Ambiente e diritto penale: che pena?!

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Dopo l’interessante e divertente articolo “Caro (nuovo) legislatore (ambientale), ti scrivo”, della Proff.ssa Alberta Leonarda Vergine, di cui vi ho riportato alcune chicche nel post del 30 luglio 2008, oggi vi riporto alcuni stralci del nuovo articolo della Proff.ssa Vergine, pubblicato, nella sua interezza, sul numero 1/2009 della rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, Milano.

“Naturalmente”, oggetto dell’acuta disamina è la nuova direttiva sul diritto penale ambientale (2009/99/CE), di cui ieri vi ho anticipato i punti nodali.
L’approvazione di tale direttiva – sottolinea la Proff.ssa Vergine – ha fatto affermare a illustri studiosi della tematica ambientale che essa «costituisce il salto metodologico sul quale si puntava per una accelerazione sulla strada della effettività della tutela ambientale».
Lo speriamo sinceramente.
Anche se una qualche prudenza ci è quasi imposta, da un lato dalla conoscenza dell’accidentato, quanto lungo, percorso che si è snodato negli anni prima che si arrivasse, finalmente, alla definitiva adozione di tale direttiva, e, dall’altro, dalla valutazione, non certamente entusiasta, dei contenuti dalle recentissime iniziative che il Governo ha assunto, o ha annunciato di voler assumere, in tema di legislazione ambientale.
Sullo sfondo di un “bisticcio di competenze” a livello comunitario (decisione quadro nell’ambito del cd “terzo pilastro” o competenza piena, da esercitarsi mediante la procedura di codecisione?), nell’articolo si delinea la vera problematica, “le cui dimensioni trascendevano l’ambito del diritto ambientale”…

Dopo un accenno alla famosa sentenza della Corte di Giustizia del 13 settembre 2005 – nella quale la Corte di Giustizia é giunta a dire che “per la tutela dell’ambiente, sono ammesse direttive di armonizzazione penale […] tese ad obbligare gli Stati membri a riavvicinare tra loro i rispettivi diritti penali nazionali in vista di una migliore tutela ambientale, e che è stata letta come un significativo contributo «al declino del monopolio statale sul diritto penale» – l’articolo, facendo riferimento al DDL recante «Delega al Governo per il riordino, il coordinamento, la correzione e l’integrazione del testo unico in materia ambientale e della legislazione ambientale» approvato dal Consiglio dei Ministri il 1 agosto 2008, sottolineando l’incoerenza e la contraddittorietà fra certe prese di coscienza e la loro mancata realizzazione pratica…


In particolare, la Proff.ssa Vergine “se la prende”, giustamente, con quell’italico (questo l’ho aggiunto io….), caotico, scoordinato modo di legiferare…che a volte porta ad introdurre reati.... “a denominazione di origine controllata”...

Di fronte a questo scenario,
“non può che stupire il constatare come il «nuovo legislatore ambientale» non avverta, evidentemente, nessuna intima contraddizione in un sistema che, se verrà convertito in legge il decreto di cui si tratta, prevederà come delitto punibile con la reclusione fino a tre anni e sei mesi il fatto di abbandonare una vecchia lavatrice o un materasso sfondato sulla pubblica via, e, contemporaneamente,continuerà a prevedere, si badi: anche nello stesso «territorio» nel quale vale il d.l. di cui si tratta, come contravvenzione, punita nel massimo con la pena dell’arresto da uno a due anni, la dolosa omessa bonifica di un sito contaminato da sostanze pericolose.
[…]
Quale mai logica, che non sia quella meramente emergenziale che, proponendo «un paradigma penalistico intriso di simbolismo efficientista», guarda più all’effetto spettacolare, che all’efficacia concreta della misura, già da tempo oggetto di tante puntuali critiche da parte degli studiosi del settore, sostiene allora la proposta del Ministro dell’Ambiente?
[..]
È stato pubblicato in questi giorni un pregevole articolo che dottrina che da tempo si occupa e preoccupa di diritto penale dell’ambiente ha dedicato allo schema di legge delega per la riforma dei reati in materia ambientale del 24 aprile 2007.
In esso […] spietatamente si fa notare come allora (nell’aprile 2007) «le istanze diffuse di salvaguardia dell’ambiente [fossero andate ulteriormente potenziandosi] anche per l’azione amplificatrice da parte degli organi di informazione, soprattutto televisivi, che, seppur, per fini meno nobili - di audience - supportano con continue inchieste le rivendicazioni della collettività.
[...]
Alla tambureggiante serie di servizi speciali, tediose tavole rotonde e ripetitivi dibattiti, innescati dal circuito mass-mediale, [aveva] fatto seguito la consueta stucchevole risposta del legislatore. Gli ipotizzati strumenti di contrasto agli inquinamenti di cui allo Schema di legge delega, si collocano organicamente - non diversamente dal passato – in quel trend di natura emergenziale, presentando tutti i difetti in termini di incoerenza, approssimazione, simbolicità che caratterizzano la legislazione italiana più in generale ».
Che pena

L’articolo integrale è stato pubblicati sul numero 1/2009 della rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa, Milano.

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Foto: “aggrappato” originally uploaded by pablon350