In materia di fonti rinnovabili tutte le differenze fra progettazione preliminare e definitiva sono significative? Quando è possibile modificare i progetti in modo ragionevole (e sostenibile economicamente)?
Cosa succede quando vi è una differenza fra il progetto preliminare, sottoposto a verifica di assoggettabilità, e quello definitivo, in materia di realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia? Quando le modifiche possono dirsi ragionevoli e quando, invece, consistono semplicemente in un modo per ingannare l’Amministrazione procedente?
Nel manuale, che ho pubblicato a gennaio 2012, intitolato “La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili” (v. recensione), è stato analizzato con dovizia di particolari il caso della frammentazione progettuale di un impianto energetico, al fine di eludere la normativa sulla valutazione d’impatto ambientale (capitolo 3.2.1).
Una tematica già affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, in relazione ad altre materie: ad esempio, in relazione alla realizzazione di porti turistici ed infrastrutture stradali, per le quali è stato sottolineato che “il progetto definitivo dell’opera pubblica deve essere corredato dallo studio di impatto ambientale, con conseguente necessità della verifica dei profili di impatto ambientale al momento dell’approvazione del progetto che comporti variante al PRG; la valutazione ambientale necessita di una valutazione unitaria dell’opera, ostante alla possibilità che, con un meccanismo di stampo elusivo, l’opera venga artificiosamente divisa in frazioni eseguite in assenza della valutazione perché, isolatamente prese, non configurano interventi sottoposti al regime protettivo”.
Diversamente, verrebbe in modo inammissibile a trasferirsi in capo ai soggetti, redattori dei progetti, il potere di determinare i limiti della procedura di via, attraverso la sottoposizione ad essi di porzioni di opera e l’acquisizione, su iniziative parziali e, perciò stesso, non suscettibili di apprezzamento, circa i livelli di qualità finale di una pronuncia di compatibilità ambientale asseritamente non modificabile, con conseguente espropriazione delle competenze istituzionali dell’amministrazione competente e sostanziale elusione delle finalità perseguite dalla legge.
In questa sede vi voglio segnalare che, sul sito di Natura Giuridica - sezione premium, potete trovare, fra i molti ivi caricati, anche alcuni documenti utili a dare una risposta alle domande con le quali ho iniziato questo post.
Di recente, in particolare, sono stati analizzati tre casi nei quali:
1. l’amministrazione ha riscontrato una difformità fra il progetto definitivo e quello sottoposto a verifica di assoggettabilità.
In particolare, è stata analizzata l’efficacia endo-procedimentale degli atti con i quali l’Amministrazione comunica alla società istante di provvedere all’avvio di un nuovo procedimento con l’applicazione delle norme di legge e del regolamento vigenti al momento di presentazione dell’istanza stessa e, contemporaneamente, indica le istruzioni generali in merito al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di IAFR: sono atti immediatamente lesivi e, quindi, impugnabili, o no?
2. sono state riscontrate ragionevoli differenze fra la progettazione preliminare e quella definitiva;
3. vi sono state delle sopravvenienze rilevanti, che non potevano cristallizzare la situazione al momento del rilascio della valutazione d’impatto ambientale.
Sul sito troverete la soluzione di alcuni casi concreti, che possono offrire spunti interessanti da utilizzare a vostro beneficio, per indirizzare in modo coerente e sostenibile la vostra azione amministrativa.
Tenete conto, in ogni caso, che si tratta solo del primo step per agire in modo preventivo e sostenibile: occorre, in ogni caso, una consulenza mirata da parte di uno specialista che, a partire dall’analisi della vostra situazione di partenza,vi fornisca tutte le indicazioni utili per agire nel vostro esclusivo interesse nel minor tempo possibile e a costi sostenibili.
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