Oggi inauguro una serie di post dedicati ad un argomento interessante: l’affaire Giacomelli, relativo ad una fattispecie riguardante il rumore persistente ed le emissioni nocive generati da impianto di stoccaggio e trattamento di “rifiuti speciali” classificati come pericolosi e non pericolosi, situato a trenta metri da una privata abitazione.
I primi due post riguardano la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomoCausa Giacomelli contro Italia, ricorso n. 59909/00). Sez. III sent. 2 novembre 2006.
La causa trae origine dal ricorso che, nel lontano 1998, la signora Giacomelli presentò alla Commissione europea dei Diritti dell’Uomo ai sensi dell’articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.
La ricorrente – che dal 1950 abita in una casa situata nei dintorni di Brescia, a 30 metri da un impianto di stoccaggio e trattamento di “rifiuti speciali” classificati come pericolosi e non pericolosi (gestito dalla Ecoservizi) – si lamentava, in estrema sintesi, della violazione del suo diritto al rispetto del suo domicilio e della sua vita privata garantiti dall’articolo 8 della Convenzione.
Per la ricostruzione in fatto della lunga e complessa vicenda che, dopo l’autorizzazione alla inertizzazione dei rifiuti industriali, ha visto susseguirsi ben tre procedure giudiziarie, e nella quale si evidenziano i passaggi fondamentali delle procedure di impatto ambientale condotte dal Ministero dell’Ambiente, si rimanda alla lettura del testo integrale della sentenza, che potete leggere sul sito di Lexambiente.
I questa sede, vorrei mettere in evidenza la decisione adottata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo.
La sentenza ha ravvisato, nella specie, la violazione da parte dello Stato Italiano, dell’art. 8, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Prima di proseguire, occorre sottolineare che la Corte europea dei diritti dell’Uomo non contiene disposizioni finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente: tuttavia, a partire dagli anni ’70, l’accresciuta sensibilità sociale per le questioni ambientali ha determinato il riconoscimento di un interesse alla protezione dell’ambiente,
«tutelabile attraverso i diritti garantiti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo»: in tal modo è stata perseguita una tutela ambientale anticipata, rendendo possibile «un intervento prima che lo stato dell’ambiente circostante l’individuo sia così degenerato da mettere in pericolo la sopravvivenza di quest’ultimo: indirettamente, per questa via, si rende possibile preservare forme più gravi e irrimediabili di inquinamento ».
Tale principio viene sostanzialmente ribadito anche nella pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2 novembre 2006, che ha affermato che
le minacce al diritto al rispetto del domicilio non riguardano solamente i pregiudizi materiali o corporali, quali l’intromissione nel domicilio di una persona non autorizzata, ma anche i pregiudizi immateriali e incorporei, come i rumori, le emissioni, gli odori e altre ingerenze.
(continua)