I Principi dei princìpi. Ma poi finisce lì, al principio

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Periodo di grandi movimenti, questo, nel settore delle fonti rinnovabili di energia.

Nei giorni scorsi vi ho parlato:
dell’art. 45 della manovra finanziaria, oggetto di forti critiche, la cui attuazione minerebbe un meccanismo, quello dei certificati verdi, che in qualche modo funziona e garantisce, grazie al riacquisto di quelli invenduti da parte del Gse, che il loro prezzo non possa scendere oltre una certa soglia. Il non riacquisto dei certificati verdi in eccesso farebbe venir meno la sicurezza dei ricavi da parte di chi investe;

delle modifiche apportate all’art. 45 della manovra finanziaria, a causa delle vibranti proteste di molti operatori del settore;

della recentissima approvazione del nuovo conto energia e delle linee guida per le energie rinnovabili.

Oggi facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al 4 giugno, data della legge n. 96 (legge comunitaria 2009) che, all’art. 17, ha dettato i principi e i criteri direttivi il recepimento, fra le altre, della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili.
Natura Giuridica vi ha già parlato di questa direttiva nei seguenti post:




In attesa di poter parlare dettagliatamente, ed in modo integrato e, speriamo, entusiasta, della nuova normativa italiana in materia di fonti rinnovabili di energia (e, soprattutto, della prassi…), che per fine anno dovrebbe aver completato il restyling, vediamo quali sono questi principi e questi criteri direttivi per dare finalmente attuazione ad una normativa energetica degna di questo nome.

Innanzitutto, il nostro legislatore delegato dovrà garantire il conseguimento degli obiettivi posti in capo allo Stato, attraverso la promozione congiunta di efficienza energetica, da un lato, e di utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione e il consumo di energia elettrica, calore e biocarburanti, dall’altro.
Speriamo che il termine garantire non sia messo in pratica come nella raccolta differenziata di rifiuti…

Quindi, uno degli obiettivi principe, nella sgangherata e caotica normativa italiana: il classico obiettivo della semplificazione.
Classico, perché se ne parla da sempre, e non lo si raggiunge mai…
Semplificazione delle procedure di autorizzazione, di certificazione e di concessione di licenze, compresa la pianificazione del territorio, i procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e alle necessarie infrastrutture di rete.

Per non parlare della promozione dell'integrazione delle fonti rinnovabili nelle reti di trasporto e distribuzione dell'energia: non costa nulla, l’utilizzo tautologico di espressioni che, se non tradotte nella realtà quotidiana, rischiano di rimanere vuote, fino a svuotarsi completamente di significato. Come il termine massimo di 180 giorni per “concludere”, in un verso o nell’altro, le conferenze di servizi…
Anche in questo caso è curioso il mantra con il quale, si continua a dire, questi principi si dovrebbero tradurre in pratica: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Tradotto significa che io Stato declamo i mie bei principi, ma sarà poi qualcun altro a metterli in pratica. Forse, ma anche no.

Più certificazioni e più regole tecniche da rispettare, più cooperazione tra le autorità locali, regionali e nazionali.
Un adeguamento e un potenziamento (esageriamo!) dei sistemi di incentivazione delle fonti rinnovabili, poi, non si nega a nessuno: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, naturalmente, perché i pochi piccioli che ci sono (e i tanti che non si vogliono prendere) sono destinati a finanziare, con i soliti oneri per la finanza pubblica, i soliti noti (e i tanti “ignoti”, che continueranno a ridacchiare soddisfatti).

Però, per fortuna, si pensa di inserire, fra i principi ispiratori di questa riforma, anche una revisione degli incentivi per la produzione di energia elettrica prodotta a impianti alimentati da biomasse e biogas: una sorta di equilibrismo dialettico-politico per non scontentare nessuno, cioè per non fare nulla, perché non esiste soluzione che non scontenti qualcuno. Manca il coraggio per fare delle scelte nette, a costo di scontentare qualcuno

E via discorrendo, princìpi, princìpi e princìpi: belli, per carità, condivisibili, ci mancherebbe. Ma molto, troppo simili a tanti che già perseguiamo, ehm, dovremmo perseguire, per sembrare autentici, raggiungibili. Che possano farci “sognare”, per lo meno..

Certo, è una legge di delega, e principi deve contenere, mica chissà che: ma mi sembra una storia che si ripete all’infinito, un perpetuo moto circolare fatto di parole, parole, parole.
Come suonano bene le parole, come riempiono bene la bocca, come sono maneggevoli, adattabili, prorogabili. Interpretabili (ma non intercettabili!).
Se però le parole, i principi, vengono tradotti nella solita poltiglia normativa, cosa ci rimane in mano?

Nel paese delle perenni emergenze, non vorrei che continuassimo a crogiolarci nell’ergastolo della precarietà normativa, buona per tutte le stagioni, e per giustificare tutto, e anche il suo contrario: deroghe per fronteggiare le emergenze, proroghe per perpetrarle, sanatorie per legittimarle, e via discorrendo, in un “valzer neomelodico”, nel più classico degli stereotipi che ci contraddistinguono all’estero…

Intanto i cinesi avanzano anche in questo settore, mentre noi, guardandoci l’ombelico, siamo ancora rimasti ai tempi in cui gli orientali potevano concorrere solo nella produzione di tergicristalli…

Quando useremo meno parole, magari meno “politically correct”, meno enfatiche, e più fatti?

Quando impareremo ad investire nel futuro?

Quando la smetteremo di giocare a fare i Principi dei princìpi, e ci accorgeremo che riempiendoci la bocca solo di parole, rischiamo una fatale indigestione di concetti, e di rimanere al solito punto di partenza: con un gioco di parole, in cui sembriamo maestri, di rimanere al principio?

Foto: “Ma sono solo Ombre” originally uploaded by Frances.Themute

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