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La comunicazione deve essere continua e aggiornata

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Il gioco dell'oca del diritto ambientale, come ho sottolineato più volte su Natura Giuridica, si svolge sulla pelle delle persone e a danno dell'economia del Paese.
Nel precedente post concludevo citando un famoso giurista ambientale che, in un suo intervento di qualche anno, osservava che
L'unico sacrificio che lo Stato può pretendere dal cittadino si appunta nell'osservanza della legge, non nella fatica e nel costo aggiuntivo di andarla a cercare, poi di capirla, quindi, una volta rispettata, di sperare che duri!
Verso quale progresso condurranno quelle norme che si vanno trasformando in "strade che si succedono come un tedioso argomento ... con l'insidioso proposito di condurti a domande che opprimono ...?"
Oggi, invece, voglio parlarvi di un argomento decisamente interessante: il diritto ad essere informati quale elemento del rapporto di cittadinanza, che costituisce una delle strutture portanti del progetto di Natura Giuridica
Lo spunto nasce dalla lettura di un articolo di V. Zeno-Zencovich su Diritto e informatica, e dalla domanda che si pone all’inizio del suo ragionamento: nella società dell'informazione come si configura il rapporto di cittadinanza?
Dopo aver effettuato un rapido excursus temporale del concetto di cittadinanza, come visto ed interpretato nel corso dei secoli (lo status politico, che conferisce al titolare un complesso di situazioni attive e passive che si riflettono tanto nei rapporti con le autorità, quanto con altri soggetti; aspetto passivo del sinallagma con le istituzioni l'assoggettamento ad una serie di obblighi), l’autore cerca di afferrarne il concetto nel nuovo contesto sociale che si è venuto a creare negli ultimi decenni, da quando la società è diventata la “società dell’informazione”.
“Nel passaggio dalla società agricola, a quella industriale a quella dei servizi – sottolinea l’autore – l'informazione assume un valore maggiore in quanto è alla base di tutti i processi decisionali individuali e collettivi. L'informazione si vende e si acquista, si accumula e si protegge, viene trasformata in prodotti complessi che comprendono conoscenza e attività”

[…]

L'effettivo godimento di quel complesso di servizi sociali che rappresentano l'aspetto di maggior rilievo delle nostre società presuppone che i destinatari siano compiutamente informati sulla loro natura, sui requisiti necessari per usufruirne, sulle modalità di loro erogazione. Ancorché si tratti una esigenza intuitiva, le difficoltà che si incontrano nel conseguire l'obiettivo appaiono legate ad una piccola ma essenziale differenza fra il settore privato e quello pubblico. Mentre il primo vive di comunicazione la pubblicità e la semplicità di prestazione del servizio è una componente essenziale del confronto concorrenziale, nel secondo la sua posizione di monopolio e l'assenza di una dinamica propriamente lucrativa si riverberano inevitabilmente sul processo comunicativo rendendolo opaco ovvero semplicemente distinguendo nettamente il messaggio informativo dalle prassi operative, le quali spesso non corrispondono affatto al primo”.
Il diritto all’informazione riguarda, ovviamente, anche la partecipazione politica e l’informazione giuridica, strettamente correlate.
Quest’ultima, in particolare, tocca un nervo scoperto dell’“italianità”: cercare di comunicare, e far comprendere, un coacervo di norme a tratti inestricabile, nella migliore delle ipotesi soggetto a numerose interpretazioni, con la conseguenza che la certezza del diritto, e della sua applicazione, rimangono parole importanti solo nelle intenzioni, ma vuote e sterili alla resa dei conti
Nel suo interessante articolo, l’autore sottolinea come “non appare coerente con l'attuale nozione di cittadinanza l'approccio meramente formale alla pubblicità delle leggi per una serie di ragioni”.

Innanzitutto perché
“la produzione normativa, nel corso dei decenni, si è dilatata a dismisura anche attraverso il moltiplicarsi delle fonti di produzione che non sono più solo il Parlamento e gli organi centrali dello Stato, ma tutte le articolazioni locali, le autorità amministrative indipendenti, le autorità comunitarie”
Di conseguenza, immaginare che il cittadino debba documentarsi accedendo a decine di "gazzette" o "bollettini" significa prospettare un obbligo inesigibile.
“Nel sistema tradizionale – prosegue l’autore – è onere dello Stato pubblicare i provvedimenti normativi […], mentre è onere del cittadino informarsi se vuole godere dei benefici della norma o evitare di incorrere in sue violazioni. Ma il rapporto dovrebbe essere visto in modo diverso e cioè da un lato un obbligo del cittadino di osservare le leggi dello Stato, dall'altro un obbligo dello Stato di informare il cittadino. E le modalità con le quali viene assolto questo secondo obbligo non sono indifferenti rispetto al primo”.
[...]
Il principio della pubblicità legale si è formato con essenziale riferimento alle norme penali quale esplicazione del principio di legalità (nullum crimen sine lege). Inevitabilmente esso riflette una logica punitiva. Attualmente però il problema della conoscenza delle leggi è solo in parte di natura penalistica e riguarda l'immensa mole di normative diverse. E mentre nella norma penale ciò che rileva è il rapporto di soggezione del destinatario, nelle altre soprattutto quelle amministrative il rapporto in primo luogo è tendenzialmente paritario, in secondo luogo di collaborazione-cooperazione.
Ed è impensabile che il cittadino possa contribuire al raggiungimento degli scopi fissati dai soggetti pubblici se non è a conoscenza del quadro normativo.
In secondo luogo lo strumento della pubblicazione su un supporto cartaceo ufficiale appare del tutto inidoneo ad assicurare la conoscenza che oggi si dovrebbe assicurare.
Occorre, infine, prendere atto che gli strumenti della comunicazione pubblica sono profondamente mutati: la pubblicazione di un testo giuridico in una forma ufficiale è rivolta non a tutti i cittadini ma solo a coloro che sono in grado di comprenderlo, collocarlo nel sistema normativo, cogliere le implicazioni innovative o conformative; le tecniche comunicative si sono progressivamente affinate. la pubblicazione ufficiale è una tantum. La comunicazione deve essere continua e aggiornata”.
Questo è lo scopo che persegue Natura Giuridica.
Foto: "Comunicare è un gioco di prestigio" originally uploaded by montgolfier


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Piccola lezione sul clima

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di Naide Della Pelle

Piccola lezione sul clima di Kerry Emanuel è un libro di neppure 100 pagine in cui l’autore ci racconta a che punto è arrivata la conoscenza scientifica dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta. 
Kerry Emanuel è professore di meteorologia al Mit di Boston ed è molto conosciuto per le sue pubblicazioni in materia di atmosfera e dinamiche degli uragani tropicali. Parlandoci di quali sono le conclusioni cui la scienza è arrivata, Kerry ci mette davanti all’importante ruolo dei giornalisti, ed in particolare dei divulgatori scientifico-ambientali, nell’istruire l’opinione pubblica a proposito dei cambiamenti climatici che si sono verificati e si verificheranno nel nostro pianeta.

Oggi la comunità scientifica per esempio riconosce come un dato di fatto l’influenza dell’Uomo sul cambiamento del clima. 



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Non perdersi in un bicchier d'acqua

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(segue da)

Altrettanto inevitabile, in questo quadro, sembra essere quanto avvenuto nell’estate del 2007:
  • ne “La calda estate dei veleni” (“A volte penso mi piacerebbe vivere dentro un rebus…” “Perché non è così? Non viviamo tutti dentro un rebus?”: V. Gassman e C. Deneuve in “Anima persa”), in cui si prende atto della semplicistica sottovalutazione dei problemi, e dell’amara constatazione che le soluzioni, se non si cercano, non si trovano...
  •  ne “Agosto: pozzo che vince, pozzo che perde” (“Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, chchch…E’ giù, nel cortile, la povera fontana malata: che spasimo! Sentirla tossire”; A. Palazzeschi) viene sottolineato che “nella bruttissima storia era coinvolta tutta la migliore politica nostrana, che cercò fino all’ultimo di darla a bere all’opinione pubblica, continuando a rassicurare i cittadini, continuando nei proclami di apertura dei pozzi e di potabilità dell’acqua…come se anche questa volta si fosse trattato della solita campagna elettorale nella quale bisognava convincere persone a credere alle solite promesse”.
Una politica messa sotto accusa, una “casta rurale, spesso bucolica e rozza nelle sue forme più comuni”, invischiata anche nelle altre piaghe di “ordinaria ruberia” (le truffe e le tangenti di Fira, Montesilvano e Pescara), che, peraltro, sembravano più lievi e avevano il “pregio” di “rubare soltanto, senza avvelenare”…

Ulteriore aggravante: “Gli enti sapevano: la scandalo nello scandalo” (“Anche i fiori piangono, e ci sono stupidi che pensano sia rugiada”; J. Morrison): “segreti velenosi resi possibili solo grazie alla totale schermatura degli enti pubblici, che a dispregio delle leggi hanno deciso di non mettere in pratica nessuna forma di trasparenza. Una blindatura di fatti e notizie custoditi dalla casta degli eletti.
In uno strano gioco di botta e risposta, di documenti (allegati al libro), di affermazioni e di negazioni, viene sottolineata la mancanza di dialogo, o forse la scarsa comprensione delle carte tra i vari enti nei diversi passaggi…

E così, dopo l’estate dei caldi veleni arriva l’“Autunno a secco: Scatta la chiusura dei pozzi” (“La nazione che distrugge il suo suolo distrugge se stessa”; F. D. Roosvelt).
Le manovre compensative previste dall’ATO non sono in grado di evitare disagi, ma ciò nonostante continuano i messaggi rassicuranti.
Del resto, siamo abituati ad un Governo che, nonostante la realtà, continua imperterrito a comunicare, anche con una certa “bravura”, messaggi non veritieri…

Nell’autunno senza acqua, il clima politico fra gli enti con competenze sull’acqua, già infuocato di suo, viene alimentato dalla polemica sull’escavazione dei famosi pozzi all’interno di un parcheggio, attraverso “scelte irresponsabili”, mentre, nel frattempo, emerge un quadro dei danni economici e di immagine a macchia di leopardo, “con disagi distribuiti su tutto il territorio ma con differenze notevoli anche fra aziende confinanti”.
Fra inviti alle società di gestione del ciclo idrico integrato per una maggiore efficienza, trasparenza e responsabilità, e appelli alla popolazione a “non allentare il controllo democratico sull’evolversi della vicenda”, spunta anche una “commuovente” proposta di azzeramento delle indennità di carica per le presenze dei Consigli di Amministrazione, “per innovare e dare un segnale forte del cambiamento alla gente”.
Intanto, a novembre arrivano quattro commissari straordinari, “una squadra che darà una credibilità al sistema idrico abruzzese”…

Ma, passato l’inverno, le indagini si concludono e… “È primavera, spuntano 33 avvisi di garanzia” (“C’è un temporale in arrivo. C’è un temporale in arrivo senti l’elettricità. C’è un temporale in arrivo sulla mia città”, L. Jovanotti”).
Il PM Aceto ricostruisce ciò che i vertici ACA e ATO sapevano, ma tacquero.
Un’altra volta in ossequio alla "regola non scritta" che recita "Acqua in bocca", diktat di una casta politica che fa acqua da tutte le parti...
Emerge un mondo parallelo, che si muoveva in tutta tranquillità per coprire i problemi reali, mentre un’intera regione, per un’estate intera, ha continuato a gridare allo scandalo.
Mentre chi di dovere dava letture consapevolmente riduttive del fenomeno dell’inquinamento, effettuava controlli attraverso laboratori più (o meno) compiacenti, manipolava dati, optava per scelte tampone “valide solo per tamponare situazioni provvisorie, ma non utili ad eliminare del tutto il pericolo di immissione in rete di sostanze dannose per la salute umana”
Perché si trattava, "in effetti", solo di un ingiustificato allarmismo…e non sembrava opportuno “spaventare chi non sa”. 
La solita vecchia solfa: tenere a bada una popolazione ignorante, nel senso, in questo caso, che non conosce (perché tenuta all’oscuro…) è molto, molto più facile rispetto a dover gestire migliaia di cittadini informati, consapevoli, determinati.
Insomma: la solita vecchia manfrina per tirare acqua al proprio mulino...

Il libro si conclude con un’altra amara constatazione: “E le discariche sono sempre lì” (“Parlare è più facile che fare: promettere più facile di mantenere”; Proverbio popolare), in cui “a colpire non è affatto la solita inerzia di amministratori e politici, quanto l’assoluta inefficacia della legge (sempre aggirata) e della giustizia (che nel caso di Scurcola – nel cui sottosuolo sono ancora “nascosti” 90 mila tonnellate di rifiuti tossici – non ha prodotto effetti). Non solo, molti degli attori, pure identificati, comprese alcune società, hanno continuato a muoversi nel campo dei rifiuti e ad essere segnalati in altre inchieste”.

Insomma: ci sono pochi dubbi sul fatto che l’Abruzzo si sta avviando a grandi passi verso la “bancarotta ambientale”…
Il libro si conclude sottolineando che si chiedeva all’amministrazione una svolta radicale…ma la classe politica, cui questo compito era demandato, “non cerca di risolvere questi problemi, ma continua a proporre interventi devastanti…
L’incapacità della classe politica di governare, il prevalere dei particolarismi sull’interesse generale, la mattanza che il territorio subisce quotidianamente, la violazione delle regole, la commistione fra politica e affari, la scarsa trasparenza e la moltiplicazione dei conflitti di interesse, le infiltrazioni criminali organizzate non lasciano dubbi: in Abruzzo è emergenza criminale e democratica”.

Un libro da leggere, non per crogiolarsi nello sterile piagnisteo italico, nel disfattismo fine a se stesso, ma per cercare di capire qualcosa in più, per tenersi informati su quanto accade alle nostre spalle, ma anche, e sempre più spesso, purtroppo, sotto il nostro naso…e a volte anche con complicità e con il tacito assenso che, per paura (ignoranza, lassismo, pigrizia…tornaconti personali), le persone non informate, e formate, sui fatti tendono a concedere a chi gli fa credere di….
O gli dice o promette quello che vuole sentirsi dire…

Un libro, insomma, da leggere per diventare un po’ più consapevoli, e non perdersi in un bicchier d’acqua


Foto: “Acqua” originally uploaded by gattiluna

Foto: “Sweet poison” originally uploaded by xelisax



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Ce l'hanno data a bere...

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Recensione del libro inchiesta, scritto nonostante la "regola non scritta" che recita "Acqua in bocca", diktat di una casta politica che fa acqua da tutte le parti...
Ci sono alcuni eventi che per la loro portata si definiscono spesso, a volte anche in maniera affrettata, "sconvolgenti".
Tra questi, la maggior parte sono in grado di cambiare il futuro di un gruppo, di un insieme di persone, di un territorio.
Ci sono, invece, altri tipi di eventi che, oltre ad incidere pesantemente sul presente e sul futuro della società civile, riescono in qualche modo a cambiare anche il passato. 
Meglio: l'idea di un certo passato che l'opinione pubblica aveva fino ad un dato momento.

Inizia così “Ce L’hanno data a bere”, il libro-inchiesta di due giornalisti abruzzesi del quotidiano on line PrimaDaNoi.it, pubblicato da Il mio libro.

Un libro che cerca di ricostruire, attraverso documenti e testimonianze, quanto accaduto nell’“isola felice” – l'Abruzzo, "un posto che oggi appare sempre più come una terra stuprata dalla mano incivile dell’uomo" – per avere uno sguardo di insieme sulla complessa vicenda e per capire cosa fosse realmente successo. 
E perché.

Il libro è ben costruito, e a parte qualche imprecisione normativa (il D.Lgs n. 152/06 – il c.d. “Testo Unico Ambientale” – non è l’ex DM 471/99…), si legge con piacere.
Ma anche con tanta amarezza…

Ogni capitolo si apre con una citazione, che riassume, in qualche modo, il successivo contenuto.

La storia inizia con un altro “modo di dire” che, dopo il titolo, sembra sottolineare in modo beffardo ciò che silenziosamente gli abruzzesi hanno mandato giù…
In “Acqua in bocca”, infatti, sono raccolte alcune frasi celebri, da quella del sindaco di Bussi, che nel maggio del 2007 affermò che 
«I nostri cittadini sono le prime vittime. Noi paghiamo lo scotto di cento anni di chimica. Siamo fieri perché grazie allo stabilimento ci siamo fatti anche un nome, ma le stesse industrie hanno portato molti problemi e morti» 
fino al 
«Non siamo il carrozzone mangia soldi che descrivono»
con la quale Bruno Catena, presidente dell’Aca – Azienda Comprensoriale Acquedottistica – rispondeva, in politichese, alle critiche che piovevano a destra e a manca, passando per il pilatesco e triste 
«Io vivo a Teramo…»
con il quale Dante Caserta, presidente Wwf Abruzzo, chiosava alla domanda se fosse opportuno bere l’acqua dei rubinetti in Val Pescara...

Il primo capitolo, Il polo chimico delle libertà (“In natura non ci sono né ricompense né punizioni: ci sono conseguenze”: R. G. Ingersoll), racconta una storia che tutti, in realtà, sapevano già…
Una storia fatta di silenzi omertosi, di interessi economici troppo forti per poter essere combattuti, di mobbing ante litteram, a tratti di un’ingenuità disarmante (“allora il discrimine era uno solo: puzza, non puzza. Il mercurio, per esempio, non puzzava, e costituiva un consolidato passatempo per i giovani degli anni ‘60”…) e di implicazioni sociali che hanno condizionato le stesse vittime dell’inquinamento provocato dalla discarica di Bussi sul Tirino. 
“Tutti possono cadere dalle nuvole, tranne noi, e per una ragione semplicissima”, dice ai giornalisti di PrimaDaNoi Pino Greco. “Perché noi abbiamo visto, abbiamo ascoltato, abbiamo respirato. Perché noi siamo stati testimoni. E forse anche complici. La discarica della vergogna, quel deposito di centinai di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici sparsi fra la ferrovia ed il fiume Pescara, non ha niente di abusivo. Essa è semplicemente la discarica della nostra fabbrica”…
Nelle pagine di Natura Giuridica ho già parlato di una situazione analoga, in cui sottolineavo che "la perdurante accettazione sociale, politica ed economica di grandi siti inquinati in ragione della salvaguardia del posto di lavoro sia stata ingannevole e si sia svelata, nel tempo, come un compromesso sbagliato […] ed abbia distorto la realtà creando una situazione di grave connivenza tra controllore e controllato, quasi una perversa simbiosi, tale da allentare qualsiasi forma efficiente di monitoraggio ambientale”.
In “Un fiume e un commissario straordinari” (“Gli uomini discutono, la natura agisce”: F. Voltaire) vengono delineate le cause del silenzio creatosi attorno a tale omertà, e i nebulosi contorni dello spirito di casta, mentre ne “In principio fu la mega discarica di Bussi” (“Il mondo è cambiato…lo sento nell’acqua…lo sento nella terra…lo avverto nell’aria…molto di ciò che era si è perduto”: da “Il signore degli anelli”) viene ripercorsa, per sommi capi, la storia dell’industrialismo sviluppista del polo chimico di Bussi-Popoli, corredato da annotazioni sul generale lassismo abruzzese rispetto l’applicazione delle normative ambientali, e dell’atteggiamento spesso troppo semplicistico con cui la politica ha trattato il problema, e non lo ha comunicato…

Seguono, inevitabili, le “Soluzioni tampone tra rassicurazioni e paure” (“Le bugie più crudeli sono spesso dette in silenzio”: R. Stevenson), dove i due giornalisti di PrimaDaNoi sottolineano che, a parole, Governo e Commissione bicamerale, si dicevano pronti a fare la propria parte, salvo poi, nei fatti, secretare l’audizione presso quest’ultima del PM Aceto (pag. 35)…operazione, quest’ultima, che ha sollevato qualche dubbio in proposito…

Il tutto, in un quadro generale di forti commistioni fra professionisti esterni e l’ACA (“ACA e ATO: così andavano le cose”: “I guai sono come i fogli di carta igienica: ne prendi uno, ne vengono dieci”. W. Allen), fatte di continue richieste di consulenze esterne, i cui costi, e le cui modalità…attuative lasciano pochi dubbi sullo strisciante clientelismo, e sulle sue inevitabili inefficienze…
I numeri spiattellati da “Ce l’hanno data a bere” dovrebbero “far riflettere dopo le polemiche legate al “partito dell’acqua”, agli scandali legati alle inchieste sull’acqua avvelenata e alla depurazione (Fangopoli)”.
Mentre il piano industriale presentato da ACA per la risoluzione dei problemi, fa acqua da tutte le parti



Foto: “..:GlassOfWater:.. *108/365*” originally uploaded by amnesiak1978


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Tentativi di eco-condotta & SOS Tata

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Dai Tentativi di Eco – condotta di Cristina Gabetti a SOS Tata

Qualche giorno fa avevo letto un servizio su Cristina Gabetti a proposito del suo nuovo libro: Tentativi di eco condotta, ed ho pensato che ne avrei scritto una recensione per questa rubrica.

Martedì sera però è arrivata una folgorazione davanti alla TV sintonizzata su La 7. Trasmettevano l’ennesima replica di SOS Tata, programma cult delle trentenni di oggi che prima o poi sforneranno dei pargoli.

Ebbene, ho scoperto che l’eco – condotta di cui parla la Gabetti e la buona cura ed educazione dei figli hanno molto in comune.
Se tieni lontani i tuoi bambini dalla TV o dai centri commerciali e invece li porti al parco o in campagna sta meglio l’ambiente (meno energia consumata, meno consumismo sfrenato), tu ti godi i tuoi bambini e loro sono felici e attivi.

Questo è un po’ anche il messaggio di SOS Tata. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un mini – reality in cui una tata esperta cerca di riportare equilibrio e serenità in famiglie caotiche.

Il pregio del libro della Gabetti è quello di spiegarci quali sono i comportamenti auspicabili per difendere l’ambiente dandoci tutti gli strumenti e le informazioni per cominciare a farlo.
Lo sfondo è costituito dal racconto di concreti stili di vita, descritti con spirito comprensivo ma non indulgente.
Mostrando cioè come ci comportiamo davvero quando ci sentiamo pigri, indifferenti, distratti o ingordi, e quanto danno facciamo all’ambiente, la sig. ra Gabetti ci parla dandoci del tu rammentandoci che, oltre a chiudere i rubinetti, le luci, e le spie degli elettrodomestici, tante sono le pratiche che possiamo adottare per migliorare la nostra salute e quella dell’ambiente.

Il testo propone moltissimi riferimenti a siti web dove trovare le informazioni sulla banca del tempo, i gruppi di acquisto, la ricerca dei punti di distribuzione della spesa alla spina, dove acquistare e scambiare gli abiti di fibre naturali e non trattati, gli studi e le ultime ricerche in campo ambientale.

Un libro scorrevole e, soprattutto, niente affatto noioso che, anziché riproporre il teatrino mediatico, dove l’allarmismo riferito all’ambiente si alterna all’assenza completa di questo argomento dai palinsesti, ci dice con semplicità che tutto è nelle nostre mani, che per dare concretezza alle risoluzioni dei governi occorrono milioni di buone pratiche, l’eco condotta appunto.

I tentativi di eco – condotta rappresentano una piccola grande rivoluzione culturale, la chiave di volta per entrare con consapevolezza nel presente.
La Gabetti ce lo dice in tutte le salse: mettiamoci in testa che l’eco – condotta non solo fa bene all’ambiente ma anche a noi che la pratichiamo rendendoci più soddisfatti e felici.

Il programma di La7 ci mostra invece che il sottofondo continuo della TV o della play station, la smania di acquistare e di mangiare a qualsiasi ora rende i bambini depressi e infelici.
La tata entra in queste famiglie rumorose e tristi per ricordare che vi sono ritmi da rispettare, che per comunicare occorre non essere distratti da mille luci e suoni, che fa bene passare del tempo insieme a giocare e all’aria aperta. E come per miracolo genitori tristi e stressati con bambini capricciosi e viziati ritrovano la serenità, la felicità.

Leggere il libro della Gabetti e guardare la tata all’opera ci ricorda quanto è bello non ascoltare i disfattisti, quelli che dicono che fare la differenziata non serve perché poi in discarica viene riunito tutto, quelli che ci dicono che i figli sono solo fonte di preoccupazioni e responsabilità…

Naide Della Pelle






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Raccolta differenziata. Ecopiazzole: finalmente la nuova disciplina

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Sul numero 7 del 2008 della rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, è stato pubblicato un interessante articolo dell’Ing. Alberto Muratori, dedicato ad una delle novità meno «radiografate»: l’introduzione della definizione di «centro di raccolta», ovvero
un’«area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento».
Prima di iniziare l’analisi del testo normativo, l’autore sottolinea che
a prescindere dall’incertezza del linguaggio e dalla dubbia interpunzione - per non dire della ridondanza dell’inciso «senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica» - quella di «centro di raccolta» poteva sembrare, in prima lettura, solo una delle tante declaratorie general-generiche (oltretutto, anche piuttosto imprecisa), che frequentemente appesantiscono il nostro apparato normativo senza apprezzabili ricadute, anche in considerazione del fatto che, in presenza di così numerose ed eclatanti inadempienze nell’adozione di provvedimenti esecutivi solo preannunciati dalle norme di rango superiore, ma mai concretizzati, era ben difficile attendersi un percorso preferenziale per il decreto cui il cit. art. 183 aveva demandato la fissazione della disciplina relativa alle cosiddette «ecopiazzole», oltretutto, previa parere della Conferenza Unificata Stato - Regioni - Citta` e Autonomie locali.
Quindi, l’autore prosegue con una disamina della vexata quaestio relativa al regime autorizzatorio delle ecopiazzole, che vedeva contrapposti due orientamenti dottrinari, mentre la Magistratura, sia penale che amministrativa, si attestava su posizioni nella quasi totalità dei casi “garantiste”…
Segue un’approfondita disamina dei contenuti del DM 8 aprile 2008, volto ad approfondire:
  • cosa sono i centri di raccolta disciplinati dal decreto;
  • quali sono i soggetti che possono conferire rifiuti e quali quelli che gestiscono tali isole ecologiche;
  • quali sono i rifiuti che possono essere conferiti nelle ecopiazzole;
  • le norme tecnico-costruttive;
  • le prescrizioni relative all’esercizio
Complessivamente, conclude l’Ing. Muratori
la disciplina dei «Centri di Raccolta» di cui al D.M. 8 aprile 2008 […] sembra adeguatamente ampia ed articolata, e del tutto in grado di assicurare quelle finalità di agevolazione-incentivazione non tanto della raccolta differenziata «in sé e per sé» - cui, abbastanza a torto, alcune componenti dell’ambientalismo militante sembrano riconoscere poteri taumaturgici - quanto piuttosto, grazie al controllo sui conferimenti e sul deposito, delle effettive possibilità di riciclaggio e recupero, che flussi omogenei praticamente privi impurezze, così selezionabili, sono senza dubbio in grado di consentire, a condizioni ottimali, e a costi decisamente contenuti.
E ciò , in un quadro di elevata protezione sostanziale dell’ambiente, anche in assenza del «pezzo di carta» rappresentato dall’autorizzazione ex art. 208, e dalla ridondanza di una procedura d’impatto ambientale del tutto spropositata per la generalità delle fattispecie.
E tutto questo, con buona pace di qualche commentatore che, stracciandosi ora le vesti per tali snellimenti procedurali, nello sposare inopinatamente tesi ultra-garantiste, sembra dimostrare totale sfiducia nel principio di sussidiarietà.
Ma il mondo, si sa, è bello perché é vario, e tutte le opinioni hanno diritto di cittadinanza.
Per leggere l’intero articolo: Ecopiazzole: finalmente un decreto a dettarne la disciplina, stop ai conflitti interpretativi, collegati al sito di Lexambiente.
Per informazioni sull’abbonamento alla rivista, vai al sito dell’Ipsoa.

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Economia a bassa emissione di carbonio: il programma di lotta per abbattere gli ostacoli nelle regioni del sud

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Sul numero 7/2008 della Rivista Ambiente & Sviluppo dell’IPSOA è stato pubblicato un interessante articolo di Tania Salucci, intitolato “Il programma interregionale POI Energia”.

L’articolo è volto ad evidenziare la crescente importanza che – nell’ambito delle politiche comunitarie ad integrare lo sviluppo e la tutela dell’ambiente – assumono gli interventi sul versante energetico.
L’obiettivo fissato nell’ambito del Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 (20-20-20: raggiungimento del 20% delle fonti rinnovabili sul consumo di energia primaria; riduzione del 20% del consumo di energia primaria rispetto al trend attuale; riduzione del 20% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990) rappresenta, per il nostro Paese, una sfida di grande portata, “che richiama la necessità di ri-orientare in modo drastico gli investimenti verso le nuove tecnologie”.
Proprio nell’ottica di rendere maggiormente incisivi questi interventi, il Quadro Strategico Nazionale (QSN) per la politica regionale di sviluppo 2007-2013, sottolinea l’autrice, 
ha posto uno specifico vincolo sulla dimensione minima delle risorse comunitarie da destinare agli obiettivi energetici, pari all’8 per cento di quelle programmate per le aree Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e il 12 per cento per le aree Competitività regionale e occupazione (le restanti regioni italiane). Tale indirizzo rafforza la politica ordinaria nel campo degli incentivi e della liberalizzazione dei mercati, ulteriormente richiamate ed implementate nel «Piano di azione nazionale sull’efficienza energetica».

Nonostante questi interventi, nelle regioni meridionali continuano a persistere numerosi ostacoli che condizionano il passaggio ad un’economia «a bassa emissione di carbonio»: per questo motivo si è scelto di realizzare uno specifico Programma interregionale denominato «Energie rinnovabili e risparmio energetico 2007-2013» (POI Energia) destinato ad intervenire su alcuni nodi strutturali dello sviluppo energetico meridionale.

L’autrice prosegue:
  • indicando gli ostacoli che hanno indotto ad adottare il programma interregionale (fra i più eclatanti i pochi investimenti effettuati per lo sfruttamento delle energie rinnovabili; le criticità della rete di distribuzione; l’assenza di imprese di installazione e manutenzione nelle regioni de quibus; le difficoltà nella gestione degli aspetti burocratici da parte delle amministrazioni; la mancanza di un’adeguata conoscenza delle opportunità derivanti da fonti rinnovabili sia fra i cittadini, sia nella pubblica amministrazione); 
  • delineando la strategia sottesa al programma e l’articolazione dello stesso; 
  • sottolineando le differenze fra il POI e i POR (Programmi operativi regionali); 
  • fornendo, infine, dati relativi alle risorse finanziari a disposizione.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero 7/2008 della rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, Milano.
Per informazioni sulle modalità di abbonamento alla rivista Ambiente & Sviluppo”- Ipsoa, clicca qui.

Qui potete visionare il sommario della rivista







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…così (non) mi distraggo un po’…

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L’articolo che vi consiglio di leggere – Caro (nuovo) legislatore (ambientale), ti scrivo … della Proff.ssa Alberta Leonarda Vergine – è stato pubblicato appena pubblicato sul n. 7 del 2008 della rivista Ambiente & Sviluppo dell’IPSOA e un suo estratto, in anteprima, sulla pagine di Giuristi Ambientali.

Si tratta di un articolo che non fa sconti al legislatore ambientale, a prescindere dall’appartenenza politica; sottolinea che la mancanza di un progetto condiviso crea gli sconquassi e l’incertezza che sono sotto gli occhi di tutti e da qualche saggio “consiglio” al legislatore che verrà…incertezza di cui si è parlato anche nelle pagine di Natura Giuridica.

Di seguito vi riporto qualche “chicca”…

“Presentando un lavoro collettaneo su alcune iniziative legislative del governo precedente a quello che ha appena esaurito il proprio mandato, uno dei più sapidi (e qualificati) penalisti italiani, ha sottolineato come quella produzione legislativa (ma, a nostro avviso, il discorso è riferibile, sia pur con doverose precisazioni e limitazioni, anche alle produzioni di governi espressione d’ogni maggioranza) si presentasse come “una interessante operazione di marketing”, ove “la legge [veniva] trattata come bene di consumo”.
E, come, in questo contesto, il “prodotto normativo [fosse] esposto in rutilanti confezioni, anche se talvolta l’etichetta non corrisponde[va] al contenuto […] e [fosse] immesso sul mercato per soddisfare molteplici e diversificati bisogni (veri o supposti) ed ansie dei consumatori-destinatari, e [fosse] oggetto di ampia pubblicità sui mass media che ne esalta[vano] efficacia e proprietà innovative, per altro quasi sempre inesistenti”.
[…]
Per quel che concerne la nostra materia, il Governo precedente a quello che ha appena anticipatamente concluso l’attività, è riuscito a fare approvare, in prossimità del traguardo di fine legislatura, il c.d. Codice Ambientale
[…]
Il successivo Governo, espressione dell’altro schieramento, appena insediato ha posto mano a interventi importanti volti, da un lato a bloccare, per quanto possibile, il “prodotto normativo” non gradito e non condiviso, e dall’altro a inserire “riforme” asseritamente organiche e risolutive e, solo poco prima della sua anticipata cessazione dalle funzioni, dopo clamorosi errori di percorsovi, è riuscito a fare approvare un ulteriore, corposo intervento modificativo di alcune parti del Codice Ambientale, che gli operatori di settore hanno chiamato il “secondo Correttivo”.
Il Governo che si è appena insediato e, quindi, il legislatore ambientale che verrà, si troverà, perciò, a doversi confrontare con un testo normativo decisamente ampio, nel quale sono facilmente riconoscibili scelte gestionali, politiche, organizzative e sanzionatorie espressione di visioni quanto meno diverse, per non dire opposte, le cui logica interna e intima consequenzialità sono già gravemente compromesse
[…]
Noi, da penalisti, auspichiamo che il “nuovo” legislatore ambientale si dimostri “meno frivolo nel maneggiare le categorie, la terminologia e anche i principi penalistici” di quanto non lo siano stati i suoi predecessori, qualunque sia stato l’orientamento d’appartenenza, e meno incline a inserire “con leggerezza il prodotto legislativo nei delicati meccanismi del sistema penale”.
Al contempo, ci auguriamo anche che non vi sia leggerezza neppure nel rifiutare indiscriminatamente tutte le impostazioni precedenti alle quali il cittadino, ormai da due anni, si è dovuto uniformare.
[…]
Proprio anche per questo, chiederemmo al ‘legislatore che verrà di seguire i consigli di indiscussa dottrina penalistica che, ormai tanti anni or sono, sulla base del correttissimo rilievo per il quale “il bene scarso nella economia della giustizia penale è rappresentato dalle sanzioni, (dalle risorse umane e materiali per implementarle e dotarle di impatto ed effettività) e non già dai precetti ( di per sé moltiplicabili ad libitum)”, affermava come, per addivenire a “una riforma realistica, occorra muovere dalle prime (le sanzioni) e non dai secondi (i precetti)”.
In altri termini, suggeriamo al legislatore di tenere doverosamente presente che “il baricentro di ogni moderna riforma della parte generale sta nel sistema delle sanzioni”.
[…]
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero 7/2008 della rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, Milano.
Per leggere l’estratto dell’articolo Caro (nuovo) legislatore (ambientale), ti scrivo … della Proff.ssa Alberta Leonarda Vergine, vai sul sito di Giuristi Ambientali.




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Danno Ambientale e responsabilità: segnalazione del volume “La responsabilità per danno all'ambiente”

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In materia di danno ambientale, vi consiglio di leggere il volume La responsabilità per danno all'ambiente. L'attuazione della direttiva 2004/35/CE, a cura di Franco Giampietro

L'opera illustra la nuova normativa del Testo Unico dell'Ambiente (D.Lgs. n. 152/2006), entrato in vigore il 29 aprile 2006, in materia di prevenzione, ripristino e risarcimento del danno all'ambiente, evidenziando le modifiche alle normative previgenti e abrogate, con un esame contestuale dei profili attinenti al regime amministrativo e a quello civilistico del danno, nei rispettivi contenuti sostanziali, procedimentali e processuali.

Poiché il nuovo sistema di prescrizioni è diretto a dare attuazione alla direttiva 2004/35/CE "sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale", l'opera commenta le prescrizioni e gli obiettivi comunitari in riferimento alla politica europea sull'ambiente e alle disposizioni attuative del medesimo T.U., con richiami comparativi a quelle di altri partners dell'Unione (Germania, Gran Bretagna ecc.)

L'approccio interdisciplinare con i contributi di giuristi, di esperti tecnici e di economisti consente una lettura "complessiva" ed "integrata" della nuova disciplina e l'identificazione dei suoi "limiti", al fine di una sua futura razionalizzazione e semplificazione.

I contributi sono di:
  • Andrea Quaranta: La direttiva comunitaria 2004/35/CE nel contesto della politica comunitaria sull'ambiente;
  • Riccardo Montanaro: La direttiva sulla responsabilità ambientale nel quadro della disciplina europea in materia di ambiente 
  • Luca Prati: Diritto alla salubrità dell'ambiente e danno esistenziale in rapporto alla direttiva 35/2004/CE 
  • Alberto Muratori: La "dimensione tecnica" del danno ambientale nella direttiva 2004/35/CE; L'accertamento del danno ambientale: i profili tecnici. La disciplina sul danno ambientale e i problemi (ancora) aperti dopo il testo unico n. 152/2006 
  • Francesca Quercia:La direttiva 2004/35/ce e lo sviluppo della politica comunitaria sul suolo: implicazioni sulla gestione dei siti contaminati 
  • Maddalena Mazzoleni: Il risarcimento del danno ambientale nella prassi italiana: le iniziative di riforma sino al D.Lgs. N. 152/2006 
  • Francesco Fonderico: Le competenze degli enti locali in materia di danno ambientale: profili generali 
  • Marco Calabrò: Il ruolo delle associazioni ambientaliste in tema di prevenzione e riparazione del danno ambientale 
  • Franco Giampietro: La responsabilità per danno all'ambiente e bonifica dei siti contaminati. La linea evolutiva del testo approvato con il D.Lgs. n. 152/2006 alla luce della direttiva n. 2004/35/CE; Prevenzione, ripristino, risarcimento dei danni all'ambiente nel D.Lgs. n. 152/2006. Esame delle disposizioni di rinvio alla bonifica 
  • Daniele De Strobel: Le problematiche assicurative del danno ambientale 
  • Maurizio Franzini: I metodi di valutazione economica e il danno ambientale: le ragioni di un difficile rapporto 
  • Paolo Liberatore: La quantificazione economica del danno ambientale nel D.Lgs. N. 152/2006: applicabilità e limiti del costo del ripristino e degli altri metodi di stima in ambito giuridico-processuale 
  • Francesca Benedetti: Prevenzione e riparazione del danno ambientale in Europa. Legislazione in materia ambientale e applicazione della direttiva 2004/35/CE nei paesi dell'unione europea 
  • David Rottgen: Il danno ambientale nel diritto federale tedesco 
  • Annalisa Bavaresi: Il danno ambientale nel Regno Unito 
  • Vittorio Giampietro: Linee guida per le misure di prevenzione e ripristino ambientale negli Stati Uniti


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Segnalazioni editoriali. Consulting n. 3/2008. Sommario

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È stato da poco pubblicati il n. 3 del 2008 della Rivista Consulting, Geva Edizioni.

Questo è il sommario:

Per chi suona la... Campania - Cronaca di una sentenza annunciata, di Andrea QUARANTA, articolo, di cui ho pubblicato un breve riassunto fra le pagine di Natura Giuridica

Le radiazioni ionizzanti e la radioprotezione, di Sandro SANDRI, interessante articolo in cui si parla degli cause, degli effetti delle radiazioni ionizzanti, e dei dispositivi di protezione

Impresa e azienda - Le problematiche connesse alla cessione del ramo d'azienda, in cui Caterina PISAPIA commenta una recente sentenza della Corte di Cassazione (5932 del 5 marzo 2008).

Stabilizzazione dei rifiuti contenenti amianto - L'impianto mobile ICAM.
In questo articolo Marco TAMMARO illustra le componenti e il funzionamento di un impianto di stabilizzazione dei rifiuti contenenti amianto, i moduli di processo e le caratteristiche dei materiali trattati e dei prodotti ottenibili e i relativi costi.

Nello Speciale è stata pubblicata un’intervista al dottor Felice DI LUCENTE, e si parla di Nucleo Agoralimentare Forestale - Una garanzia in più per la tutela della sicurezza alimentare

Nella rubrica Greenergy, Leonardo EVANGELISTA ci parla della smaterializzazione dell'energia

Il numero 3 del 2008 di Consulting prosegue con un interessante articolo di Massimo Jandolo, in cui l’Autore illustra La tecnologia MBR in materia di depurazione delle acque reflue

Il Direttore Nicola G. GRILLO (oltre all’editoriale, che potete leggere qui) illustra a grandi linee il concetto di discarica in Dicesi discarica...

Il numero di Consulting è completato da un reportage fotografico (Questo non deve mai accadere) e dalla presentazione, da parte di Bruno EVANGELISTA, della Legge n° 46/90 al DM 22 gennaio 2008 - Finalmente molte novità nel settore della sicurezza degli impianti

Non mi resta che augurarvi buona lettura


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Ambiente & Sviluppo n. 4/2008 e Lexambiente: vi segnalo un mio articolo in materia di tutela delle acque nel Testo Unico Ambientale. Le acque di falda

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(segue da)

Nei precedenti interventi sono state affrontate le tematiche relative alla disciplina transitoria
dettata dal T.U.A. in materia di bonifica dei siti inquinati e alla responsabilità dei soggetti coinvolti nella procedura di bonifica.

Nella terza, ed ultima, parte del riassunto in tre puntate del lungo articolo (per un approfondimento analitico si rimanda all’articolo pubblicato sulla rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 4/2008) l’analisi si è soffermata, in particolare, sulla nuova disciplina dettata dall’art. 243 T.U. ambientale sulla gestione delle acque di falda, emunte durante la bonifica.

Qui vorrei sottoporre alla vostra attenzione le problematiche sottostanti alla gestione delle acque di falda, emunte nell’ambito dei procedimenti di bonifica dei siti contaminati, che hanno riguardato:
  • la qualificazione giuridica delle acque de quibus;
  • il regime autorizzatorio degli impianti di depurazione delle stesse e, infine,
  • i limiti di emissione applicabili allo scarico.
Tali problematiche interpretative ed applicative sono state acuite, in Italia, dalla mancanza – nella disciplina previgente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/06, il c.d. “Testo Unico Ambientale” (id est: D.Lgs. n. 22/97, in materia di gestione dei rifiuti; D.Lgs. n. 152/99, relativo alla tutela delle acque dall’inquinamento; D.M. n. 471/99, concernente la disciplina sulla bonifica dei siti inquinati) – di una chiara indicazione normativa.

In questa situazione di incertezza giuridica, le Pubbliche Amministrazioni coinvolte nei procedimenti di bonifica, sulla scorta dell’opinione espressa dal Ministero dell’Ambiente, hanno qualificato le acque de quibus come “rifiuti liquidi”, da trattare – ai fini dello smaltimento – in impianti a
utorizzati ai sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti, con conseguente inapplicabilità della disciplina sugli scarichi idrici.

Tuttavia, tale opzione non solo ha contribuito a rendere più farraginosi i procedimenti di bonifica – arrecando ulteriori oneri amministrativi, sanzionatori ed economici in capo ai soggetti imprenditoriali operanti – ma, in alcuni casi, ha anche condotto a conclusioni paradossali.

Nelle situazioni in cui, infatti, le acque di falda, emunte nell’ambito di procedimenti di bonifica, venivano sottoposte a procedimenti depurativi in impianti posti al servizio dell’attività industriale, e ubicati all’interno del sito da bonificare, si arrivava all’irragionevole e contraddittoria conclusione che nello stesso impianto si effettuava, contestualmente:
  • un’attività di depurazione delle acque di processo (al fine di ricondurle entro i limiti di emissione previsti dalla normativa in materia di scarichi idrici) e
  • un’attività di trattamento di “rifiuti”, costituiti dalle acque di falda emunte (con caratteristiche simili a quelle di processo), da scaricare entro i limiti, più severi, richiamati dal D.M. 471/99, anche se confluenti nello stesso corpo ricettore mediante la medesima conduttura....
L’articolo intende focalizzare l’attenzione sull’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 243 del T.U.A., con il quale il legislatore delegato, nel tentativo di colmare il vuoto normativo, cui si è fatto riferimento, ha stabilito che “le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente decreto" (art. 243, comma 1, D.Lgs. n. 152/06)

Una pronuncia del TAR Catania (ordinanza n. 788 del 07.06.2007), adottata in sede cautelare, ha ritenuto inammissibile la prescrizione (adottata da un’Amministrazione Pubblica) che imponeva l’obbligo dell’autorizzazione ai sensi della normativa sui rifiuti in relazione alla gestione delle acque emunte, “dovendosi esse, invece considerare acque reflue di provenienza industriale (art. 243 D.Lgs. n. 152/06)”.

A confermare lo stesso orientamento, nella sentenza del TAR Puglia – Sezione di Lecce n. 2247 del 4 aprile 2007 si legge che «al fine di determinare il regime dei limiti di emissione applicabili alle acque trattate con il sistema di emungimento occorre stabilire con precisione quale sarebbe la destinazione delle acque trattate, ovvero:
a) se esse siano destinate, a seguito dell’emungimento e del trattamento, ad essere scaricate nei corpi idrici superficiali (in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero effettivamente coincidere con quelli (meno rigidi) previsti per gli scarichi idrici nei corpi recettori, oppure

b) se esse siano destinate alla reimmissione in falda (in tale ipotesi i limiti di emissione dovrebbero, invece, coincidere con quelli (più rigidi) previsti dal D.M. 471 del 1999.

Più di recente, il TAR Catania, Sez. I, 29 gennaio 2008, n. 207, ha ribadito che l’art. 243 del D.Lgs n. 152 del 2006 individua una disciplina per queste tipologie di acque reflue che può dirsi speciale rispetto alla nozione di scarico ordinaria e dalla quale si evince l’intenzione del legislatore di riferirsi, per la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di MISE/bonifica, alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti.
Da ciò consegue la non applicabilità, per le stesse acque, della disciplina sui rifiuti, che è incompatibile con la prima ai sensi ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. b) del d.lgs n. 152 del 2006.


Infine, anche il
TAR Friuli Venezia Giulia (sentenza n. 90 del 28 gennaio 2008) ha affermato che “le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica si un sito, sono riconducibili al paradigma delle acque reflue di provenienza industriale, a termini dell’art. 243, c. 1 del D.Lgs. n. 152/2006: pertanto, i limiti da rispettare allo scarico sono quelli della emissione in acque reflue industriali in acque superficiali"


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Segnalazioni editoriali: un articolo sulla bonifica dei siti contaminati su Ambiente & Sviluppo e su Giuristi Ambientali. Le responsabilità

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Vi segnalo il secondo estratto dell’articolo “Gli orientamenti del giudice amministrativo sulla bonifica nel passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime”, di F. GIAMPIETRO – A. QUARANTA, in su Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3/2008, pubblicato in tre “puntate” sul sito di Giuristi ambientali.

Nel precedente intervento è stata da me affrontata la tematica relativa alla disciplina transitoria dettata dal T.U.A. in materia di bonifica dei siti inquinati.
In questa nuova “tappa” si intendono evidenziare, a grandi linee, le tendenze giurisprudenziali in materia di responsabilità dei soggetti coinvolti nella procedura di bonifica (per un approfondimento analitico si rimanda il lettore all’articolo pubblicato sulla rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3/2008).
Com’è noto, l’art. 17 del “Decreto Ronchi” assoggettava all’obbligo di bonifica chiunque, anche in maniera accidentale, cagionasse il superamento ovvero determinasse un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione ambientale dei suoli, delle acque superficiali e sotterranee in relazione alla particolare destinazione d’uso dei siti.
L’unico accertamento che doveva essere compiuto era quindi quello relativo al nesso causale tra la condotta dell’autore dell’inquinamento e l’evento (il superamento o il pericolo di superamento, dei suddetti parametri), trattandosi di una responsabilità di natura oggettiva.Il D.Lgs. 152/2006 ha introdotto una sostanziale modifica: il primo comma dell’art. 242 stabilisce, infatti, che “al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento deve mettere in opera entro ventiquattro ore le necessarie misure di prevenzione” e ne dà immediata comunicazione agli enti competenti ai sensi e secondo le modalità previste dall’art. 304, relativo all’obbligo di comunicazione, posto a carico del responsabile, nel caso di minaccia imminente di danno ambientale.
La mancanza, nel nuovo regime, di un esplicito riferimento a forme di contaminazione “accidentale” parrebbe far pensare al passaggio dal sistema di responsabilità oggettiva, previsto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997, ad un diverso sistema di imputazione di responsabilità, fondato sull’accertamento di parametri soggettivi di colpevolezza in capo all’inquinatore.La più recente giurisprudenza in materia non si attesta su posizioni uniformi: in alcune pronunce si afferma la presunzione di responsabilità del proprietario di un sito contaminato, mentre in altre il Giudice esclude che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento.
Nel primo filone giurisprudenziale rientrano, ad esempio, le sentenze del:1. T.A.R. Toscana, Sez. II, Sent. n. 393 del 14/03/2007:

Il proprietario di un sito
contaminato si presume responsabile, secondo quanto previsto dalle regole civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, inclusi i danni derivanti dall’inquinamento presente nel sito, salvo che non provi il caso fortuito o il fatto altrui.
2. T.A.R. Liguria, Sez. I, Sent. N. 621 del 12 aprile 2007:- il principio comunitario «chi inquina paga» […] imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della cost-benefit analysis, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente;
- il fondamento della responsabilità per danno ambientale riposa sul criterio economico-giuridico d'inte
rnalizzazione dei costi derivanti dai danni all'ambiente sui soggetti comunque responsabili, senza quindi il necessario riscontro - ad esempio - del dolo o della colpa nell'autore dei fatti: si prospetta una responsabilità di natura oggettiva conseguente all'assunzione di un rischio d'impresa connesso all'esercizio di un'attività potenzialmente dannosa per l'ambiente.
In senso contrario:1. T.A.R. Veneto, Sez. III, Sent. n. 2111 del 2 luglio 2007:

- Ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997, la vi
olazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento;- anche ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 22/97, la mera condizione di proprietario dell’area inquinata non è sufficiente a giustificare l’emissione di un provvedimento con cui si ordini, a tale soggetto, di effettuare gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e restitutio in integrum.
2. T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, Sent. n. 1254 del 20 luglio 2007:
- L’adozione di un criterio di “strict liability” (responsabilità rigorosa) in capo alle imprese, connesso a rischi oggettivi di impresa, non garantisce una migliore tutela del valore della difesa ambientale, rispetto ad un sistema di “due care” (cura doverosa);
-a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, non può più dubitarsi della piena vigenza del principio “chi inquina paga”.-Infine, il TAR Sicilia stabilisce che la responsabilità imprenditoriale per danno ambientale o per bonifica non può essere ricostruita in riferimento alle responsabilità di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. (relativi alla responsabilità per esercizio di attività pericolose ed alla responsabilità per danni da cose in custodia), in chiave di responsabilità oggettiva.


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