Vi segnalo il secondo estratto dell’articolo “Gli orientamenti del giudice amministrativo sulla bonifica nel passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime”, di F. GIAMPIETRO – A. QUARANTA, in su Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3/2008, pubblicato in tre “puntate” sul sito di Giuristi ambientali.
Nel precedente intervento è stata da me affrontata la tematica relativa alla disciplina transitoria dettata dal T.U.A. in materia di bonifica dei siti inquinati.
In questa nuova “tappa” si intendono evidenziare, a grandi linee, le tendenze giurisprudenziali in materia di responsabilità dei soggetti coinvolti nella procedura di bonifica (per un approfondimento analitico si rimanda il lettore all’articolo pubblicato sulla rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, n. 3/2008).
Com’è noto, l’art. 17 del “Decreto Ronchi” assoggettava all’obbligo di bonifica chiunque, anche in maniera accidentale, cagionasse il superamento ovvero determinasse un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione ambientale dei suoli, delle acque superficiali e sotterranee in relazione alla particolare destinazione d’uso dei siti.
L’unico accertamento che doveva essere compiuto era quindi quello relativo al nesso causale tra la condotta dell’autore dell’inquinamento e l’evento (il superamento o il pericolo di superamento, dei suddetti parametri), trattandosi di una responsabilità di natura oggettiva.Il D.Lgs. 152/2006 ha introdotto una sostanziale modifica: il primo comma dell’art. 242 stabilisce, infatti, che “al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento deve mettere in opera entro ventiquattro ore le necessarie misure di prevenzione” e ne dà immediata comunicazione agli enti competenti ai sensi e secondo le modalità previste dall’art. 304, relativo all’obbligo di comunicazione, posto a carico del responsabile, nel caso di minaccia imminente di danno ambientale.
La mancanza, nel nuovo regime, di un esplicito riferimento a forme di contaminazione “accidentale” parrebbe far pensare al passaggio dal sistema di responsabilità oggettiva, previsto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997, ad un diverso sistema di imputazione di responsabilità, fondato sull’accertamento di parametri soggettivi di colpevolezza in capo all’inquinatore.La più recente giurisprudenza in materia non si attesta su posizioni uniformi: in alcune pronunce si afferma la presunzione di responsabilità del proprietario di un sito contaminato, mentre in altre il Giudice esclude che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento.
Nel primo filone giurisprudenziale rientrano, ad esempio, le sentenze del:1. T.A.R. Toscana, Sez. II, Sent. n. 393 del 14/03/2007:
Il proprietario di un sito contaminato si presume responsabile, secondo quanto previsto dalle regole civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, inclusi i danni derivanti dall’inquinamento presente nel sito, salvo che non provi il caso fortuito o il fatto altrui.
2. T.A.R. Liguria, Sez. I, Sent. N. 621 del 12 aprile 2007:- il principio comunitario «chi inquina paga» […] imputa il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della cost-benefit analysis, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo in modo più conveniente;
- il fondamento della responsabilità per danno ambientale riposa sul criterio economico-giuridico d'internalizzazione dei costi derivanti dai danni all'ambiente sui soggetti comunque responsabili, senza quindi il necessario riscontro - ad esempio - del dolo o della colpa nell'autore dei fatti: si prospetta una responsabilità di natura oggettiva conseguente all'assunzione di un rischio d'impresa connesso all'esercizio di un'attività potenzialmente dannosa per l'ambiente.
- il fondamento della responsabilità per danno ambientale riposa sul criterio economico-giuridico d'internalizzazione dei costi derivanti dai danni all'ambiente sui soggetti comunque responsabili, senza quindi il necessario riscontro - ad esempio - del dolo o della colpa nell'autore dei fatti: si prospetta una responsabilità di natura oggettiva conseguente all'assunzione di un rischio d'impresa connesso all'esercizio di un'attività potenzialmente dannosa per l'ambiente.
In senso contrario:1. T.A.R. Veneto, Sez. III, Sent. n. 2111 del 2 luglio 2007:
- Ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997, la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento;- anche ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 22/97, la mera condizione di proprietario dell’area inquinata non è sufficiente a giustificare l’emissione di un provvedimento con cui si ordini, a tale soggetto, di effettuare gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e restitutio in integrum.
- Ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997, la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo, concorso alla produzione dell’evento;- anche ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 22/97, la mera condizione di proprietario dell’area inquinata non è sufficiente a giustificare l’emissione di un provvedimento con cui si ordini, a tale soggetto, di effettuare gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e restitutio in integrum.
2. T.A.R. Sicilia-Catania, Sez. I, Sent. n. 1254 del 20 luglio 2007:
- L’adozione di un criterio di “strict liability” (responsabilità rigorosa) in capo alle imprese, connesso a rischi oggettivi di impresa, non garantisce una migliore tutela del valore della difesa ambientale, rispetto ad un sistema di “due care” (cura doverosa);-a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, non può più dubitarsi della piena vigenza del principio “chi inquina paga”.-Infine, il TAR Sicilia stabilisce che la responsabilità imprenditoriale per danno ambientale o per bonifica non può essere ricostruita in riferimento alle responsabilità di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. (relativi alla responsabilità per esercizio di attività pericolose ed alla responsabilità per danni da cose in custodia), in chiave di responsabilità oggettiva.
- L’adozione di un criterio di “strict liability” (responsabilità rigorosa) in capo alle imprese, connesso a rischi oggettivi di impresa, non garantisce una migliore tutela del valore della difesa ambientale, rispetto ad un sistema di “due care” (cura doverosa);-a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, non può più dubitarsi della piena vigenza del principio “chi inquina paga”.-Infine, il TAR Sicilia stabilisce che la responsabilità imprenditoriale per danno ambientale o per bonifica non può essere ricostruita in riferimento alle responsabilità di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. (relativi alla responsabilità per esercizio di attività pericolose ed alla responsabilità per danni da cose in custodia), in chiave di responsabilità oggettiva.
(continua)