Il ruolo della Regione nel Testo Unico Ambientale

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Dalla breve analisi sin qui effettuata, emerge, dunque, un quadro legislativo nazionale fortemente frammentario, complesso, scoordinato, estremamente difficile da delineare e, dulcis in fundo, in grado di “nascondere”, fra le maglie del diritto, situazioni di illegalità, a causa del suo incessante modificarsi.

Se, poi, dal livello nazionale, ci si spinge ad un’analisi delle varie legislazioni regionali, il quadro normativo, testé delineato, si complica ulteriormente.
Spesso, infatti, nel corso degli ultimi anni alcune regioni, intervenendo in materia, hanno introdotto discipline parzialmente diverse (sia fra di loro, sia rispetto a quella nazionale) che presentano aspetti problematici, potenzialmente in grado di alterare i delicati equilibri operativi, con conseguenze pratiche tutt’altro che irrilevanti.
Mi riferisco, ad esempio, al delicato caso dell’obbligo di prestare garanzie finanziarie in materia di gestione dei rifiuti, o ai rapporti fra la normativa statale e quella regionale, nel caso in cui (come è avvenuto nella regione Abruzzo) quest’ultima è intervenuta a regolare – nel complesso quadro normativo in materia di tutela delle acque dall’inquinamento – la misura degli illeciti amministrativi per violazione delle relative prescrizioni autorizzatorie.

La frammentarietà, la stratificazione e la complessità della legislazione ambientale, dunque, rendono impossibile una trattazione esaustiva.

In questa sede, pertanto, ritengo opportuno fornire qualche spunto di riflessione, da approfondire nelle sedi opportune, cominciando:
* con il delineare le problematiche connesse ai rapporti fra Stato e Regioni, così come previsti dal Testo Unico Ambientale; quindi
* con il sintetizzare il pensiero della Corte Costituzionale
al fine di verificare, in concreto, quali sia il ruolo della Regione nella materia de qua.

Seguirà una breve panoramica della politica ambientale piemontese; quindi, vorrei spendere due parole per sottolineare l’importanza dell’InFormazione e della comunicazione dell’ambiente in generale, e del diritto ambientale in particolare: ambiente e legalità, infatti, sono un binomio inscindibile, e il primo non può essere compreso nelle sue dinamiche nella società moderna senza una conoscenza – a cominciare dall’accezione: maggiore informazione-maggiore consapevolezza, per i non addetti ai lavori – della seconda.

Qual è, dunque, il ruolo della Regione nella materia ambiente?

Non è questa la sede per una disamina analitica delle competenze regionali nei vari “settori ambientali”, delineate nel c.d. “Testo Unico Ambientale”.

È importante, tuttavia, segnalare che, durante l’iter di “formazione” del D.Lgs. n. 152/2006, le Regioni, insieme alle associazioni di tutela ambientale, hanno denunciato, inter alia, la violazione della competenze legislative ed amministrative regionali riconosciute dal nuovo Titolo V della Costituzione, e il conseguente stravolgimento delle competenze definite dall’art. 117 e 118 della Costituzione e dal D.Lgs. n. 112/1998, avvenuto attraverso il riaccentramento delle funzioni pubbliche nel settore.

Nel parere della Conferenza Unificata del 26 gennaio 2006, in particolare, le Regioni hanno sottolineato che:
L'obiettivo generale e l’azione concreta e l’esperienza delle Regioni e degli enti locali in questi anni sono stati quelli di ricondurre le questioni della tutela dell’ambiente, sia negli aspetti della tutela dagli inquinamenti, sia negli aspetti della tutela delle risorse naturali e di preservazione degli equilibri ecologici, al criterio di prevenzione ed a quello di sostenibilità dello sviluppo, in stretta connessione con le politiche settoriali e col governo del territorio.
Solo una acquisizione nelle politiche settoriali e nel governo del territorio delle problematiche di tutela ambientale può garantire infatti il successo e la compatibilità economica di una politica ambientale.

Emerge, viceversa, dal complesso delle norme proposte, una serie di elementi che inducono a considerare l’intervento una vera e propria opera di smantellamento delle iniziative che nel corso di questi ultimi anni sono state assunte, come nel caso della normativa adottata dalle Regioni in attuazione del D.Lgs. 112/1998. Questa impostazione peraltro è rimasta sostanzialmente invariata anche nella seconda stesura dello schema di decreto.

Si spostano competenze dalla periferia al centro, si sovrappongono e duplicano funzioni e piani, si separano settori che al contrario necessitano da tempo di integrazione, si aggiungono a valle dei processi decisionali altre decisioni e funzioni di controllo, che nell’insieme e nel dettaglio configurano un quadro involutivo rispetto all’attuale, aumentando l’incertezza degli operatori pubblici e privati, annullando processi regionali e locali di grande valore e di riconosciuta efficacia, allontanando l’allineamento del nostro Paese alla disciplina ed al livello europeo.

Lo schema di decreto continua quindi ad essere caratterizzato da una spiccata tendenza neocentralista, che comprime le competenze delle istituzioni regionali e locali per assegnare soprattutto al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio un ruolo, anche minutamente gestionale, antitetico al principio di sussidiarietà ed adeguatezza, anche con riferimento alle prerogative delle Regioni e Province autonome per le quali deve essere prevista la nota “clausola di salvaguardia”.

Il mero assemblaggio materiale di singoli testi nati separatamente non consente poi di ritenersi di fronte ad una “normativa in materia ambientale” in quanto non sussistono i presupposti per considerare tale disciplina un corpo unitario di norme, difettando un nucleo fondamentale di disposizioni di principio comune alle diverse discipline settoriali.

Nell’elaborazione del testo l’Esecutivo statale si è infatti abbandonato ad una minuziosa disciplina di dettaglio, mentre un corretto approccio metodologico avrebbe richiesto, da un lato, la costruzione in questa materia soprattutto di un “diritto per principi”, poiché solo questi ultimi sono in grado di guidare in modo trasversale e coordinato i vari settori delle discipline giuridiche coinvolte, e dall’altro il necessario coinvolgimento sin dalla fase di elaborazione della normativa di tutti i livelli territoriali di governo secondo il principio di corresponsabilità e di leale collaborazione.
In sostanza, la lettura dell’articolo 117 Cost. fornita dall’Esecutivo appare rigida, in quanto si fonda su un ipotizzato riparto di attribuzioni che nega l’interferenza con la competenza esclusiva statale di quelle di competenza concorrente regionale (ad es: governo del territorio, tutela della salute etc…).