Effettuata, a grandi line, la ricostruzione in fatto e in diritto, vi riporto, di seguito, le massime della sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 35235/08.
L’autocertificazione prevista dall’art. 183, lett. n), del D.Lgs. n. 152/06, nel testo vigente prima della modificazione introdotta con il D.Lgs n. 4 del 2008, non è più determinante per individuare la certezza del riutilizzo.
(Nella specie la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza del Tribunale del riesame di Terni, con la quale era stata respinta l’istanza presentata dal titolare di una società, cui era stata sequestrata un’area, posta all’interno dell’azienda, sulla quale erano stati depositate 4000 tonnellate di scarti della lavorazione di pavimenti di linoleum, classificati come rifiuti dal Tribunale per lo stato di abbandono in cui il materiale si trovava e per la mancanza di documentazione idonea a provare l’effettivo riutilizzo)
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Il deposito dei residui di produzione nel luogo in cui gli stessi vengono prodotti, o nelle vicinanze o in altro luogo non costituisce di per sé elemento univoco per qualificarli come rifiuti, se dalle modalità del deposito, dalla sua durata e da altre circostanze non può desumersi con certezza una situazione di effettivo abbandono.
(Nella specie la Cassazione – dopo aver evidenziato che il Tribunale del riesame non aveva adeguatamente valutato gli elementi probatori forniti dall’indagato – ha annullato con rinvio, in quanto dal provvedimento impugnato non emerge con certezza se l’indagato abbia accumulato il materiale nell’area de qua per smaltirli o, al contrario, per riutilizzarli e conseguire un vantaggio economico.
In relazione a quest’ultimo elemento, la Cassazione ha sottolineato che il criterio economico, anche se è stato esplicitamente richiamato dal legislatore solo con il decreto correttivo n. 4/08, poteva essere legittimamente utilizzato anche prima del richiamo esplicito da parte del legislatore.
Invero, conclude la Corte, il residuo del processo produttivo non viene abbandonato ma gestito come sottoprodotto se il detentore o il produttore di sostanze ricavate da un processo produttivo destinato principalmente ad altre produzioni riceve un vantaggio economico anche dall’utilizzo dei residui).
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Non si può utilizzare un sequestro probatorio per soddisfare esigenze cautelari per le quali è previsto il sequestro preventivo.
(Nella specie, il Giudice di legittimità ha annullato ha messo in evidenza che il provvedimento impugnato aveva disposto il sequestro non per espletare accertamenti peritali sui residui de quibus – che pure potevano essere utili per individuare le possibilità di una loro effettiva riutilizzazione, ma solo per assicurare la prova del reato, esigenza questa che poteva essere garantita anche con mezzi diversi dal sequestro).
Dell’incertezza normativa ho parlato a lungo nelle pagine di Natura Giuridica, anche in relazione all’insostenibile leggerezza dell’essere…sottoprodotto…
L’estenuante ping pong fra Cassazione e Giudice del rinvio, e i continui cambi di direzione dell’uno e dell’altro, non sono altro che uno degli effetti perversi e distorti dell’assurdo modo di condurre la politica ambientale nel nostro Paese…
Alla fine, quello che rimane non è che una sbiadita immagine di un perenne “progredire” a tentoni…con buona pace della certezza del diritto, dello sviluppo economico e della tutela dell’ambiente.
Corte di Cassazione penale, sentenza n. 35235 del 2008
Corte di Cassazione penale, sentenza n. 35235 del 2008