Diritti dell’uomo e libertà fondamentali: l’Affaire Giacomelli (2)

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Se la minaccia è grave, questa può privare una persona del suo diritto perché le impedisce di godere del suo domicilio, anche a prescindere dall’esistenza di un pericolo grave per la salute dell’interessato, come avvenuto, fra gli altri, nei casi riguardanti:
  • il rumore provocato dagli aeroplani dell’aeroporto di Heathrow, che aveva diminuito la qualità della vita provata e i piaceri della casa di ciascun ricorrente (causa Powell et Rayner c. Royaume-Uni);
  • l’inquinamento da rumori e odori di un impianto di depurazione (causa López Ostra c. Espagne), nel quale la Corte ha stimato che “i pregiudizi gravi all’ambiente possono ledere il benessere di una persona e privarla del godimento del suo domicilio in maniera da nuocere alla sua vita privata e familiare, senza peraltro mettere in grave pericolo la salute dell’interessato”.
Per verificare se vi è stata una violazione da parte dello Stato dell’art. in questione, occorre valutare se sia stato perseguito il giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti della collettività e quelli del singolo.
La Corte – cui spetta verificare che il processo decisionale sfociante su delle misure di ingerenza sia equo e rispetti doverosamente gli interessi – prosegue elencando gli element
i procedurali da prendere in considerazione (realizzazione di indagini e studi appropriati; accesso al pubblico a questi studi oltre che alle informazioni; possibilità di presentare ricorso per gli individui coinvolti), e ha accertato che:
  • le autorizzazioni rilasciate in relazione all’impianto di inertizzazione non erano state precedute da uno studio appropriato (la procedura di valutazione di impatto ambientale, infatti, si è conclusa soltanto nel 2004, dopo circa quattordici anni dall’inizio dell’attività dell’impianto);
  • la ricorrente non ha potuto contare su adeguate garanzie procedurali e processuali (l’Amministrazione, infatti, oltre ad avere violato le disposizioni nazionali in materia di Valutazione d'impatto ambientale, non ha eseguito due sentenze amministrative, che avevano disposto la sospensione dell’attività dell’impianto.
In definitiva,
«nonostante il margine di apprezzamento riconosciuto allo Stato convenuto, questi non ha saputo ricercare un giusto equilibrio tra gli interessi della collettività di disporre di un impianto di trattamento dei rifiuti industriali tossici e il godimento effettivo per la ricorrente al rispetto del suo domicilio e della sua vita privata e familiare».
Nel caso in esame, la violazione del diritto riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione è avvenuta in conseguenza della protratta inazione dell’amministrazione, che al mero impegno negativo di astenersi da ingerenze arbitrarie, è positivamente obbligata all’effettivo rispetto della vita privata e familiare.

Si configura, pertanto, una violazione dell’art. 8 in tutte le ipotesi in cui le autorita` nazionali non abbiano provveduto, come nella specie, ad assicurare la tutela dei diritti protetti da tale disposizione della Convenzione.

(continua)