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Consulenza Ambientale: come ricorrervi tramite un contratto di rete

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La consulenza ambientale concerne le materie del diritto ambientale e del diritto dell'energia. Un'impresa, un cittadino o un ente pubblico ricorrono a consulenze ambientali per gestire, in fase preventiva oppure nell'ambito di un procedimento (fase patologica) questioni di diritto ambientale relative alla tutela delle acque, al ciclo dei rifiuti, alla tutela del paesaggio e all'urbanistica, all'inquinamento, alle bonifiche, alla responsabilità d'impresa ed ai reati ambientali; si ricorre ad una consulenza ambientale anche in ambito energetico, in particolare per dirimere controversie relative a impianti energetici oppure in vista della loro progettazione, nell'ambito di studi di fattibilità tecnico-giuridici. In questo secondo caso si parla di consulenza ambientale in materia di diritto dell'energia, ossia riguardo a impianti solari fotovoltaici e conto energia, impianti a biomasse e biogas e relativo sistema incentivante, impianti eolici, termici e idroelettrici. 
Con una legge del 2009 da oggi gli imprenditori hanno una serie di strumenti in più per ricorrere a consulenze ambientali così come ad altre tipologie di consulenza: si tratta dei contratti di rete. 
Il "contratto di rete" è stato introdotto con l'art.3 comma 4-ter e ss. del d.l. n. 5/2009, (convertito con l. n.33/2009, successivamente modificato con l. n. 99/2009 e riformulato con d.l.n.78/2010 la cui legge di conversione è la n.122/2010) ed è sostanzialmente un istituto contrattuale che si affianca a quelli già in essere e si differenzia da essi per le sue smaccate caratteristiche di flessibilità e personalizzabilità. L'obiettivo ultimo che un contratto di rete deve raggiungere è il realizzarsi di un programma di rete, che metta in grado i soggetti imprenditoriali contraenti di perseguire vantaggi competitivi, abbattimento dei costi, conquista di nuovi mercati grazie a meccanismi di cooperazione inter - imprenditoriale.
I contratti di rete possono avere una durata limitata ed essere applicati a singole attività, come appunto la fruizione di una consulenza ambientale; i contraenti non perdono la loro individualità di soggetti imprenditoriali, ma acquisiscono una serie di diritti e di obblighi in relazione al singolo contratto di rete. Fino ad oggi questa tipologia di cooperazione ha stentato a decollare per le lacunosità del dettato di legge e per scarsa consapevolezza a livello soprattutto di PMI. Di seguito forniamo il link ad un documento  tratto dal sito "retimpresa", http://www.retimpresa.it/phocadownload/Eventi/marghera_linee%20guida%20per%20i%20contratti%20di%20rete.pdf, nel quale vengono illustrate in maniera chiara ed esaustiva le linee guida dei contratti di rete a firma del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, pubblicato a marzo di quest'anno. Nel documento sono chiariti importantissimi aspetti relativi ai contratti di rete come i soggetti che possono contrarli, gli obblighi reciproci, le norme in materia di pubblicità e di conseguimento di vantaggi fiscali, in materia di recesso ed esclusione fino alle connessioni con la normativa antitrust.
Peraltro, come dimostra il Bando sotto forma di contributo per la costituzione e lo sviluppo di reti e aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese dei settori industria, artigianato, commercio e servizi alla produzione erogato da FINPIEMONTE SPA (http://www.regione.piemonte.it/bandipiemonte/appl/dettaglio_bando_front.php?id_bando=142) i contratti di rete consentono di accedere a bandi e finanziamenti che consentono di coprire parte dei costi connessi con progetti di cooperazione finalizzati allo scambio di know how, competenze, progetti di ricerca e sviluppo volti alla crescita della competitività e alla conquista di nuovi mercati. Questo bando è dedicato alle piccole e medie imprese e le domande devono essere presentate entro il 16 novembre 2012.
L’agevolazione è concessa nella forma di contributo a fondo perduto (in regime “de minimis”) fino a Euro 200.000 per ciascun progetto finalizzato ad incrementare l’efficienza dei processi produttivi, distributivi, la capacità innovativa delle imprese: un'opportunità davvero interessante per chi è alla ricerca di strumenti e strategie volte al superamento di questo grave e lungo periodo di crisi economica.


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Le reti di imprese e i contratti di rete

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Le reti di imprese costituiscono una nuova forma di collaborazione flessibile, che consentono ad imprese anche molto diverse tra loro di realizzare attività ulteriori rispetto a quelle che esse esercitano individualmente, agevolando in questo modo i processi di aggregazione. 
La principale differenza tra la novità del contratto di rete di imprese e il già esistente regime del consorzio è data dal fatto che con il primo le imprese collaborano e si aggregano per esercitare attività o realizzare progetti funzionali ad accrescere la capacità innovativa e competitiva della stesse, mentre con il secondo le imprese possono collaborare per dare vita ad una nuova attività imprenditoriale, diversa da quella che le imprese esercitano individualmente. Più imprese possono ricorrere ad un contratto di rete per ricorrere ad una medesima consulenza ambientale abbattendo i costi e conseguendo economie di scala.
Ma che cos’è esattamente un contratto di rete?
Si tratta di nuova tipologia negoziale a disposizione delle imprese per collaborare alla realizzazione di progetti e obiettivi comuni. Mediante tale contratto le imprese perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. La sua disciplina è contenuta nell'art. 3, commi 4-ter e seguenti, della legge n. 33/2009, di conversione del DL n. 5/2009, come modificata e integrata dall'art. 1 della legge n. 99/2009 e dall'art. 42 del DL n. 78/2010, nel testo risultante dalle modificazioni apportate con la legge di conversione n. 122/2010. 
Si tratta di un contratto tipico di aggregazione tra imprese con comunione di scopo, che non crea un nuovo soggetto di diritto, né una nuova e distinta attività d’impresa rispetto a quella dei soggetti aderenti al contratto. Per la realizzazione dello scopo comune le imprese devono stabilire un programma comune di rete, ossia l’insieme di diritti e obblighi assunti dalle parti. Tra le attività che le imprese aderenti alla rete possono svolgere, vi sono: collaborazione in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle imprese aderenti; scambio di informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica;  esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto delle imprese aderenti.
Il contratto di rete può essere stipulato tra imprese, qualsiasi sia la loro forma di costituzione, la loro dimensione (grandi, medie e piccole imprese) o il loro ambito di attività. Il contratto di rete deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Il programma di rete, elemento obbligatorio del contratto, deve contenere “l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune”. La normativa non prescrive particolari contenuti alle parti, lasciando ad esse la più ampia libertà negoziale. Ai fini dell’agevolazione fiscale, tuttavia, è importante definire come si vuole perseguire lo scopo comune. Gli utili che non concorrono alla formazione del reddito imponibile sono, infatti, vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete. A tale riguardo l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 15/E del 14 aprile 2011, ha precisato che “la norma agevolativa ha per obiettivo il completamento del programma comune di rete previsto dal contratto”. L’organo comune ed il patrimonio comune non sono obbligatori per la costituzione di un contratto di rete ma sono entrambi  facoltativi, come prevede la Legge n. 122/2010, di conversione del D.L. 78/2010. 

Fare rete può essere un'esigenza imprescindibile per le imprese che intendano sopravvivere alla crisi economica cercando forme di cooperazione innovative e flessibili con altri soggetti imprenditoriali: un'opportunità che spesso consente una messa in comune (ed una ottimizzazione) di strumenti produttivi, conoscenze, rischio imprenditoriale e, sopratutto, costi.

I c.d. reti di imprese e contratti di rete consistono in alleanze e messa in condivisione di conoscenze, di personale e di strumenti per condividerne i costi collegati al loro mantenimento, ed evitare tagli a servizi e prestazioni che si davano per scontati fino a pochi mesi fa, prima che la crisi economica le mettesse in discussione.
Anche sul versante delle Amministrazione Locali si sta percorrendo questa strada, anche se in questo caso spesso la messa in comune di beni e personale amministrativo si pone quale obiettivo quello di risparmiare sui costi senza per questo tagliare i servizi a disposizione dei cittadini.

Valga come esempio quello che sta accadendo a Pescara e a Teramo, dove a fine luglio scorso sono iniziati i "Laboratori per la gestione associata di funzioni e servizi" con il primo incontro riservato ai Comuni della provincia di Pescara al di sotto dei 5 mila abitanti. 
Si tratta di un vero e proprio percorso formativo volto a migliorare la conoscenza e la consapevolezza delle opportunità offerte dalla gestione associata di funzioni/servizi, offrendo strumenti utili per l'avvio di un percorso di associazionismo tramite unioni o convenzioni. Ha commentato l'assessore agli Enti Locali, Carlo Masci: "La recente normativa sulla spending review  prevede che i Comuni fino a 5 mila abitanti si associno entro il 1 gennaio 2013 per svolgere tre funzioni fondamentali ed entro il 1 gennaio 2014 per gestire cinque funzioni fondamentali. La logica è sicuramente quella del contenimento della spesa ma - ha sottolineato - è impotante dare anche servizi migliori ai cittadini". 
In questo contesto appare rilevante il ruolo giocato dalla Regione. "La Regione - afferma Masci - già si è mossa determinado otto macro-ambiti entro i quali i Comuni dovranno associarsi. Si tratta di aree che sono state individuate per omogeneità territoriali, economiche e sociali". 
Si tratta in pratica di condividere, per esempio, per un nucleo di Comuni limitrofi e con esigenze omogenee settori di intervento quali l'urbanistica, piuttosto che l'ufficio legale. Invece di fare come in passato, dove ogni ente locale riproduceva in maniera automatica la stessa tipologia e gamma di apparati, al di là del numero di residenti, per le realtà piccole c'è la possibilità di condividere delle risorse ed impedire, in questo modo, di non poter assicurare più certi servizi ai cittadini. 


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