Al termine dell’intervento del Prof. Giampietro, il moderatore, nel concedere la parola al Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente, ha auspicato una maggiore coerenza della disciplina…opinione condivisa dall’esponente ministeriale, il quale, poi, però, si è “perso” nei meandri del politichese e – premettendo che forse il suo discorso avrebbe deluso qualcuno – ha cominciato a elencare tutta una serie di fatti che, a dir suo, l’attuale governo avrebbe (già?!) messo in opera per tracciare una traettoria giuridica di discontinuità rispetto alla normativa ereditata dalle precedenti legislature…
Come se fra queste non ci fosse anche quella maggioranza che allora fece approvare, in tutta fretta, alla scadenza del proprio mandato, il “testone” ambientale...
Cioè la stessa che adesso proclama di voler mettere finalmente ordine…e che di leggi porcata se ne intende….
Insomma, l’esordio dell’intervento del Capo del Dott. Atelli è stato profetico, anche considerando il vociare e un certo malumore che serpeggiava fra gli operatori del settore presenti in sala…
La Dott.ssa Musmeci, come accennato, ha cominciato il suo intervento tecnico con un grido di dolore, nella speranza che con la nuova delega il governo sappia effettuare una sintesi fra gli aspetti tecnici e quelli giuridici, coinvolgendo tutti i soggetti coinvolti…
Grido di dolore reso più acuto dall’uscita di scena dell’esponente governativo con il quale si sarebbe potuto instaurare un dialogo di approfondimento…
Si sarebbe potuto…
Al di là dell’approfondimento tecnico, e della spiegazione di come funzionano le procedure tecniche per l’effettuazione dell’analisi di rischio – ideate e scelte anche per ovviare al vuoto legislativo che, a macchia di leopardo, permea il nostro sistema, e alle carenze organizzative tipiche del nostro modo italico di (non) fare le leggi (clamoroso il caso del gruppo di lavoro che doveva elaborare il regolamento per i suoli agricoli, al quale non era stato convocato alcun rappresentante del ministero delle politiche agricole!) – l’intervento della Musmeci ha avuto il pregio di soffermarsi su alcuni aspetti pratici che non sempre vengono tenuti in debito conto.
Nella specie, proprio la difficoltà di procedere all’analisi di rischio in SIN all’interno dei quali esistono molti suoli agricoli: cosa si fa in questi casi?
Il successivo intervento (Proff.ssa Leonarda Vergine) è iniziato sotto l’insegna della “Preghiera della Vergine” e di qualche ironica battuta sul perenne immobilismo in movimento del nostro carrozzone giuridico, condito da dotte citazioni sulle diverse tipologie di silenzio indicate dall’Abate Dinouart ne “L’arte di Tacere” (come si può classificare il silenzio della Suprema Corte di Cassazione in materia di omessa bonifica? Prudente, artificioso, compiacente, canzonatorio, spirituale, di plauso, sprezzante, quello politico, stupido…?).
Dopo un riassunto del risicato panorama giurisprudenziale in materia dopo l'entrata invigore del TUA (in sostanza, quattro sentenze pubblicate fra il maggio 2006 e il marzo 2007), e un breve passo indietro per inquadrare storicamente la problematica (a partire dalla famosa sentenza Pezzuti del 2000), la Proff.ssa Vergine ha tirato le conseguenze del valzer degli orientamenti giurisprudenziali prima del Testo Unico ambientale.
Fra le quali spiccano l’incertezza, l’inaffidabilità e l’inefficienza del sistema così congeniato, anche in termini di politica criminale. A questo proposito, la Proff.ssa Vergine sottolinea che è
“molto più efficace e funzionale al risultato di bonifica sapere che il perfezionamento del reato e le conseguenti pretese punitive saranno successive all’avvenuta non bonifica e non precedenti […] se basta una inosservanza di una fase del complesso procedimento per integrare l’omessa bonifica, ben si comprende che si azzerano le potenzialità premiali del meccanismo”.
Quindi, dopo l’analisi dell’esigua giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del c.d. “Testo Unico Ambientale”, la relatrice ha ironicamente sottolineato che, al momento, non si può parlare di un “recente orientamento” della Cassazione, che non c’è.
Non c’è, però,
“non perché si continua con il precedente, ma perché quel che c’era c’è ed oggi ci confrontiamo con, per rimenare in tema, un “omesso orientamento” della S.C., cioè con il silenzio cui alludevo in esordio.A quale categoria ascrivere questo “silenzio giurisprudenziale”? […] ad una nuova categoria che indicheremmo come quella del “silenzio inevitabile”…
Quali conclusioni?
“Personalmente – conclude la Proff.ssa Vergine – vorremmo che di omessa bonifica, comunque, a parlare fosse il legislatore. E che quest’ultimo capisse finalmente il ruolo cruciale della norma, che non può più essere punita con pena alternativa (quindi in teoria oblazionabile) e che non deve più essere prevista come mera contravvenzione […].La direttiva 2008/99/CE ci vincola a prevedere entro il 2010 reati ambientali gravi, corredati da sanzioni penali efficaci, per il compimento dei quali sia prevista la responsabilità “penale” anche delle persone giuridiche.Che sia la volta buona per riscrivere decentemente almeno le più importanti fattispecie ambientali e tra queste anche quella di omessa bonifica?Noi, che facciamo sempre prevalere sul pessimismo della ragione, l’ottimismo di una, nonostante l’età, forse ingenua, ma ancora forte, volontà, lo auspichiamo e già ci mettiamo in attesa”.