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Utilizzo di Pet Coke nella cava di Bernezzo in provincia di Cuneo

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Nel post di oggi parliamo di una vicenda "locale" che costituisce l'esempio classico di quanto accade in tanti altri angoli del nostro Paese. Succede a Bernezzo, in provincia di Cuneo, dove il paese si divide sulla richiesta, da parte dell’azienda Unicalce, di cambiare il combustibile utilizzato per un forno già esistente passando dal metano al pet coke.

La vicenda: la Unicalce come dicevamo decide di convertire un suo forno già alimentato a metano. Dopo sette lunghi anni di attesa per avere un nuovo forno da utilizzare in azienda - aspettando l'autorizzazione da parte della Provincia che arriva solo qualche mese fa - ora, complice la crisi, lo stabilimento di Bernezzo non ha bisogno di un forno in più ma ritiene più utile convertire uno dei due già esistenti. Da questa considerazione è partito lo studio per verificare quale carburante potesse essere più utile e compatibile con la lavorazione e l'ambiente circostante.Dunque, cambiato il mercato, l'azienda ha cercato soluzioni alternative al forno in più, decidendo così di sostituire l'attuale combustibile a metano con uno meno caro ma di uguale resa, se non superiore.La ricerca è caduta sul Pet coke anche dopo aver valutato altre alternative, come la biomassa.Il Pet è un combustibile che viene utilizzato già negli stabilimenti Unicalce, per esempio a Lecco, dove l'impianto è stato costruito proprio sopra la città.

La reazione: gli abitanti di Bernezzo sono preoccupati per l'impatto ambientale che questa conversione potrebbe avere sulla qualità della vita e della attività produttive (coltivazioni biologiche, imprese turistiche) dei cittadini. Alcuni di questi si sono organizzati con petizioni online, raccolta firme, coinvolgendo partiti ed esponenti della politica.
In mezzo, a chiedere di attendere il responso degli enti decretati ad una valutazione di impatto ambientale, il sindaco del paese Laura Vietto – sostenuto da tutti quelli della vallata – e il presidente dell’Unione industriale della Granda, Franco Biraghi. Entrambi sostengono che: “le aziende sono di fondamentale importanza per lo sviluppo economico e sociale del territorio e le valutazioni tecniche in materia di inquinamento vanno lasciate agli enti preposti, vale a dire Arpa e Provincia”. 
In luglio è arrivata l'opinione dell'Arpa che, nella sua relazione inviata come risposta al progetto presentato da Unicalce, non ha richiesto la Valutazione di Impatto Ambientale escludendo la possibilità per le istituzioni locali (Comune e Provincia) di poter rappresentare l’opinione dei cittadini in merito alla decisione dell’Azienda di utilizzare un combustibile che fino al 2002 veniva considerato un rifiuto.
Dal canto suo l'Arpa, già lo scorso febbraio aveva stilato un rapporto a riguardo, concludendo in questo modo: "considerate le valutazioni effettuate, si possono ragionevolmente definire irrilevanti gli impatti sull’ambiente dovuti alla variante al progetto autorizzato dell’impianto Unicalce di Bernezzo". A fine giugno, dopo ulteriori accertamenti e analisi, è arrivata anche la comunicazione in merito alla necessità o meno di procedere con la V.I.A. o valutazione di impatto ambientale.
Nel documento si conclude che: "Considerati i flussi massicci di inquinanti in gioco, le caratteristiche del combustibile proposto, le risultanze preliminari della modellistica diffusionale analizzata, i requisiti associati all'applicazione delle Migliori Tecniche Disponibili del settore della calce, l'esperienza accumulata in merito all'utilizzo di analogo combustibile solido in un contesto territoriale di competenza dello scrivente Dipartimento, si ritiene che il progetto possa essere compiutamente analizzato e valutato nell'ambito degli iter amministrativi di RIESAME di AIA cui il progetto verrà sottoposto ai sensi della Direttiva IED sulle emissioni industriali, e che pertanto possa essere, a meno di diverse indicazioni da parte dì codesta Amministrazione, escluso dalla fase di Valutazione".
Quanto riportato rimane valido a condizione che, nell'ambito delle procedure autorizzative di cui sopra, vengano affrontati seguenti temi:
a) rettifica degli errori materiali ravvisati nello studio diffusionale sugli inquinanti aerodispersi;
b) valutazione degli inquinanti CO e COT e completo raccordo con i livelli emissivi associati all'uso delle Migliori Tecniche Disponibili (BAT Conclusione)
c) rivisitazione del tenore di ossigeno di riferimento per gli inquinanti emessi dai forni di cottura e della tempistica di riferimento (oraria -> giornaliera)
d) perseguimento di un bilancio emissivo meno sfavorevole attraverso: - minimizzazione delle emissioni di ossidi di azoto dal forno interessato dall'uso di petcoke - logiche compensative da realizzarsi sui limiti emissivi di altri parametri inquinanti e/o di altri impianti dello stabilimento - ricerca di configurazioni produttive che possano limitare l'impatto aggiuntivo derivante dall'uso del combustibile solido (stagionalità o periodicità favorevoli alla dispersione degli inquinanti, ecc..)
e) verifica dell'opportunità dell'eventuale dotazione di Sistema di Monitoraggio in Continuo delle emissioni (SME).
Insomma, l'ARPA emette un sì condizionato; tuttavia se per l'Arpa gli impatti sull'ambiente di questa conversione sono irrilevanti,  ora la palla passa all'Ente Provincia, l'unico che potrebbe, allo stato attuale, richiedere la Valutazione d'Impatto Ambientale.
La legge attribuisce specifica competenza in materia di rilascio dell’autorizzazione in questione alla Regione o al soggetto da essa delegata, la provincia di Cuneo nel caso specifico. Il relativo procedimento di rilascio dell’autorizzazione prevede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti, anche nell’ambito di una specifica conferenza di servizi, ma tra questi soggetti non figura il Ministero dell’Ambiente, che non ha dunque facoltà di intervenire nello specifico procedimento, né di sindacare sull’operato dell’autorità competente. Peraltro nel merito il problema appare mal posto, poiché il PET Coke è un combustibile ammesso dalla norma, pertanto non pare legittimo vietarne a priori l’impiego. In base alla normativa vigente invece, nel corso dell’istruttoria presso la competente provincia di Cuneo, verrà effettuata la dovuta analisi sulle prestazioni (e in particolare sui livelli di emissione di inquinanti) che l’installazione deve garantire, a prescindere dal tipo di combustibile impiegato, prestazioni che dovranno di norma conformarsi ai livelli di emissione (BAT-AEL) specificamente fissati per i cementifici dal documento comunitario “Conclusioni sulle BAT” del marzo 2013. Si tratta di una tematica molto delicata, che per essere affrontata necessita di un esame approfondito di tutti gli aspetti ambientali, ivi compresi, soprattutto, quelli di diritto. Natura Giuridica, studio di consulenza ambientale integrata, offre ai suoi clienti una gamma completa di servizi nel settore ambientale. Per contatti, per farvi aiutare nella difesa collegarsi al sito di Natura Giuridica, che da quasi 15 anni si occupa di consulenza in tutti i settori del diritto dell'ambiente. E soprattutto di diritto all'ambiente.


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Campionato solare termico 2011

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Lo scorso 22 settembre sono stati presentati a Bolzano i vincitori della competizione annuale di Legambiente Campionato Solare Termico. I comuni di Terento (BZ), Torre San Giorgio (CN) e Prato allo Stelvio (BZ) sono i primi tre classificati, premi speciali invece a Vaiano e Padova per i migliori progetti locali. 

Il Campionato Solare seleziona ogni anno le città più virtuose in materia di fotovoltaico e solare termico: i vincitori sono dunque i comuni “più solari” d’Italia, quelli più avanti nella rivoluzione energetica che il solare consente di realizzare come alternativa alle fonti fossili.

I criteri alla base della classica sono molteplici e tengono conto di diversi fattori, perché mettono in luce i risultati più importanti realizzati nei Comuni in termini di risposta del solare ai fabbisogni delle famiglie (elettricità e acqua calda sanitaria, riscaldamento delle case) e sono elaborate in funzione della popolazione residente, proprio perché diverse sono le situazioni nei grandi, medi e piccoli comuni. Inoltre, punteggi “bonus” sono assegnati ai comuni che hanno favorito lo sviluppo del solare attraverso precise politiche energetiche, come i Regolamenti Edilizi, e per progetti energetici realizzati in aree degradate o soggette a bonifica e sono “premiati” gli impianti fotovoltaici su tetti o coperture rispetto a quelli a terra, proprio perché una delle opportunità del solare consiste nell’avvicinare domanda e produzione di energia. 

  1. A Terento, primo classificato, sono collocati ben 186 impianti distribuiti tutti su tetti e coperture. In questo piccolo comune altoatesino, il contributo del fotovoltaico copre al 100% i fabbisogni elettrici delle famiglie residenti, grazie a 834 kW di impianti fotovoltaici installati, mentre sono 1.800 i mq impianti termici che permettono ridurre sensibilmente le bollette delle famiglie. 
  2. A Torre San Giorgio, in provincia di Cuneo, sono installati 3,3 MW fotovoltaici, con una crescita di ben 2,6 MW solo nell’ultimo anno, e 1.556 mq di pannelli solari termici di cui 1.000 su un originale impianto a parete verticale di un’azienda locale. 
  3. Prato allo Stelvio può vantare 1.100 mq di pannelli solari termici e 5,6 MW di impianti fotovoltaici distribuiti in 99 impianti, e grazie al suo articolato e integrato sistema di impianti da fonti rinnovabili è al 100% rinnovabile sia per la parte elettrica che per la parte termica. 
Come si diceva, 2 premi speciali sono andati, per l’impegno e le scelte effettuate, al Comune di Padova per il progetto di solarizzazione degli edifici comunali, che ha portato a installare 52 impianti, e al Comune di Vaiano (Po), per il progetto di un impianto fotovoltaico integrato realizzato in una ex discarica. 

Il Campionato Solare è una competizione tra comuni, nata allo scopo di diffondere la cultura del solare termico e fotovoltaico nei territori italiani. E’ curato da Legambiente e realizzato in collaborazione con la Fiera Klimaenergy di Bolzano, dove sono stati presentati appunto i risultati dell’edizione 2011, e alla quale hanno partecipato 3.921 comuni italiani (il 48,4% del totale), ossia quelli che ospitano sia impianti solari termici che fotovoltaici. 
Non necessariamente si tratta di piccoli comuni (2.260 dei comuni partecipanti hanno meno di 5.000 abitanti), perché 1.276 sono comuni medi (tra 5.001 e 20.000 abitanti), 341 sono medio grandi (con un numero di abitanti compreso tra 20 mila e 100 mila) e ben 44 sono grandi comuni (> 100.000 mila abitanti). 



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Quali regole per le rinnovabili in Puglia?

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Molti di voi mi chiamano dalla Puglia, per chiedermi un parere su come fare a realizzare un impianto alimentato ad energia rinnovabile nella Regione.

Quali sono le regole per richiedere l’autorizzazione unica per il fotovoltaico o l’eolico in Puglia – mi chiedete – e quali sono le esenzioni?

Esistono dei vincoli inderogabili, e quali possibilità ci sono di realizzare fotovoltaico in zona agricola?, sono le domande più gettonate.

L’ultima, in ordine cronologico, ha riguardato l’installazione di impianti eolici di 60 Kw di potenza nella provincia di Foggia, e riguardava la possibilità, e le modalità, di chiedere la DIA, denuncia di inizio attività, le regole da seguire nel caso della realizzazione di più generatori sullo stesso suolo, la distanza fra le pale eoliche, le dimensioni massime ammissibili, e via discorrendo.


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Rinnovabili e Territorio

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Con gli incentivi per la costituzione di impianti energetici da fonti rinnovabili, in Italia è partito un nuovo green business che ha coinvolto aziende energetiche, imprese, possessori di terreni  ed aree destinate ad ospitare gli impianti. Come cambia l'aspetto e l'economia dei territori, penso per esempio alle campagne ai piccoli comuni ai borghi, con l'avvento dell'economia verde?

Bisogna contestualizzare lo sviluppo delle rinnovabili con altri fattori di cambiamento: gli Enti Locali toccheranno a breve con mano cosa vuol dire federalismo fiscale, applicato al gettito  fiscale che è sempre provenuto dallo Stato.  Il cambiamento, in particolare, si innesta sulla situazione finanziaria attuale di Regioni, Province e Comuni, e ciò genererà una vasta gamma di effetti, forse non facilmente prevedibili.
Da una parte infatti vi sono enti locali con una situazione finanziaria stabile e virtuosa, che potranno permettersi di porre in essere gli investimenti necessari per produrre altro reddito, e dunque altri servizi per i cittadini; dall'altra, ci sono i tanti enti con pessime situazioni finanziare di partenza, a cui non rimarrà che vendere / affidare in gestione beni e servizi per fare cassa, ed anche alla svelta.
Molti incentivi per impianti fotovoltaici che stimolano imprese medie e medio- grandi ad acquistare o affittare vaste aree (demaniali piuttosto che private), in questo caso soprattutto agricole, per la realizzazione degli impianti stessi.

Dall'altra, si sta sviluppando un nuovo affare legato allo sfruttamento delle biomasse agricole a fini energetici: si tratta di una buona occasione di integrazione del reddito per le imprese agricole, che hanno la possibilità di sfruttare una parte delle loro colture, scarti organici - e a breve anche liquami e scarti derivanti dalla zootecnìa - per produrre energia.
Voglio inserire in questo calderone anche il federalismo fiscale che ho prima citato: mi riferisco in particolare al trasferimento di una interessante fetta di patrimonio immobiliare statale agli Enti Locali, il cd federalismo demaniale.
Che cosa accadrà, nel medio - lungo periodo, all' Italia dei Comuni?


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Risorse locali e piccoli comuni: verso quali orizzonti incamminarci?

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Come vi ho annunciato qualche giorno fa ("Festa nazionale Borghi autentici 2010"), dal 25 al 27 di Giugno si svolge la terza festa nazionale dei Borghi Autentici d’Italia, associazione di piccoli comuni italiani che fanno delle molteplici sostenibilità il loro cavallo di battaglia, nella costruzione di un futuro migliore, più equo e sostenibile.
Associazione con la quale collaboro, in qualità di consulente legale ambientale, dal 2008.

Ieri si sono aperte le danze, e nell’incontro pubblico “Federalismo, risorse locali e piccoli comuni: guardare alle possibilità di sviluppo dalla parte dei piccoli” c’erano, come ospiti, niente popò di meno che il Presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, la Presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia, l’onorevole Giovanna Melandri e il Dott. Mauro Guerra, responsabile ANCI piccoli comuni, oltre che il Presidente di BAI, il Sindaco di Sauris Stefano Lucchini.

Ottima iniziativa, per portare avanti discorsi interessantissimi, oltre che di vitale importanza, in un periodo in cui si parla – non sempre sulla base di dati precisi, ma in compenso su quella di decisioni frettolose, monche e contraddittorie – di tagli alla spesa pubblica, di tagli agli Enti locali, di province magnone, di Comuni troppo piccoli per essere efficienti.
Un periodo di crisi, in cui le piccole realtà locali potrebbero fungere da traino, da esempio. Da motore per una crescita sostenibile.

Benissimo, finalmente sentiamo parlare di qualcosa di concreto ed interessante, mi sono detto, che premia gli sforzi fatti per avere un parterre come questo…


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Klimaenergy 2009: progetti di sostenibilità

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I successivi interventi, sui quali mi soffermo velocemente, hanno parlato:

1) del progetto Masdar, che in arabo significa sorgente: una città costruita ex novo nel deserto della penisola arabica, nato dall’esigenza di fare in modo che Abu Dhabi, quando finirà – perché finirà presto – l’era del petrolio, possa rimanere fra i più importanti produttori di energia a livello mondiale;

2) del rapporto sui comuni rinnovabili nel 2009, il cui obiettivo consiste nel verificare, ed analizzare, cosa sta succedendo: quali sono gli effettivi indirizzi della politica energetica nel nostro Paese? Ci sono stati dei miglioramenti? C’è stato qualche risultato concreto?
Individuando i punti deboli (e ce ne sono parecchi, anche se occorre sottolineare le realtà da emulare: Dobbiaco, Campo Tures, Prato allo Stelvio, Brunico, Vipiteno, tutti in Trentino Alto Adige…), è possibile porsi obiettivi realizzabili e credibile per il futuro;
3) degli aspetti tecnici e gestionali dell’impianto di teleriscaldamento a biomassa di Prato allo Stelvio, un Comune di 3300 abitanti, di cui 1055 soci del consorzio, fra i quali viene “distribuito” 91% dell’energia prodotta;

4) dei tre anni di esperienza di esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica dai rifiuti organici urbani;

5) del funzionamento di un impianto di biogas ideato per rendere efficienti le prestazioni energetiche di impianti di piccola taglia (di solito meno performanti di quelli di grandi dimensioni ed automatizzati, e tuttavia inadatti per essere utilizzati in piccoli contesti), e aumentare la loro durata utile;

6) dei motivi per i quali la gassificazione delle biomasse è utile, nonostante la perdita di circa il 30% della potenza energetica in ingresso: facilità di trasporto e di distribuzione, sostanzialmente;

7) del funzionamento del motore Stirling per la gassificazione del cippato e la cogenerazione;

8) delle esperienze nell’ambito del raffrescamento termico nell’industria e nel terziario: una tecnologia molto più performante nella produzione di raffreddamento rispetto ai classici sistemi che utilizzano la compressione;

9) delle prospettive del solare termico in Italia, un settore in crescita, che per espandersi ulteriormente ha bisogno di incentivi, della garanzia di una quota minima di solare termico negli edifici, della semplificazione delle procedure amministrative, di qualità (non solo del prodotto finale ma anche degli installatori) del miglioramento della comunicazione sulle potenzialità della tecnologia e, infine, e soprattutto, di ricerca;

10) di calore di processo da solare termico: il 30 % del totale dell’energia prodotta è consumata dal settore industriale; di questo 30%, il 70 % è consumo di calore, non di elettricità. Il calore inferiore ai 100 gradi è di gran lunga quello preponderante (circa il 60%): il solare termico, in questo scenario, può contribuire sensibilmente alla produzione di tale tipologia di calore per usi industriali;

11) delle esperienze “rinnovabili” di COOP, A22 e Geovest.

In definitiva, un convegno che ha (di)mostrato che "si può fare" una politica energetica sostenibile, credibile, autorevole.

Basta veramente poco: un po' di lungimiranza, di costanza, di applicazione, di coerenza.
Valori forse non così appetibili, nel nostro mondo usa e getta, del "tutto subito", dominato da un manicheismo strisciante, da un fiume di parole "celebrative del nulla", da sterili quanto dannose contrapposizioni (pseudo)ideologiche...e da un ambientalismo bigotto, asservito a quel potere o a quel colore...

Di sicuro, gli unici a essere in grado "di consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità"...

Foto: “Bozen - Bolzano (Südtirol)” originally uploaded by designladen.com



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Amministrazioni sostenibili: la strategia concreta di Campo Tures

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L’importanza del coinvolgimento e della successiva partecipazione dei cittadini ai progetti di sostenibilità ambientale è stata sottolineata anche dal Sindaco di Campo Tures, che ha messo in evidenza il ruolo di "evangelist"che i cittadini possono svolgere nella diffusione della cultura della sostenibilità, se si creano le opportune sinergie e si alimenta l’entusiasmo partecipativo.



Il progetto dell’amministrazione comunale di Campo Tures è ambizioso: diventare un Comune libero da emissioni di CO2.
Per questo motivo, come si è visto per il caso di Wildpoldsried,


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Progetti energetici per enti pubblici e comuni: concretezza, condivisione, coerenza energetica

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Nella sua introduzione, il rappresentante dell’Ecoistituto di Bolzano (Dietmar Überbacher, Ökoinstitut Südtirol, Alto Adige, Bolzano), moderatore della sessione mattutina, ha sottolineato l’importanza di cambiare la politica energetica (anche) nel nostro Paese, ponendo l’accento, in particolar modo, sulle problematiche connesse al prossimo, inevitabile e progressivo esaurimento delle fonti fossili, sui cambiamenti climatici, sull’inquinamento, sulle politiche agricolo-alimentari e sulle non irrilevanti conseguenze sociologiche.

Al di là delle diverse stime sulla durata massima della dipendenza dai combustibili fossili (c’è chi parla di 40 anni, chi si spinge fino a 70) e delle disquisizioni sull’avvenuto – o meno – raggiungimento del picco della produzione di petrolio in alcuni Paesi, la questione di fondo non cambia: occorre cambiare rotta, e liberarsi progressivamente dalla dipendenza energetica dalle fonti non rinnovabili, non più sostenibile, in un quadro politico-economico-sociale mondiale che vede cresce esponenzialmente la domanda di energia.


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Res Publica: pianificazione energetica sostenibile

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Nei precedenti post dedicati agli eventi di Energethica 2009 cui ho partecipato nella giornata del 5 marzo 2009 ho parlato di quanto avvenuto nel corso del convegno “Il FV nel 2009: prospettive di sviluppo e strumenti finanziari”.

Con quest’ultimo post voglio invece riassumere quanto detto nel corso del Convegno del pomeriggio promosso dalla Provincia di Genova e Muvita (“Dal progetto Res Pubblica alla Rete delle Province Energeticamente Sostenibili: la pianificazione energetica”).

Nella sua introduzione, l’assessore provinciale di Genova Briano ha messo in evidenza l’importanza della rete delle province energeticamente sostenibili, che il 5 marzo 2009 si è riunita per la terza volta, dopo i precedenti incontri di Rimini e Modena.
Cos’è Res Publica?

Una rete che ha capito l’importanza essenziale della trasversalità necessaria fra ambiente e pianificazione territoriale, e si adopera affinché dalle parole si passi ai fatti: occorre far parlare fra di loro i vari “settori politici” e gli assessorati, al fine di una sempre maggiore integrazione delle rispettiva politiche.
In quest’ottica, diventano fondamentali il confronto e lo scambio costante di informazioni, soluzioni adottate, esperienze realizzate sul campo.



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Legambiente Bra - Comunicato stampa

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Oggi ospito un altro comunicato stampa inviatomi dal Presidente del circolo di Legambiente di Bra, Gianni Rinaudo: "Comunicato n. 4 - rettifica ed integrazione del comunicato n. 3 - 2009 sulle polveri fini respirate dai braidesi; Bra, 1 marzo 2009 ore 19,50"

Nel mese di febbraio 2009, fino al giorno 23, la percentuale di polveri nell'aria è stata nuovamente di ben 75,5 mcg di media.
I giorni che hanno superato la media giornaliera consentita (50mcg per la legge) sono stati 16 con punte di 116 mcg il 19 febbraio e 120mcg il 20 febbraio. Come in gennaio 2009, i braidesi hanno respirato polveri più del 50% consentito dalla legge.
Anche nel mese di febbraio 2009 tre giorni non sono stati monitorati, era già stato così nel mese di gennaio, quindi non sono leggibili i dati di 6 giorni, delle pm10 braidesi, dal 1 gennaio 2009 al 23 febbraio 2009).

Ai Braidesi, poi, i dati vengono da sempre resi noti dopo almeno 7 o 10 giorni. Non è così a Cuneo ed in molte altre città del Piemonte.
A Bra dal primo gennaio 2009 al 23 febbraio 2009 i giorni in cui si è superato la media consentita dalla legge sono stati 40. Un bel record. Si ricorda ancora una volta, al distratto lettore, che di 6 giorni in questo periodo, 1 gennaio 2009 - 23 febbraio 2009, non compaiono i dati.

Tanto per consolarci:
- ad Alba la media delle polveri sottili nell'aria nel mese di febbraio 2009, fino al giorno 23, è stata di 50 mcg. Ben 25 punti in meno di Bra.
- Torino (oltre un milione di abitanti, il centro urbano di Bra - dal quartiere Madonna Fiori a quello Oltreferrovia - ne ha appena 20mila) al 19 febbraio 2009 su 50 giorni monitorati ha 41 superamenti (centralina Grassi); Alessandria ha 38 superamenti, Vercelli 20, Novara 23, Cuneo 7, Verbania 1)
Bra dal primo gennaio 2009 al 23 febbraio 2009, su 48 giorni monitorati, ha 40 superamenti giornalieri del limite di legge.

Certamente la pressione atmosferica come in tutti gli inverni, da quando è mondo, sia con l'inquinamento che senza l'inquinamento, è la medesima e quindi non ha senso scaricare la responsabilità su questo fenomeno naturale.
La causa dell'inquinamento atmosferico, nelle città, in genere è data come tutti sanno dalle emissioni provocate dall'attività umana.
A Bra, in questi anni, le realtà che hanno migliorato le loro emissioni in atmosfera sono state le aziende, anche quelle dei laminati. Che se ne dica è così. Certo il controllo e la crescita tecnologica sono sempre auspicabili.


Noi che con determinazione ci siamo occupati della questione riteniamo che sia stata ottima la soluzione di non più far bruciare il polverino in viale Industria, come grazie all'AIA - autorizzazione integrata ambientale - è stato ed è in itinere anche il miglioramento delle cosiddette emissioni diffuse.
Sul fronte del riscaldamento diversi condomini nel centro di Bra sono passati dall'utilizzo del gasolio al metano. Bene.
Non parliamo poi delle eccellenze legate all’uso della geotermia, del solare … per noi è tutto grasso che cola.

Non è invece migliorata in modo veramente significativo la viabilità di Bra. Tutti sanno infatti che grande responsabilità dell'inquinamento urbano, ovunque nel mondo, ce l'hanno le automobili. A Bra, dove l'aria è mediamente quasi ferma a causa della scarsa ventilazione, le emissioni delle auto sono un veleno garantito e continuo per tutti i nostri polmoni.

La nostra tangenziale ovest continua a non venire completata. Male, malissimo.
Nel centro di Bra è pericolosissimo usare la bicicletta. Infatti mentre la città di Saluzzo ha tolto l'ultimo semaforo e così si procede in quasi tutte le città della Granda, basta farsi un giro ad Alba, da noi ben 9 semafori continuano ad imperare, ad inquinare ed ad impedire d'usare normalmente la bicicletta. Complimenti.

In certe ore della giornata c'è da provare vergogna ad andare a piedi in città, è una vera camera a gas. Chi dobbiamo attendere perchè il buon senso illumini tecnici ed amministratori del nostro Municipio e tale scempio della nostra aria abbia fine?

Informiamo che esistono strumenti manuali assai affidabili per la misurazione del pm10, delle polveri fini. L’ultima assemblea dei soci del nostro circolo ha approfondito ulteriormente la questione e si sta procedendo verso una scelta congrua al fine di dimostrare quante polveri sottili i cittadini che camminano per il centro di Bra sono costretti a respirare.

Per il Circolo Legambiente Bra
Il pres Gianni Rinaudo

Foto: "tomatoes semaphore"originally uploaded by HiSpAnIcO[reloaded]



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Stop al consumo di territorio

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Sul sito del movimento Stop al consumo di territorio i promotori sottolineano che
l’Italia è un paese meraviglioso. Ricco di storia, arte, cultura, gusto, paesaggio.Ma ha una malattia molto grave: il consumo di territorio.
Un cancro che avanza ogni giorno, al ritmo di quasi 250 mila ettari all’anno.
Dal 1950 ad oggi, un’area grande quanto tutto il nord Italia è stata Seppellita sotto il cemento.
Il c.d. “limite di non ritorno”, è sempre più vicino.
Ma – per italica abitudine (o convenienza….e in alcuni casi anche per assuefazione al peggio…) nessuno ne parla…

Il mix “mortale “ fatto di mancanza di informazione e di pilotata disinformazione costituiscono uno dei peggiori mali di un consumismo (che consuma anche territorio) al quale, se non viene posto un freno, rischiamo di soccombere…“quasi” senza accorgercene…

Per fortuna che c’è chi lotta, in nome di valori che riguardano tutti, e che tutti dovrebbero, pro quota, contribuire a salvaguardare…

Pervasi di cultura sostenibile, i promotori di “Stop al consumo di territorio” stanno utilizzando ogni tipo di mezzo per diffondere i sacrosanti principi di cui si sono fatti portatori.

Oltre alla tradizionale partecipazione ai numerosi eventi organizzati in materia di ambiente (io li ho conosciuti a Bra, durante la premiazione AICA), il loro canale di informazione privilegiato è la rete

Hanno appena fondato un gruppo su Facebook, che conta ormai già 3288 iscritti; e 1668 sono coloro che si sono registrati sul sito del movimento.

Sabato 14 febbraio 2009 è stata organizzata la presentazione del movimento di opinione per salvare i suoli rimasti agricoli e boschivi: perche' si costruisca, si conservi e si ristrutturi nell'ambito del patrimonio edilizio esistente.

Di seguito riporto il programma della manifestazione: "Stop al consumo di territorio"

Assemblea-dibattito di Alba
Sabato 14 Febbraio 2009, ore 16
presso la Sala Beppe Fenoglio
in via Maestra
(Via Vittorio Emanuele,19)


Modera Roberto Cavallo della Coop. Erica

Parteciperanno:

Elio Sabena, Gino Scarsi, Beppe Marasso, Gianni Rinaudo e
Flavia Bianchi, Responsabile del Settore Territorio di Legambiente Piem.
Primi firmatari del manifesto nazionale del neonato Movimento “Stop al Consumo di Territorio”;

Francesco Vallerani docente di Geografia presso l'Università di Venezia Ca' Foscari si è occupato recentemente non solo delle relazioni tra il declino dei paesaggi e l'angoscia sociale, ma anche di strategie per il recupero ambientale

Giorgio Ferrero - Ex Presidente Coldiretti Piemonte, Componente CNEL Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

Tutta la cittadinanza e’ invitata a partecipare

Maggiori informazioni su: www.stopalconsumoditerritorio.it - www.altritasti.it




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Legambiente Bra. Polveri sottili – Comunicato stampa

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Oggi ospito un comunicato stampa – inviatomi dal Presidente del Circolo di Legambiente di Bra, Gianni Rinaudo – relativo ai dati sulle polveri sottili nella città piemontese.
Comunicato stampa n.1 2009 sulle polveri fini respirate dai braidesi Bra, 8 febbraio 2009

Nel mese di gennaio 2009 considerate le nevicate, la pioggia ecc... la percentuale di polveri nell'aria è stata di ben 75,5 mcg di media.
Questo dato che supera di oltre il 50% per cento il limite giornaliero consentito dalla legge sembra impossibile a parere di chi segue questi fenomeni atmosferici da ormai 7 anni, in modo continuo.
Quindi se non fosse nevicato e piovuto la nostra braida sarebbe diventata una vera camera a gas. Altro che miglioramento.
Inoltre nel mese di gennaio 2009 quattro giorni non sono stati monitorati, ovvero non compare il dato nel sistema web a cui si attingono queste informazioni.
Si ricorda che ai Braidesi i dati vengono da sempre resi noti dopo almeno 7 o 10 giorni. Non è così a Cuneo ed in molte altre città del Piemonte. Ad Alba la media delle polveri sottili nell'aria nel mese di gennaio 2009 è stata di 59mcg. Ben 16 punti in meno di Bra.
Altro dato su cui riflettere e che nessuno ha portato alla conoscenza dei cittadini è che nel mese di dicembre 2008 i giorni analizzati per quanto riguarda il pm10 sono stati appena 9 su 31. Quindi di 22 giorni non si sa quante polveri i braidesi hanno respirato.
Scorrendo tutto il sistema che comunica questi dati ai cittadini piemontesi non ci pare d'aver trovato altre centraline così poco efficienti come quella di via Piumati, relativamente al dicembre 2008. Di tale mancanza di dati sul pm10 di dicembre 2008 si potrà avere un giorno una qualsiasi spiegazione?
Forse, quindi, la media annuale su Bra riportata dalla Regione non può ritenersi attendibile.
I soli giorni analizzati del dicembre 2008 sono il 5 con 67mcg; il 13 con 53mcg;il 14 con 22mcg; il 17 con 39mcg;il 18 con 46mcg;il 19 con 67mcg;il 20 con 57mcg; il 21 con 52 mcg; il 30 con 58mcg.
Il tutto per una media di 51. Anche solo in 9 giorni si sfora il limite di legge, di poco ma si supera. E' bene ricordare che forse le fabbriche cittadine in questo periodo erano chiuse.
Infatti mentre la città di Saluzzo ha tolto l'ultimo semaforo e così si procede in quasi tutte le città della Granda; basta farsi un giro ad Alba, da noi ben 9 semafori continuano ad imperare, ad inquinare ed ad impedire d'usare normalmente la bicletta. Complimenti.
In certe ore della giornata c'è da provare vergogna ad andare a piedi in città, è una vera camera a gas.
Chi dobbiamo attendere perchè il buon senso illumini tecnici ed amministratori del nostro Municipio e tale scempio della nostra aria abbia fine?
Informiamo che esistono strumenti manuali assai affidabili per la misurazione del pm10, delle polveri atmosferiche. Stiamo progettandone l'acquisto al fine di dimostrare quante polveri sottili i cittadini che camminano per il centro di Bra sono costretti a respirare.

Per il Circolo Legamb Bra
Il pres Gianni Rinaudo


Foto: "tomatoes semaphore"originally uploaded by HiSpAnIcO[reloaded]



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Vivere a impatto zero

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di Naide Della Pelle

L’impatto zero è un modello di vita che punta verso l’azzeramento delle emissioni di CO2.
Le attività umane sono uno dei fattori che influenzeranno i futuri cambiamenti climatici. Questo è un dato accettato - come riporto nell'articolo Piccola Lezione sul clima - anche se, data la complessità e la molteplicità dei fattori che influenzano il clima, non siamo ancora in grado di capire che cosa succederà al nostro clima nei prossimi anni. Possiamo ragionare in termini probabilistici ed ipotizzare una serie di scenari.

Questo però non è un buon motivo per non agire fin da subito, concentrandoci su come ridurre gli effetti dannosi derivanti dalle attività umane, industriali e civili. Fare la spesa o comprare il giornale, prendere l’auto o produrre un bene: tutto quello che facciamo consuma energia.

Le materie prime più usate per produrre energia, attualmente, sono, per lo più, petrolio, carbone e metano che, bruciando, emettono anche anidride carbonica, oggi troppa per il nostro pianeta.
L’anidride carbonica è quella sostanza responsabile principale dell’effetto serra. La CO2 di per se non è un male, perché serve al nostro pianeta per trattenere il calore del sole, impedendo che la temperatura diventi troppo bassa per la nostra sopravvivenza. 
Il punto è che noi ne produciamo troppa, più di quanta noi e il pianeta riusciamo a sopportarne.



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Legge, cultura e responsabilità per la tutela dell’ambiente

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Oggi voglio segnalarvi il convegno dal titolo “Legge, cultura e responsabilità per la tutela dell’ambiente”, che si terrà a Torino il 17 ottobre 2008 al Centro Incontri della Regione Piemonte – Sala Atrio, Corso Stati Uniti 23, organizzato dal Gruppo Consiliare Italia dei Valori con Di Pietro.

In più occasioni ho avuto modo di sottolineare l’importanza essenziale che riveste, oggi più che mai, l’InFormazione, specie in un settore, come quello ambientale, in cui sovente, dietro la (perenne…) emergenza, e in nome di un non meglio specificato (e spesso malinteso) senso di responsabilità istituzionale, si compiono scelte tutt’altro che limpide, in deroga alle norme, in barba alle più elementari regole di partecipazione alla vita democratica, alle spalle del cittadino, ignaro e volutamente tenuto inconsapevole dei fatti.
Giorgio Bocca e Marco Travaglio denunciano da tempo l’“ermetismo” che inquina giornali e telegiornali.
Il non parlar chiaro è tipico dei regimi, dove “i giornalisti scrivono in modo assolutamente incomprensibile, per fingere di non subire condizionamenti politici”.
Senza i fatti, i dati, le cifre, un’opinione vale l’altra.
E al pubblico non resta nulla.

In Italia le normative in campo ambientale, in seguito all’istituzione del Ministero dell’Ambiente, sono aumentate in maniera esponenziale, in assenza di un disegno unitario.
Le conseguenze non si sono fatte attendere: incertezza del diritto, sovrapposizioni di precetti e conflitti di competenza (il cosiddetto “inquinamento legislativo”) che hanno lasciato spazio a possibilità di deroga e di sanatorie, anche a dispetto delle disposizioni dettate dal diritto comunitario.
Le attuali norme ambientali, deliberate in un costante clima di emergenza e di deroghe, hanno creato incertezza giuridica, influendo negativamente sullo sviluppo economico del nostro Paese (frenandolo) e, soprattutto, impedendo un’efficace tutela dell’ambiente.
Dal punto di vista politico credo che l’unica azione credibile consista, dopo anni di nebulose politiche settoriali, in interventi strutturali e strutturati non solo in campo giuridico ma anche in quello economico: una politica dell’ambiente integrata, cioè di ampio respiro, dinamica, capace di incentivare i comportamenti virtuosi e di punire coloro che delinquono.
Però non è sufficiente “delegare” la risoluzione di questo problema alla classe politica – neanche se fosse esemplare – per pensare di poter risolvere la “questione ambientale”.
Occorre, infatti, responsabilizzarsi, prendere consapevolezza e coscienza delle possibilità e del potere della rete di amplificare i piccoli gesti quotidiani; occorre cominciare a dialogare e collaborare veramente, come capita in altri paesi più civili del nostro, per la costruzione di un bene comune.
Per farlo, occorre partire dalle basi: da una conoscenza, informazione e cultura ambientale che comprenda, oltre alle doverose pratiche sostenibili, anche i fondamenti del diritto ambientale.
Del contesto, cioè, in cui siamo chiamati ad operare e confrontarci quotidianamente.
Di questo si parlerà nel convegno.
Interverranno, fra gli altri, il Prof. Giuseppe Porro, dell’Università degli Studi di Torino, che parlerà della legislazione ambientale europea e dello stato di recepimento nel nostro Paese; il Giudice di Cassazione Aldo Fiale e l’Avv. Maria Rosaria Ferrara, che illustreranno, rispettivamente, gli aspetti penali e quelli civili della legislazione ambientale italiana.
La Dott.ssa Vanda Bonardo, di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, parlerà del rapporto “Ecomafie 2008”, mentre la Proff.ssa Silvana Dalmazzone e la Dott.ssa Alessandra La Notte, della facoltà di Economia dell’Università di Torino, affronteranno il tema del Reporting ambientale.
Anch’io ho l’onore di partecipare, in qualità di relatore, al convegno: illustrerò i tratti salienti del ruolo delle Regioni nella politica ambientale italiana, aprendo degli squarci sulla situazione nella regione Piemonte.


Dopo il convegno, metterò online il testo completo della relazione.
Moderatore del convegno sarà il giornalista RAI Paolo Volpato.
Il programma del Convegno è scaricabile a questo indirizzo.


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Recoplastica. Franchising. Meeting del 13 settembre 2008

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Questo è un altro articolo a proposito dell’ecopunto informativo di Recoplastica

Allora, sottolineavo:
"E, personalmente, sono convinto che il riutilizzo, prima ancora del recupero, sia la strada da perseguire: ma penso che iniziative come questa debbano essere seguite e incoraggiate, proprio perché, inserite in un contesto integrato, rappresentano il contributo che ci si aspetta da ognuno di noi, e perché concorrono a diffondere una cultura ambientale, indispensabile base per costruire, giorno dopo giorno, un mondo migliore".
Dell’iniziativa di Recoplastica si è occupato anche Il Sole 24 ore; sul sito di Greenreport il 25 agosto 2008 è apparso un articolo (oggi - novembre 2011 - purtroppo la pagina non è più disponibile) che solleva qualche dubbio…
Vi riporto alcuni stralci.
A Moncalieri un negozio (forse) che compra rifiuti: un bene o un male?
La notizia si guadagna addirittura un posto in prima pagina sul quotidiano economico più letto d’Italia, Il Sole 24 Ore, ed in effetti si presenta alquanto stuzzicante soprattutto dopo l’ennesima bordata al sistema di filiera di recupero dei rifiuti Conai, arrivata una decina di giorni fa dall’Antitrust.
Anche se assomiglia un po’ ad un pezzo ‘pubblicitario’ i fondamentali ci sono tutti: un’azienda piemontese apre nel centro di Moncalieri un negozio dove i cittadini possono portare i loro rifiuti domestici (già selezionati in modo differenziato) ricevendo in cambio denaro sulla base dei prezzi di mercato.
Il materiale viene quindi recuperato dalla stessa azienda, la Recoplastica, oppure rivenduto ad altre aziende delle rispettive filiere.
Non manca il giallo, perché nell’articolo si parla di un’autorizzazione negata da parte del Comune (ma allora come fa a essere già aperto il negozio?), che invece in un primo momento avrebbe appoggiato il progetto.
Progetto che per la cronaca punta a diventare un network di franchising, con un ‘obiettivo di almeno 50 negozi in tutta la penisola, entro il 2009’.
Fermandosi alla lettura dell’articolo potremmo esprimere un parere sostanzialmente positivo: il rifiuto si recupera e quindi il cuore del progetto racchiude un’esperienza positiva, anche se diversi dubbi riguardano la possibilità che un simile sistema si sviluppi e si allarghi, visto che finché si tratta di pochi quintali raccolti in un comune tutto sembra rose e fiori, ma quando si aspira a fare sistema i nodi vengono al pettine e in questo caso i nodi sono appunto i consorzi di filiera e i rapporti con i comuni stessi, visto che un cittadino che vendesse una buona parte dei suoi rifiuti alla Recoplastica (una quota di indifferenziato resterebbe comunque) avrebbe probabilmente l’ardire di chiedere quanto meno uno sconto su Tia o Tarsu.
Discorsi in prospettiva.
Anche perché in realtà l’attività dell’Ecopunto di Recoplastica è tutt’altro che avviata […]
Ma gli addetti ai lavori cosa ne pensano?
Segue una breve intervista a Antonio Marrucci, della società Revet di Pontedera che, conclude, «la considero in ogni caso un’iniziativa positiva […] perché forzano la situazione e stimolano la riflessione se il sistema privato obbligatorio dei consorzi di filiera, prima o poi possa essere sostituito da libero mercato del riciclo. Inoltre in questo modo si andrebbero a intercettare anche frazioni di rifiuti che i consorzi non trattano perché non sono imballaggi: penso per esempio a tutti i giocattoli o altri prodotti di plastica».

A settembre 2008 l'azienda piemontese organizzò un meeting per spiegare - tra gli altri - il progetto di franchising di ecopunti per la raccolta dei rifiuti:

Programma meeting organizzato dalla Recoplastica, in vista del progetto di franchising.

Programma meeting del 13 settembre 2008 a Moncalieri (TO)
· 10.00 - 10.15 Introduzione
· 10.15 - 11.00 Il ciclo dei rifiuti e gli adempimenti
· 11.00 - 11.30 Il franchising Recoplastica
· 11.30 - 12.00 Aspetti legali (st. legale avv. Piovano)
· 12.00 - 12.30 Aspetti amministrativi (st. dott. Mandile)
· 12.30 - 13.00 Aspetti autorizzativi (Eco Team dott.ssa Brizzi)
·
· 13.00 - 15.00 Pausa pranzo
· 15.00 - 15.30 Aspetti tecnici (st. geom. Beccia)
· 15.30 - 16.00 Aspetti di immagine (st. ing. Zavaglia)
· 16.00 - 16.30 Demo
· 16.30 - 18.00 Domande e risposte

Concludo riportando un comunicato di Recoplastica, apparso sul sito, nel quale si evidenzia che:
"sono più di 100.000 i contatti che abbiamo avuto fino ad oggi e vi ringraziamo per l'interesse che dimostrate per il progetto.
A tutti coloro che hanno richiesto di partecipare al meeting comunichiamo che abbiamo purtroppo superato la capienza della sala riservata. Siamo pertanto, nostro malgrado, costretti a fare una selezione dei partecipanti. Il 4 settembre comunicheremo agli interessati la conferma della partecipazione.
Chi non potrà partecipare al meeting sarà in seguito ricontattato e gli verranno fornite tutte le informazioni.
Attualmente stimiamo in 1.300 il numero degli Ecopunto che saranno aperti in tutta Italia.
Il meeting sarà ripetuto il 27 settembre a Messina.


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Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior

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Non siamo a via del campo, ma in un’azienda agricola in provincia di Modena.
E dal letame non nascono solo fiori, ma anche energia elettrica, che serve per alimentare l’azienda zootecnica e per realizzare profitto, grazie alla vendita del surplus energetico al gestore della rete.

Non si butta via niente, nell’azienda agricola “I giardini del Duca” a Castelfranco Emilia, in Provincia di Modena, già premiati a Ecoprofit.

Come funziona?
Nella corsia centrale del capannone un raschiatore, una sorta di grande rastrello, passa per ben sei volte al giorno a “raccogliere” le sostanze organiche degli animali, e le convoglia in una vasca di cemento.
a qui, attraverso una conduttura, le deiezioni animali sono fatte arrivare in un’altra vasca dove, tramite un impianto di riscaldamento si ottiene una miscela di gas metano e anidride carbonica, necessaria ad ottenere energia.
Il gas ottenuto, infatti, viene convogliato verso un vicino compattatore, che a sua volta alimenta un trasformatore che genera energia elettrica.

Occorre aggiungere, per completezza d’informazione, che la lavorazione del letame riduce il cattivo odore della stalla ed elimina l’ammoniaca, riducendo l’inquinamento (il liquido destinato a concime contiene una percentuale minore di nitrati).

È proprio il caso di dirlo: in natura nulla di crea, nulla si distrugge.
E tutto si può riutilizzare.
Basta volerlo






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La centrale fotovoltaica più grande del Piemonte

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A Boves sorge la più grande centrale fotovoltaica del Piemonte: sto parlando della centrale fotovoltaica che il gruppo Cavallo ha costruito sui tetti delle proprie officine ed uffici: l’energia prodotta non solo garantisce l’autosufficienza energetica al gruppo, ma consente anche di vendere all’ENEL il surplus di energia non utilizzato.

Il progetto – spiega il responsabile Luciano Cavallo sulla pagine de La Guida – serve per rispondere al problema del costo dell’energia, che in Italia, più che in altri paesi, è particolarmente elevato.

Grazie ai contributi statali per la produzione di energia pulita, il gruppo Cavallo ha installato ben 1936 pannelli solari.
Gli impianti, con una struttura in acciaio inox, sono stati progettati per durare a lungo: quando sarà ora di sostituire i pannelli divenuti obsoleti, la struttura portante e la rete sotterranea potranno continuare ad essere utilizzati.

Nel frattempo continuano le ricerche nel settore: un gruppo di ricercatori olandesi ha scoperto che utilizzando nano cristalli come semiconduttori, la capacità di produzione di energia delle celle solari viene triplicata.





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Raccolta differenziata nel cuneese

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Con questo post inauguro una nuova categoria, Esperienze locali, dedicata, come dice il nome stesso, a parlare di fatti concreti, vicini ai cittadini.
Fatti che in alcuni casi costituiscono l’applicazione, viziosa o virtuosa, delle regole generali del diritto ambientale (perché, per fortuna, esistono molti esempi positivi, da emulare, di cui però, purtroppo, non si parla con il dovuto approfondimento, e di cui non si fa adeguata pubblicità…) e, in altri rappresentano, invece, “esperienze pilota”…

Fatti che sono, in ogni caso, testimoniano le diverse realtà del nostro paese, e costituiscono la base per cercare di capire i perché del divario che ancora oggi esiste fra le diverse regioni.

Naturalmente – ma questo è un discorso generale, che vale per qualsiasi “categoria” – mi auguro che collaboriate, segnalandomi iniziative positive e denunciando situazioni di degrado, in modo da costituire un quadro più ampio e completo della situazione nello Stivale…
Per quanto mi riguarda, potrò seguire più da vicino le mie realtà…quella di origine, il cuneese, quella romana di adozione e, infine, la realtà affettiva, quella abruzzese…

Ho deciso di cominciare pubblicando una tabella relativa alla raccolta differenziata dei rifiuti nel cuneese, che aumenta del 5,73% rispetto al 2006, mentre diminuisce la quantità di rifiuti solidi urbani indifferenziati conferiti in discarica (-2,63%).

Come si legge la tabella.
Nelle prime due colonne sono indicati il valore assoluto della raccolta differenziata nel 2007 e la variazione percentuale rispetto all’anno precedente.
Nella terza e quarta colonna sono riportati i dati relativi ai rifiuti indifferenziati prodotti e le variazioni rispetto al 206.
Infine, nella quinta colonna è indicata la variazione percentuale nei due anni della raccolta differenziata rispetto al quantitativo totale dei rifiuti prodotti.

Da segnalare che la Regione Piemonte sta per applicare delle sanzioni a quei tre/quattro comuni che non hanno raggiunto il 40% di raccolta differenziata previsto per il 2007 (Fonte: “La Guida”, settimanale del cuneese, del 13 giugno 2007).


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