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Accertamento e repressione dei reati
In relazione a tale ultima funzione, occorre accennare agli orientamenti giurisprudenziali, divisi fra:
1) la fedeltà alle posizioni negative assunte sul punto dalle prime pronunce emesse in materia.
Nel previgente regime (L. 968/77), infatti, sia il Consiglio di Stato che la Cassazione civile avevano statuito la radicale differenza tra le due categorie di addetti alla vigilanza venatoria previste dall'art. 27 stessa legge:
- dipendenti dagli enti delegati dalla Regione e
- guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute, disponendo che
- solo i primi potessero esercitare funzioni di polizia giudiziaria (quali quelle connesse al sequestro dei corpi di reato o alla verbalizzazione diretta delle violazioni alle disposizioni sulla caccia),
- mentre alle guardie volontarie poteva essere riconosciuta unicamente la qualità di pubblici ufficiali in relazione ad incarichi di collaborazione con gli organi di polizia giudiziaria loro conferiti ai fini della vigilanza venatoria e non già quella di agenti di polizia giudiziaria.
2) le aperture seguite all'approvazione del nuovo codice di procedura penale e all'entrata in vigore della nuova legge sulla protezione della fauna (L. n. 157/92), che ha aperto un nuovo quadro normativo.
Gli artt. 27 e 28 della legge, infatti, hanno regolamentato in modo specifico l'attività di vigilanza e controllo, affidando i relativi compiti:
- non solo agli agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle Regioni,
- ma anche alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministro dell'ambiente …
Si realizza così l'attribuzione, a tutte le associazioni anzidette, del compito di coadiuvare, nel campo tecnico organizzativo della caccia, gli organi statali, le Regioni e gli enti locali delegati nonché quello di proporre alle autorità di pubblica sicurezza il riconoscimento delle guardie volontarie venatorie, compiti che appunto costituiscono un'applicazione della c.d. amministrazione indiretta.
Mentre, con la nuova legge, non ha dato luogo ad alcun dibattito l'attribuzione di poteri di vigilanza e controllo alle guardie volontarie delle associazioni venatorie o delle associazioni agricole, non altrettanto si può dire per quanto riguarda le guardie volontarie delle associazioni ambientaliste, per le quali, è stato nuovamente posto, in un primo tempo, il problema del possesso della qualifica di pubblici ufficiali e della conseguente natura fidefacente del verbale di accertamento degli illeciti venatori da esso redatto.
Ad ogni modo, anche in seguito all’entrata in vigore della L. n. 157/92, in relazione alla configurabilità o meno in capo alle guardie venatorie volontarie della qualifica di polizia giudiziaria, si è registrata una totale disparità di vedute:
- tra chi ha da subito ritenuto sussistente un riconoscimento legislativo di tali funzioni e
- chi invece ha negato in radice tali funzioni, sulla scorta del fatto che l'art. 27 solo con riferimento agli agenti dipendenti dagli enti locali riconosce loro, in base alle norme vigenti, la corrispondente qualifica (114).
Tralasciando, in questa sede, le ulteriori analisi dottrinali in materia, vale la pena porre in evidenza che, più di recente, la Corte di Cassazione ha stabilito che “non si può escludere la qualifica di agenti di polizia giudiziaria alle guardie volontarie delle associazioni di protezione dell’ambiente riconosciute dal ministero dell’ambiente perché la l. 11 febbraio 1992 n. 157, espressamente attribuisce ad esse un compito di vigilanza venatoria sull’applicazione della legge medesima, compreso l’art. 30 relativo alle sanzioni penali; perché l’art. 28 stessa legge, nel definire poteri e compiti degli addetti alla vigilanza venatoria ricomprende sia il potere ispettivo, sia il potere di controllo della fauna abbattuta o catturata e il potere di accertamento; perché la qualifica di polizia giudiziaria a favore delle guardie volontarie non richiedeva una specifica menzione, essendo tali soggetti competenti solo per la materia venatoria; perché nel contenuto degli art. 55 e 57 c.p.p. al prendere notizia dei reati è collegato logicamente in via funzionale il dovere di impedire che vengano portati a ulteriori conseguenze” (Cass., sez. III, 01-04-1998).
(continua)
Foto: “palette nature” originally uploaded by Philippe Saint-Laudy