CIP 6? Ce la fai? Sei connesso ?

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A volte ritornano.
In certi casi per fatalità; in altri, per più o meno strane (o volute?) coincidenze; in altri ancora, anche per necessità.
Ma quando quel “a volte” si ripete un po’ troppo spesso (per non dire: sempre), allora il “ritorno” è dovuto ad un motivo solo: per convenienza, mascherata da ineluttabile necessità.
Sto parlando del “famoso” CIP6: un giusto e importante incentivo, funzionale ad una specifica politica energetica (favorire le fonti di energia rinnovabili), trasformato, di fatto, in un’iniqua sovvenzione ai “soliti noti”.
In sostanza, non si incentivano solo le fonti rinnovabili, ma anche quelle “assimilate” – per diktat (legislativo) politico – alle rinnovabili…
Convenienza, dicevo.
Per qualcuno.
Ma presa in giro per tutti gli altri, ambiente e consumatori in prima linea…

Tanto che, per giustificare simili manovre, si invocano stati di (perenne!) emergenza, da risolvere (o far finta di tamponare, per poterla sbandierare ogniqualvolta si ha bisogno di adottare determinati provvedimenti? Possibile che da noi le emergenze non si possano risolvere?) "in qualche modo"...
O, con acrobazie semantiche, si utilizzano disinvoltamente termini (fonti energetiche assimilate) che, come ho accennato, stravolgono la sostanze delle cose.

Con decreto del Ministro dello “sviluppo economico” del 31 ottobre 2008 (GU n. 261 del 7-11-2008) è di nuovo successo.
Il Governo, infatti, “viste e considerate” le più svariate “necessità”:
  • garantire parità di condizioni per perseguire gli obiettivi di una tariffa del ciclo integrato dei rifiuti unitaria e il più possibile omogenea sull'intero territorio regionale;
  •  assicurare […] condizioni di finanziabilità degli impianti di termovalorizzazione di Salerno, Napoli e Caserta analoghe a quelle già previste per l'impianto di termovalorizzazione di Acerra;
  •  naturalmente, quella di evitare ogni tipo di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie alla soluzione dell’emergenza rifiuti in Campania, che comporta danni di natura ambientale e igienico-sanitaria e arreca danni all'immagine e all'economia della regione e del Paese;
ha stabilito che gli impianti di termovalorizzazione localizzati nel territorio delle province di Salerno, Napoli e Caserta (con alcune “caratteristiche di massima”: uhm) “sono ammessi agli incentivi previsti dal provvedimento Cip 6/92.

Seguono le modalità per la stipula delle convenzioni per la cessione dell'energia elettrica prodotta (art. 2), le disposizioni inerenti la connessione degli impianti alla rete elettrica (art. 3), quelle concernenti l’utilizzo dell'energia elettrica ritirata (art. 4) e quelle relative alle modalità di cessione dell'energia elettrica al termine del periodo di diritto agli incentivi (art. 5).
Disposizioni appena appena mitigate dalla previsione del divieto di cumulo degli incentivi (art. 6).

Insomma: l’ennesimo aiuto di Stato a chi non investe (grazie ai finanziamenti…) in tecnologie pulite, quelle del futuro (in alcuni paesi già del presente), ma si ostina, grazie ad una (sapiente?) proroga della risoluzione dell’emergenza…che da noi sembra aver assunto il ruolo di fonte del diritto…
Se, in nella necessaria gestione integrata dell’ambiente, servono alcuni inceneritori, dotati delle migliori tecnologie disponibili, che garantiscano il massimo della protezione dell’ambiente e della salute dell’uomo, e contribuiscano, pro quota, alla risoluzione del problema rifiuti (le cui cause sono molteplici), “ben vengano”…
Ho sempre sostenuto che l’unica soluzione per tutelare efficacemente l’ambiente e la salute, e nello stesso tempo coniugare queste esigenze con le aspettative economiche della società, sia un a credibile ed autorevole politica ambientale integrata, lontana dalle sterili contrapposizioni ideologiche e dai dannosi veti incrociati.
Ma è giunta l’ora – guardando al futuro, invece di arroccarsi nella miope difesa di schemi vecchi, lontani dalla realtà – di investire in altre direzioni (fonti rinnovabili, prevenzione nella produzione dei rifiuti, rispetto effettivo della gerarchia della gestione dei rifiuti, …) per permetterci, un giorno, di potere fare a meno di ciò che oggi, anche a causa delle sconsiderate politiche (anche) ambientali, è ancora per certi versi inevitabile…per l’ostinata mancanza di valide alternative…

Stando, invece, così le cose, qual è la sostenibilità ambientale, economica, sociale, culturale di un paese “casto”, governato da furbetti pressappochisti, “politici imbrillantinati, che minimizzano i loro reati disposti a mandare tutto a puttana pur di salvarsi la dignità mondana…”?

A te che sogni una stella ed un veliero
che ti portino su isole dal cielo più vero
a te che non sopporti la pazienza
o abbandonarti alla più sfrenata continenza

a te hai progettato un antifurto sicuro
a te che lotti sempre contro il muro
e quando la tua mente prende il volo
ti accorgi che sei rimasto solo

a te che ascolti il mio disco forse sorridendo
giuro che la stessa rabbia sto vivendo
stiamo sulla stessa barca io e te

a te che non ami i servi di partito
che ti chiedono il voto un voto pulito
partono tutti incendiari e fieri
ma quando arrivano sono tutti pompieri

a te che ascolti il mio disco forse sorridendo
giuro che la stessa rabbia sto vivendo
stiamo sulla stessa barca io e te



Ci(p) 6, ce la fai, sei connessa?, viene da chiedere alla nostra “classe” dirigente, anche se la risposta mi sembra scontata…
Occorre ben altro che il quotidiano teatrino di accuse reciproche; il disgustoso valzer di ripicche e plateali litigi; i malcelati odi; lo stillicidio senza fine di inconsistenti farneticazioni bipartisan; il compiaciuto guardarsi l’ombelico della nostra classe politica autoreferenziale…
Le leggi senza senso che quest’ultima sforna, nell’asserita vocazione semplificatoria che, tuttavia, lasciano il paese in un'immobilità senza soluzione.

Serve un netto, credibile, serio, autorevole cambio di rotta, per costruire, sulle macerie di un presente insostenibile, un futuro degno, dignitoso, solidale.

Un sogno per l’anno che verrà; che, mi auguro, possa portare a tutti noi un po’ più di serenità e di serietà.

Con questo post Natura Giuridica chiude il suo 2008, vi augura buone feste, e vi dà appuntamento al 7 gennaio 2009.
Con l’anno nuovo, sarà finalmente on-line anche il sito di Natura Giuridica (www.naturagiuridica.com), consulenza e formazione in diritto dell’ambiente per le imprese e le pubbliche amministrazioni.

Foto: “veliero” originally uploaded by vivi1966

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Guardie Ecologiche Volontarie: accertamento e repressione dei reati

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Accertamento e repressione dei reati

In relazione a tale ultima funzione, occorre accennare agli orientamenti giurisprudenziali, divisi fra:
1) la fedeltà alle posizioni negative assunte sul punto dalle prime pronunce emesse in materia.
Nel previgente regime (L. 968/77), infatti, sia il Consiglio di Stato che la Cassazione civile avevano statuito la radicale differenza tra le due categorie di addetti alla vigilanza venatoria previste dall'art. 27 stessa legge:
  • dipendenti dagli enti delegati dalla Regione e
  • guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute, disponendo che
  • solo i primi potessero esercitare funzioni di polizia giudiziaria (quali quelle connesse al sequestro dei corpi di reato o alla verbalizzazione diretta delle violazioni alle disposizioni sulla caccia),
  • mentre alle guardie volontarie poteva essere riconosciuta unicamente la qualità di pubblici ufficiali in relazione ad incarichi di collaborazione con gli organi di polizia giudiziaria loro conferiti ai fini della vigilanza venatoria e non già quella di agenti di polizia giudiziaria.
2) le aperture seguite all'approvazione del nuovo codice di procedura penale e all'entrata in vigore della nuova legge sulla protezione della fauna (L. n. 157/92), che ha aperto un nuovo quadro normativo.
Gli artt. 27 e 28 della legge, infatti, hanno regolamentato in modo specifico l'attività di vigilanza e controllo, affidando i relativi compiti:
  • non solo agli agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle Regioni,
  • ma anche alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministro dell'ambiente …
Si realizza così l'attribuzione, a tutte le associazioni anzidette, del compito di coadiuvare, nel campo tecnico organizzativo della caccia, gli organi statali, le Regioni e gli enti locali delegati nonché quello di proporre alle autorità di pubblica sicurezza il riconoscimento delle guardie volontarie venatorie, compiti che appunto costituiscono un'applicazione della c.d. amministrazione indiretta.

Mentre, con la nuova legge, non ha dato luogo ad alcun dibattito l'attribuzione di poteri di vigilanza e controllo alle guardie volontarie delle associazioni venatorie o delle associazioni agricole, non altrettanto si può dire per quanto riguarda le guardie volontarie delle associazioni ambientaliste, per le quali, è stato nuovamente posto, in un primo tempo, il problema del possesso della qualifica di pubblici ufficiali e della conseguente natura fidefacente del verbale di accertamento degli illeciti venatori da esso redatto.

Ad ogni modo, anche in seguito all’entrata in vigore della L. n. 157/92, in relazione alla configurabilità o meno in capo alle guardie venatorie volontarie della qualifica di polizia giudiziaria, si è registrata una totale disparità di vedute:
  • tra chi ha da subito ritenuto sussistente un riconoscimento legislativo di tali funzioni e
  • chi invece ha negato in radice tali funzioni, sulla scorta del fatto che l'art. 27 solo con riferimento agli agenti dipendenti dagli enti locali riconosce loro, in base alle norme vigenti, la corrispondente qualifica (114).
Tralasciando, in questa sede, le ulteriori analisi dottrinali in materia, vale la pena porre in evidenza che, più di recente, la Corte di Cassazione ha stabilito che “non si può escludere la qualifica di agenti di polizia giudiziaria alle guardie volontarie delle associazioni di protezione dell’ambiente riconosciute dal ministero dell’ambiente perché la l. 11 febbraio 1992 n. 157, espressamente attribuisce ad esse un compito di vigilanza venatoria sull’applicazione della legge medesima, compreso l’art. 30 relativo alle sanzioni penali; perché l’art. 28 stessa legge, nel definire poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria ricomprende sia il potere ispettivo, sia il potere di controllo della fauna abbattuta o catturata e il potere di accertamento; perché la qualifica di polizia giudiziaria a favore delle guardie volontarie non richiedeva una specifica menzione, essendo tali soggetti competenti solo per la materia venatoria; perché nel contenuto degli art. 55 e 57 c.p.p. al prendere notizia dei reati è collegato logicamente in via funzionale il dovere di impedire che vengano portati a ulteriori conseguenze” (Cass., sez. III, 01-04-1998).


Foto: “palette nature” originally uploaded by Philippe Saint-Laudy



Guardie Ecologiche Volontarie: la qualifica

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Prima di analizzare il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla qualifica rivestita dalle Guardie Ecologiche Volontarie, occorre delineare, sia pur per sommi capi, le figure:
  1. del pubblico ufficiale: l’art. 357 del codice penale, nel dettarne la definizione, specifica che agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi.La figura di pubblico ufficiale si distingue, non senza confusioni, da quella
  2. dell’incaricato di pubblico servizio. Giova precisare che l'attribuzione di P.U. non comporta necessariamente l'attribuzione di Agente di Pubblica Sicurezza e/o di Polizia Giudiziaria. L’incaricato di pubblico servizio svolge un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.
  3. della polizia amministrativa si occupa dell’osservanza della legge e dei regolamenti amministrativi, in esecuzione delle funzioni proprie del potere esecutivo;
  4. della polizia giudiziaria. L’art. 55 del c.p.p. stabilisce che “la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa:
- prendere notizia dei reati
- impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori;
- ricercarne gli autori;
- compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e
- raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale.


Effettuata tale doverosa premessa, adesso possiamo delineare quanto affermato in dottrina e giurisprudenza, dove è da sempre dibattuto il problema della qualifica rivestita dalle guardie venatorie volontarie ed in genere dalle guardie volontarie delle associazioni ambientaliste, alle quali, di volta in volta, è stato riconosciuta:
  1. la veste di pubblici ufficiali, in primis, e, quindi,
  2. di agenti di polizia giudiziaria,
per poi venire immancabilmente travolti da successivi pronunciamenti e ribaltamenti di prospettiva.

Questo altalenarsi di pronunce:
  1. ora favorevoli ad un'apertura nei confronti della vigilanza volontaria, in quanto longa manus dell'amministrazione votata a compiti di prevenzione e tutela dei beni ambientali in base a specifiche disposizioni di legge,
  2. ora contrarie a riconoscere ad organismi sostanzialmente privati poteri accertativi e di controllo,
ha così dato vita ad un carosello giurisprudenziale dei più mossi.
In estrema sintesi:

A) Riconoscimento del ruolo di pubblici ufficiali alle guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche

Il primo riconoscimento di una specifica qualifica delle guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche riconosciute si è mosso nel quadro della previgente normativa sulla caccia e dell'abrogato codice di procedura penale, nel cui ambito, in relazione ai compiti di vigilanza dalla stessa previsti, è stata appunto affermata la sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale, con conseguente attribuzione del valore probatorio proprio dell'atto pubblico ai verbali di accertamento di infrazioni alla disciplina sulla caccia, redatti dalle suddette guardie.

Pur non giungendo dunque al riconoscimento, in capo alle guardie venatorie volontarie, della qualifica di agenti di polizia giudiziaria, ad essi, nell'esercizio delle loro funzioni, è stato comunque attribuito - e non senza contestazioni - il ruolo di pubblici ufficiali, connesso all'esercizio di poteri autoritativi e certificativi nell'ambito dell'attività di protezione della fauna selvatica, e quindi a tutela di un interesse pubblico della comunità nazionale.

La giurisprudenza è giunta così, anche in sede amministrativa, a inquadrare la vigilanza volontaria nell'ambito della c.d. "amministrazione indiretta", ovverosia in quella fattispecie per la quale l'amministrazione può avvalersi, nell'espletamento delle proprie funzioni, di enti od organismi privati…
A tali guardie, quindi, con qualifica di guardie particolari giurate, il riconoscimento della qualifica di pubblici ufficiali ha comportato l'ammissione dell'esercizio, da parte delle stesse, di una pubblica funzione e dell'attribuzione di poteri autoritativi o certificativi (Cfr. Cassazione penale, Sez. VI, 25 marzo 1996), ma non di accertamento e repressione dei reati.


Foto: “Call of the Raven (formerly Nature's Special Effects)” originally uploaded by walkaboutwolf


Incenerimento e rifiuti gassosi

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La nozione di «rifiuto» contenuta all’art. 3, punto 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull’incenerimento dei rifiuti, non riguarda sostanze che si presentano in forma gassosa.

La nozione di «impianto di incenerimento» di cui all’art. 3, punto 4, della direttiva 2000/76 riguarda qualsiasi unità o attrezzatura tecnica destinata al trattamento termico dei rifiuti, purché le sostanze che risultano dall’impiego del trattamento termico siano successivamente incenerite e, a tale riguardo, la presenza di una linea di incenerimento non costituisce un criterio necessario ai fini di tale qualifica.

In circostanze come quelle di cui alla causa principale:
  • un impianto di gassificazione che persegue l’obiettivo di ottenere prodotti in forma gassosa, nella fattispecie un gas depurato, sottoponendo determinati rifiuti a un trattamento termico deve essere qualificato come un «impianto di coincenerimento» ai sensi dell’art. 3, punto 5, della direttiva 2000/76;
  • una centrale elettrica che utilizza come combustibile aggiuntivo, in sostituzione di combustibili fossili impiegati in prevalenza nella sua attività di produzione, un gas depurato ottenuto dal coincenerimento di rifiuti in un impianto di gassificazione non rientra nella sfera di applicazione di tale direttiva.

In estrema sintesi, una società finlandese, la Lathi - che aveva chiesto un’autorizzazione ambientale riguardante l’attività del suo impianto di gassificazione e della sua centrale elettrica - ha impugnato una decisione dell’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, che qualificava i due impianti come un unico impianto di coincenerimento, al fine di ottenerne l’annullamento.

Il Korkein hallinto-oikeus, chiamato a pronunciarsi sull’appello presentato dalla Lathi sulla sentenza che aveva respinto il ricorso, ha deciso di sospendere la sua pronuncia e di sottoporre alla Corte quattro questioni pregiudiziali:
  1. L’art. 3, punto 1, della direttiva 2000/76/CE, deve essere interpretato nel senso che la direttiva non è applicabile all’incenerimento di rifiuti gassosi?
  2. Un impianto di massificazione deve essere considerato un impianto di incenerimento, anche qualora in tale impianto non vi sia alcuna linea di incenerimento?
  3. L’incenerimento nella caldaia di una centrale elettrica di gas formatosi in un impianto di gassificazione e depurato dopo il processo di massificazione, deve essere considerato un procedimento di incenerimento? Ha rilevanza, a tale riguardo, il fatto che il gas prodotto e depurato sostituisce il carburante fossile e che le emissioni della centrale elettrica per unità di energia prodotta, impiegando il gas ottenuto da rifiuti e depurato, sono inferiori rispetto a quelle derivanti dall’impiego di altri carburanti?
  4. E’ rilevante il fatto che l’impianto di gassificazione e la centrale elettrica, da un punto di vista tecnico-funzionale e in considerazione della distanza a cui si trovano, costituiscono un unico impianto? Oppure il fatto che il gas prodotto, formatosi nell’impianto di gassificazione e depurato, può essere trasportato e utilizzato come carburante o per altri scopi in altro luogo, ad esempio per la produzione di energia?
La Corte di Giustizia, riprendendo alcuni passi delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott, ha enunciato le massime, riportate in esordio.

Foto: “Usine d'incinération” originally uploaded by shadow light



Guardie Ecologiche Volontarie: chi sono

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Oggi inizia una serie di post dedicati alle GEV, Guardie Ecologiche Volontarie.

Lo scopo è quello di delineare per sommi capi il loro ruolo nella tutela dell’ambiente, tracciando i profili essenziali dei poteri e delle responsabilità.

Con decreto ministeriale n. DEC/RAS/224/2007 emesso in data 1° marzo 2007, il Ministro dell’Ambiente ha individuato l'Associazione denominata «Federgev Italia - Federazione Nazionale delle Guardie Volontarie Ecologiche ed Ambientali GEV-GAV» con sede in Bologna via della Selva di Pescarola n. 26, tra le Associazioni di protezione ambientale ai sensi dell'Art. 13 della Legge 349/1986 e successive modificazioni.


Sul sito www.guardiecologiche.it si spiega, a grandi linee:
1) chi è una guardia ecologica:
  • “è un normalissimo cittadino che decide di mettere a disposizione della collettività, del tutto gratuitamente, parte del proprio tempo libero in azioni di tutela ambientale, di informazione, di prevenzione e di vigilanza.
  • è una Guardia Giurata ed é un Pubblico Ufficiale che procede all'accertamento di illeciti di natura amministrativa, commina sanzioni, accerta l'identità dei possibili trasgressori e può procedere al sequestro, quando necessario e consentito.
  • è particolarmente tutelata dalla legislazione vigente: in caso di oltraggio o minaccia si può avvalere della possibilità di denunciare il trasgressore per oltraggio, minacce o lesioni a pubblico ufficiale”.
2) da chi vengono nominate:
  • nominate dal Prefetto o dal Presidente della Regione.
3) quali sono le sue funzioni
  • promuovere l'informazione sulla legislazione vigente in materia di tutela ambientale;
  • concorrere alla protezione dell'ambiente ed alla vigilanza in materia ecologica, nonché all'accertamento delle violazioni di disposizioni in materia ecologica, contenute in singole leggi indicate nel decreto d'incarico;
  • promuovere l'educazione ambientale in collaborazione con gli insegnanti delle scuole di ogni grado;
  • collaborare con gli Istituti di ricerca, l'ARPA, la Provincia o i Comuni per il rilevamento ambientale, il censimento di specie protette o il monitoraggio dei fiumi;
  • offrire la propria disponibilità alle autorità competenti per collaborare in opere di soccorso in caso di pubbliche calamità o disastri di carattere ambientale (Protezione Civile).
4) quali sono le attività di vigilanza e sanzionatorie che sono autorizzate ad esercitare:
  • salvaguardia della flora spontanea e rara, disciplina della raccolta dei prodotti del bosco, del sottobosco e tutela della cotica erbosa superficiale;
  • disciplina e regolamenti dei Parchi Naturali Nazionali, Regionali e delle riserve naturali;
  • disciplina degli scarichi nelle fognature e nei corsi d'acqua superficiali;
  • disciplina per lo smaltimento dei rifiuti (abbandono e combustione di rifiuti);
  • vincolo idrogeologico;
  • prescrizioni di Polizia Forestale;
  • applicazione dei regolamenti comunali delle ordinanze sindacali finalizzate alla tutela dell'ambiente;
  • norme per la tutela della fauna e l'esercizio dell'attività venatoria e piscatoria;
  • accensione di fuochi e abbruciamenti;
  • percorsi fuoristrada e parcheggi in prati e aree agricole;
  • tutela di alcune specie di fauna minore (formica rufa, gamberi, anfibi e chiocciole);
5) i poteri che possono esercitare:
  • le GEV esercitano la vigilanza. L'incarico è loro conferito da un organo della Pubblica Amministrazione per lo svolgimento di una pubblica funzione: l'accertamento di violazioni amministrative nel settore dell'ecologia. É grazie a questo che le Guardie Ecologiche Volontarie sono pubblici ufficiali e più precisamente agenti di Polizia Amministrativa.
  • la GEV, nel suo lavoro di accertamento, ha il potere di chiedere le generalità: cosa che una semplice guardia giurata non può fare.
  • il cittadino quando è di fronte ad un pubblico ufficiale, è tenuto a fornire, se richiesto, le proprie generalità esibendo un documento valido per l'identificazione.
  • la GEV può e talvolta deve procedere a sequestro cautelare: una misura con cui si priva una persona del possesso di una cosa di sua proprietà per poter disporre di una prova della violazione commessa.
  • Le GEV stendono verbali che fanno fede sino a querela di falso.

Foto: “blessing of nature originally uploaded by ichiro kishimi



Sono gli altri che non ci capiscono…

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Il titolo del post di oggi, che prosegue la vicenda emission impossibile mi è stato ispirato dal re del “detto, non detto, mal capito, non capito, frainteso, interpretato faziosamente, riportato ad uso e consumo di una certa parte politica…….”, e da un arguto “Buongiorno” di Massimo Gramellini del 02 dicembre 2008, intitolato Lost in translation.

L’Italia è un Paese incastrato nella sua disonestà, incapace di dotarsi di una seria politica ambientale strutturata e lungimirante, e finisce con l'occuparsi di ambiente solo per caso, perché la cultura ambientale non esiste, neanche per caso. Però, ogni tanto, qualche guizzo ce l’ha….


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Elettrosmog e Radio Vaticana: il paradosso sanzionatorio e la probativo diabolica

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Se si ritenesse applicabile l’art. 674, si potrebbe, secondo parte della dottrina, determinare un sistema sanzionatorio nel suo complesso manifestamente irrazionale:
  • il semplice superamento dei limiti, infatti, sarebbe punito con la sanzione del pagamento di una somma da € 1.032 ad € 309.874 e
  • nei casi più gravi, anche con la chiusura e l'oscuramento dell'emittente;
  • se, però, il superamento dei limiti dovesse determinare anche un concreto ed effettivo pericolo per la salute o la tranquillità delle persone, si verificherebbe l’irrazionalità paventata: sebbene, infatti, questo concretizzi un comportamento oggettivamente più grave, le pesanti sanzioni amministrative non sarebbero più applicabili, e lascerebbero il posto all’esclusiva pena prevista dall'art. 674 cod. pen. (arresto fino ad un mese o, alternativamente, e quindi oblazionabile, ammenda fino ad € 206)
In sostanza: in virtù della clausola contenuta nell’art. 15, comma 1, della legge n. 36 del 2001 (le sanzioni amministrative ivi previste si applicano «salvo che il fatto costituisca reato») la circostanza che il fatto, essendo anche in concreto potenzialmente nocivo, integri il reato di cui all'art. 674 cod, pen., potrebbe comportare l'esclusione della applicabilità delle sanzioni amministrative.

D’altra parte – continua la Corte – se per la sussistenza del reato è necessaria la presenza di un qualche elemento ulteriore, e specializzante, rispetto al solo superamento dei limiti (e se, quindi, la fattispecie penale fosse qualificabile come norma speciale rispetto a quella amministrativa), potrebbe ritenersi che le sanzioni amministrative non possano trovare applicazione anche in forza del principio di specialità.

Insomma: al fine di evitare le pesanti sanzioni amministrative, sarebbe sufficiente invocare la sussistenza proprio della contravvenzione del «getto pericoloso di cose», e, per questa via, si verrebbe a determinare una situazione paradossale che comprometterebbe seriamente (con il rischio addirittura di eluderlo…) il concreto funzionamento della specifica disciplina introdotta dal legislatore, e degli obiettivi di tutela della salute che essa si prefigge…

E allora?


Si dovrebbe ritenere, anche alla stregua di una interpretazione adeguatrice, che la volontà oggettiva del legislatore sia quella di escludere comunque l'emissione di onde elettromagnetiche dall'ambito dell'art. 674 cod. pen….

Però (ma va?!)...

Però la Cassazione scende ancora nei dettagli, per giustificare la sua presa di posizione: ovvero, che, almeno allo stato, non è necessario giungere a questa conclusione, perché:
  • (in teoria) la sanzione penale dovrebbe, in quanto tale, essere più affittiva di quella amministrativa (sulla carta, certo, ma nella realtà spesso pesanti sanzioni amministrative possono avere un risvolto pratico più incisivo…): quindi, partendo da questo assunto, la Cassazione ritiene risolta la questione dell’irrazionalità…
  • questa presunta irrazionalità si verificherebbe solo se l'applicazione della sanzione penale esaurisse sempre l'illiceità del fatto ed escludesse sempre l'applicazione della sanzione amministrativa.
Conseguenza che, però, allo stato attuale non si può dire certa, perché sul punto non si sono ancora formati orientamenti giurisprudenziali consolidati.

Ad ogni modo, la paventata irrazionalità, continua la Corte, non sussisterebbe se, nel caso di superamento dei limiti accompagnato dalla prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di offesa o di molestia, si ritenessero applicabili sia la sanzione amministrativa che quella penale.

Tuttavia, non essendo stato contestato anche l'illecito amministrativo, la Cassazione sorvola su questo punto e non approfondisce oltre…
Dopo un ulteriore rilievo, affrontato dalla Suprema Corte per completezza, la Cassazione giunge finalmente alle conclusioni, e afferma il principio di diritto in base al quale:
“Il fenomeno della emissione di onde elettromagnetiche rientra, per effetto di una interpretazione estensiva, nell'ambito dell'art. 674 cod. pen. Detto reato è configurabile soltanto allorché sia stato, in modo certo ed oggettivo, provato il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti dalle norme speciali e sia stata obiettivamente accertata una effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare le persone esposte, ravvisabile non in astratto, per il solo superamento dei limiti, ma soltanto a seguito di un accertamento (da compiersi in concreto) di un effettivo pericolo oggettivo, e non meramente soggettivo”.
Di conseguenza, la Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata.
Per un approfondimento, consiglio l’articolo “Radio Vaticana, elettrosmog e Cassazione: una sentenza molto discutibile”, di Gianfranco Amendola sul sito di Lexambiente, in cui l’Autore si scaglia contro la probatio diabolica
(occorre, quindi, “non solo il superamento dei limiti ma anche la sussistenza di una prova certa e obiettiva di una effettiva e concreta idoneità delle onde elettromagnetiche a ledere o molestare i potenziali soggetti esposti”)
la quale non solo non tiene in alcun conto il principio di precauzione, ma, soprattutto, pur riconoscendo che il reato in esame è reato di pericolo, ne limita la sussistenza alla sola ipotesi in cui vi sia, oltre al superamento dei limiti, la prova del danno (molestia) visto che attualmente il mondo scientifico, se pure riconosce che l’esposizione all’inquinamento elettromagnetico certamente porta ad alterazioni dell’organismo umano, ancora non è giunto a conclusioni universalmente riconosciute sull’entità delle conseguenze e neppure su quale sia (se c’è) il “limite di innocuità” o , se si preferisce, di pericolosità (forse qualcuno ricorda che gli stessi argomenti furono usati per il nucleare).

In tal modo viene frustrata totalmente la ratio della norma, la quale – non dimentichiamolo- mira a tutelare la tranquillità delle persone, che viene tanto più messa oggettivamente a rischio se non vi sono certezze scientifiche sulla innocuità delle radiazioni.

Con questo post si chiude questo ciclo dedicato alla vicenda radio vaticana, iniziato con il riassunto della vicenda di primo grado, proseguita con l’appello e la prima analisi degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sull’art. 674 del c.p. (getto pericoloso di cose), con la cronaca dell’irrazionalità del sistema e delle incertezze giuridiche create dalla molteplici interpretazioni e con la forte sottolineatura della complessità della materia.

Foto: “Electromagnetic Sunset” originally uploaded by Got Xiney?



Emission impossible?

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Un paio di mesi fa leggevo due articoli interessanti su “Nòva 24”, settimanale del Sole 24 ore.

Il primo, “Emission impossible”, di Guido Romeo, iniziava sottolineando che “la soluzione al problema energetico non arriverà semplicemente da nuove tecnologie, ma da una nuova organizzazione della crescita basata su una sintesi di arti e scienze avanzate”.

In sintesi, nell’articolo si sottolineava che c’è poco da fare, che è ora di finirla con la solita, vecchia storia dello sviluppo illimitato e del frenetico consumo fine a se stesso: le risorse sono non sono infinite, e la natura non riesce a reggere il passo inutilmente stressante che la società moderna impone (come se quest’ultima fosse un’entità distinta dall’insieme degli uomini che la popolano, e la portano avanti…un capro espiatorio cui affibbiare colpe troppo gelate – questi sì – per sciogliersi al sole…) 

Romeo continuava accennando alla necessità di affrontare la questione energetica e ambientale in maniera integrata, all’ecocompatibilità come occasione di sviluppo di un nuovo settore economico, più competitivo e dinamico; alla complessità delle scelte energetiche e della necessità di espandere gli “economics networks”, “reti di sistemi produttivi intelligenti perché in grado di utilizzare l’uno gli scarti dell’altro grazie alla ricerca scientifica”.
Infine, dopo un richiamo all’“ecodesign leonardesco”, riporta le parole di Fritjof Capra (fondatore del “Center for Ecoliteracy a Berkeley, in California, per la promozione dell’alfabetizzazione sui temi naturali), secondo il quale “è proprio in Italia che bisogna guardare per trovare le chiavi di uno sviluppo che tenda alla perfetta sintesi tra gli ideali di verità, bellezza e bontà, che si potrebbero declinare come efficienza, competitività e soprattutto, ecocompatibilità.
All’Italia dell’inizio del Rinascimento, però.
Non a quella priva di personalità di oggi, (anche) per questo (forse) alla perenne rincorsa di un’identità “altra”, tanto per distinguersi dagli altri. Purtroppo per noi, tutto ciò avviene in peggio…

Il secondo, “Irrazionalità energetica”, di Marco Magrini, treva spunto da una scelta razionale, quella di Vaclav Smil – oggi distinguished professor all’Università di Manitoba, in Canada – quando i carri armati sovietici fecero irruzione a Praga, quarant’anni fa…
Oggi, questo professore di origine cecoslovacca è famoso come studioso non di una sola disciplina, ma di quell’incrocio che sta fra energia, ambiente, risorse alimentari e popolazione…un incrocio, come sottolineato da Magrini, spesso governato dall’irrazionalità...
Come quando si tengono concerti contro la fame, in o per l’Africa, invece di progettare e costruire fabbriche di ammoniaca, con meno "appeal" ma sicuramente più utili…
O come quando si parla solo bene dei biocarburanti, tacendo i costi ambientali che si nascondono dietro a quel “bio”, a volte una semplice etichetta, una maschera, una parola con cui riempirsi la bocca…
Irrazionalità, infine, che si riscontra nelle scelte alimentari, al momento dell’acquisto di un’auto, di un viaggio aereo, nel consumo, o meglio, nel modello consumistico moderno, esagerato e poco, anzi per nulla, lungimirante…
E la crisi finanziaria attuale dimostra, per la sua parte, quanti danni può provocare un mercato lasciato in balia delle bizze della mano invisibile…
L’articolo si conclude proprio con l’“esternazione” del bisogno di un evento che dia la scossa al mondo (la crisi finanziaria?), “affinchè rimodelli il suo irrazionale sfruttamento delle risorse, e con un appello: “l’umanità deve comprendere la portata dei cambiamenti in corso, per invertire i trend negativi ed evitare spiacevoli sorprese. È la razionale paura dell’irrazionalità”.

In sostanza, scelte integrate, lungimiranti, coerenti, ambientalmente compatibili.

Il contrario, insomma, della “politica ambientale” dell’Italia, che continua ad inanellare brutte, pessime figure, spacciandole come innovative ricette anti-crisi…
E così, dopo che anche gli USA, dopo la morte naturale del (peggiore del) pessimo (governo?) Bush, noi, imperterriti, continuiamo a sfoggiare con un certo orgoglio le battute del ministro di turno (nel nostro caso, del ministro dei giochi di prestigiacomo, che, a proposito della defezione italiana all’accordo sul pacchetto clima, ha affermato che se non verrà accolta la nostra proposta di modifica del pacchetto-clima l’Italia si metterà di traverso...noi vogliamo combattere davvero l’inquinamento”), fino ad arrivare a scelte radicali.
Sì, radicalmente suicide…

Foto: “Pollution” originally uploaded by Basher-Tango



Vivere a impatto zero

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di Naide Della Pelle

L’impatto zero è un modello di vita che punta verso l’azzeramento delle emissioni di CO2.
Le attività umane sono uno dei fattori che influenzeranno i futuri cambiamenti climatici. Questo è un dato accettato - come riporto nell'articolo Piccola Lezione sul clima - anche se, data la complessità e la molteplicità dei fattori che influenzano il clima, non siamo ancora in grado di capire che cosa succederà al nostro clima nei prossimi anni. Possiamo ragionare in termini probabilistici ed ipotizzare una serie di scenari.

Questo però non è un buon motivo per non agire fin da subito, concentrandoci su come ridurre gli effetti dannosi derivanti dalle attività umane, industriali e civili. Fare la spesa o comprare il giornale, prendere l’auto o produrre un bene: tutto quello che facciamo consuma energia.

Le materie prime più usate per produrre energia, attualmente, sono, per lo più, petrolio, carbone e metano che, bruciando, emettono anche anidride carbonica, oggi troppa per il nostro pianeta.
L’anidride carbonica è quella sostanza responsabile principale dell’effetto serra. La CO2 di per se non è un male, perché serve al nostro pianeta per trattenere il calore del sole, impedendo che la temperatura diventi troppo bassa per la nostra sopravvivenza. 
Il punto è che noi ne produciamo troppa, più di quanta noi e il pianeta riusciamo a sopportarne.



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Elettrosmog e Radio Vaticana: irrazionalità del sistema e incertezze giuridiche (IV)

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Anche in relazione al secondo profilo (conseguenze delle interferenze con la specifica disciplina di settore) la Cassazione evidenzia che l'inquadramento delle onde elettromagnetiche nell'art. 674 c.p. dovrebbe, in concreto, escludersi qualora dovesse risultare che determini un sistema normativo nel suo complesso manifestamente illogico od incongruo.

Se così fosse, dovrebbe ritenersi che la volontà attuale ed oggettiva del legislatore sia contraria all'inquadramento in questione: analogamente a quanto osservato a seguito dell'introduzione di una specifica disciplina legislativa in materia di inquinamento atmosferico.

La volontà del legislatore è stata chiaramente quella di privilegiare, anche nella tutela della salute contro i pericoli derivanti dalla creazione di campi elettromagnetici, il ruolo della pubblica amministrazione, limitando il potere di intervento del giudice penale rispetto a quello in precedenza riconosciutogli da alcuni orientamenti giurisprudenziali.
Si tratta quindi di vedere, sulla base delle norme attualmente vigenti, se la oggettiva volontà del legislatore, nella materia dell'emissione di onde elettromagnetiche, sia soltanto quella di regolare e limitare l'intervento del giudice penale ovvero quella di escludere l'applicabilità dell'art. 674 c.p., in favore della applicazione del nuovo sistema di sanzioni amministrative.

La normativa dettata dalla Legge n. 36/2001 – che la sentenza richiama in modo dettagliato – e il suo apparato sanzionatorio, possono coesistere con la disciplina codicistica?

Anche in questo caso – ad ulteriore dimostrazione della complessità della materia – le opinioni, relative alla configurabiità dell’art. 674 c.p. come reato di pericolo astratto o di pericolo concreto, sono divergenti, e portano a conclusioni inevitabilmente opposte…

Se fosse sufficiente il solo superamento dei limiti tabellari per dar luogo ad una possibilità di offesa o di molestia alle persone (reato di mero pericolo), ci sarebbe una presunzione ex lege in ordine alla effettività del pericolo di nocività delle emissioni, che dovrebbe ritenersi sussistente per il solo fatto che siano stati superati i limiti fissati dalla normativa vigente in materia.
Di conseguenza, dovrebbero essere inapplicabili le sanzioni amministrative, dal momento che la L. n. 36/2001 prevede che il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione è punito con le sanzioni ivi previste «salvo che il fatto costituisca reato».
Ma: non può presumersi che il legislatore abbia voluto punire con (pesanti) sanzioni amministrative il superamento dei limiti ed, al tempo stesso, abbia voluto escludere qualsiasi spazio per l'applicabilità di tali sanzioni…
L'oggettiva ed attuale volontà del legislatore, dunque, dovrebbe necessariamente essere interpretata nel senso della esclusione dell'emissione di onde elettromagnetiche dall'ambito di operatività dell'art. 674 cod. pen. e della loro sottoposizione alla disciplina speciale (salvo che il fatto non integri reati diversi, come ad esempio quello di lesioni).

Se, invece, si ritiene che i limiti posti dal legislatore siano stati previsti a fini di mera cautela (per poter integrare la contravvenzione, non è sufficiente il mero superamento dei limiti stessi, ma occorre che sia raggiunta la prova concreta di una effettiva idoneità delle onde elettromagnetiche a ledere o molestare le persone:pericolo concreto), in mancanza di una prova certa di questa concreta ed effettiva idoneità ad offendere o molestare le persone esposte, deve escludersi la configurabilità del reato.

Come potete constatare, il livello di complessità della materia, e le conseguenti speculazioni filosofiche della Cassazione rasentano l’incomprensibile…

Rimando al testo integrale della sentenza, per chi volesse approfondire queste “speculazioni ermeneutiche”…

In questa sede mi limito a riportare le conclusioni della Cassazione, secondo la quale "il semplice superamento dei limiti tabellari dà luogo ad un illecito amministrativo punito con le sanzioni previste dall'art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.
Se poi, oltre al superamento dei limiti, vi sia anche la prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di nocumento per la salute o la tranquillità delle persone, allora potrà essere ravvisabile il reato di cui all'art. 674 c.p."

Con l’ulteriore constatazione di come, tuttavia, anche questa soluzione potrebbe dar luogo ad un sistema nel suo complesso manifestamente irrazionale - e non potrebbe quindi più essere seguita - qualora nel diritto vivente dovessero prevalere alcuni orientamenti interpretativi relativi sia all'art. 674 c.p. sia alla legge n. 36 del 2001…

Foto: “Electromagnetic” originally uploaded by jjjhon




Western all'italiana e giochi di Prestigiacomo

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Ad ogni modo, il Tribunale di Torre Annunziata ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, con ordinanza del 12 novembre 2008, chiamato a giudicare più imputati di concorso in abbandono di rifiuti ingombranti nonché in attività di raccolta e trasporto dei medesimi in assenza di autorizzazione, ha dichiarato la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, lett a) e d) del d.l. n. 172/2008, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 77 Cost.

In estrema sintesi, durante la celebrazione del rito direttissimo in seguito ad un arresto operato in data 10.11.2008 da militari dell’Arma dei Carabinieri, Stazione di Boscoreale (NA), il Pubblico ministero d’udienza, in via preliminare:
  • sollevava eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 6 lett. a) e d) D.L. 172/2008, per violazione degli artt. 3 e 102 della Costituzione, sostanzialmente per ingiustificato deteriore trattamento del soggetto che abbia a commettere la/e condotta/e in contestazione nel ristretto ambito geografico individuato dalla richiamata legge e circoscritto alle aree in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
  • rilevava la violazione dell’art. 102 Cost. in relazione all’intervenuta, conseguente costituzione di un giudice speciale, chiamato a decidere su questioni aventi ambito territoriale ristretto.
Il Giudice, Claudio Marcopido, dopo aver sottolineato la rilevanza della questione di legittimità costituzionale – perché dal suo accoglimento deriverebbe l'irrilevanza penale del fatto ascritto ai prevenuti e/o la derubricazione in fattispecie avente trattamento sanzionatorio meno grave con riferimento alla contestazione di cui alla lettera d) dell’art. 6 D.L. 172/08 – ha, in sintesi:
  1. censurato l’istanza proposta dalla Pubblica Accusa relativa alla ipotizzata istituzione di un Giudice speciale, in quanto, “il legislatore, lungi dal voler creare un Giudice speciale o straordinario, ha conservato l’ordinario criterio di competenza territoriale, senza modificare detto riparto (come invece avvenuto con l’istituzione della cd. “Super Procura di Napoli”: al D.L. 90/2008 convertito nella L. 123/2008)”;
  2. nel caso di specie, piuttosto, è stata creata una nuova figura di reato, e trasformato un illecito penale (già preventivamente configurato) in delitto, con il relativo inasprimento della sanzione, limitatamente ad alcune zone geograficamente ristrette e potenzialmente, periodicamente, mutabili, in cui venga di volta in volta dichiarato lo stato di emergenza ambientale sancito dalla L. 225/1992. Proprio per questo motivo il Giudice di Torre Annunziata non ha ritenuto manifestamente infondata l’ulteriore censura ipotizzata dalla Pubblica Accusa con riferimento alla violazione del principio di uguaglianza formale dei cittadini sancito dall’art. 3 della Costituzione (oltre che di ragionevolezza delle leggi). Facilmente intuibile la motivazione: se è vero che qualsiasi cittadino, italiano o straniero, che compia una delle condotte sanzionate nel decreto legge, in una delle aree per cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale può essere potenzialmente soggetto, in modo uniforme, alle sanzioni previste dalla norma de qua, è altrettanto vero che, in concreto, gli abitanti nelle aree di applicazione della norma in oggetto diventano i reali e pressoché unici destinatari della norma penale maggiormente sfavorevole destinata a regolamentare, peraltro temporaneamente, alcune zone del territorio nazionale e non altre.
  3. non è manifestatamene infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 del D.L. 172/2008 con l’art. 25 Cost., che impone un’assoluta riserva di legge primaria, quale fonte di sanzione penale;
  4. non è manifestamente infondato contrasto tra l’art. 6 del D.l n. 172/08 e e l’art. 77, comma 2, della Costituzione, nella parte in cui evidenzia come indispensabili i requisiti della necessità e dell’urgenza per l’utilizzo dello strumento del decreto legge di adozione governativa.
Cosa dire…l’Italia non è capace di dotarsi di una seria politica ambientale strutturata e lungimirante, e si illude, sempre con rinnovato entusiasmo, di risolvere i problemi con deroghe “momentaneamente perenni”, o “mostrando i muscoli”, come in questo caso, peraltro solo a qualcuno…

D’altronde, anche quando si parla d’ambiente, la serietà e il dialogo vengono banditi, e i media - con ignoranza, superficialità e arroganza - ci propinano dibattiti sul tema, in cui si cerca il conflitto e lo sconto a tutti i costi...

Un western all’italiana

Già, l'Italia, un Paese, come ho già avuto modo di sottolineare, incastrato nella sua disonestà, la cui produzione legislativa si presenta come “una interessante operazione di marketing politico"; che si occupa d’ambiente solo per caso, perché la cultura ambientale non esiste, neanche per caso

Un Paese in cui tira una brutta aria, e il Ministro dell’Ambiente, invece di occuparsi delle scottanti questioni che le competerebbero, fa “giochi di Prestigiacomo”…
Così, non andremo molto lontano.


Foto: “binario morto” originally uploaded by
paride63



Federalismo sanzionatorio: la pena come supplente dell’incapacità amministrativa dello Stato

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Lo scorso 6 novembre 2008 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, contenente “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale".

In breve, il decreto legge prevede:
  1. per tutta la durata dello stato di emergenza (rectius: perenne emergenza. Da noi va di moda l’ossimoro…) nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania sono previste misure per incentivare il conferimento di rifiuti ingombranti, di imballaggi usati e di rifiuti di imballaggio, attraverso l’autorizzazione alla raccolta e al trasporto occasionale o saltuario nella misura massima di 100 chilogrammi al giorno. In cambio, al soggetto conferente il materiale spetta un indennizzo forfetario;
  2. in via sperimentale, naturalmente sempre solo fino a quando durerà lo stato d’emergenza (ma non era finita?) chi provvede al conferimento dei rifiuti ingombranti a soggetti pubblici o privati, autorizzati a svolgere il servizio di raccolta a domicilio e' esentato dal pagamento degli oneri di trasporto e di smaltimento;
  3. allo scopo di fronteggiare il fenomeno dell'illecito abbandono dei rifiuti sul territorio della Campania, i soggetti pubblici competenti dispongono la rimozione ed il trasporto di cumuli di rifiuti (anche pericolosi) presenti su aree pubbliche o private da parte di soggetti in possesso dei necessari titoli abilitativi, anche in deroga alle procedure vigenti…e sempre in deroga (ma sempre, s'intende, fino a quando l’emergenza non finirà…) i soggetti pubblici competenti individuano apposite aree attrezzate o da attrezzare quali siti di stoccaggio provvisorio per la salvaguardia dell'ambiente, presso cui conferire i rifiuti rimossi per il tempo necessario ad una prima selezione e caratterizzazione […];
  4. sono previsti il commissariamento degli enti locali ubicati nei territori nei quali vige lo stato d’emergenza, nel caso in cui non siano osservati gli obblighi posti a carico delle province o dei comuni, ciascuno in relazione alle proprie competenze; l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nella provincia di Caserta (art. 4); nuovo lavoro straordinario per il personale militare (art. 5); una campagna informativa e di comunicazione, volta a sensibilizzare e responsabilizzare la popolazione sul sistema di raccolta differenziata dei rifiuti (art. 7); il potenziamento delle strutture di contrasto al fenomeno degli incendi (art. 8); una norma di interpretazione autentica di un articolo di un altro decreto-legge (DL n. 90/2008. art. 10); nuovi incentivi per la realizzazione di inceneritori, che si sostanziano in una proroga “inderogabile” (!) e in una piccola aggiunta al comma 1117 della legge n. 296 del 2006 (la finanziaria 2007, quella che prevedeva incentivi e finanziamenti alle fonti energetiche assimilate…insomma, agli inceneritori), la quale fa “salvi i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli impianti, senza distinzione fra parte organica ed inorganica, ammessi ad accedere agli stessi per motivi connessi alla situazione di emergenza rifiuti che sia stata, prima della data di entrata in vigore della medesima legge, dichiarata con provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Ma, soprattutto, sono previste nuove sanzioni penali nel caso del verificarsi di determinate condotte – in particolare l’abbandono di rifiuti ingombranti aventi determinate dimensioni – costituenti mero illecito amministrativo nel restante territorio italiano, nonché l’incriminazione, come delitti, di altri fatti – per es. raccolta, trasporto, smaltimento ecc. di rifiuti pericolosi in mancanza dell’autorizzazione – che altrove costituiscono contravvenzioni, punendoli altresì con pene notevolmente più severe di quelle applicabili nelle altre regioni italiane.

Bertolaso, a proposito, ha auspicato che la minaccia del carcere venga spalmata a tutto il territorio italiano, in modo da “sfruttare l’esperienza campana per risolvere i problemi dei rifiuti in tutta Italia”, non senza sottolineare alcune contraddizioni, e i limiti, dell’attuale normativa, e ricordare che la bontà del Decreto Legge è dimostrata dal fatto che il Presidente Napoletano lo ha firmato

Sulle sanzioni penali federaliste si sono pronunciati anche gli ambienti accademici: come riassume Carlo Ruga Riva sul sito Lexambiente:
  • secondo quanto riportato dai quotidiani ben due ex Presidenti della Corte Costituzionale (A. Baldassarre e V. Onida) hanno espresso forti perplessità a proposito di una disciplina reputata a rischio di illegittimità costituzionale, per contrasto con il principio di uguaglianza (“Limitare l’arresto a una sola regione è una violazione dell’articolo 3 della Costituzione”; “la limitazione territoriale è un problema. L’abbandono di un frigo o di un mobile arreca lo stesso pregiudizio all’ambiente in qualsiasi regione. Il fatto che in Campania ci sia un’emergenza rifiuti mi sembra una considerazione debole. Se in una località ci fossero più furti che altrove, sarebbero giustificate pene più severe?”
  • mentre altri autorevoli penalisti (G. Marinucci e di C.E. Paliero) non hanno ravvisato violazioni dell’art. 3 Cost. (“non si può affermare che la norma sia discriminatoria…perché è agganciata alla dichiarazione dello stato di emergenza…, con il rimando all’art. 2 della legge 225 del 1992”; “paradossalmente il problema di ragionevolezza della norma, che così come è congegnata è corretta, sorgerebbe se si decidesse di estenderla a tutto il territorio…si creerebbe una sproporzione nell’apparato sanzionatorio del tutto ingiustificata. La pena diventerebbe un supplente dell’incapacità amministrativa dello stato).

Foto: “L’Italia fra le nuvole” originally uploaded by gicap