Pachiderma Italia

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Nel suo “Buongiorno” del 7 dicembre 2010Massimo Gramellini sottolineava un aspetto importante – ma “secondario” agli occhi dei benpensanti – della crisi che stiamo vivendo: “fra i tanti lavoratori falciati dalla crisi”, evidenziava Massimo (per gli amici) “gli imprenditori sono quelli che suscitano meno pena. Anche quando piangono miseria: si presume sempre che abbiano abbastanza riserve di grasso intorno alla cintola per non morire di fame.
Poi qualcuno si suicida, qualcun altro sposta la baracca oltreconfine e tutto si esaurisce in un borbottio di compassione o di riprovazione”.

Un suo lettore imprenditore scrive lamentandosi di una situazione diffusa, ahimè, nel nostro paese, un copione diffuso: amministrazioni che non pagano, che tergiversano per ere, mentre quando c’è da pretendere sono lì, con il fiato sul collo, con una precisione che neanche un cecchino.
Un’amministrazione Giano bifronte, “un’entità diabolica e cangiante”, che “assume la forma del debitore moroso e un attimo dopo quella dell’esattore incalzante. Entrambi fanno roteare la spada della Legge. Il debitore si fa forte delle pastoie giudiziarie per non pagare l’imprenditore. E l’esattore minaccia di mandarlo in galera se non paga.
La vittima ammette di trovarsi a un bivio. O chiede i soldi, che non ha, agli unici che li imprestano ancora (i banchieri? No, i mafiosi). Oppure trasferisce l’azienda all’estero «perché ogni buon topo abbandona per primo la nave che affonda». Vorrebbe che i politici trovassero il modo di trattenerlo per la coda. Ma non comprende più le loro parole, sommerse da un frastuono fatuo: sarà l'orchestrina di bordo che continua a suonare”.

Frastuono fatuo, quando non è silenzio: un silenzio che fa rumore, in un’epoca di presenzialismo fine a se stesso; un silenzio a volte omertosoa volte inevitabilee che nel nostro strano paese assume anche altre, variegate forme, come ho cercato di spiegare nel post “The sound of silence”.

Frastuono fatuo, silenzio, ma anche ritardi.
E di ritardo si parla nel post di oggi, in cui commento brevemente la sentenza del Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana n. 1368/2010, gratuitamente scaricabile sul sito di Natura Giuridica, previa semplice registrazione.

La vicenda riguarda un’istanza presentata da una società, volta ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di energia elettrica alimentato da fonti alternative, nella specie biomasse.

L’iter procede normalmente.

Fino ad un certo punto: l’iter si inceppa quando, nel momento di rilasciare l’unica autorizzazione mancante (emissioni in atmosfera), le amministrazioni competenti si comportano in modo incerto e adottano provvedimenti ondivaghi, oltre a disertare conferenze di servizi e a disattendere pareri dell’Avvocaura di Stato, favorevoli al ricorrente.
Una impasse durata tre anni e mezzo.
Sapete cosa significa questa stasi (fine a se stessa), in termini monetari, per un imprenditore?

La stessa possibilità di sopravvivenza.

Perché la presunzione di riserve (infinite) di grasso intorno alla cintola, per “sfangarla”, non ha alcun senso, è una sorta di capro espiatorio (pseudo) intellettuale per non guardare in faccia la realtà.

Che è fatta di parole parole parole.

Vuote, come chi rappresenta (perdonatemi: dovrebbe rappresentare), in questo particolare momento storico, il nostro paese. 
Un Paese fatto di tante invidiabili potenzialità umane e sociali, costrette a rimanere in potenza, o ad emigrare, per trovare gli sfoghi che merita…

Bene. Cioè male. Ma ritorniamo a noi.

In primo grado il TAR aveva accolto le istanze della società ricorrente, giudicando il modus operandi dell’Amministrazione contrario alla logica della massima concentrazione del procedimento di autorizzazione unica (oltre che al buon senso, ndr).
Apriti cielo: immediato il ricorso da parte del pachiderma burocratico, oggetto della sentenza del C.G.A. n. 1368/10.

Nella prossima “puntata” vedremo nel dettaglio cosa, e come, ha detto il C.G.A. nel respingere l’appello del colosso (ma anche molosso…) burocratico che impedisce al nostro paese di prendere il volo….


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