Chi è competente in materia di energia: lo Stato o le Regioni?

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Come abbiamo visto in molti post su Natura Giuridica
il tema della ripartizione di competenze fra Stato e Regioni in materia ambientale e, in particolare, in materia di diritto dell’energia, è tutt’altro che di semplice soluzione.

Ogni livello di Governo rivendica il proprio livello di competenze: nel walzer cui quotidianamente gli operatori del diritto assistono, chi ci rimette, alla fine della fiera, è sempre, in primo luogo, il futuro sostenibile.
Ma anche i cittadini e le imprese soffrono di questa profonda incertezza: non sanno a chi rivolgersi, cosa chiedere, come chiederlo, a chi, quando.

Gli enti preposti, infatti, si trincerano spesso dietro ad imbarazzanti silenzi, che nascondono una profonda inadeguatezza (sui vari silenzi in materia di diritto ambientale, visita questa pagine di Natura Giuridica).

I giudici, chiamati quotidianamente ad esprimersi al riguardo, pur avendo delineato un quadro sufficientemente chiaro, si trovano ad affrontare gli stessi, soliti, vecchi problemi, causati da una normativa figlia di una politica inadeguata, intenta a guardarsi l’ombelico in modo compiaciuto.

Prendete il caso delle centrali elettriche a ciclo combinato: qual è il ruolo della politica energetica?
Quali sono le competenze statali?
Qual è il ruolo svolto dalla Regione nella realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato della potenza di 760 MW?
C’è un disegno unitario, o le regioni hanno carta bianca?

Non sono domande di poco conto: l’eterna incertezza che regna, al riguardo, provoca continui arresti procedimentali, oltre al sorgere di numerose controversie, che spostano in là nel tempo la realizzazione delle opere.

Lo dimostra quanto avvenuto in Veneto, dove una società operante nel settore della produzione di energia elettrica, intenzionata a realizzare un impianto per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato della potenza di circa 760 MW, dopo aver avviato l’iter autorizzatorio previsto per l’approvazione dei progetti, si è trovata di fronte ad un muro.

Alla faccia delle semplificazioni e delle accelerazioni previste per legge.

Il muro di cui sto parlando, avrete intuito, non è quello portante dell’impianto (!), ma quello più prosaico della burocrazia, costituito dagli intrecci della politica e della normativa dello Stato, da un lato, e di quella delle Regioni, dall’altro, coinvolte a diverso titolo nei diversi procedimenti che orbitano nel settore del diritto dell’ambiente.

E così fra limiti soglia da rispettare, valutazioni di impatto ambientale, pareri dei vari enti preposti, competenze sovrapposte concorrenti e/o esclusive, tanto per citare solo alcuni degli ostacoli che sono disseminati sulla via del diritto ambientale, la “cosa” più semplice che possa capitare è che si verifichi un arresto procedimentale, dovuto all’immancabile ricorso, o all’altrettanto puntuale rivendicazione di una qualche pretesa competenza in materia.

Sullo sfondo, i dubbi amletici di coloro che vogliono capire chi deve fare cosa, quando e con chi, e in che modo.

“Parte istante ribadisce le finalità della normativa bla bla bla, volta a semplificare il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica, a seguito dell’avvenuta liberalizzazione del settore della produzione dell’energia, e […] pertanto bla bla bla il rilascio dell’autorizzazione risulta subordinato alla sussistenza delle condizioni ed alla verifica dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione, non residuando alcuno spazio per le amministrazioni coinvolte in ordine alla volontà di autorizzare o meno la realizzazione dell’impianto bla bla bla illegittimamente perciò l’Amministrazione ha negato l’autorizzazione bla bla bla la colpa di siffatti ritardi bla bla bla colpa della crisi bla bla bla e per questo”.

“Parte resistente dice bla bla bla sussistono le condizioni stabilite dal comma bla bla bla […] La politica energetica, del resto, è ispirata da considerazioni socio-economiche-politiche geografiche bla bla bla […] la dipendenza dal petrolio ci impone una scelta radicale bla bla bla il comportamento tenuto dall’amministrazione pertanto risulta improntato alla legittimità dei bla bla bla […] non è possibile imputare all’Amministrazione resistente bla bla bla il quanto in considerazione di quanto affermato bla bla bla…

Se siete giunti fino a qui, e non siete caduti nello sconforto di parole vuote, pronte a sostenere tutto e il contrario di tutto, meritate un premio: una buona notizia.

Attraverso l’introduzione della normativa in materia di sicurezza del sistema elettrico nazionale, il legislatore statale ha operato una precisa scelta: quella di ritenere necessario il conferimento allo Stato della responsabilità amministrativa unitaria della materia, spostando al livello superiore nazionale ogni valutazione in merito alla necessità di interventi che assicurino il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale, pur garantendo, entro i limiti del procedimento così disciplinato, la cura degli interessi locali.

Questo è quanto affermato dal TAR Veneto nella sentenza n. 1857/09, che potete scaricare liberamente dal sito di Natura Giuridica, previa semplice registrazione.

Nel caso di specie, il Collegio ha sottolineato che le motivazione strettamente locali, sulle quali si fondava l’impugnata deliberazione regionale, non solo non sono sufficienti ad impedire il rilascio dell’autorizzazione, ma soprattutto configgono con la ratio e le esigenze perseguite dalla disciplina in materia di energia.

Insomma, federalismo sì, ma con moderazione.

Quale, se no, la serietà sostenibile di un paese di Arlecchini, più servili che servi?

Natura Giuridica di Andrea Quaranta: Studio di Consulenza legale Ambientale.

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