L’insostenibile leggerezza dell’essere…sottoprodotto

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È stato da poco pubblicato il n. 4-5 del 2008 della Rivista Consulting, Geva Edizioni.


Questo è il sommario (collegandovi al sito della GEVA potete leggere l’editoriale):

Massimo Jandolo, ne "L'uso dei silicati minerali per eliminare l'acido fluoridrico" illustra una nuova tecnica di smaltimento.

Stefano Bernardi indica "Le corrette norme di comportamento" nella gestione di rifiuti aziendali, mentre Gian Luca Montel spiega i perché della “Sicurezza della trattrice agricola”.

Nella rubrica GREenERGY l’Ing. Leonardo Evangelista delinea le "Luci e…soprattutto le ombre del fotovoltaico", oggi.
Anch’io ho collaborato alla redazione della Rubrica GREenERGY, in questo numero, con un articolo in materia di sottoprodotti, che ho voluto intitolare, un po’ provocatoriamente: L'insostenibile leggerezza dell'essere... sottoprodotto - Le modifiche alla nozione di sottoprodotto introdotte nel secondo decreto correttivo”

Seguono gli articoli di
Paolo Ghelfi: "Metodi ed esperienze per l'organizzazione aziendale - L'importanza della misura dei fenomeni"

Marilena Serafini: "Domande e risposte sulla certificazione energetica"

Nicola G. Grillo: "Tecnico o consulente Tecnico? - Gestione aziendale e imprenditorialità"

Lidia Mancini: "Testo Unico e sicurezza sul lavoro - Diverse idee, ma ancora poche soluzioni concrete"

Domenico Grillo: "Caro petrolio... Quanto costi realmente?"

Nello Speciale, l’Ing. Grillo parla di "Energia nucleare: Riprendere o lasciare?"

Per informazioni sull’abbonamento, collegati al sito della GEVA Edizioni.

Vi riporto alcuni stralci del mio articolo: "L’insostenibile leggerezza dell’essere…sottoprodotto".


Nel primo paragrafo, intitolato “Le modifiche alla nozione di sottoprodotto introdotte nel secondo decreto correttivo”, analizzo le novità introdotte, nella disciplina sulla gestione dei rifiuti, in relazione alla definizione di sottoprodotto, sottolineando come
nel complesso – è stato sottolineato in dottrina – “si tratta di certo di un testo senza dubbio migliore rispetto al precedente anche sotto il profilo della tecnica legislativa […].
Ciò non toglie, peraltro, che rimane qualche dubbio riguardo alla opportunità della scelta stessa di fissare in un testo legislativo dei criteri che - essendo unicamente il frutto di elaborazioni giurisprudenziali - sono ovviamente di difficile interpretazione e mutevoli nel tempo”: la tecnica legislativa, infatti, può suscitare perplessità “in quanto fotografa un fenomeno in evoluzione che, con il tempo, rischia di essere sempre meno fedele rispetto all’oggetto rappresentato, così da obbligare il legislatore italiano a continui interventi di riallineamento della disposizione interna alla norma comunitaria, quando la differenza non sia più colmabile attraverso il ricorso all’interpretazione adeguatrice”.
Nel secondo paragrafo, "La comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti", dopo aver delineato i punti salienti della “Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa alla Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti” del 21 febbraio 2007, nella quale la Commissione ha evidenziato che, in alcuni casi, è problematico distinguere fra:
  • materiali che non sono l'obiettivo primario di un processo di produzione (ma che possono essere considerati sottoprodotti non assimilabili a rifiuti), e
  • materiali che devono invece essere trattati come rifiuti
analizzo le linee fondamentali delle linee guida interpretative:

1) la prima riguarda il materiale risultato di una scelta tecnica […]
2) nella seconda la Commissione elenca le tre condizioni che gli stessi devono soddisfare per essere considerati sottoprodotto (e non rifiuto):
  • la certezza del suo utilizzo;
  • l’assenza di una previa trasformazione preliminare del residuo di produzione.
  • la continuità del processo di produzione.
3) nella terza, infine, la Commissione “snocciola” altri elementi che, sulla base dell’esperienza “vagliata” dalla Corte di Giustizia, possono essere utili - pur non costituendo una prova irrefutabile – per distinguere, nel concreto, fra rifiuti e sottoprodotti.
Nel terzo paragrafo, "La posizione comune definita dal Consiglio il 20 dicembre 2007: meno limiti per i sottoprodotti…?", viene analizzata brevemente la posizione comune del 20 dicembre 2007, adottata dal Consiglio dell’Unione e dal Parlamento in vista dell’adozione delle nuova direttiva in materia di rifiuti, mentre nel paragrafo successivo ("…e la raccomandazione del Parlamento"), si accenna al Progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 18 aprile 2008, che ha ritenuto opportuno di intervenire ulteriormente in materia.



Nelle conclusioni finali sottolineo come l’assenza di chiarezza giuridica ha sicuramente reso difficile l'applicazione della definizione di rifiuto, sia per le autorità competenti che per gli operatori economici, creando, a volte, disparità nel trattamento fra gli operatori economici e ostacolando il mercato interno.

“non si tratta di discorsi meramente teorici:
- da un lato, un'interpretazione troppo ampia della definizione di rifiuto imporrebbe alle aziende costi superflui, rendendo meno interessante un materiale che, invece, sarebbe potuto invece rientrare nel circuito economico;
- dall’altro, un'interpretazione troppo restrittiva potrebbe tradursi in danni ambientali e pregiudicare l'efficacia della legislazione e delle norme comunitarie in materia di rifiuti.
Credo che – stante la già difficile ricerca di un’adeguata nozione di rifiuto, oltre alla complessità dei “processi di produzione” (“partecipati”, nella preparazione del materiale per il suo riutilizzo, anche da utilizzatori successivi e intermediari, senza che per questo si debba necessariamente ritenere di essere in presenza di un «diverso» processo produttivo) – la nozione di sottoprodotto, imbavagliata in stretti parametri giuridici, che non riescono a descrivere l’analitica realtà quotidiana, sia… “insostenibile”, e che continuare a mantenere (in Italia, e introdurre, in Europa) una definizione “statica” di un “fenomeno” in continua evoluzione sia controproducente.

Così come, ad avviso di scrive, non sembra condivisibile l’orientamento rigido della Cassazione, che tende a negare aprioristicamente la possibilità di configurare un «sottoprodotto» nel caso di intervento di un terzo nell’ambito del processo produttivo (anche a titolo di mera detenzione della sostanza)…
Come ha giustamente sottolineato la Commissione nelle linee guida del 21 febbraio 2007, è preferibile il ricorso a linee guida, strumento più…“leggero”, flessibile e meglio adattabile al cospetto dell’incessante evolversi della tecnologia.
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