(continua da: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: lo #SbloccaItalia")
Le altre riforme
Il 2014 ha visto la nascita di altre riforme, “di serie b”, verrebbe da dire, non avendo ottenuto il rango di riforme “hashtagbili”, ma altrettanto impattanti, e foriere di numerose critiche, al di là di alcuni aspetti positivi introdotti.
Oltre a quelle sul “nuovo MUD”, alla riforma dell’Albo Nazionale dei gestori ambientali, alle varie norme ambientali contenute nella “legge europea bis” e a quelle in fieri contenute nel collegato ambientale alla legge di stabilità, il 2014 ha visto l’emanazione di tre decreti legislativi, in attuazione di altrettante direttive comunitarie, recepite “con qualche ritardo” dal nostro Paese.
Così il “decreto emissioni industriali”, che pur avendo introdotto aspetti indubbiamente positivi (su tutti, l’eliminazione delle disposizioni illogiche che hanno anche portato la prassi a disapplicarle; l’eliminazione dell’art. 20 del D.Lgs n. 133/05 sul danno ambientale, specifico per la disciplina sull’incenerimento dei rifiuti; più in generale lo spirito semplificatorio che sembra permeare il decreto, anche attraverso l’inserimento del riesame con valenza di rinnovo; il riferimento alle BAT; l’inserimento della caratterizzazione del suolo e delle acque sotterranee pre-insediamento), solleva alcune perplessità relative alla presunta novità della “de-materializzazione” delle procedure e al regime temporale.
Così anche il D.Lgs n. 49/2014 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che pur avendo introdotto novità apprezzabili (estensione della normativa RAEE ai pannelli fotovoltaici; possibilità di riconsegna in ragione di uno contro zero dei RAEE di piccolissime dimensioni) presenta alcuni elementi critici, relativi all’eccessiva burocratizzazione degli scadenziari riferiti agli obiettivi di raccolta e di recupero, ai criteri di individuazione delle categorie di RAEE sui quali costruire le prescritte rendicontazioni, all’elusione del nodo della non chiara identificazione del momento in cui un’apparecchiatura elettrica o elettronica, magari ancora funzionante, oggetto di riconsegna nel punto vendita, diventa un RAEE, cioè un rifiuto.
Qualche miglioramento si è intravisto anche nel D.Lgs n. 102/2014, che ha recepito la direttiva sull’efficienza energetica (eliminazione della disposizione che equiparava l’APE, realizzata conformemente alla metodologia per la determinazione della prestazione energetica degli edifici, alla diagnosi energetica nel settore civile; introduzione di una cabina di regia che dovrà assicurare anche il coordinamento delle politiche e degli interventi attivati attraverso il Fondo nazionale per l’efficienza energetica, i cui decreti i attuativi, come s’è visto, non sono ancora stati emanati).
Ma anche in questo caso sono più numerose le ombre, a partire proprio dalla “cabina di regia”, che rappresenta una modifica più nominale che sostanziale, dal momento che, ai sensi dell’art. 4, comma 4, il suo funzionamento sarà stabilito con un futuro decreto del MATTM, “tenuto conto di quanto previsto ai commi 1 e 2”.
In sostanza, il legislatore delegato introduce, come novità, un (altro) rinvio che, unitamente a tutti quelli che si sono accumulati nel corso degli anni, si innesta in quella politica degli annunci tanto scenografica nella forma quanto evanescente nei fatti, e (ma) soprattutto destrutturata e, a dispetto dei tempi biblici che impiega per essere messa nero su bianco, spesso improvvisata.
La politica degli annunci
Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nella normativa partorita dal nostro legislatore nel corso del 2014 emerge che le novità annunciate, in fieri e/o rimandate, le conosciamo già, sia per quanto riguarda la forma (ci sono molti, troppi rinvii a norme e decreti attuativi che tardano ad essere emanati), sia nella sostanza (manca una strategia), anche se indubbiamente qualcosa è cambiato a livello comunicativo.
Adesso è tutto strategico, oltre che twittabile e, per questo motivo, popolare: il legislatore non si limita ad enumerare le abituali semplificazioni, accelerazione (dei tempi), urgenze, straordinaria necessità, eccezionale situazione, pubblica utilità ed urgenza.
Adesso, appunto, è tutto #strategico – come se questa parola avesse un potere taumaturgico – e online – come se questo da solo fosse garanzia di qualità.
In realtà continua ad esser tutto frenetico ed emergenziale (vale a dire l’esatto opposto di strategico), e di nuovo c’è, come s’è fatto cenno, lo stile comunicativo. Che però sembra fine a se stesso.
Per dire: poche settimane fa, il 9 ottobre 2014, il Governo ha lanciato una prima campagna di comunicazione, chiamata #Italiasicura, “che punta al coinvolgimento dei cittadini nella conoscenza del rischio nei territori in cui vivono e un sito dedicato (italiasicura.governo.it) con informazioni su cantieri, opere, iniziative per la difesa dell’ambiente e la riqualificazione delle scuole”, e che punta tutto sul claim “se l’Italia si cura, l’Italia è più sicura”.
Bello, non c’è che dire: ma se ci si prende la briga di andare a visitare il sito, ci si accorge che la scenografica homepage del sito di #Italiasicura è intrisa di belle parole, di informazioni teoriche di quello che si ha intenzione di fare, ma nono di fatti.
Ma soprattutto contiene una corposa galleria di....selfie dai cantieri.
Quelli sì, come i tweet e gli annunci, sicuri (nel senso di immancabili).
(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)
(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)