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Biomasse, rifiuti, FORSU: quando e come sono energie rinnovabili?

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La normativa in materia di fonti rinnovabili di energia e quella sulla gestione dei rifiuti si intrecciano quando una fonte rinnovabile è costituita (come ad esempio nel caso delle biomasse) da sostanze che, per altri aspetti, e al ricorrere di diverse circostanze fattuali, possono essere considerate rifiuti.

Con la sentenza n. 897/12 il Tar Piemonte è tornato sul delicato rapporto rifiuti-rinnovabili, stabilendo che agli impianti che producono energia rinnovabile tramite trattamento di rifiuti biodegradabili è certamente applicabile sia la normativa afferente la produzione di energia da biomasse, sia la normativa sulla gestione dei rifiuti.
Il Tar Piemonte ha analizzato il ricorso di una società novarese contro la Provincia di Asti per l’annullamento della procedura di archiviazione dell'autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di un impianto di energia elettrica alimentato a cippato di legno detannizzato: l'amministrazione infatti non reputava tale rifiuto come una biomassa combustibile per via del doppio trattamento meccanico e termico.
Partendo dall’elencazione della definizione comunitaria e da quelle nazionali, il TAR Piemonte ha evidenziato che – alla stregua dell’analisi condotta – emerge con chiarezza che non solo è fisiologico che la problematica dei rifiuti e quella delle biomasse si intersechino, ma che è anche naturale che, all’interno del sistema normativo, possano coesistere più definizioni di biomassa, ognuna funzionale ad una determinata disciplina. Di conseguenza, è inutile tentare la ricostruzione di un’unica e universalmente valida definizione di biomassa, proprio perché tale tentativo si scontrerebbe con la molteplicità di definizioni prevista, e tollerata, dal sistema.

In sostanza, per applicare correttamente la normativa, occorre effettuare un’analisi del testo nel contesto: “comprendere a quale fine e in quale contesto la definizione di biomassa deve essere ricostruita, per poter procedere all’individuazione della giusta definizione. Ne deriva la fisiologica possibilità che, ciò che in un determinato contesto è soltanto un rifiuto, in un altro possa assumere il valore di fonte rinnovabile di energia”.
Ai fini che qui interessano, l’unica definizione di biomassa (testo) pertinente, nell’ambito della disciplina afferente le fonti rinnovabili di energia (contesto), è quella dettata dall’art. 2 del DLGS n. 387/03.
Non sono pertinenti, pertanto – perché non contestualizzate – le definizioni ricavabili da altre normative, non dettate in attuazione specifica della direttiva comunitaria in materia di fonti rinnovabili di energia.

Il TAR di Torino, con la cit. sentenza, nell’accogliere il ricorso e, di conseguenza, nell’annullare la delibera impugnata, ha in realtà affrontato diverse tematiche:

  1. quella relativa alle competenze in materia di determinazione del fabbisogno di impianti per la gestione dei rifiuti;
  2. a proposito del ruolo della programmazione regionale, il TAR di Torino ha sottolineato che l’individuazione degli impianti destinati al recupero di rifiuti urbani non pericolosi di provenienza regionale o extraregionale deve avvenire in sede di approvazione del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti, ancorché per tale tipologia di rifiuti valga il principio di libera circolazione;
  3. da quanto sopra sintetizzato, ne deriva, in relazione all’ambito di gestione dei rifiuti, che a) i rifiuti urbani non pericolosi devono essere gestiti solo in ambito regionale, e b) il principio di libera circolazione, valevole per quella frazione di essi destinata al recupero, costituisce dunque una deroga ad un divieto generale che deve essere fatta oggetto di stretta interpretazione;
  4. é nel quarto e ultimo punto che oggetto dell’analisi del TAR di Torino è l’eventuale possibilità di sottrarre l’impianto de quo dalla disciplina speciale sui rifiuti, in ragione della sua finalizzazione alla produzione di energia elettrica e della riconducibilità della FORSU al concetto di “biomassa” utile alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Il Collegio ha rilevato che l’attività di “recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi sono definite dall’allegato C alla parte quarta del DLGS n. 152/06, lettera R3, tra le operazioni di recupero dei rifiuti, indipendentemente dalla finalizzazione della attività.
Allo stesso modo al punto R1 si considera attività di recupero dei rifiuti l’utilizzo di rifiuti principalmente come combustibile e come altro mezzo per produrre energia, indipendentemente dalla energia sviluppata”.

Come logica conseguenza, le attività di compostaggio di rifiuti nonché l’attività di trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di biogas e alla produzione di energia o calore, devono essere annoverate tra le attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo di gestione dei rifiuti, ed è quindi soggetta alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale di settore.

Nella fattispecie, il Collegio non ha condiviso l’assunto della società, secondo la quale la FORSU utilizzata per la produzione di energia rinnovabile perde la sua connotazione di “rifiuto” per assumere quella di “biomassa”, con la conseguenza di rendere inapplicabile la normativa in materia di rifiuti agli impianti che utilizzano rifiuti biodegradabili per la produzione di energia rinnovabile.
La circostanza che la FORSU, come altri rifiuti biodegradabili, possa qualificarsi come biomassa ai fini della applicabilità delle norme in materia di produzione di energia rinnovabile, infatti, “non toglie che essa è e continua ad essere un rifiuto sino a che, ad ultimazione del ciclo di trattamento, viene definitivamente trasformata in un prodotto secondario.
L’energia traibile dalla attività di recupero dei rifiuti biodegradabili costituisce solo una utilità che si affianca a quella insita nel recupero dei rifiuti stessi, e che tale utilità possa costituire il motivo principale che induce il gestore alla apertura dell’impianto non altera la natura della attività, che resta pur sempre anche una attività oggettivamente deputata al recupero degli stessi. Del resto è evidente che il trattamento dei rifiuti biodegradabili utilizzati per la produzione di energia rinnovabile ne garantisce il corretto recupero solo ove assoggettato interamente alla normativa sui rifiuti, la quale costringe il gestore dell’impianto a non disinteressarsi dei rifiuti trattati dopo averne sfruttato le capacità energetiche”.
Agli impianti che producono energia rinnovabile tramite trattamento di rifiuti biodegradali sarà quindi certamente applicabile – come lo stesso TAR ha affermato nella cit. sentenza n. 1563/09) – la Sezione ha già chiarito nella sentenza n. 1563/09 – sia la normativa afferente la produzione di energia da biomasse, sia la normativa sulla gestione dei rifiuti: “tale statuizione non si pone in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, la cui applicazione non può e non deve tradursi nella selvaggia proliferazione di impianti di notevole impatto ambientale, e soprattutto non deve portare a pratiche idonee a compromettere la programmazione della gestione dei rifiuti ed il corretto recupero degli stessi. 


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Le biomasse in provincia di Cuneo

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Il futuro incerto di alcuni progetti di centrali a biogas e biomasse legnose in provincia di Cuneo.
Tempi duri per chi vuol realizzare impianti a biomasse legnose o a biogas in provincia di Cuneo. La telenovela della centrale che dovrebbe sorgere tra Bra e Cherasco è solo l'episodio più eclatante: ne abbiamo già parlato in questo post ("La centrale a biogas di Cherasco, alla ricerca delle molteplici sostenibilità"), cercando di sottolineare l'importanza di un'analisi del caso concreto, al fine di determinare la bontà, o meno, di un'idea progettuale.
Quando non prevale il senso di allarmismo da parte dei cittadini, che spesso (ma non sempre) hanno poche nozioni e molti pregiudizi rispetto allo sfruttamento di queste due fonti energetiche rinnovabili, l'iter si blocca in conferenza di servizi, perché risulta necessario apportare integrazioni notevoli ai progetti presentati dai soggetti proponenti. A Chiusa Pesio gli abitanti hanno addirittura proposto al Sindaco di indire un referendum per dire no, una volta per tutte, al progetto di una centrale a biomasse da 400 kw, che dovrebbe sorgere nell'area compresa tra la collina del Mombrisone e la provinciale per Peveragno. Il Sindaco, dal canto suo, si è detto disponibile, ma solo quando vi sarà un progetto vero e non una semplice ipotesi.
A Mondovì invece gli imprenditori agricoli proponenti hanno rinunciato a presentare le integrazioni al progetto richieste dalla conferenza di servizi. A marzo un comitato spontaneo di cittadini aveva promesso di dar battaglia ed è di pochi giorni fa (venerdì 25 maggio) la dichiarazione del dirigente della Provincia Luciano Fantino - uff. Energia, secondo cui - dato che i proponenti non hanno presentato la documentazione richiesta entro i termini previsti dalla legge - si configura la chiusura di tutti i procedimenti autorizzativi, che tradotto significa che - almeno per il momento - la centrale non si farà.


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La centrale a biomasse di Cavallermaggiore Cuneo

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La Provincia di Cuneo, sulla base del parere favorevole della Conferenza di servizi, ha autorizzato il mese scorso la realizzazione sul territorio di Cavallermaggiore di un impianto di cogenerazione alimentato con biomasse legnose.
L’impianto utilizzerà legno cippato per produrre sia energia elettrica che termica (acqua calda). La Conferenza di servizi che ha esaminato la pratica ha coinvolto 16 diverse istituzioni o Enti come il Comune di Cavallermaggiore, la ASL CN1, i Vigili del fuoco, Legambiente e l'ARPA Piemonte. L’impianto, che verrà realizzato da una ditta del posto, sorgerà presso la strada vicinale delle Basse e appartiene alla categoria di impianti di media dimensione con una potenza produttiva di 1 MW di energia elettrica e 3,5 MW di energia termica.
Le 45 tonnellate giornaliere di biomasse legnose necessarie per alimentare l'impianto di Cavallermaggiore saranno approvvigionate dalla ditta stessa nel raggio di 70 Km di distanza dall'impianto, principalmente da coltivazione a ciclo breve di pioppi di proprietà dell'azienda: questi sono i criteri che stabilisce la legge per parlare di filiera corta delle biomasse.
Una distanza che alcuni ritengono eccessiva, ma che in ogni caso si attaglia alla perfezione alla "provincia granda", una provincia molto estesa, nella quale i boschi (fonte primaria della biomassa legnosa) si trovano spesso in zone impervie, che rendono difficoltoso l'insediamento di qualsiasi attività produttiva.
Non verranno utilizzati né sermenti di vite né rami di potatura di frutteti. L’insediamento dovrebbe comprendere, oltre all’impianto di cogenerazione, un essiccatoio di biomasse legnose e di serre per circa 2.000 mq, per la selezione e l’allevamento di piante necessarie alla realizzazione di filiere agro-energetiche. Le due strutture di servizio sono funzionali allo sfruttamento dell’energia termica prodotta dalla centrale e che altrimenti andrebbe persa. L’impianto, nel suo complesso, si dice, darà lavoro a circa 25 persone, delle quali, 4 addetti fissi all’impianto di cogenerazione e venti per le attività dell’essiccatoio e per le serre.



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La centrale a biogas di Cherasco alla ricerca delle molteplici sostenibilità

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Un'azienda braidese vorrebbe realizzare un impianto a biogas al confine tra i Comuni di Cherasco e di Bra in provincia di Cuneo, ma parte della comunità locale ha manifestato nei giorni scorsi il suo disaccordo, attraverso un portavoce, presidente del Comitato di quartiere “Centro Storico” e vicepresidente del circolo locale di Legambiente. Primo Penone, questo il suo nome, si è fatto portavoce di moltissimi cittadini, scrivendo una lettera ufficiale che riassume i principali timori della comunità.
Il progetto contestato consiste in un impianto alimentato da gas derivato da biomasse agricole e reflui zootecnici, per la produzione di energia elettrica e termica, della potenza di 635 kW. 
Martedì 24 gennaio 2012 si è tenuta, presso il Palazzo della Provincia, a Cuneo, la Conferenza dei servizi: la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, infatti, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate a seguito di un procedimento unico, svolto nel termine massimo di novanta giorni (escluso il tempo necessario per l’espletamento dell’eventuale verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.
Questo meccanismo (sistema autorizzatorio e procedimento unico) incentra nella conferenza di servizi la sede per la composizione e il bilanciamento degli interessi pubblici e privati coinvolti – tra cui assumono rilievo in modo particolare gli interessi alla tutela del paesaggio, alla tutela dell’ambiente e dell’iniziativa economico privata – e prevede il rafforzamento della fase istruttoria e dell’apporto motivazionale delle amministrazioni coinvolte, che hanno l’obbligo di fornire completa e adeguata motivazione in ordine al bilanciamento effettuato.


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Piemonte: due delibere in materia di fonti rinnovabili di energia

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Nella seduta del 30 gennaio scorso, la Giunta regionale del Piemonte ha approvato due delibere in materia di energie rinnovabili e biomasse: con la prima sono state definite le indicazioni per il procedimento unico di rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, mentre la seconda individua i criteri sulla cui base la Regione può indicare le aree e i siti non idonei all’installazione ed all’esercizio di impianti alimentati da biomasse, relativamente alle filiere dei combustibili ligno-cellulosici, liquidi e del biogas.

Il primo provvedimento ha l'obiettivo di bilanciare le esigenze di semplificazione delle linee guida nazionali con le peculiarità del territorio piemontese, a tutela delle politiche di salvaguardia del paesaggio, dell’ambiente e del territorio rurale. Per uniformare i procedimenti affidati alle Province, si fa particolare riferimento alla documentazione da allegare alla richiesta, agli oneri istruttori, alle modalità di conduzione dell’iter procedurale, alla compatibilità paesaggistica ed ambientale dell’intervento, alla variante al piano regolatore, alle garanzie finanziarie. Si ritiene così di poter superare le differenze presenti sul territorio regionale.


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Lettera dell'UNCEM a Clini: incentiviamo le biomasse

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Aggiornamento del 26 febbraio 2020:
con l'obiettivo di aumentare la quantità di fabbisogno energetico distribuita a partire da fonti rinnovabili, segnaliamo che Il Ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato recentemente nuovi fondi per le Piccole e Medie Imprese del Meridione per il finanziamento di costruzione, realizzazione e distribuzione di reti intelligenti (Smart Grid). In particolare, "Il nuovo bando di Reti Intelligenti del Ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato fondi pari a euro 23.978.254,41, rivolto ai distributori di energia elettrica nelle regioni di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, e Sicilia. Il Bando prevede finanziamenti per la realizzazione, adeguamento e potenziamento di reti intelligenti, note come Smart Grid. 
Questo nuovo sistema di reti intelligenti è finalizzato ad aumentare la quantità di fabbisogno energetico distribuita da fonti rinnovabili. Per presentare la propria domanda, utilizzare la piattaforma presente al seguente link, entro il termine delle ore 10:00 del 1 giugno 2020

Per gentile segnalazione di Gianluca Bonomi, Communication Manager - Reti Intelligenti 

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Dopo Coldiretti - e dopo le Associazioni che raggruppano gli operatori professionali del fotovoltaico - anche Uncem Piemonte ha scritto a Clini in vista dell'emanazione, annunciata per fine mese, del decreto che riforma gli incentivi alle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico, ivi comprese dunque le biomasse forestali.
Nella lettera di Lido Riba, presidente di Uncem Piemonte, al ministro dell’Ambiente Corrado Clini, si chiede una maggiore attenzione rispetto alla terre montane in materia di biomasse legnose, che non metta in pericolo la concreta possibilità della nascita di una filiera energetica legnosa.
Una lettera, dunque, per chiedere una maggiore attenzione alle specificità delle aree montane nei decreti nazionali che andranno a regolare i nuovi incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili. 
L'Uncem Piemonte si unisce all’appello dell'Uncem nazionale e dell'Anci – lanciato nelle scorse settimane, evidenziando il grande ruolo che l’area montana italiana, e piemontese in particolare – giocheranno nello sviluppo della green economy e nel raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020, secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto.


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Biomasse forestali della Regione Piemonte: la relazione del WWF

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Ha fatto parecchio discutere una relazione del WWF Italia dal titolo "Il grande inganno del progetto energetico da biomasse forestali della Regione Piemonte: sperpero di denaro pubblico ed enorme danno ambiantale", a cura della Sezione Regionale Piemonte e Valle d'Aosta, che risale al 2010, Anno Internazionale della Biodiversità.
Il dossier è tornato al centro della ribalta perché, a pochi giorni dallo svolgimento del Consiglio Comunale a Paesana - durante il quale si è a lungo discusso a proposito della possibilità di localizzare o meno nel Comune una centrale a biomasse - una copia cartacea del documento è stata collocata nella buca delle lettere della redazione di TargatoCN

Il documento, scaricabile dal sito del WWF Italia colpisce per la veemenza con la quale vengono esposte le argomentazioni, fin dalla pagina 4: "Una propaganda fraudolenta sta spacciando lo sfruttamento forestale addirittura come utile o necessario all’ambiente e considera il legno come risorsa abbondante, abbandonata e gratuita. Il legno è invece materiale prezioso, limitato e di enorme valore bio-ecologico e, secondo il criterio della sostenibilità, tale patrimonio dovrebbe essere trasmesso alle generazioni future. La Regione Piemonte vuole raggiungere l’ambizioso traguardo di produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Obiettivo condivisibile, ma che purtroppo verrà raggiunto nei modi sbagliati, ovvero bruciando biomasse legnose in modo da contribuire al 60% di quel 20%. Per produrre energia si prevede di utilizzare ogni anno 2,2 milioni di metri cubi di legname, tagliato secondo le anacronistiche e discutibili norme della nuova Legge forestale regionale (L.R. 4/2009), in conflitto con le disposizioni in materia di sostenibilità contenute nelle Risoluzioni approvate nelle Conferenze Ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa (Helsinki 2003 e successive)".

Nei paragrafi successivi si passa a contestare il basso rendimento delle centrali a biomasse legnose (se paragonate ad altri combustibili fossili) e la necessità - imposta dalla scarsa densità della materia prima, il legno da bruciare - di raccogliere legname nel raggio di decine e decine di km dal luogo della centrale: questo implica considerevoli costi per il trasporto della materia prima sia in termini economici (il carburante dei mezzi di trasporto) sia ambientali (le emissioni stesse dei camions).



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La filiera delle biomasse legnose: le centrali di Envie e di Paesana

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In Piemonte, grazie alla forte dotazione di foreste, lo sviluppo di una filiera locale per lo sfruttamento delle biomasse legnose a fini energetici  è un'opportunità economica molto interessante, e di conseguenza al centro del dibattito mediatico, come sta accadendo per la centrale di Envie e quella di Paesana, site entrambe in provincia di Cuneo.
Come accade ogni qual volta, in un determinato territorio, vi sia un'iniziativa imprenditoriale volta all'installazione di un impianto per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, vi sono moltissime contestazioni e prese di posizioni da parte di varie figure: dai comitati cittadini alle associazioni ambientaliste.
Nel caso delle centrali a biomasse legnose, i fattori più delicati, capaci di stimolare un acceso dibattito, concernono essenzialmente 3 punti: il controllo delle emissioni inquinanti, il timore di una eccessiva deforestazione come conseguenza della necessità di rifornire di biomassa da bruciare la centrale stessa, gli effettivi rendimenti energetici di tali impianti. 
In parole povere, ci si chiede sempre se il gioco valga la candela (sviluppo economico versus tutela degli ecosistemi boschivi e della qualità dell'aria), e quali siano i reali ritorni economici per le comunità locali "ospitanti".


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Workshop sulla filiera delle biomasse per uso energetico

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E' possibile scaricare gli atti del workshop tenutosi il 7 ottobre scorso accedendo al sito web del Comune di Apiro.

Natura Giuridica sarà presente al Workshop La filiera delle biomasse per uso energetico: un'opportunità per il territorio e per l'ambiente, che si terrà venerdì 7 ottobre 2011 presso il Teatro Comunale Giovanni Mestica, nel comune di Apiro, in provincia di Macerata. 
La necessità di incrementare la produzione di energia elettrica e calore da fonti rinnovabili  è ormai sentita a tutti i livelli dell'amministrazione pubblica. Il ruolo delle biomasse appare essenziale, ma occorre essere ben consapevoli delle conseguenze negative derivanti da una poco attenta pianificazione energetica. Per esempio, nel caso delle biomasse legnose da ceduazione, evidentii sono i vantaggi legati alla disponibilità di questa risorsa, e al suo elevato potere calorifero, ma restano aperti interrogativi riguardo all'uso sostenibile del bosco anche in termini di biodiversità.
L'evento, organizzato da RSE (Ricerca sul sistema Energetico - RSE SpA, società partecipata totalmente a capitale pubblico con socio unico GSE) è in collaborazione con Regione Marche, Provincia di Macerata, Comunità Montana Ambito 4, Legambiente Marche, Facoltà di Agraria Università Politecnica delle Marche, FIPER (Federazione Italiana Produttori Energia Rinnovabile) e FINCO (Federazione Industrie Prodotti Impianti e Servizi per le Costruzioni). 
Per ogni altra informazione, si rinvia alla brochure pubblicata di seguito.





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Un paese immobile. Ma ogni tanto qualcosa succede…

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(continua da: “Pachiderma Italia”)

Cosa, e come, ha detto il C.G.A. nel respingere l’appello del colosso (ma anche molosso…) burocratico che impedisce al nostro paese di prendere il volo….come si è pronunciato nei confronti del perenne ritardo che contraddistingue l’incedere claudicante della nostra amministrazione (in questo caso in relazione ad un impianto alimentato a biomasse)?
E' possibile ottenere un risarcimento per il ritardo?

Andiamo con ordine.

La premessa è che l’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 è ispirato al principio di semplificazione, e prevede non solo che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili siano assoggettati a una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione, previo svolgimento di una Conferenza dei servizi alla quale sono chiamate a partecipare tutte le amministrazioni interessate, ma anche che il termine finale massimo per la conclusione del procedimento non può comunque essere superiore a centottanta giorni.
In tal modo, le determinazioni delle amministrazione interessate, devono essere espresse solo in sede di conferenza di servizi, così da assicurare l’unicità del procedimento, mediante il coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l’autorizzazione unica finale.


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Pachiderma Italia

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Nel suo “Buongiorno” del 7 dicembre 2010Massimo Gramellini sottolineava un aspetto importante – ma “secondario” agli occhi dei benpensanti – della crisi che stiamo vivendo: “fra i tanti lavoratori falciati dalla crisi”, evidenziava Massimo (per gli amici) “gli imprenditori sono quelli che suscitano meno pena. Anche quando piangono miseria: si presume sempre che abbiano abbastanza riserve di grasso intorno alla cintola per non morire di fame.
Poi qualcuno si suicida, qualcun altro sposta la baracca oltreconfine e tutto si esaurisce in un borbottio di compassione o di riprovazione”.

Un suo lettore imprenditore scrive lamentandosi di una situazione diffusa, ahimè, nel nostro paese, un copione diffuso: amministrazioni che non pagano, che tergiversano per ere, mentre quando c’è da pretendere sono lì, con il fiato sul collo, con una precisione che neanche un cecchino.
Un’amministrazione Giano bifronte, “un’entità diabolica e cangiante”, che “assume la forma del debitore moroso e un attimo dopo quella dell’esattore incalzante. Entrambi fanno roteare la spada della Legge. Il debitore si fa forte delle pastoie giudiziarie per non pagare l’imprenditore. E l’esattore minaccia di mandarlo in galera se non paga.
La vittima ammette di trovarsi a un bivio. O chiede i soldi, che non ha, agli unici che li imprestano ancora (i banchieri? No, i mafiosi). Oppure trasferisce l’azienda all’estero «perché ogni buon topo abbandona per primo la nave che affonda». Vorrebbe che i politici trovassero il modo di trattenerlo per la coda. Ma non comprende più le loro parole, sommerse da un frastuono fatuo: sarà l'orchestrina di bordo che continua a suonare”.


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Rinnovabili e Territorio

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Con gli incentivi per la costituzione di impianti energetici da fonti rinnovabili, in Italia è partito un nuovo green business che ha coinvolto aziende energetiche, imprese, possessori di terreni  ed aree destinate ad ospitare gli impianti. Come cambia l'aspetto e l'economia dei territori, penso per esempio alle campagne ai piccoli comuni ai borghi, con l'avvento dell'economia verde?

Bisogna contestualizzare lo sviluppo delle rinnovabili con altri fattori di cambiamento: gli Enti Locali toccheranno a breve con mano cosa vuol dire federalismo fiscale, applicato al gettito  fiscale che è sempre provenuto dallo Stato.  Il cambiamento, in particolare, si innesta sulla situazione finanziaria attuale di Regioni, Province e Comuni, e ciò genererà una vasta gamma di effetti, forse non facilmente prevedibili.
Da una parte infatti vi sono enti locali con una situazione finanziaria stabile e virtuosa, che potranno permettersi di porre in essere gli investimenti necessari per produrre altro reddito, e dunque altri servizi per i cittadini; dall'altra, ci sono i tanti enti con pessime situazioni finanziare di partenza, a cui non rimarrà che vendere / affidare in gestione beni e servizi per fare cassa, ed anche alla svelta.
Molti incentivi per impianti fotovoltaici che stimolano imprese medie e medio- grandi ad acquistare o affittare vaste aree (demaniali piuttosto che private), in questo caso soprattutto agricole, per la realizzazione degli impianti stessi.

Dall'altra, si sta sviluppando un nuovo affare legato allo sfruttamento delle biomasse agricole a fini energetici: si tratta di una buona occasione di integrazione del reddito per le imprese agricole, che hanno la possibilità di sfruttare una parte delle loro colture, scarti organici - e a breve anche liquami e scarti derivanti dalla zootecnìa - per produrre energia.
Voglio inserire in questo calderone anche il federalismo fiscale che ho prima citato: mi riferisco in particolare al trasferimento di una interessante fetta di patrimonio immobiliare statale agli Enti Locali, il cd federalismo demaniale.
Che cosa accadrà, nel medio - lungo periodo, all' Italia dei Comuni?


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La sostenibile leggerezza di un diritto ambientale semplice

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Adoro leggere.
Sono un onnivoro divoratore di libri, e immagino che i più attenti lettori del blog lo abbiano capito, leggendo i miei post.

Il fatto è che le parole – certe precise parole – hanno un fascino, una capacità persuasiva, un’importanza, un potere che nient’altro al mondo ha.

L’altro giorno, nel sentire le destreggianti parole di un ministro della Repubblica, infarcite di eufemismi, e di quel pruriginoso ed autoreferenziale “politichese”, adatto più a confondere le carte in tavola (e a coprire le proprie inadeguatezze), che a illuminare qualche mente, mi è venuta in mente una frase che mi ricordavo aver letto, nel lontano 1991, in uno dei libri più belli che abbia mai letto.
Di uno dei più bei libri che sia mai stato scritto: “Cent’anni di solitudine”.

Mi immagino il mio babbo storcere il naso, da lassù, e lo sento già, “sfidarmi” con il sorriso sotto i baffi: “Vediamo un po’ se mi sai dire quale dei tanti Aureliano, Aurelio Buendìa è quello che….(si inventa qualcosa per prendere un po’ affettuosamente in giro questa mia passione)”, o a ridere, con un fare ironico, sulle vicissitudini di Rebeca, che mangiava la terra, o degli abitanti di Macondo. O di qualsiasi altra cosa, che lui giudicava un po' troppo eccentrica per un romanzo.

Molti si ricordano dell’incipit del libro, forse uno dei più famosi:
“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio”
La frase che è venuta in mente a me, invece, e che mi sono andato a cercare, è quella pronunciata da Amaranta, infastidita dalla pronuncia leziosa e dalla abitudine di Fernanda di indicare ogni cosa con un eufemismo. 
Come il politico di cui sopra.
Per questo Amaranta aveva deciso di rivolgersi a Fernanda in lingua furbesca: 
“efè difi quelfelefe” – diceva – “afa cufuifi fafa schififofò lafa loforofo stefessafa loforofo meferdafa”.
Un giorno, seccata per lo scherzo, Fernanda volle sapere che cosa stava dicendo Amaranta, e lei non usò eufemismi per risponderle.
“Sto dicendo” disse, “che sei di quelle che confondono il cazzo con l’equinozio”
Qui, di gente che confonde, o fa finta, vuole, cerca di confondere, ce n’è a volontà.
Gente che, a corto di (diciamo pure: senza) argomenti, si trincera dietro un Embè, e che “con l’equinozio” che concepisce concetti semplici come quello di sostenibilità: sostenibilità ambientale, certo, ma anche economica, sociale, culturale, giuridica.

Venendo al titolo del post, e del motivo che mi ha indotto a scrivere questo, come tanti altri pezzi per il blog, è che “si farebbe molto prima se lei tornasse vestita soltanto del bicchiere”.


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Autorizzazione unica: U - N - I - C - A !

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Dopo l’interessante sentenza n. 1563/09, commentata anche nell’editoriale del sito di Natura Giuridica lo scorso aprile, il TAR di Torino torna a dire la sua sull’intricata materia che vede coinvolte la gestione dei rifiuti, la nozione di sottoprodotto e la disciplina prevista per le fonti di energia rinnovabile (biomasse, nel caso particolare).

Il caso analizzato dal TAR sabaudo trae la sua origine dal ricorso con il quale un’Associazione di cittadini ha impugnato una determinazione dirigenziale della Provincia di Alessandria, con la quale era stata rilasciata l’autorizzazione unica per la costruzione di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse vegetali.

Tre, sostanzialmente, i motivi di ricorso proposti dall’Associazione, che lamentava:
  1. la mancata sottoposizione del progetto alla procedura di verifica di cui all’art. 10 del L. Reg. Piemonte n. 40/98, nonché l’omessa descrizione del tipo, quantità e caratteristiche merceologiche dei combustibili da utilizzare;
  2. la natura di sottoprodotto dei prodotti di cui si prevede l’impiego nel ciclo di funzionamento dell’impianto;
  3. il difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, contraddittorietà e sviamento (non si rinverrebbe un progetto di “tele calore”).
Il TAR di Torino (sentenza n. 2292/09), in modo chiaro e sintetico, ha affermato che:


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Autorizzazione agli impianti di energia rinnovabile in Piemonte

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Da oggi è acquistabile sul sito Natura Giuridica il parere ambientale sulle Energie rinnovabili in Piemonte: chi, come e quando autorizza gli impianti di Andrea Quaranta, consulente in diritto ambientale.

Prende così avvio il nuovo servizio pareri ambientali on line di Natura Giuridica.
Il parere ambientale inserito oggi risponde in modo specifico ai seguenti quesiti: 
  • A chi si deve chiedere l’autorizzazione unica alla realizzazione e all’esercizio di un impianto fotovoltaico in Piemonte? 
  • In quali casi è sufficiente la presentazione della dichiarazione inizio attività? 
  • Per gli impianti fotovoltaici in zona agricola, quale iter occorre seguire? 
  • E per il fotovoltaico a terra
  • Eolico e biomasse, come sono regolati?
In questo primo documento di consulenza ambientale on-line, NG mette a disposizione dei propri lettori un valido strumento per muoversi nella normativa nazionale e regionale in materia di diritto dell’energia.
Come si evince, il parere è incentrato sulla situazione normativa - autorizzatoria attuale della Regione Piemonte, con un'accurata disamina delle diverse situazioni che si registrano nelle Province del Piemonte. Infatti, vi sono province che hanno dettato delle linee guida in materia di autorizzazioni per l'apertura di impianti di fonti di energie rinnovabili, mentre altre che per ora non hanno emanato regolamenti.


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Biomasse, rifiuti, energia

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La biomasse combustibili fra gestione rifiuti e diritto dell’energia

Che si tratti di rifiuto o di un sottoprodotto non rileva ai fini dell’applicabilità alle biomasse della normativa sulle fonti di energia rinnovabili, di cui al D.Lgs. n. 387/03.

Questa è, in sostanza, la "morale" della sent enza del TAR Torino n. 1563/09 del 5 giugno 2009, in cui il giudice piemontese ha analizzato il caso di una società che aveva chiesto l’annullamento – previa sospensione dell'efficacia – di una determinazione dirigenziale della Provincia di Asti con cui l'Amministrazione chiedeva, dopo un lungo valzer autorizzativo-interpretativo, di archiviare l'istanza di autorizzazione presentata tempo addietro per la costruzione e l'esercizio di un impianto di energia elettrica alimentato a cippato di legno (potenza termica nominale al focolare di 48,5 MWt e una potenza elettrica netta di 13,5 MWe).

In considerazione della complessità della vicenda, e delle rilevanti implicazioni pratiche, il TAR di Torino (sentenza n. 1563/09) ha deciso di “partire da lontano”, effettuando una lunga ricognizione del di ritto comunitario in materia di energia e di gestione dei rifiuti.
Semplice il motivo: garantire la primazia del diritto comunitario, il suo effetto utile.

E così, dopo un excursus sugli obiettivi della politica comunitaria in materia di energia (la Direttiva 2001/77/CE si preoccupa di incentivare la produzione energetica da biomasse in modo da non vanificare l’altrettanto fondamentale politica comunitaria di “gestione” dei rifiuti) e sulla definizione di biomassa, il TAR Torino si è soffermato su due dati “fisiologici” che il contesto normativo evidenzia:
1. da un lato, il fatto che la problematica sui rifiuti e quella sulle biomasse si intersecano (nella definizione di “biomassa” dettata dalla direttiva 77/2001 entra tout court la parte biodegradabile dei rifiuti);
2. dall’altro, nel sistema coesistono più definizioni di biomassa…

Tali dati forniscono al Collegio lo spunto per delineare il contesto nel quale la definizione di biomassa deve essere ricostruita, e sottolineare che “ciò che in un determinato contesto è soltanto un rifiuto, in un altro possa assumere il valore di fonte rinnovabile di energia”…

Fra fuorvianti richiami contenuti nelle nostre leggi sibilline (oltre che nei decreti applicativi, sparsi qua e là) e “ragioni di confusione normativa” (frutto di incerti passaggi legislativi); dopo un esaustivo richiamo alla copiosa giurisprudenza comunitaria in materia di rifiuti, e al suo coordinamento con la politica energetica comunitaria, il TAR di Torino (sentenza n. 1563/09) stabilisce che in tema di procedura autorizzatoria per l’installazione di una centrale elettrica a biomasse (art. 12 del d.lgs. 387/2003), l’unica definizione di “biomassa” presente nella legislazione italiana - rilevante al fine di stabilire cosa possa intendersi per biomassa nel contesto di disciplina afferente le fonti rinnovabili di energia - è quella dettata dall’art. 2 della dir. 77/2001/CE, di cui il D.Lgs n. 387/03 costituisce attuazione.

La sua configurabilità come “rifiuto” non esclude, in una fase successiva, l’applicabilità della normativa afferente le fonti di energia rinnovabili, per quella parte di “rifiuti biodegradabili” che sono infatti espressamente contemplati dalla direttiva 77/2001 e quindi dal d.lgs. 387/2003.
Nel caso di specie, il Collegio ha, quindi, ritenuto non del tutto pertinente è l’“eventualmente diversa” definizione ricavabile dal Testo Unico Ambientale, non dettata in attuazione specifica della direttiva in materia di fonti rinnovabili di energia.

Infine, alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria, il Collegio ha messo in evidenza che il concetto di sottoprodotto presuppone un riutilizzo certo, a prescindere dal fatto che tale riutilizzo avvenga nel medesimo o in un diverso ciclo produttivo.

Di conseguenza, risulta in parte superfluo valutare se il cippato di legno detannizzato – oggetto del contendere – possa o meno rientrare nel concetto di sottoprodotto, e con ciò sfuggire comunque all’inquadramento quale rifiuto: secondo la direttiva 77/2001/CE, e quindi il d.lgs. 387/2003, infatti, anche veri e propri “rifiuti”, purchè biodegradabili, sono certamente suscettibili di utilizzazione quali biomasse in centrali di produzione di energia.




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