati con il GSE – presenta profili di criticità. Il legislatore sembra volersi costituire, in questo modo, una sorta di “difesa ante litteram” nei confronti di possibili contestazioni da parte degli operatori che dovessero, in futuro, lamentarsi di essere stati lesi, semplicemente affermando di essere stata data loro la possibilità di “disfarsi” di una situazione economica non più in linea con le aspettative originarie. Come se questa scelta potesse, per questo motivo, considerarsi legittima e non lesiva degli interessi, palesemente lesi, degli operatori che, nel recente passato, hanno effettuato scelte economiche sulla base di ben altre indicazioni normative… 
Tant’è che sono previsti numerosi ricorsi da parte di molti operatori del settore, che sottolineano come la Commissione europea abbia:
  • raccomandato in più occasioni che la rimodulazione degli incentivi non deve essere retroattiva e non deve violare gli interessi già consolidati dei produttori;
  • sostenuto che “le misure di intervento pubblico devono rappresentare un impegno stabile, a lungo termine, trasparente, prevedibile e credibile nei confronti degli investitori e dei consumatori”. 
L’azione del Governo, invece, a prescindere dalle dietrologie di chi vede in questa manovra un intervento pro combustibili fossili, intervenendo in modo retroattivo ha sacrificato i legittimi diritti dei produttori che hanno prestato fede agli impegni assunti dallo Stato, facendo affidamento sui principî del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

*°*

Le tre alternative
  1. Tariffa erogata per 24 anni dall’entrata in esercizio dell’impianto, con ricalcolo secondo le tabelle di cui all’allegato 
  2. Tariffa erogata sempre in 20 anni, ma rimodulata con la previsione di un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto a quello attuale, e di un secondo di un incentivo incrementato in egual misura. Le percentuali di rimodulzione sono stabilite con decreto del MiSE 
  3. Tariffa erogata sempre in 20 anni, ma con una riduzione della tariffa di una quota percentuale, per la durata residua del periodo di incentivazione, pari al 6% per impianti da 200 kW a 500 kW, 7% per impianti da 500 kW a 900 kW, 8% per impianti di potenza nominale superiore a 900 kW 
Agli operatori che non comunicheranno la loro scelta, verrà applicata quest’ultima opzione


(continua con: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: l’assenza delle istruzioni operative")




(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter: il provvedimento #ambienteprotetto

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A proposito del provvedimento #ambienteprotetto il ministro dell’ambiente ha affermato che 
“con questo pacchetto di misure vogliamo rendere più efficiente l’intero sistema ambientale, su cui è fondamentale investire per il rilancio del Paese. Lo facciamo con norme che servono a fermare gli scempi compiuti sul territorio nazionale alle spalle dei cittadini e con misure immediatamente operative per difendere il nostro ecosistema, risparmiare soldi e velocizzare le procedure senza recedere di un millimetro sulla tutela dell’Ambiente. Bisogna «correre» verso un’Italia più sicura e sostenibile sotto il profilo ambientale: questo decreto fornisce gli strumenti giusti”. 
I più significativi “strumenti giusti”, a valle della legge di conversione del decreto #competitività, sono quelli che concernono la semplificazione per le operazioni di bonifica e di messa in sicurezza e le misure urgenti per semplificare il sistema di tracciabilità dei rifiuti. 

L’art. 13 del decreto #competitività, così come modificato ed integrato dalla legge di conversione, introduce due nuovi articoli al testo unico ambientale, ad integrazione delle procedure operative ed amministrative previste dal codice dell’ambiente per la bonifica dei siti contaminati.

Il primo (242-bis) riguarda la procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza che, in estrema sintesi, prevede che: 
  1. l’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di CSC, può presentare all’amministrazione competente uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di svolgimento dei lavori; 
  2. per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e attività previsti dal progetto di bonifica, l’interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività; 
  3. quest’ultima, entro i successivi trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi;
  4. entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti di effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato;
  5. non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell’atto di assenso, il soggetto interessato comunica all’amministrazione titolare del procedimento (di cui agli articoli 242 o 252 del TUA), la data di avvio dell’esecuzione della bonifica, che si deve concludere nei successivi dodici mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi;
  6. decorso tale termine, salvo motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252 del D.Lgs n. 152/06;
  7. ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenta il piano di caratterizzazione all’autorità competente per la verifica del conseguimento dei valori di CSC della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso;
  8. il piano é approvato nei successivi quarantacinque giorni;
  9. la validazione dei risultati della caratterizzazione da parte dell’ARPA, attestante il conseguimento dei valori di CSC nei suoli, costituisce certificazione dell’avvenuta bonifica del suolo;
  10. i costi della caratterizzazione della validazione sono a carico dell’operatore interessato; 
  11. nel caso in cui i risultati della caratterizzazione dovessero dimostrare che non sono stati conseguiti i valori di CSC nella matrice suolo, l’ARPA notifica le difformità riscontrate all’operatore interessato, il quale deve presentare, entro i successivi quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che é istruito nel rispetto delle procedure ordinarie;
  12. resta fermo l’obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, se necessarie, secondo le procedure ordinarie (artt. 242 e 252 del TUA);
  13. conseguiti i valori di CSC del suolo, il sito può essere utilizzato in conformità alla destinazione d’uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda;
  14. l’articolo 242-bis si applica anche ai procedimenti di cui agli articoli 242 o 252 in corso alla data di entrata in vigore del decreto competitività.
Il secondo concerne le aree militari (art. 241-bis), e prevede che, ai fini dell’individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell’istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le CSC di cui alla Tabella 1, colonna b, dell’allegato 5, alla Parte IV, Titolo V, del TUA (siti ad uso commerciale ed industriale). Gli obiettivi di intervento in tali aree sono determinati mediante applicazione di idonea analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell’effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe: lo scopo è quello di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle matrici ambientali. Nel caso in cui avvenga la declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale, dovranno essere applicati i limiti di CSC di cui alla Tabella 1, colonna a), del medesimo allegato, che stabilisce, invece, i valori limite per siti adibiti ad uso verde pubblico, privato e residenziale.

(continua con: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: lo spalmaincentivi")

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter: il piano d’azione #campolibero

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Il piano d’azione #campolibero contiene alcune misure volte a: 
  • favorire i giovani (i mutui a tasso zero; la detrazione al 19% per affitto dei terreni a under 35 e lo sgravio di 1/3 della retribuzione lorda per assunzioni più stabili);
  • semplificare la burocrazia (creazione del registro unico dei controlli; estensione dell’uso della diffida prima delle sanzioni amministrative; dematerializzazione dei registri);
  • contrastare il rischio idrogeologico (i presidenti delle regioni saranno nominati commissari straordinari per attuare le opere di contrasto al rischio idrogeologico previste dagli accordi di programma tra il MATTM e le regioni. Si tratta di misure straordinarie per accelerare le procedure e l’utilizzo delle risorse finalizzate all’esecuzione degli interventi urgenti e prioritari e per mettere in sicurezza il territorio dal rischio idrogeologico. A tale scopo, in particolare, per snellire le procedure, visti, pareri, autorizzazioni, nulla osta e ogni altro provvedimento abilitativo necessario per l’esecuzione dell’intervento sono sostituiti dall’autorizzazione rilasciata dal presidente della regione, la quale comporta dichiarazione di pubblica utilità e costituisce, ove occorra, variante agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale);
  • regolare la gestione dei rifiuti agricoli (art. 14). 
A tale, ultimo, proposito, il testo originario del decreto legge, modificando la disciplina sulla combustione illecita dei rifiuti, aveva introdotto un comma in base al quale:
  • le disposizioni sulla combustione illecita dei rifiuti e quella generale sull’attività di gestione dei rifiuti non autorizzata non deve applicarsi al materiale agricolo e forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco nel caso di combustione in loco delle stesse;
  • di tale materiale é consentita la combustione in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro nelle aree, periodi e orari individuati con apposita ordinanza del Sindaco competente per territorio;
  • nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle Regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali é sempre vietata. 
In seguito alle modifiche apportate in sede di conversione il Parlamento ha specificato che:
  • le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali, effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti;
  • i Comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione di tale materiale all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10);
  • gli imprenditori agricoli possono sostituire il registro di carico e scarico con la conservazione della scheda SISTRI in formato fotografico digitale inoltrata dal destinatario.
Pochi giorni prima dell’entrata in vigore della legge di conversione, la Corte di Cassazione ha avuto modo di intervenire sul tema, per affermare che, a seguito dell’introduzione del delitto di cui all’art. 256-bis, comma 2, d.lgs. 152/2006, la combustione non autorizzata, quale modalità di smaltimento dei rifiuti dolosamente perseguita all’esito dell’attività di raccolta, trasporto e spedizione, qualifica le corrispondenti condotte previste dagli artt. 256 e 259, d.lgs. 152/2006, facendole assurgere a fattispecie autonoma di reato, ancorché a tali fasi di gestione del rifiuto, prodromiche alla combustione, non segua la combustione stessa. Il residuo illecito amministrativo di cui all’art. 256-bis, comma 6, d.lgs. 152/2006, ha invece ad oggetto i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali di cui all’art. 184, lett. e), non dunque la paglia, gli sfalci, le potature e il materiale agricolo o forestale non pericoloso di cui all’art. 185, comma 1, lett. f). La condotta, però, deve avere ad oggetto rifiuti vegetali abbandonati o depositati in modo incontrollato (tale il senso del richiamo al comma 1°), non anche raccolti e trasportati dallo stesso autore della combustione, poiché, in tal caso, la condotta ricadrebbe nella previsione di cui al comma 2° dello stesso art. 256-bis, d.lgs. cit.; ne consegue che la condotta di autosmaltimento mediante combustione illecita di rifiuti continua ad avere penale rilevanza.

Le altre modalità di tenuta dei registri previsti dal Testo Unico Ambientale per gli imprenditori agricoli
Gli imprenditori agricoli – ovvero quelli che svolgono attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse – produttori iniziali di rifiuti pericolosi adempiono all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico con una delle due seguenti modalità:

  1. con la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione, relativo al trasporto dei rifiuti, o della copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti;
  2. con la conservazione per tre anni del documento di conferimento di rifiuti pericolosi prodotti da attività agricole, rilasciato dal soggetto che provvede alla raccolta di detti rifiuti nell’ambito del ‘circuito organizzato di raccolta.
(continua con: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: il piano d’azione #campolibero")

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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La normativa ambientale ai tempi di twitter: il new deal politico

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Nel 2014 il nostro legislatore ha nuovamente emanato molte normative ambientali, tutte urgenti, necessarie e “strategiche”. 
Tuttavia, l’assenza di una strategia di lungo periodo rischia di far fare a queste “nuove” normative, che sicuramente sono comunicate in modo innovativo, la stessa fine di quelle emanate nei più polverosi anni passati, nei quali l’uso dei social networks non dava quell’effimero senso di efficienza dell’azione legislativa: ovvero di renderle sostanzialmente inefficaci nell’affrontare e risolvere le annose problematiche ambientali che attanagliano il nostro Paese. 

Il new deal politico 

Il 2014 sarà sicuramente ricordato negli annali di storia come l’anno in cui è stato “sdoganato” un nuovo tipo di “politica”: fra i tanti aggettivi che potrebbero descriverla, “comunicativa” è quello che forse rende più l’idea, a prescindere dal contenuto sostanziale che quella politica dovrebbe veicolare, e prima ancora possedere.
I tweet hanno ormai soppiantato le analisi giornalistiche e giuridiche, e qualsiasi discorso di merito finisce con l’essere trattato alla stregua di un orpello ingombrante, che appesantisce e ritarda il raggiungimento degli obiettivi. 
Anche i settori del diritto dell’ambiente e dell’energia non si sono sottratti a questo new deal, sulla spinta dell’idea, condivisibilissima, di raggiungere quanto prima obiettivi di sostenibilità (nella sua accezione più ampia). 
Un’idea che, tuttavia, si cerca di realizzare con un metodo invece un po’ meno condivisibile, basato sulla quantità-velocità nel fare (come?) le norme: con l’unico risultato di trasformare la fretta (non c’è tempo da perdere) in frettolosità e frenesia, a discapito proprio di quegli obiettivi, che rimangono proclamati. 
L’analisi – giuridica, in questo caso – di quanto accaduto nel nostro Paese nel 2014 in relazione alle principali novità in materia ambientale dimostra, appunto, che se le idee di sostenibilità, pur ben comunicate, non sono supportate da strategia e tattiche adeguate, finiscono con l’alimentare i soliti tatticismi politici, di ieri e di oggi.... senza che nulla cambi, rispetto al passato. 

Il decreto #competitività: a) introduzione
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare disposizioni:
  • finalizzate a coordinare il sistema dei controlli e a semplificare i procedimenti amministrativi; 
  • per rilanciare il comparto agricolo, quale parte trainante dell’economia nazionale, e la competitività del medesimo settore, incidendo in particolar modo sullo sviluppo del “made in Italy”, nonché misure per sostenere le imprese agricole condotte dai giovani anche incentivando l’assunzione a tempo indeterminato o, comunque, la stabilizzazione dei giovani in agricoltura;
  • volte a superare alcune criticità ambientali, all’immediata mitigazione del rischio idrogeologico e alla salvaguardia degli ecosistemi, intervenendo con semplificazioni procedurali, promuovendo interventi di incremento dell’efficienza energetica negli usi finali dell’energia nel settore pubblico e razionalizzando le procedure in materia di impatto ambientale;
  • per semplificare i procedimenti per la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati e per il sistema di tracciabilità dei rifiuti, per superare eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti solidi urbani, nonché di adeguare l’ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, 
nella G.U. del 24 giugno 2014 il Governo ha pubblicato il “decreto (legge) #competitività”, contenente disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche.
Fra le disposizioni di interesse nel settore ambientale, di particolare rilievo quelle relative al piano d’azione #campolibero, al provvedimento #ambienteprotetto e allo #spalmaincentivi.


(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


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#SbloccaItalia: una (falsa?) partenza per il rilancio dell'Italia (per lo meno dal punto di vista ambientale....)

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Sul numero 11/2014 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, è stato pubblicato un articolo dal titolo «#SbloccaItalia e “news” ambientali: novità all’insegna di cosa?»



Natura Giuridica offre ai suoi lettori una panoramica del contenuto dell’articolo.

Il trailer di un film già visto

Sembra il trailer di un film già visto, sentito e letto tante volte. Una voce fuori campo che annuncia che “ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per accelerare e semplificare la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti […] ritenuta altresì la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l’adeguamento delle infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonché di introdurre misure per garantire l’approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali” (e via discorrendo), il Governo ha deciso di porre “definitivamente rimedio” alle (svariate) emergenze di turno, ricorrendo per l’occorrenza alla decretazione d’urgenza per modificare, in questa tornata, anche (rectius: nuovamente) la normativa ambientale e quella energetica.
In questa sede ci occuperemo delle novità, annunciate, in fieri ed operative contenute nel D.L. n. 133/2014, il c.d. “Sblocca Italia”, in materia di terre e rocce da scavo, bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, di energia e di incenerimento di rifiuti, con lo scopo di verificare se qualcosa, nel remake di questo film, è cambiato.

Le modifiche annunciate: la disciplina sulle terre e rocce da scavo

Lo Sblocca Italia interviene nuovamente a modificare la disciplina sulle terre e rocce da scavo: [...]
Il testo del decreto pubblicato in gazzetta ufficiale, “ai fini di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo”, si limita a rinviare a fine anno (entro il 12 dicembre) l’adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i seguenti principî e criteri direttivi:
a. coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti;
b. indicazione esplicita delle norme abrogate;
c. proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;
d. divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo.

Le semplificazioni in materia di bonifica e messa in sicurezza

Il DL introduce nuove semplificazioni in materia di bonifica, apportando alcune modifiche al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. In particolare, il Dl prevede che:
  • nel caso in cui le stazioni appaltanti si avvalgano della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, le stesse debbano richiedere ai soggetti invitati di presentare apposita documentazione attestante i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa anche nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • la norma, in base alla quale il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto, non si applica al requisito dell’iscrizione all’ANGA; [...]

La rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale

In relazione alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – finalizzate al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana – il Governo è intervenuto a stabilire:
  • la competenza dello Stato (al quale sono attribuite le funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, garantendo comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio, funzionali al perseguimento degli obiettivi) e quella del consiglio dei ministri, che dovrà individuare le aree de quibus, per ognuna delle quali sarà predisposto un programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana;
  • la disciplina d’urgenza per le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio, dichiarate aree di rilevante interesse nazionale.

L’incenerimento dei rifiuti: l’urgenza per giustificare la realizzazione di un sistema integrato e “moderno”

All’insegna dell’urgenza anche le misure volte all’individuazione e alla realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture energetiche di preminente interesse nazionale, che prevede:
a. innanzitutto l’annuncio che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del DL, il MATTM dovrà individuare, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore;
b. la verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di impianti di recupero energetico R1 per gli impianti esistenti dovrà avvenire, da parte delle Autorità competenti, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del DL, termine entro il quale, inoltre, le stesse Autorità dovranno revisionare “in tal senso […] quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali” [...]

Le misure nel settore energetico: l’urgenza per giustificare la “trivellazione selvaggia”?
[...]

Qual è la trama del film?

Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nel decreto “sblocca Italia”, scopriamo che, in realtà, l’ultimo remake normativo emergenziale, straordinario o eccezionale, che dir si voglia, non è diverso da quello originale (id est: consueto), sia nella forma (ad esempio: ci sono molti rinvii), sia nella sostanza (manca una strategia), anche se forse qualcosa è cambiato a livello comunicativo.
Da quando i tweet del politico di turno hanno soppiantato le analisi giornalistiche (e giuridiche: sic!), va di moda parlare di hashtag: volendo semplificare, si potrebbe dire che lo “sblocca Italia” è il decreto, in ordine sparso – e prendendo le seguenti parole con la dovuta cautela, proprio perché inserite all’inizio dello stesso DL dal Governo che in questo modo giustifica il suo atto – della semplificazione, accelerazione (dei tempi), urgenza, straordinaria necessità, eccezionale situazione, pubblica utilità ed urgenza.
Tutte parole rigorosamente precedute dal simbolo # hastag.
Ma soprattutto lo “sblocca Italia” è il decreto della definitiva consacrazione del termine #strategico: avendo ormai perso di vigore, il concetto di urgenza, sotteso (e sottinteso) a tutti i termini sopra riportati, è stato affiancato, sulla scia di quanto negli ultimi mesi si è cominciato a fare, da quello di strategia, come se il solo evocarla fosse di per sé sufficiente a garantire un qualche successo.
Ma non è che un “modo nuovo” di dire cose vecchie: da tempo (quasi) immemore si parla delle stesse problematiche che hanno condotto all’adozione di questo (ennesimo) atto d’urgenza. Ma, ahimè, è anche un “modo nuovo” per non risolvere i problemi.
Per fare solo qualche esempio, che verrà analiticamente ripreso sui prossimi numeri della rivista, ci sono novità soltanto annunciate (terre e rocce da scavo); altre che consistono in proroghe concesse per l’adozione di atti i cui termini di scadenza erano già abbondantemente superati (conto termico); altre ancora la cui “visione strategica” lascia molto perplessi (le norme sull’incenerimento e quelle sulla trivellazione), senza contare che non sono state recepite nel D.Lgs n. 133/14 quelle poche buone cose che il testo uscito con l’imprimatur dal CdM conteneva (le previsioni in materia di detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, che forse, ma solo forse, si vocifera che potrebbero arrivare con la prossima legge di stabilità; gli interventi di miglioramento sismico ed energetico degli edifici).
Per non parlare di tutte le altre disposizioni “non ambientali”, non oggetto del presente contributo, che si ispirano ai medesimi… hashtag.
È già stato provato – e soprattutto lo sanno anche i muri – che curare una situazione di emergenza, generata dal sovrapporsi di norme emergenziali, dettate delle motivazioni politiche del momento, non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
Se la ricetta continua ad essere la stessa (norme considerate, da chi le concepisce, strategiche, ma che di strategico possono avere al massimo il nome – fino a che anche questa parola non si usurerà – perché adottate in situazioni di emergenza per far fronte alle emergenze provocate dallo stesso metodo, usato in passato) ci ritroveremo, fra qualche mese, ad utilizzare le stesse logore parole per raccontare lo stesso film, che ci verrà riproposto: un film figlio delle tattiche, o meglio, dei tatticismi (di ieri e di oggi), ovvero – secondo il significato attribuito dal dizionario della lingua italiana, e non da twitterlandia – dall’“eccesso di manovre e di espedienti per il raggiungimento di uno scopo”.
Anche se, in tutta onestà, si fa fatica a capire qual è questo scopo.
E soprattutto se c’è…


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