Ce l'hanno data a bere...

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Recensione del libro inchiesta, scritto nonostante la "regola non scritta" che recita "Acqua in bocca", diktat di una casta politica che fa acqua da tutte le parti...
Ci sono alcuni eventi che per la loro portata si definiscono spesso, a volte anche in maniera affrettata, "sconvolgenti".
Tra questi, la maggior parte sono in grado di cambiare il futuro di un gruppo, di un insieme di persone, di un territorio.
Ci sono, invece, altri tipi di eventi che, oltre ad incidere pesantemente sul presente e sul futuro della società civile, riescono in qualche modo a cambiare anche il passato. 
Meglio: l'idea di un certo passato che l'opinione pubblica aveva fino ad un dato momento.

Inizia così “Ce L’hanno data a bere”, il libro-inchiesta di due giornalisti abruzzesi del quotidiano on line PrimaDaNoi.it, pubblicato da Il mio libro.

Un libro che cerca di ricostruire, attraverso documenti e testimonianze, quanto accaduto nell’“isola felice” – l'Abruzzo, "un posto che oggi appare sempre più come una terra stuprata dalla mano incivile dell’uomo" – per avere uno sguardo di insieme sulla complessa vicenda e per capire cosa fosse realmente successo. 
E perché.

Il libro è ben costruito, e a parte qualche imprecisione normativa (il D.Lgs n. 152/06 – il c.d. “Testo Unico Ambientale” – non è l’ex DM 471/99…), si legge con piacere.
Ma anche con tanta amarezza…

Ogni capitolo si apre con una citazione, che riassume, in qualche modo, il successivo contenuto.

La storia inizia con un altro “modo di dire” che, dopo il titolo, sembra sottolineare in modo beffardo ciò che silenziosamente gli abruzzesi hanno mandato giù…
In “Acqua in bocca”, infatti, sono raccolte alcune frasi celebri, da quella del sindaco di Bussi, che nel maggio del 2007 affermò che 
«I nostri cittadini sono le prime vittime. Noi paghiamo lo scotto di cento anni di chimica. Siamo fieri perché grazie allo stabilimento ci siamo fatti anche un nome, ma le stesse industrie hanno portato molti problemi e morti» 
fino al 
«Non siamo il carrozzone mangia soldi che descrivono»
con la quale Bruno Catena, presidente dell’Aca – Azienda Comprensoriale Acquedottistica – rispondeva, in politichese, alle critiche che piovevano a destra e a manca, passando per il pilatesco e triste 
«Io vivo a Teramo…»
con il quale Dante Caserta, presidente Wwf Abruzzo, chiosava alla domanda se fosse opportuno bere l’acqua dei rubinetti in Val Pescara...

Il primo capitolo, Il polo chimico delle libertà (“In natura non ci sono né ricompense né punizioni: ci sono conseguenze”: R. G. Ingersoll), racconta una storia che tutti, in realtà, sapevano già…
Una storia fatta di silenzi omertosi, di interessi economici troppo forti per poter essere combattuti, di mobbing ante litteram, a tratti di un’ingenuità disarmante (“allora il discrimine era uno solo: puzza, non puzza. Il mercurio, per esempio, non puzzava, e costituiva un consolidato passatempo per i giovani degli anni ‘60”…) e di implicazioni sociali che hanno condizionato le stesse vittime dell’inquinamento provocato dalla discarica di Bussi sul Tirino. 
“Tutti possono cadere dalle nuvole, tranne noi, e per una ragione semplicissima”, dice ai giornalisti di PrimaDaNoi Pino Greco. “Perché noi abbiamo visto, abbiamo ascoltato, abbiamo respirato. Perché noi siamo stati testimoni. E forse anche complici. La discarica della vergogna, quel deposito di centinai di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici sparsi fra la ferrovia ed il fiume Pescara, non ha niente di abusivo. Essa è semplicemente la discarica della nostra fabbrica”…
Nelle pagine di Natura Giuridica ho già parlato di una situazione analoga, in cui sottolineavo che "la perdurante accettazione sociale, politica ed economica di grandi siti inquinati in ragione della salvaguardia del posto di lavoro sia stata ingannevole e si sia svelata, nel tempo, come un compromesso sbagliato […] ed abbia distorto la realtà creando una situazione di grave connivenza tra controllore e controllato, quasi una perversa simbiosi, tale da allentare qualsiasi forma efficiente di monitoraggio ambientale”.
In “Un fiume e un commissario straordinari” (“Gli uomini discutono, la natura agisce”: F. Voltaire) vengono delineate le cause del silenzio creatosi attorno a tale omertà, e i nebulosi contorni dello spirito di casta, mentre ne “In principio fu la mega discarica di Bussi” (“Il mondo è cambiato…lo sento nell’acqua…lo sento nella terra…lo avverto nell’aria…molto di ciò che era si è perduto”: da “Il signore degli anelli”) viene ripercorsa, per sommi capi, la storia dell’industrialismo sviluppista del polo chimico di Bussi-Popoli, corredato da annotazioni sul generale lassismo abruzzese rispetto l’applicazione delle normative ambientali, e dell’atteggiamento spesso troppo semplicistico con cui la politica ha trattato il problema, e non lo ha comunicato…

Seguono, inevitabili, le “Soluzioni tampone tra rassicurazioni e paure” (“Le bugie più crudeli sono spesso dette in silenzio”: R. Stevenson), dove i due giornalisti di PrimaDaNoi sottolineano che, a parole, Governo e Commissione bicamerale, si dicevano pronti a fare la propria parte, salvo poi, nei fatti, secretare l’audizione presso quest’ultima del PM Aceto (pag. 35)…operazione, quest’ultima, che ha sollevato qualche dubbio in proposito…

Il tutto, in un quadro generale di forti commistioni fra professionisti esterni e l’ACA (“ACA e ATO: così andavano le cose”: “I guai sono come i fogli di carta igienica: ne prendi uno, ne vengono dieci”. W. Allen), fatte di continue richieste di consulenze esterne, i cui costi, e le cui modalità…attuative lasciano pochi dubbi sullo strisciante clientelismo, e sulle sue inevitabili inefficienze…
I numeri spiattellati da “Ce l’hanno data a bere” dovrebbero “far riflettere dopo le polemiche legate al “partito dell’acqua”, agli scandali legati alle inchieste sull’acqua avvelenata e alla depurazione (Fangopoli)”.
Mentre il piano industriale presentato da ACA per la risoluzione dei problemi, fa acqua da tutte le parti



Foto: “..:GlassOfWater:.. *108/365*” originally uploaded by amnesiak1978