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Affaire Giacomelli: ultimo atto? (parte prima)

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La sentenza che vi propongo oggi (TAR Brescia, sentenza n. 726 del dicembre 2007) è interessante perché tocca un tema di delicata attualità in campo ambientale: quello della “valutazione d’impatto ambientale postuma”, vale a dire dopo la realizzazione dell’opera…

E lo fa ribaltando la sua precedente presa di posizione, confermando i principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Per la ricostruzione in fatto della lunga e complessa vicenda si rimanda alla lettura del testo integrale della sentenza (TAR Brescia, sentenza n. 726/2007).


In questa sede si vuole sottolineare che il TAR Lombardia-Brescia ha applicato i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, riconoscendo la violazione del diritto al domicilio della ricorrente, in relazione al mancato assoggettamento dell’impianto a valutazione d’impatto ambientale (intervenuta postuma, quattordici anni dopo l’avvio dell’esercizio dell’impianto…).


La sentenza in esame, secondo cui
«i giudici nazionali si pronunciano sulle questioni sottoposte alla loro attenzione applicando i principi individuati dalla CEDU e per il resto le norme del diritto interno e comunitario»
si inserisce nel recente orientamento giurisprudenziale e di parte della dottrina che afferma l’immediata vincolatività delle sentenze della Corte europea.

Come ho preannunciato, questa presa di posizione ha, in concreto, condotto il TAR Brescia a smentirsi, seppure implicitamente…

Nella sentenza n. 782 del 2005, infatti, lo stesso TAR Brescia aveva:
  • considerato legittimo il decreto di compatibilità ambientale postumo emanato nel 2004, pur avendo accertato che l’impianto assoggettato a valutazione d’impatto ambientale e la piattaforma nel cui ambito lo stesso era collocato non garantivano un livello di certezza assoluta per la salute umana;
  • sottolineato che è compito dell’amministrazione fissare il livello accettabile di rischio e […] nella specie, la scelta del Ministero dell’ambiente di privilegiare «l’interesse pubblico all’esercizio di un’attività socialmente utile» era da ritenersi legittima perché si trattava di un impianto già in esercizio da molti anni, che rispondeva ad esigenze di interesse nazionale, anche se non garantiva una tutela assoluta del diritto alla salute dei cittadini;
  • affermato che, comunque, il rilascio del provvedimento di VIA ex post, nella specie, era da ritenersi privo di conseguenze, essendo stato, comunque, esercitato il potere pubblicistico in materia di valutazione di impatto ambientale…

Con la sentenza n. 726 del 2007, invece, il TAR Brescia cambia rotta…

Infatti, il Giudice amministrativo lombardo afferma che il mancato svolgimento della valutazione d’impatto ambientale precedentemente al rilascio dell’autorizzazione rappresenta non una mera irregolarità , ma una violazione di legge, «che impedisce ai privati una partecipazione efficace all’azione amministrativa e condiziona le scelte successive della stessa amministrazione».

La valutazione d’impatto ambientale, infatti, si ispira ai principi comunitari di prevenzione e precauzione: un’opera di rilevante impatto ambientale, quindi, potrà essere approvata soltanto in seguito alla valutazione di tutti gli effetti diretti e indiretti che derivano dalla realizzazione dello stesso progetto sull’ambiente.

Quando la valutazione d’impatto ambientale interviene successivamente all’autorizzazione di un impianto – sottolinea il TAR – la funzione di prevenzione degli impatti ambientali negativi si trasforma, come è avvenuto nella specie, in mitigazione delle conseguenze negative di un’attività pericolosa già in esercizio...


Foto: “Dopo il temporale” originally uploaded by martega



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Diritti dell’uomo e libertà fondamentali: l’Affaire Giacomelli (2)

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(segue da)

Se la minaccia è grave, questa può privare una persona del suo diritto perché le impedisce di godere del suo domicilio, anche a prescindere dall’esistenza di un pericolo grave per la salute dell’interessato, come avvenuto, fra gli altri, nei casi riguardanti:
  • il rumore provocato dagli aeroplani dell’aeroporto di Heathrow, che aveva diminuito la qualità della vita provata e i piaceri della casa di ciascun ricorrente (causa Powell et Rayner c. Royaume-Uni);
  • l’inquinamento da rumori e odori di un impianto di depurazione (causa López Ostra c. Espagne), nel quale la Corte ha stimato che “i pregiudizi gravi all’ambiente possono ledere il benessere di una persona e privarla del godimento del suo domicilio in maniera da nuocere alla sua vita privata e familiare, senza peraltro mettere in grave pericolo la salute dell’interessato”.
Per verificare se vi è stata una violazione da parte dello Stato dell’art. in questione, occorre valutare se sia stato perseguito il giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti della collettività e quelli del singolo.
La Corte – cui spetta verificare che il processo decisionale sfociante su delle misure di ingerenza sia equo e rispetti doverosamente gli interessi – prosegue elencando gli element
i procedurali da prendere in considerazione (realizzazione di indagini e studi appropriati; accesso al pubblico a questi studi oltre che alle informazioni; possibilità di presentare ricorso per gli individui coinvolti), e ha accertato che:
  • le autorizzazioni rilasciate in relazione all’impianto di inertizzazione non erano state precedute da uno studio appropriato (la procedura di valutazione di impatto ambientale, infatti, si è conclusa soltanto nel 2004, dopo circa quattordici anni dall’inizio dell’attività dell’impianto);
  • la ricorrente non ha potuto contare su adeguate garanzie procedurali e processuali (l’Amministrazione, infatti, oltre ad avere violato le disposizioni nazionali in materia di Valutazione d'impatto ambientale, non ha eseguito due sentenze amministrative, che avevano disposto la sospensione dell’attività dell’impianto.
In definitiva,
«nonostante il margine di apprezzamento riconosciuto allo Stato convenuto, questi non ha saputo ricercare un giusto equilibrio tra gli interessi della collettività di disporre di un impianto di trattamento dei rifiuti industriali tossici e il godimento effettivo per la ricorrente al rispetto del suo domicilio e della sua vita privata e familiare».
Nel caso in esame, la violazione del diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione è avvenuta in conseguenza della protratta inazione dell’amministrazione, che al mero impegno negativo di astenersi da ingerenze arbitrarie, è positivamente obbligata all’effettivo rispetto della vita privata e familiare.

Si configura, pertanto, una violazione dell’art. 8 in tutte le ipotesi in cui le autorita` nazionali non abbiano provveduto, come nella specie, ad assicurare la tutela dei diritti protetti da tale disposizione della Convenzione.

(continua)




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Diritti dell’uomo e libertà fondamentali: l’Affaire Giacomelli

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Oggi inauguro una serie di post dedicati ad un argomento interessante: l’affaire Giacomelli, relativo ad una fattispecie riguardante il rumore persistente ed le emissioni nocive generati da impianto di stoccaggio e trattamento di “rifiuti speciali” classificati come pericolosi e non pericolosi, situato a trenta metri da una privata abitazione.

I primi due post riguardano la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomoCausa Giacomelli contro Italia, ricorso n. 59909/00). Sez. III sent. 2 novembre 2006.


La causa trae origine dal ricorso che, nel lontano 1998, la signora Giacomelli
presentò alla Commissione europea dei Diritti dell’Uomo ai sensi dell’articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

La ricorrente – che dal 1950 abita in una casa situata nei dintorni di Brescia, a 30 metri da un impianto di stoccaggio e trattamento di “rifiuti speciali” classificati come pericolosi e non pericolosi (gestito dalla Ecoservizi) – si lamentava, in estrema sintesi, della violazione del suo diritto al rispetto del suo domicilio e della sua vita privata garantiti dall’articolo 8 della Convenzione.

Per la ricostruzione in fatto della lunga e complessa vicenda che, dopo l’autorizzazione alla inertizzazione dei rifiuti industriali, ha visto susseguirsi ben tre procedure giudiziarie, e nella quale si evidenziano i passaggi fondamentali delle procedure di impatto ambientale condotte dal Ministero dell’Ambiente, si rimanda alla lettura del testo integrale della sentenza, che potete leggere sul sito di Lexambiente.

I questa sede, vorrei mettere in evidenza la decisione adottata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo.

La sentenza ha ravvisato, nella specie, la violazione da parte dello Stato Italiano, dell’art. 8, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Prima di proseguire, occorre sottolineare che la Corte europea dei diritti dell’Uomo non contiene disposizioni finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente: tuttavia, a partire dagli anni ’70, l’accresciuta sensibilità sociale per le questioni ambientali ha determinato il riconoscimento di un interesse alla protezione dell’ambiente,
«tutelabile attraverso i diritti garantiti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo»: in tal modo è stata perseguita una tutela ambientale anticipata, rendendo possibile «un intervento prima che lo stato dell’ambiente circostante l’individuo sia così degenerato da mettere in pericolo la sopravvivenza di quest’ultimo: indirettamente, per questa via, si rende possibile preservare forme più gravi e irrimediabili di inquinamento ».
Tale principio viene sostanzialmente ribadito anche nella pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2 novembre 2006, che ha affermato che
le minacce al diritto al rispetto del domicilio non riguardano solamente i pregiudizi materiali o corporali, quali l’intromissione nel domicilio di una persona non autorizzata, ma anche i pregiudizi immateriali e incorporei, come i rumori, le emissioni, gli odori e altre ingerenze.



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