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Sintesi e commento delle seconde linee di indirizzo AIA - D.Lgs n. 46/2014 sulle emissioni industriali

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Sulla rivista Ambiente & Sviluppo, edita da Ipsoa - Milano (n. 8-9/2015), è stato dato ampio spazio all'analisi della disciplina introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs n. 46/2014 (il c.d. decreto “emissioni industriali ”) con articoli di autorevoli giuristi. In particolare, questi contributi hanno trattato dei due atti con i quali il Governo ha inteso fornire chiarimenti applicativi in relazione alla disciplina appena introdotta (1. le (allora) “prime linee” di indirizzo sulle “modalità applicative” della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, emanate dal ministero dell’ambiente a valle dei “primi approfondimenti” fino ad allora svolti dal Coordinamento istituito proprio dal decreto “emissioni industriali” per l’uniforme applicazione [dell’AIA] sul territorio nazionale , e 2. le modalità per la redazione della nuova relazione di riferimento. ).

Nell'ulteriore contributo pubblicato nella rivista nel numero di luglio si da conto degli "ulteriori sviluppi della vicenda, fornendo una comoda tavola sinottica  degli ulteriori criteri sulle modalità applicative dettati dal MATTM a distanza di pochi mesi dai primi. Lo scopo dichiarato è quello di ottenere che le norme contenute nel decreto siano applicate il più uniformemente possibile, ovviando al sempiterno problema delle norme soggette a molteplici - e spesso completamente discordanti - interpretazioni.
Tali chiarimenti nascono alla luce di quelli “forniti dalla D.G. ambiente della Commissione europea, attraverso parerei relativi alle più frequenti domande (FAQ) inerenti l’applicazione della direttiva 2010/75/UE, anche in riscontro a quesiti pervenuti in merito dalle autorità competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale e dalle associazioni di categoria degli operatori economici interessati”. Il quadro d'insieme che ne risulta può essere - pur con qualche ombra - valutato positivamente anche se nonostante le numerose (e motivate) critiche, il Governo non ha detto nulla circa i rapporti fra la relazione di riferimento e la disciplina sulla bonifica dei siti contaminati: cosa (e quanto, e come) bisogna aspettare per avere delucidazioni al riguardo?
E ancora, a discapito del dichiarato obiettivo di omogeneità applicativa,  anche questa ulteriore circolare, nel fornire suggerimenti alle autorità competenti, si premura di mantenere ferma “la competenza di ogni singola autorità competente di organizzare le tempistiche secondo le proprie specifiche esigenze e carichi di lavoro”: una porta spalancata per consentire interpretazioni volte a difendere il ricorso a modalità di gestione personalizzate, anche per esigenze ulteriori, rispetto a quelle meramente temporali e/o legate a problemi di gestione dei carichi di lavoro.


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AIA-Autorizzazione Integrata Ambientale. Prime considerazioni sulle modalità per la redazione della relazione di riferimento

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Quello concernente la redazione della relazione di riferimento è un tema nuovo ed importante, che ha suscitato un forte dibattito all'indomani dell'emanazione del DM 272/2014.

Senza regole non è possibile neanche immaginare di far funzionare seriamente il “Sistema AIA” (autorizzazione integrata ambientale) e, più in generale, quello che ruota attorno al diritto dell’ambiente.

Tuttavia, cattive regole, ossia regole superficiali, o diversamente interpretabili, o diversamente applicate/applicabili, ed in ogni caso sempre diversamente integrabili – come paiono essere almeno in parte quelle che dettano le modalità per la redazione della relazione di riferimento – equivalgono, nella sostanza, all’assenza di regole, ad una sorta di far west in cui a farla da padrone è il relativismo applicativo di tali norme.



Il DM 272/2014


Ciò che immediatamente emerge dalla lettura del DM 272/2014 è il fatto che contiene una differenziazione fra le tempistiche previste per la presentazione delle relazioni di riferimento delle AIA statali (per le quali si applica l’art. 4) e quelle – invece non indicate – per le A.I.A. regionali.

In relazione a queste ultime, oltre all’incertezza relativa al quando dovrà essere presentata la relazione di riferimento (al primo rinnovo? Al primo aggiornamento? All’emanazione delle relative BAT?......), c’è in ogni caso il rischio che le Regioni approfittino di questo silenzio per emanare circolari (o atti equipollenti), con contenuti potenzialmente molto differenti fra di loro. Con tutte le immaginabili conseguenze negative che le ipotetiche e differenziate soluzioni adottabili potrebbero avere anche sul mercato.

In ogni caso, il conto alla rovescia relativo alle tempistiche indicate – per le AIA statali – dall’art. 4 del DM, da quando parte?

Dalla data di “caricamento” del formato digitale del DM sul sito del ministero, che in questo modo ha “reso noto” il relativo contenuto, o da quella della pubblicazione in G.U. dello scarno comunicato? Questa seconda soluzione – che è preferibile sia dal punto di vista concettuale che pratico, ed è stata sostanzialmente confermata da quanto dichiarato dal rappresentante del ministero nel corso della quarta riunione del Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina IPPC – in ogni caso non sembra potersi dire né soddisfacente né tranquillizzante per le imprese, che anche in relazione ai nuovi e gravosi oneri temporali ed economici che la relazione di riferimento comporta si aspettavano che almeno il DM fosse ufficializzato a dovere, senza restare in balìa delle decisioni della P.A. sulla digitalizzazione random dei propri provvedimenti.



Le criticità rispetto alla disciplina dei rifiuti


Criticità si intravedono anche in relazione alla verifica della sussistenza e alle relative soglie di riferimento (tabella dell’allegato 1), il cui superamento obbliga il gestore ad effettuare la valutazione della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito d’installazione e, di conseguenza, in caso di risposta affermativa, alla qualifica di pertinenti delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate.

Le criticità risiedono nel difficile e complicato coordinamento con la normativa sulla bonifica dei siti contaminati e con quella relativa alla gestione dei rifiuti.


Sotto il primo aspetto è appena il caso di accennare, in questa sede, che sembra essersi persa l’occasione per integrare le discipline tecniche previste per la redazione della relazione di riferimento AIA e per la bonifica dei siti contaminati, che prevedono – a mero titolo esemplificativo – modalità diverse in relazione alle metodologie di valutazione, alle sostanze prese in considerazione (le sostanze pertinenti non sono identiche a quelle oggetto della CSC) o alle finalità (nel DM non si fa cenno all’ipotesi/circostanza/necessità di ripristinare tali soglie fino alle concentrazioni massime previste per escludere la presentazione della RdR).


Senza dimenticare il fatto che, in ogni caso, la valutazione della possibilità di contaminazione – effettuata sulla scorta delle soglie di cui al DM in questione – potrebbe mettere in seria difficoltà il gestore, se solo si pensa al fatto che, senza un riferimento tecnico chiaro e coordinato circa la modalità con cui effettuare quest’ultimo passaggio, lo stesso gestore si troverebbe a dover effettuare un’onerosa (in termini temporali ed economici) valutazione di rischio contaminazione – ai sensi e per gli effetti della normativa sulla bonifica dei siti contaminati – senza che esista alcuna reale “notizia” di potenziale contaminazione.


La relazione di riferimento Light


In questo scenario potrebbe essere forte la tentazione per le imprese di redigere comunque una relazione di riferimento (diciamo) “light” – lo consente lo stesso DM, che per essere un decreto recante le modalità per la redazione della relazione di riferimento, e non delle linee guida, utilizza un linguaggio allusivo – per dimostrare in qualche modo, in un ipotetico futuro nel quale dovessero sorgere contestazioni in merito ad una contaminazione, che la stessa non è in alcun modo attribuibile al gestore che ha redatto la relazione di riferimento, ma ai precedenti gestori, o a gestori di impianti vicini.

La tentazione alternativa potrebbe essere quella di giustificare con motivazioni (più o meno) ragionevoli e concrete la non pertinenza delle sostanze prese in esame e, quindi, la non sussistenza dell’obbligo di proseguire con la RdR, salvo ovviamente doverlo in qualche modo giustificare all’autorità competente, in sede di presentazione degli esiti della verifica, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del DM.

In questi casi, con quale grado di “elasticità soggettiva” si comporteranno le diverse autorità competenti?

E con questo si ritorna al criterio della discrezionalità in base al quale “regione che vai, autorità che trovi...”.



Le criticità rispetto alla disciplina delle bonifiche


Sotto il secondo, invece, occorre notare che nella tabella di cui all’allegato 2 si richiama il regolamento (CE) n. 1272/2008 – che non si applica ai rifiuti – che tuttavia non sono esclusi dal campo di applicazione del DM 272/2014 il quale, nel richiedere la verifica della sussistenza dell’obbligo di presentare la RdR (art. 3, comma 2), richiama l’allegato VIII alla parte II del TUA, che fra le attività soggette ad AIA elenca (punto 5) quelle relative alla gestione dei rifiuti.

Le domande più impellenti sono peraltro già state oggetto di discussione nella riunione del Coordinamento del 19 dicembre 2014, nella quale il ministero ha dato una prima risposta ai quesiti – posti dalla regione Piemonte – concernenti le modalità di valutazione delle quantità di sostanze pericolose utilizzate, prodotte o rilasciate da confrontare con le soglie quantitative di cui all’allegato 1 del DM 272/14, nel caso di rifiuti in ingresso agli impianti di smaltimento/trattamento (es. discariche), osservando che “i rifiuti in ingresso, non potendosi ragionevolmente ricondurre alla definizione di «sostanze pericolose», non rientrano negli obblighi di valutazione con riferimento alle soglie di cui all’Allegato 1. Per gli impianti di gestione di rifiuti, pertanto, le considerazioni inerenti la necessità di predisporre la relazione di riferimento dovranno essere condotte con riferimento all’eventuale utilizzo di «sostanze pericolose» (quali ad esempio lubrificanti o combustibili liquidi) nell’ambito dell’attività oggetto dell’AIA. Nel caso particolare delle discariche, peraltro, resta ferma la specifica distinta disciplina inerente gli obblighi di caratterizzazione e monitoraggio del sottosuolo”.


Le tempistiche


In relazione alle tempistiche, invece, il Coordinamento “ferma restando la competenza di ogni singola autorità competente di organizzare le tempistiche secondo le proprie specifiche esigenze, anche in considerazione dei carichi di lavoro”, ha ritenuto di poter dare “il generico suggerimento di richiedere gli esiti dello screening che dia conto della non necessità della relazione di riferimento A.I.A. entro tre mesi dalla pubblicazione del citato DM.

In definitiva, ancora una volta, nonostante l’importanza della tematica ambientale (di turno) affrontata, le lungaggini politiche che hanno permesso di arrivare a questo punto con notevole ritardo, la consapevolezza dei problemi legati alle disparità regionali, e una certa sufficiente “maturazione” delle tematiche, oggetto dell’attenzione ministeriale, si è arrivati anche a questo appuntamento impreparati.

Eppure gli operatori del settore chiedono soltanto (poche) norme, che siano chiare e definitive, e quindi certe, e permettano di poter agire ed investire in tranquillità e programmazione.


(segue da: La verifica della sussistenza e le sostanze pericolose pertinenti)


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Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.): i contenuti minimi della relazione di riferimento

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I contenuti minimi della relazione di riferimento

La relazione di riferimento A.I.A. contiene informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee con esclusivo riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività.

L’allegato 1 del DM 272/2014 prevede contenuti essenziali e opzionali.

Il contenuto minimo della relazione di riferimento essenziale ricalca in parte quello già contenuto nella definizione di relazione di riferimento, e prevede alcuni elementi ulteriori, mentre il contenuto “opzionale” prevede, invece, l’indicazione di alcune informazioni disponibili, che il gestore dovrebbe fornire, a sua discrezione, (si “immagina”) per rendere più completa la relazione di riferimento, e una “concessione”.

Sempre con riferimento ai contenuti minimi della relazione di riferimento, l’allegato 3 del DM, infine, detta i criteri generali per la caratterizzazione:
  • del suolo insaturo. Oltre alle indicazioni generali, l’allegato indica la strategia di campionamento che “appare generalmente adeguata” per le nuove installazioni in aree verdi; le valutazioni che dovranno essere effettuate per le nuove installazioni in brownfileds; il campionamento suggerito per le installazioni esistenti e le modalità con le quali aggiornare la RdR di installazioni già esistenti.
  • delle acque sotterranee. Come s’è visto, l’allegato 1 del DM 272/2014 detta la procedura per la verifica della sussistenza dell’obbligo di presentazione della relazione di riferimento AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).


Le 4 fasi della procedura

Rimandando al testo dell’allegato 1 per la flowchart di schematizzazione, in questa sede si vogliono sintetizzare le quattro fasi della procedura:

1. identificazione delle sostanze pericolose. 
L’installazione usa, produce o rilascia sostanze pericolose? Le sostanze usate, prodotte o rilasciate determinano la formazione di prodotti intermedi di degradazione pericolosi? 

2. Valutazione dei quantitativi. 
Per ciascuna sostanza pericolosa viene determinata la quantità massima di sostanza utilizzata, prodotta, rilasciata o generata (quale prodotto intermedio di degradazione) dall’installazione alla sua massima capacità produttiva; il valore ottenuto per ciascuna classe va confrontato con quello di soglia, riportato nella tabella allegata. Anche in questo caso, il gestore sarà obbligato ad eseguire la terza fase della verifica soltanto nel caso in cui vi sia stato il superamento di dette soglie, e solo per le sostanze che hanno concorso al raggiungimento delle stesse.


3. Valutazione della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito d’installazione. 
La valutazione viene effettuata per ciascuna sostanza che ha determinato o concorso a determinare il superamento delle soglie, di cui al punto precedente.

4. Se, al termine di tale valutazione, emerge che vi è l’effettiva possibilità di contaminazione del suolo o delle acque sotterranee connessa ad uso, produzione o rilascio (o generazione quale prodotto intermedio di degradazione) di una o più sostanze pericolose da parte dell’installazione, tali sostanze pericolose sono considerate “pertinenti” e il gestore è tenuto ad elaborare con riferimento ad esse la relazione di riferimento.





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Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA): quale uniformità?

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Oggi parlerò dei primi indirizzi operativi per l’uniforme applicazione della disciplina AIA sul territorio nazionale (segue da: "AIA: dettate le modalità per la redazione della relazione di riferimento"). 

Prima di analizzare il testo del decreto recante le modalità per la presentazione della relazione di riferimento, occorre sia pur velocemente dar conto di quanto – in relazione a questo specifico aspetto – ha affermato la circolare n. 22295 del 27 ottobre 2014 – con la quale il ministero dell’ambiente: alla luce dei chiarimenti forniti dalla DG ambiente della Commissione europea e degli approfondimenti fino ad allora svolti dal Coordinamento per l’uniforme applicazione dell’A.I.A. sul territorio nazionale; e in riscontro a quesiti pervenuti in merito dalle autorità competenti al rilascio dell’AIA e dalle associazioni di categoria degli operatori economici interessati, ha diramato i primi indirizzi per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina in materia di AIA.

L’indirizzo concernente la relazione di riferimento

L’indirizzo concernente la relazione di riferimento prevede, in estrema sintesi , che:

il suggerimento alle autorità competenti di richiedere, in esito all’emanazione del primo decreto ministeriale di cui all’art. 29-sexies, comma 9-sexies, del testo unico ambientale, la presentazione – ove dovuta – della relazione di riferimento o l’adeguamento della relazione di riferimento ancora in corso di validazione. Lo scopo è quello di “far sì che le relazioni di riferimento contengano informazioni conformi ai criteri definiti a livello nazionale e siano generalmente confrontabili anche in termini temporali”; 

che, a tale fine, si sarebbe provveduto ad indicare, nel cit. DM, “i tempi tecnici necessari da concedere ai gestori per l’elaborazione e la presentazione di tale redazione”. La richiesta, si specificava, fatta eventualmente nella forma di “avvio di riesame, sarà indirizzata a tutti i gestori di installazioni dotate di AIA o con procedimenti di AIA in corso, per le quali non si sia già provveduto a validare una relazione di riferimento”; 

la validazione della relazione di riferimento non costituisce parte integrante dell’AIA, né costituisce elemento necessario alla chiusura dei procedimenti di rilascio dell’AIA, dal momento che “può essere effettuata dall’autorità competente con tempi indipendenti da quelli necessari alla definizione delle condizioni di esercizio dell’impianto, anche prima dell’aggiornamento dell’AIA” effettuato in attuazione delle disposizioni recate dal decreto “emissioni industriali”; 

“in ogni caso” la raccomandazione ai gestori affinché “si attivino prontamente”, al momento dell’emanazione del predetto DM, “per la predisposizione della relazione di riferimento, tenendo conto che la mancanza di tale elemento (ove dovuto) può determinare l’irricevibilità delle istanze”. 

Il decreto ministeriale 272/2014: la struttura

In attuazione dell’art. 29-sexies, comma 9-sexies del decreto “emissioni industriali”, il DM 272/2014 stabilisce la prime modalità per la redazione della relazione di riferimento, con un’eccezione e un'estensione.


La struttura (tabella 2)
Definizioni
Aree verdi
Aree in cui è stata esclusa la pregressa presenza di attività che hanno gestito sostanze pericolose pertinenti
Brownfields
Sito interessato da attività pregresse suscettibili di determinare la presenza di sostanze pericolose pertinenti nel suolo o nelle acque sotterranee ad esse associate
Centri di pericolo
Le zone in cui, sulla base della struttura dell’installazione, vi è un’elevata probabilità di contaminazione del suolo o delle acque sotterranee
Obbligo di presentare la relazione di riferimento


Tempistiche per la presentazione (AIA statale)
Gestori degli impianti All. XII parte II TUA
Sono esclusi:
  • quelli costituiti esclusivamente da centrali termiche;
altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW alimentate esclusivamente a gas naturale
12 mesi dall’entrata in vigore
Attività di cui all’allegato VIII
Ad esclusione dei casi in cui la RdR è dovuta (impianti di cui all’allegato XII), il gestore esegue la procedura volta alla verifica della sussistenza dell’obbligo di presentare all’autorità competente la RdR, presentandone gli esiti all’autorità competente stessa
3 mesi dall’entrata in vigore
Se all’esito della procedura di verifica, risulta necessario presentare le RdR, il gestore la presenta all’autorità competente
12 mesi dall’entrata in vigore
Contenuti minimi della relazione di riferimento
L’elenco è contenuto nell’allegato 2
Le informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee relative alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, ove non già disponibili in applicazione di altra normativa, sono acquisite, valutate ed elaborate conformemente:
  • alle indicazioni di cui alle cit. linee guida della Commissione europea;
  • alle indicazioni generali di cui all’allegato 3 del DM
Eccezione
Discariche, che ricevono più di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacità totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti
In questi casi gli elementi utili per la redazione della RdR, se dovuta, sono quelli specificati nel D.Lgs n. 36/2003






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AIA-Autorizzazione Integrata Ambientale. Dettate le modalità per la redazione della relazione di riferimento

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Sul n. 4/2015 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, è stato pubblicato un mio articolo in materia di AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale. 

In particolare, nell’articolo si affronta il tema relativo alle modalità per la redazione della relazione di riferimento, introdotta dal decreto “emissioni industriali” (D.Lgs n. 46/2014).

Di seguito, si riportano le principali considerazioni. Il testo completo dell’articolo, comprensivo delle note di dettaglio, è consultabile sul sito di IPSOA.

Una delle novità più rilevanti introdotte dal decreto “emissioni industriali” riguarda sicuramente l’introduzione, all’interno della disciplina sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA), della “relazione di riferimento” (RdR), un documento contenente le “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività”.


La relazione di riferimento in pillole

Contenuto: informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti. 

Le informazioni devono riguardare almeno:
·       l’uso attuale e, se possibile, gli usi passati del sito,
·       se disponibili, le misurazioni:
-  effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee che ne illustrino lo stato al momento dell’elaborazione della relazione o, in alternativa,
-  (nuove) effettuate sul suolo e sulle acque sotterranee tenendo conto della possibilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte delle sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione interessata.

Scopo: effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività.

Altre informazioni: le informazioni definite in virtù di altra normativa che soddisfano i requisiti, sopra elencati, possono essere incluse o allegate alla relazione di riferimento.

Rinvio: con uno o più decreti del MATTM sono stabilite le modalità per la redazione della relazione di riferimento, con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda.

Condizioni per la predisposizione della RdR
Si predispone nel caso in cui l’attività comporti l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose e, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterrane nel sito dell’installazione.

Chi la deve presentare e quando
Il gestore, prima della messa in esercizio dell’installazione o prima del primo aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata, per la quale l’istanza costituisce richiesta di validazione.

Esame
L’autorità competente esamina la relazione disponendo nell’autorizzazione o nell’atto di aggiornamento, ove ritenuto necessario ai fini della sua validazione, ulteriori e specifici approfondimenti.

Potere dell’Autorità
Quello di verificare, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, la completezza della stessa e della documentazione allegata; chiedere apposite integrazioni, nel caso in cui la domanda risulti incompleta, con l’indicazione di un termine non inferiore a 30 giorni per la presentazione della documentazione integrativa.

Altre informazioni
Occorre in ogni caso indicare le informazioni richieste dalla normativa concernente aria, acqua, suolo e rumore.

L’art. 29-sexies, comma 9-sexies, infine, stabiliva che con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sarebbero state stabilite le modalità per la redazione della relazione di riferimento, con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare con riferimento alle attività di cui all’Allegato VIII alla Parte Seconda. Il primo di tali decreti è il decreto n. 272 del 13 novembre 2014, che analizzeremo nel dettaglio nei prossimi giorni nelle pagine del blog di Natura Giuridica.



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AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale. Ecco i primi indirizzi per l'uniforme applicazione

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Sul n. 2/2015 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPOSA, è stato pubblicato un articolo in materia di AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale.
In particolare, nell’articolo si affronta il tema relativo alla ricerca di uniformità normativa nelle diverse regioni italiane, e si analizzano i primi indirizzi per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina in materia di AIA.
Quella che segue è un a sintesi del contenuto (non sono presenti le numerose note), e soprattutto alcune riflessioni finali.
Per il testo completo dell’articolo, collegarsi al seguente indirizzo web.

Supporre va bene, ma approfondire è meglio
Il nostro diritto dell’ambiente – anche se è ormai diventato un’ovvietà, occorre ribadirlo – è sovraffollato di norme figlie di una politica priva di una visione prospettica e strategica (e per questo destrutturate e fragili), dettate dalla (presunta, o artefatta) emergenza di turno (e per questo fra di loro scoordinate e contraddittorie) e al contempo piene di rinvii, deroghe, eccezioni e spesso vuote (per mancanza dei decreti attuativi), e per questo prive di una reale pregnanza.
Ma, soprattutto, le norme ambientali sono, più di altre, diversamente interpretabili, e per questo, nei fatti, spesso inefficaci, oltre che foriere di atteggiamenti e/o decisioni contraddittorie, a seconda dell’autorità (competente?) o del giudice che ci si trova di fronte.
Anche la normativa sull’AIA, recentemente modificata dal decreto “emissioni industriali” non è sostanzialmente sfuggita a questo paradigma.
Per quanto concerne gli aspetti tecnico-giuridici dettati dal D.Lgs n. 46/2014 si rimanda il lettore agli articoli pubblicati su questa rivista; in questa sede si vuole invece porre l’attenzione sulle “prime linee” di indirizzo sulle “modalità applicative” della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, emanate dal ministero dell’ambiente a valle dei “primi approfondimenti” finora svolti dal Coordinamento istituito proprio dal decreto “emissioni industriali” per l’uniforme applicazione [dell’AIA] sul territorio nazionale.
Tali “primi indirizzi” costituiscono una (prima) direttiva per la corretta applicazione della norma, che all’indomani della sua entrata in vigore è già stata oggetto di numerosi quesiti da parte delle autorità competenti al rilascio dell’AIA e dalle associazioni di categoria degli operatori economici interessati i quali, in balìa delle “supposizioni applicative”, cui anche questa normativa dà adito, ha preferito chiedere al ministero di dettare “disposizioni applicative” in grado di evitare, almeno in parte, interpretazioni disomogenee e, in ultima analisi, “difformità applicative”.
Perché, come diceva un grande scrittore americano, Mark Twain, “supporre va bene, ma approfondire è meglio”.

Le “linee guida ante litteram”
A pensarla così – approfondire è meglio che dare per scontato, e serve a rendere la norma più omogenea nella sua applicazione – è stata, ancora prima del recepimento della direttiva 2010/75/UE, la regione Emilia Romagna, che nel settembre dello scorso anno, preso atto che, a distanza di più di nove mesi dalla data finale entro la quale l’Italia avrebbe dovuto recepire la direttiva 2010/75/UE , nulla era ancora stato fatto, ha emanato le proprie “prime indicazioni di merito”.
Gli “approfondimenti di tipo tecnico e giuridico in merito agli adempimenti e alle tempistiche dettate dalla direttiva” dovevano servire soprattutto ad “assicurare una tempestiva conformità delle azioni amministrative operanti sul territorio regionale alle normative europee”, tenuto conto che, [...]

Le indicazioni operative della “Commissione Ambiente e Energia” della Conferenza delle Regioni
Nelle premesse della proposta di deliberazione della Commissione in materia di indirizzi urgenti per l’attuazione del decreto emissioni industriali, si legge testualmente che “le nuove disposizioni [...] introducono numerosi elementi innovativi in chiave applicativa, oltre ad introdurre nuove fattispecie di attività soggette, circostanza che, com’era naturale attendersi, ha da subito dato luogo a problemi nell’interpretazione uniforme e coerente della norma”.
Non a caso il legislatore delegato aveva previsto l’istituzione di un coordinamento per l’uniforme attuazione della normativa sul territorio nazionale, al quale alla data del 29 luglio 2014, in attesa delle linee guida nazionali, erano arrivate molte richieste di chiarimento sulla corretta interpretazione della normativa, fra le quali alcune rilevanti questioni concernenti il campo di applicazione e l’assoggettabilità, che “pretendono un orientamento condiviso tempestivo, anche in vista della prossima scadenza del 7 settembre p.v. entro la quale i soggetti ricadenti per la prima volta nella direttiva IED devono presentare domanda AIA”.
E così, “quantomeno per le questioni indifferibili”, la Commissione ha ritenuto di “fornire senza ulteriore ritardo le necessarie indicazioni operative alle autorità competenti [...] in ordine ai più rilevanti ed impellenti aspetti problematici”, relativi agli aspetti sintetizzati nella tabella che segue [...]

I primi indirizzi applicativi delle regioni [...]

Le linee di indirizzo nazionali: il confronto
Con la circolare n. 22295 del 27/10/2014 il MATTM:
  • alla luce dei chiarimenti forniti dalla DG ambiente della Commissione europea e degli approfondimenti finora svolti dal Coordinamento, testé sintetizzati,
  • e anche in riscontro a quesiti pervenuti in merito dalle autorità competenti al rilascio dell’AIA e dalle associazioni di categoria degli operatori economici interessati,
ha diramato i primi indirizzi per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale della disciplina in materia di AIA, che in parte riprendono la struttura degli approfondimenti del Coordinamento, salvo discostarsene in alcuni punti (sia in melius, sia in peius), e in parte aggiungono linee di indirizzo.
Dal confronto fra le due discipline emerge che, al di là della diversa numerazione degli indirizzi, nelle linee guida nazionali:
1. non sono contenuti gli “indirizzi” relativi alla “capacità produttiva/limite legale, al tariffario, alla transcodifica dei rifiuti, alle garanzie finanziarie e agli autodemolitori;
2. risultano essere più precise la definizione di attività connessa, l’indicazione per la presentazione della relazione di riferimento e quella concernente le soglie delle attività di prodotti alimentari o mangimi, le modalità di gestione dei procedimenti in corso;
3. al contempo, sono più imprecisi i riferimenti agli “impianti esistenti non già soggetti ad AIA”;
4. sono sostanzialmente identiche le linee guida relative ai frantumatori metallici, alla capacità di incenerimento, all’impiego delle linee guida MTD e all’applicazione dell’istituto del rinnovo periodico;
5. sono inseriti altri approfondimenti interpretativi (definizione di sito; nozione di pollame; oggetto dei controlli; sospensione dell’autorizzazione; obblighi di pubblicazione).

La promessa uniformità
Nel loro complesso, queste prime linee di indirizzo sulla modalità applicative della disciplina sull’AIA possono essere valutate tutto sommato positivamente, come primo (o parziale) tentativo di sistematizzare e rendere intelligibile la normativa, che alle nostre latitudini è sempre diversamente interpretabile.

Un primo aspetto positivo riguarda la definizione del concetto di attività connessa, ulteriormente spiegato dal MATTM, rispetto ai più timidi e confusi (sul punto) orientamenti del Coordinamento.
Il ministero, infatti, pone le basi per prendere in considerazione il “verso” della connessione.
In altri termini, fino alla novella normativa, due attività erano considerate connesse fra di loro su un piano – per così dire – paritario: un impianto di produzione e la sua centrale termica erano impianti tout court connessi.
Oggi, invece, ai sensi di quanto specificato al punto 2b) delle linee guida nazionali (ma non preso in considerazione, invece, dal Coordinamento), il legislatore lascia la facoltà ai gestori di chiedere comunque di considerare il complesso produttivo quale unica installazione (ma anche no), nel caso in cui “le modalità di svolgimento hanno una qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell’attività IPPC”, e in particolare nel caso in cui il loro “fuori servizio” sia in grado di determinare – direttamente o indirettamente – problemi all’esercizio dell’attività IPPC.
Nel caso in cui manchi la richiesta esplicita del gestore, l’attività non può essere considerata connessa.

Una seconda miglioria concerne la proroga di validità dell’AIA in corso con un semplice carteggio fra gestore e autorità competente, e non con un formale, e pesante, aggiornamento dell’atto. Da segnalare che il MATTM, nel riprendere sostanzialmente quanto già messo in luce dal Coordinamento, specifica tuttavia le cause che hanno indotto lo stesso ministero a prevedere tale snella (e utile) modalità operativa: “spesso, infatti, nei procedimenti AIA è riportata espressamente la prevista data di rinnovo, e pertanto la violazione di tale scadenza potrebbe essere considerata violazione di una condizione autorizzativa”.
Insomma, un’incertezza interpretativa nel tempo e nello spazio che comunque, sia pure potenziale, non faceva bene al sistema.

Possiamo considerare un miglioramento anche:
  • la precisazione (anche questa non prevista dal Coordinamento) in base alla quale, nel caso di sospensione dell’autorizzazione, come anno di riferimento per calcolare la reiterazione per più di due volte della violazione delle condizioni dell’AIA, occorre considerare i 365 giorni precedenti l’ultimo accertamento, e non l’anno solare “X”: un’interpretazione che sembra riportare sui giusti binari la norma, in precedenza diversamente interpretata a livello territoriale;
  • la previsione del trasferimento (punto 4-b, secondo alinea) “per seguito di competenza alle autorità competenti al rilascio delle altre autorizzazioni ambientali di settore” nel caso in cui, a seguito dell’emanazione del decreto “emissioni industriali”, le installazioni non sono più soggette ad AIA.

Più in generale, come s’è fatto cenno, è da apprezzare lo sforzo compiuto dal ministero per cercare di cominciare a rendere questa normativa meno incerta e, di conseguenza, più facilmente applicabile.

Non mancano, per la verità, anche aspetti critici e criticabili, relativi, ad esempio, alla mancata considerazione (e alla mancata motivazione di tale scelta) di alcuni aspetti oggetto, invece, dell’analisi del Coordinamento, o al minor dettaglio di altri indirizzi già trattati dal Coordinamento a fronte dell’inserimento di indirizzi che, seppur utili, non sembravano, a chi scrive, nell’ottica di questa “strategia semplificatoria ex post”, così urgenti (rispetto ad altri) da trattare nelle prime linee guida di indirizzo sulle modalità applicative della disciplina in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

La sfuggevolezza dell’ovvio e la necessità di regole chiare e condivise

In un passo de “Le avventure si Sherlock Holmes” si legge che “nulla è più innaturale e sfuggevole dell’ovvio”.

Come a dire: è innaturale dare per scontato, perché ciò che è ovvio per un soggetto (ad esempio, il legislatore, nel momento in cui legifera), può non esserlo, e spesso non lo è, per un altro (nell’esempio: l’operatore del settore, nel momento in cui deve cercare di osservare le leggi), di modo tale che quest’ultimo, in assenza di una norma chiara, può legittimamente presumere di poter agire correttamente, salvo poi scoprire che quello considerava corretto era in realtà frutto di una sua libera (o giustificabile) interpretazione.
Con tutte le conseguenze burocratiche, amministrative, temporali, sanzionatorie ed economiche del caso.

Il punto focale è, allora, probabilmente proprio quest’ultimo: un errore che spesso viene fatto è quello di presumere troppo, di supporre.
Ma se il consulente è – diciamo – in qualche modo incentivato dalla legge (rectius da questo modo di legiferare) ad agire in questo modo, non altrettanto si può dire per il legislatore (che dovrebbe avere un altro ruolo), il quale spesso abbina a questa presunzione la pretesa di essere stato chiaro: concetto che implica almeno completezza e adeguatezza, sia contenutistica che temporale.

Ora, in considerazione del fatto che il nostro nomoteta non brilla né per chiarezza né per completezza, e che spesso (e volentieri) arriva dopo (dopo che un problema si è verificato, che un termine è scaduto, che un danno è stato fatto, ...), aumentando, anche per questa via, la smania regolatrice delle regioni, che si sentono ulteriormente autorizzate ad agire secondo coscienza, ben vengano queste prime linee di indirizzo.
A patto che possano costituire idealmente l’inizio di un nuovo modus operandi del legislatore, volto a cominciare un percorso nel quale l’incertezza applicativa – comunque inestirpabile al 100% – deve rimanere soltanto quella fisiologica. Da curare, all’occorrenza, con linee guida di orientamento.
Diversamente, ci troveremo, fra neanche molto tempo, a commentare le trecentesime linee guida (o orientamenti, indirizzi, criteri, non fa differenza), emanate a valle dell’ennesimo – forse anche reiterato – SOS interpretativo da parte degli operatori del settore, pubblici o privati che siano.
E, quindi, dopo che l’incertezza normativa avrà già prodotto nuovi ed ulteriori danni burocratici, amministrativi, temporali, sanzionatori ed economici del caso.

Un new deal legislativo nel quale il legislatore non supponga (magari anche sotto la spinta dell’emergenza di turno) ma approfondisca, per farsi capire (e, conseguenza non del tutto marginale: farsi rispettare), specie perché predica, continua a predicare, una semplificazione che, nei fatti, continua ad essere un argomento astratto e non praticato.
Semplificare significa magari anche spiegare all’utente della legge (spesso considerato, e trattato, come un utonto) concetti che possono anche apparire ovvi (pollame compreso): ma bisogna farlo prima, in modo organico, strutturato, strutturale, autorevole – e non sempre dopo, con prime indicazioni, che forse saranno seguite da seconde, terze... trecentesime linee guida.
Semplificare significa, in ultima analisi, permettere al Sistema di spiegare le ali, e permettergli quel salto di qualità che, oggi più che mai, serve al nostro Paese, martoriato anche da problemi e diktat esogeni, ma in gran parte vittima di questo suo modo di non fare le cose, di non darsi delle regole chiare, di dichiarare la condivisibilità di alcuni principî, salvo non condividerne alcuna applicazione pratica.

Salvo non condividere, più in generale, e a livello locale, le sorti comuni, accontentandosi di pensare al proprio particulare, e di dare la colpa “agli altri”.

Chiunque essi siano, ma senza alcuna linea guida che ci permetta di individuarli...


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Decreto “emissioni industriali” (D.Lgs n. 46/14): prime osservazioni

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Sul numero 5/2014 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, è stato pubblicato un articolo di primo commento analitico sul nuovo decreto "emissioni industriali" (D.Lgs n. 46/14).
Di seguito riporto alcuni brevi passi: l'introduzione ai singoli paragrafi.
Per la lettura del testo completo dell'articolo rimando il lettore alla rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, Milano.

La struttura del decreto 
Con il tradizionale ritardo che sembra contraddistinguere il suo incedere normativo, il nostro Paese – puntualmente ripreso dall’UE – ha finalmente recepito la “direttiva IED”, con la quale sono state riviste e rifuse in un unico testo giuridico sette direttive riguardanti le emissioni industriali: pubblicato sulla G.U. del 27 marzo 2014, il D.Lgs n. 46/2014 è entrato in vigore l’11 di aprile. 
Il corposo decreto corregge per l’ennesima volta il “codice dell’ambiente”, essenzialmente in relazione alla disciplina: 
• generale per la procedura di VIA ed AIA (e sulle norme transitorie e finali); • specifica dettata in materia di autorizzazione integrata ambientale; 
• sull’incenerimento dei rifiuti; 
• sulla prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività. 
Quella che segue è una carrellata delle principali disposizioni oggetto della novella legislativa, a valle di una primissima lettura a caldo del testo normativo, che verrà analizzato nei prossimi numeri della rivista, che dedicherà ampio spazio ad approfondimenti al decreto “emissioni industriali”. 

Carrellata delle principali modifiche: a) i principî generali per le procedure di VIA e AIA 
Le tre modifiche principali, concernenti i principî generali per le procedure di VIA e AIA riguardano l’aspetto definitorio, l’oggetto della disciplina e le norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti. Sotto il primo profilo, accanto ad una precisazione terminologica, vi sono alcune nuove, importanti, definizioni, sintetizzate nella seguente tabella. [...] 

b) l’AIA 
Le modifiche più sostanziose hanno riguardato la disciplina sull’autorizzazione integrata ambientale. Innanzitutto, la nuova normativa dispone che le condizioni dell’AIA siano definite avendo a riferimento le BATC, espungendo, al contempo, il riferimento alle linee guida nazionali, giudicato ormai obsoleto alla luce della “prevista emanazione delle BATC in lingua italiana da parte della Commissione europea ”: in ogni caso, la norma detta una disposizione transitoria che contiene la disciplina da osservare nelle more dell’emanazione delle BATC e che fa riferimento alle “pertinenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, tratte dai documenti pubblicati dalla Commissione europea ”. 
I requisiti generali, previsti per talune categorie di installazioni, che il MATTM potrà determinare ai sensi dell’art. 29-bis comma 2, con futuri decreti, si dovranno basare sulle BAT “senza prescrivere l’utilizzo di alcuna tecnica o tecnologia specifica, al fine di garantire la conformità con l’articolo 29-sexies”: per le categorie interessate, l’autorità competente rilascerà l’autorizzazione “in base ad una semplice verifica di conformità dell’istanza con i requisiti generali”. [...] 

c) l’incenerimento dei rifiuti 
Il decreto “emissioni industriali” inserisce all’interno del “codice dell’ambiente” la disciplina sull’incenerimento di cui al D.Lgs n. 133/05, di cui recepisce sostanzialmente tutto il contenuto, con le eccezioni/modifiche di seguito elencate: a. vengono integrate le definizioni di incenerimento e coincenerimento ed inserite quelle di modifica sostanziale, camino, ore operative e biomassa ; b. sono esclusi dalla disciplina anche gli impianti di gassificazione o di pirolisi, se i gas prodotti da siffatto trattamento termico dei rifiuti sono purificati in misura tale da non costituire più rifiuti prima del loro incenerimento e da poter provocare emissioni non superiori a quelle derivanti dalla combustione di gas naturale; [...] 

d) le modifiche alle norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
In relazione alla parte V del “testo unico ambientale” gli interventi operati dal D.Lgs n. 46/14 sono chirurgici, e hanno riguardato: a. il sistema definitorio (sono state modificate le definizioni di emissione in atmosfera, modifica sostanziale e di gestore , oltre a quella di grande impianto di combustione ; razionalizzate quelle di autorità competente ed autorità competente per il controllo; aggiunta quelle di ore operative ); b. la disciplina sui grandi impianti di combustione, di cui all’art. 273 del D.Lgs n. 152/06 (v. tabella “Le disposizioni transitorie e finali”); c. le emissioni di COV, in relazione all’ambito di applicazione; al contenuto dell’autorizzazione , anche nel caso di modifiche sostanziali ; [...] 

Prime parziali considerazioni 
In attesa di poter valutare in modo più approfondito il decretoemissioni industriali”, ad una prima lettura, oltre agli aspetti indubbiamente positivi da sottolineare (su tutti, l’eliminazione delle disposizioni illogiche, sopra ricordate, che hanno anche portato la prassi a disapplicarle; l’eliminazione dell’art. 20 del D.Lgs n. 133/05; più in generale lo spirito semplificatorio che sembra permeare il decreto, anche attraverso l’inserimento del riesame con valenza di rinnovo; il riferimento alle BAT ; l’inserimento della caratterizzazione del suolo e delle acque sotterranee pre-insediamento ), non si possono non evidenziare, comunque, alcune perplessità relative alla presunta novità della “de materializzazione” delle procedure e al regime temporale. 
Sotto il primo aspetto, è appena il caso di evidenziare come il provvedimento si limiti, in parte, a fotografare ex post un modello già implementato, per lo meno nelle amministrazioni più efficienti e, in parte, a prevederlo come alternativo (e quindi facoltativo): in ogni caso, giunge in ritardo. 
Sotto il secondo, dal testo dell’art. 29 del decreto, infatti, non appare chiaro quale sarà la normativa da applicare alle installazioni esistenti che svolgono attività già ricomprese all’Allegato I al D.Lgs n. 59/05, per gli eventuali procedimenti di rilascio, rinnovo, riesame o modifica dell’AIA in corso fra il 7 gennaio 2013 e l’11 aprile 2014. 
Inoltre, sulla base delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dello stesso art. 29, cosa succede (id est: quali limiti applicare) se l’autorità competente non conclude i procedimenti, avviati sulla base delle istanze presentate entro il 7 settembre 2014 , entro il 7 luglio 2015? 
La prassi – che come si è fatto cenno, ed evidenziato dallo stesso legislatore, si è trovata costretta a disapplicare alcune norme illogiche – si è dimostrata, infatti e purtroppo, molto più lenta delle tempistiche astratte previste dalla legge. 
Senza considerare il fatto che ogni autorità competente ha provveduto ad organizzarsi a proprio modo, anche modellando l’iter sulla base delle specifiche – ma a volte non meglio precisate – “esigenze locali”….


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