Ho voluto un titolo volutamente provocatorio per questo post, un mix eterogeneo fra un sogno – “declassato”dalla realtà a vaga speranza – e la più prosaica, amara constatazione di come “noi Italiani” facciamo le cose esclusivamente per contrapposizione, per convenienza o per necessità.
In ogni caso, mai spinti da un interesse che trascenda il piccolo orticello del particolarismo fine a se stesso e ci permetta di guardare “più in là”, al nuovo, al diverso, e di essere lungimiranti. Mai per scelta.
Un sogno – ambiente e sviluppo sostenibili – simboleggiato da un colore il cui valore simbolico è stato troppo spesso equivocato, da apprendisti politici di entrambi gli schieramenti che rivendicano a vario titolo la difesa del nuovo baluardo della difesa dell'ambiente.
Questo post prende spunto da un arguto “Buongiorno” di Massimo Gramellini, Al verde del 10 ottobre 2008), e mi auguro che funga da stimolo ad un dibattito finora troppo frettolosamente relegato – in modo colpevolmente semplicistico e fuorviante – nel solito dimenticatoio del paese del gattopardo di cui ho già scritto.
E se i banchieri ingordi di Wall Street che ci stanno restringendo le tasche fossero in realtà degli ambientalisti, travestiti da truffatori per non dare nell’occhio? Hanno visto il film di Al Gore sull'effetto serra, magari anche «The day after tomorrow» sulla glaciazione di New York, e si sono detti: cosa possiamo fare per impedire tutto questo?
E' bastata qualche riunione informale a bordo di uno yacht di sedici chilometri per mettere a punto un piano infallibile: mandare in vacca il capitalismo. Là dove avevano fallito Greenpeace, il protocollo di Kyoto e persino Pecoraro Scanio, sono riusciti i nostri cari manageroni coi bretelloni.
In virtù della recessione causata dalle loro ambizioni spericolate, il prossimo anno le compagnie aeree taglieranno quattrocentocinquantamila voli, i consumi di petrolio crolleranno, molte industrie ridurranno la produzione, una quantità minore di cibo e di merci circolerà sulle autostrade e quasi tutti i Suv resteranno in garage, dove verranno riciclati come fienili o depositi per le conserve.
Non dico che nelle città respireremo l'aria del Monte Bianco o che l'acqua dei poli tornerà subito a ghiacciare come certe braciole di maiale dimenticate da mesi nel mio freezer. Ma certo è molto più facile fare i verdi quando si sta al verde.
E' bastata qualche riunione informale a bordo di uno yacht di sedici chilometri per mettere a punto un piano infallibile: mandare in vacca il capitalismo. Là dove avevano fallito Greenpeace, il protocollo di Kyoto e persino Pecoraro Scanio, sono riusciti i nostri cari manageroni coi bretelloni.
In virtù della recessione causata dalle loro ambizioni spericolate, il prossimo anno le compagnie aeree taglieranno quattrocentocinquantamila voli, i consumi di petrolio crolleranno, molte industrie ridurranno la produzione, una quantità minore di cibo e di merci circolerà sulle autostrade e quasi tutti i Suv resteranno in garage, dove verranno riciclati come fienili o depositi per le conserve.
Non dico che nelle città respireremo l'aria del Monte Bianco o che l'acqua dei poli tornerà subito a ghiacciare come certe braciole di maiale dimenticate da mesi nel mio freezer. Ma certo è molto più facile fare i verdi quando si sta al verde.
Il problema è proprio questo: fare i verdi. Non: esserlo, o diventarlo. Per lo meno provarci.
E non sto parlando solo di banchieri ingordi, finanzieri spericolati o di qualche integralista. Sto parlando anche, e soprattutto, di “noi”, “spettatori malinconici di felicità impossibili”... Dei cittadini. O meglio, della loro maggioranza...
Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al di sopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
Conservatrice per vocazione, la maggioranza - aggrappata agli scampoli di realtà una virtuale (figlia della mano invisibile del “saggio” mercato e dell’ideologia, a buon mercato, del tutto e subito) - è incapace di concepire il futuro, uno qualsiasi, figuriamoci il futuro sostenibile.
Ha già troppi impegni per pontificare, persa com’è nel sempreverde (questo, sì…) manicheismo ideologico, intrinsecamente incapace di trovare soluzioni (condivise, autorevoli).
La maggioranza può fingere di essere qualcosa che in realtà non è: un palliativo che non risolve il problema.
E delega la “tutela dell’ambiente” a "militanti severi” che – nascondendosi dietro formule accattivanti (“dall’ambientalismo del no all’ambientalismo del fare”) – si prendono “la briga e di certo il gusto di dare a tutti il consiglio giusto” su come affrontare le problematiche ambientali.
Di solito, fra un’intervista ad un rotocalco e una chiacchierata sulla migliore ricetta per gli spaghetti alla bottarga...
Per questo occorre molto più tempo, e un deciso cambio di rotta.
Oggi ho firmato io la rubrica del mercoledì, Natura allo Specchio, normalmente a firma di Naide, che oggi “non in rete” per motivi di salute.
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