Elettrosmog e Radio Vaticana: irrazionalità del sistema e incertezze giuridiche (III)

0 commenti

L’astratta configurabilità potrebbe non essere tuttavia corretta dal punto di vista ermeneutico?


Nel post precedente ho sottolineato gli aspetti essenziali toccati dalla sentenza Radio Vaticana, in relazione all’interpretazione ermeneutica dell’espressione “gettare cose”.

La Cassazione, a questo punto, passa in rassegna alcune decisioni massimate, evidenziando che:
  1. la tesi della inapplicabilità ai campi elettromagnetici dell'art. 674 c.p. è stata finora espressamente seguita soltanto dalla sentenza Suraci (Sez. I, 30 gennaio 2002, n. 8102) la quale osserva che è da escludere l'astratta possibilità di inquadramento della condotta di chi genera campi elettromagnetici nella fattispecie penale di cui all'art. 674 cod. pen. in quanto questa disposizione descrive due ipotesi di comportamento materiale che differiscono in maniera sostanziale da quello consistente nella emissione di onde elettromagnetiche, perché l'azione del «gettare in luogo di pubblico transito... cose atte ad offendere, o imbrattare o molestare persone» è ontologicamente, oltre che strutturalmente, diversa dal generare campi elettromagnetici. L’equiparazione fra l’emissione di gas, vapori o fumi con la propagazione di onde elettromagnetiche sarebbe del tutto arbitrario, comportando una non consentita applicazione analogica in malam partem della norma incriminatrice;
  2. la maggioranza delle decisioni (tutte peraltro relative a misure cautelari reali) sono invece solitamente accomunate in un unico orientamento maggioritario, favorevole all'applicabilità dell'art. 674 c.p. alle onde elettromagnetiche, anche se per la verità l'accorpamento non è poi così scontato perché le loro motivazioni sono spesso divergenti, specialmente su altre questioni connesse, ma ugualmente rilevanti (per un esame delle massime citate, e delle specifiche peculiarità di ognuna, v. la sentenza "Radio Vaticana", Cass. Pen., n. 36845/08).

In sostanza, secondo questo secondo orientamento occorre tenere conto:
  • non solo del significato proprio delle singole parole,
  • ma anche di quello derivante dalla loro connessione.
Da ciò emerge che l'espressione «gettare una cosa» può essere di per sé idonea ad includere anche l'azione di chi emette o propaga onde elettromagnetiche.

Di conseguenza, l'astratta configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p. per l'emissione di onde elettromagnetiche non costituisce il risultato di una inammissibile applicazione analogica della norma penale ad una fattispecie diversa da quella in essa prevista e caratterizzata dalla stessa ratio, ma è il frutto di una semplice interpretazione estensiva, diretta ad enucleare dalla disposizione il suo effettivo significato, che ad essa - in mancanza di altre norme da cui possa emergere una diversa volontà del legislatore - può attribuirsi, anche se non evidente a prima vista.

Però, il fatto che tale interpretazione sia astrattamente ammissibile non significa che sia anche corretta sotto il profilo ermeneutico, perché potrebbe darsi che:
  1. dalla interpretazione unitaria dell’art. 674 c.p., o
  2. dalla considerazione del vigente sistema normativo relativo all’elettromagnetismo si ricavi una volontà del legislatore, oggettiva ed attuale, nel senso che esso abbia invece voluto che tale fenomeno sia sottoposto ad una disciplina diversa da quella relativa al «getto pericoloso di cose».
E, quindi, l’interpretazione estensiva porti ad una disciplina manifestamente incongrua ed irrazionale, o ad irragionevoli disparità, o a palesi violazioni del principio di necessaria offensività del reato. Con la conseguenza che essa andrebbe disattesa, in applicazione del fondamentale canone ermeneutico per cui, nel dubbio, deve sempre essere preferita l'interpretazione adeguatrice, “costituzionalmente orientata”, che eviti, cioè, possibili contrasti con norme e principi costituzionali.


In relazione al primo profilo, basti pensare che l’interpretazione favorevole all’applicabilità dell’art. 674 c.p. alle onde elettromagnetiche ha visto contrapposti:
  • coloro i quali sostenevano che, anche in presenza di una normativa di settore (o di un provvedimento dell’autorità che regoli l’attività) che imponga dei limiti, e anche nel caso in cui questi limiti non siano superati, l’art. 674 c.p. sarebbe ugualmente configurabile, nel caso in cui l'attività abbia comunque prodotto emissioni eccedenti i limiti di tollerabilità alla luce dei parametri indicati dall'art. 844 cod. civ., ed eliminabili mediante opportuni accorgimenti tecnici. E
  • quelli che, al contrario, ritenevano che l'espressione «nei casi non consentiti dalla legge» contenga una sorta di presunzione di legittimità delle emissioni di fumi, vapori o gas che non superino la soglia fissata dalle norme speciali in materia.
Quindi, l’art. 674 c.p. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento


A questo punto, l’analisi, quindi si sposta sulle conseguenze irrazionali che deriverebbero dall’applicazione di tale principio alla sola seconda ipotesi di cui all’art. 674 c.p., e sui ragionamenti “giuridico-filosofici” illustrati dalla Corte di Cassazione per evitare tali irrazionali conseguenze.


Foto: “View on Radio Vaticana” originally uploaded by geo1971