Qualche giorno fa, parlandovi delle “Energie rinnovabili in Italia: occorre rivolgersi all’U.C.A.S., l’ufficio complicazione affari semplici” ho tracciato un quadro generale delle principali problematiche relative alla normativa in materia energia da fonti rinnovabili, sottolineando il fatto che, allo stato attuale, il puzzle normativo italiano non consente di definire una politica energetico-ambientale coerente e di prospettiva.
In una parola: sostenibile.
In questo confuso contesto normativo le Regioni dettano normative diverse fra di loro, stabilendo principi e limiti legali differenti e contribuendo, in questo modo, a creare (o ad allargare, in certi casi) le differenze fra i cittadini di regioni diverse…
Quando un lettore di Natura Giuridica, che spesso si trasforma in un cliente dello Studio di consulenza legale ambientale, mi contatta, le domande che mi pone, di solito, sono molto generiche, e mirano alla risoluzione di un problema specifico.
Per farvi un esempio, attinente alla materia delle fonti di energia rinnovabile, oggetto di questo post:
- posso costruire un impianto fotovoltaico in zona agricola?
- posso affittare i miei terreni a qualcuno che ha intenzione di realizzare dei campi fotovoltaici?
Come noterete, si tratta di domande generiche, per quanto molto importanti, ed effettuate sulla scia di quello che è uno degli “slogan” preferiti del giurista ambientale: prevenire è meglio che curare…
Meglio chiedere una consulenza legale ambientale preventiva, piuttosto che doversi imbarcare in future – e probabili, se non si è agito correttamente – controversie legali, da mettere in mano a costosi avvocati….
Quindi, al fine di dare una risposta puntuale e giuridicamente efficace, occorre avere qualche informazione in più, e contestualizzare la fattispecie, come si suol dire in termini giuridici.
- In quale Comune, di quale regione, si ha intenzione di installare i pannelli fotovoltaici?
- Qual è la potenza che si desidera installare?
- Qualcuno vi ha proposto di cedergli il terreno in affitto?
- Con quali modalità contrattuali?
- Con quali corrispettivi di tipo economico?
Per dare una risposta corretta a questo tipo di domande, qui elencate in modo puramente esemplificativo (la realtà quotidiana supera di gran lunga le casistiche “da manuale”…), occorre valutare ogni singolo aspetto giuridico.
Per valutare ogni aspetto giuridico, occorre una ricerca approfondita non solo delle leggi regionali, delle relazioni che le regioni instaurano con le province, dei regolamenti comunali, delle risposte pratiche che, in casi analoghi, ha dato la giurisprudenza, soprattutto quella amministrativa, spesso chiamata a fare chiarezza.
E occorre valutare la fattibilità giuridico-economico-amministrativa del progetto, nel suo insieme.
Per venire in contro alle esigenze dei molti lettori che mi pongono domande di questo tipo, e che non hanno bisogno, per lo meno in una fase iniziale, di un’approfondita consulenza tecnico-giuridica, Natura Giuridica ha deciso che pubblicherà on-line, sul proprio sito, una serie di pareri in materia di diritto dell'energia, a pagamento, un prontuario da utilizzare come una cartina: per orientarsi.
Si tratterà, in sostanza, di validi e utili indirizzi giuridici per cominciare a muoversi nel mondo del diritto dell’ambiente e dell’energia.
In questa sede, continueremo a parlare di diritto dell’energia in modo più informale e informativo….
Ma prima di addentrarci nella disamina generale delle varie, e variegate, normative regionali – al fine di capire cosa-come-quando si può cominciare a fare (e non limitarsi a dire) “qualcosa di sostenibile” – è importante capire qual è il quadro costituzionale all’interno del quale le normative regionali – emanate, è bene ricordarlo, in modo disorganico, a causa della perdurante e quasi compiaciuta mancanza di linee guida nazionali – sono state promulgate.
Com’è noto, la legge costituzionale n. 3/2001 ha modificato l’art. 117 della Costituzione, demandando alla competenza concorrente Stato-Regioni la materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia”, in base alla quale, in sostanza, allo Stato spetta la determinazione dei principi fondamentali della disciplina, mentre le Regioni sono chiamate ad esercitare il proprio potere legislativo nel rispetto di tali principi.
In coerenza con tale impostazione, l’art. 12 del D.Lgs 387/03, tracciando i connotati essenziali del procedimento unico per il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, si è limitato a determinare i principi fondamentali della materia, che le Regioni devono rispettare nella formulazione della normativa di dettaglio.
Come accennato, la mancanza di linee guida nazionali ha causato il nascere ed il proliferare di una vera e propria “giungla normativa”, e la situazione, ad oggi, appare molto nebulosa.
Le Regioni a statuto speciale, infatti, hanno compiuto scelte fra di loro differenziate:
- in Sicilia, in Sardegna e nella Provincia autonoma di Bolzano, ad esempio, non sono state adottate specifiche regolamentazioni del procedimento di autorizzazione unica;
- nella Provincia autonoma di Trento, invece, l’Amministrazione ha adottato una provvisoria disciplina del procedimento unificato;
- in Friuli-Venezia-Giulia è previsto un sistema in base al quale le Province, delegate dalla Regione, posso sub-delegare alcune funzioni autorizzatorie ai Comuni;
- la Valle d’Aosta, infine, è l’unica Regione ad aver disciplinato il procedimento di autorizzazione unica.
Per quanto concerne le Regioni a statuto ordinario, accanto a quelle che non hanno proprio legiferato in materia energetica (Piemonte ed Emilia Romagna, ad esempio) ce ne sono altre che si sono limitate a determinare l’autorità competente (Lombardia, Veneto, Marche), e altre ancora, le rimanenti, che hanno dettato linee guida per lo svolgimento del procedimento unificato.
Il quadro appena descritto si complica ulteriormente se solo si considerano le difficoltà di “confinare” la maggior parte degli eventi, oggetto del diritto ambientale, in un preciso ambito territoriale, e l’impossibilità di regolare separatamente “libertà contrapposte” (come quella economica) o interessi connessi ma parzialmente divergenti (l’energia, la tutela della salute, il governo del territorio, la caccia, la pesca, la valorizzazione dei beni ambientali, tanto per citarne alcune), oggetto di potestà normative ripartite fra diversi livelli di competenza (esclusiva statale, regionale concorrente, regionale residuale).
Senza sottacere degli ostacoli connessi alle scelte politiche, le barriere di natura amministrativa, infrastrutturale, sociale, finanziaria, e l’elevato grado di conoscenze specialistiche in materie tecnico-scientifiche che sono richieste agli organi chiamati ad esplicarle.
Ma: cosa dice l’interpretazione costituzionale a proposito della divisione dei compiti energetico-ambientali fra Stato e Regioni, che crea così tante difficoltà applicative ed interpretative?
Natura Giuridica ne ha già parlato a lungo, nelle pagine del blog.
Per ripassare un po’, andatevi a rileggere questi post:
- Chi è competente in materia di energia: lo Stato o le Regioni?
- Regioni, ambiente e Costituzione
- Eolico, fotovoltaico e leggi regionali
- Il ruolo della Regione nel Testo Unico Ambientale
- Corte Costituzionale n. 62/08: competenze statali e regionali
- Molise: Legge Regionale sugli insediamenti eolici e fotovoltaici
- Diritto dell'energia: autorizzazione unica per un impianto eolico
- L'ambiente di stato
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Natura Giuridica di Andrea Quaranta: Studio di Consulenza legale Ambientale.
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Foto: “SOLE - 2° classificata Ecofocus2.0” originally uploaded by Luisa Renier