Grid Parity ed equilibrio giornalistico

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di Naide Della Pelle

Leggo abitualmente l’inserto Nova del Sole24ore, soprattutto per aggiornarmi sulle nuove frontiere del web e della banda larga (abito in un paesino di montagna e so qualcosa di “digital divide”…) ebbene, gli occhi mi cadono su un termine, grid parity che non conosco e che voglio approfondire.

Il termine si trova citato in un articolo di Marco Magrini dell’11 giugno 09 sul Sole24ore e dal testo emerge che la grid parity è il punto di equilibrio in cui produrre elettricità dal sole con pannelli fotovoltaici costa quanto produrla dai combustibili fossili.
In sostanza, la Grid Parity o GP è un insieme di condizioni economiche caratterizzate dalla coincidenza del costo del kWh fotovoltaico con il costo del kWh prodotto da fonti convenzionali, per tutte le categorie di utenti e per tutte le fasce orarie.

La grid parity è anche conosciuta come legge di Hoffmann (presidente dell’Epia – European Photovoltaics Industry Association), dal nome di colui che per primo coniò questo termine nel 1998.
Hoffmann, intervistato dal Sole24ore, a proposito della grid parity in Sicilia, dice che se si considerano tre fattori - l’irraggiamento solare di cui gode, gli incentivi governativi in vigore e i prezzi delle forniture di energia elettrica - in Sicilia si è già arrivati alla grid parity.
Hoffmann riferisce che, nel giro di pochi anni (5 o 6), l’evoluzione tecnologica porterà il fotovoltaico al punto di parità anche senza l’aiuto degli incentivi statali, e che il punto di equilibrio si estenderà anche al resto d’Italia.

In poche parole, lo Stato ed i privati dovrebbero investire nel fotovoltaico, una sorta di gallina dalle uova d’oro che fa crescere le aziende, crea posti di lavoro e riduce la nostra dipendenza dai combustibili fossili.
E Hoffmann di profitti ne sa qualcosa, dato che è chief technology officer della Applied Materials, il colosso californiano che produce impianti per fabbricare chip e che, da qualche anno, produce anche impianti per fabbricare sottili film fotovoltaici o celle solari, a base di silicio come i chip.

E qui casca l’asino. Se solo un’ora fa pensavo di terminare l’articolo, magari scrivendo a margine la mia nota di ottimismo, ora, invece, melius re perpensa, vado avanti, aggiungendo qualche cosa in più…

Il dubbio è nato da una considerazione che da subito, sotto traccia, ha cominciato a farsi strada: non so (quasi) nulla di tecnologia per produrre i pannelli fotovoltaici ma, come semplice lettrice, dopo il facile entusiasmo iniziale mi è venuto in mente che un produttore di una certa tecnologia si annovera (quasi certamente…) fra i suoi primi sostenitori, e che tende, fors’anche inconsapevolmente, a nascondere qualcosa sotto il tappeto, come diceva quel tale…

Un’ora di navigazione a caccia di informazioni sulla grid parity ha confermato il mio “vago sentore” che qualcosa non quadrasse e, se volete fare come me, vi invito a leggere alcuni post (agenziaenergia, ecoalfabeta, alessandroronchi) che tutto sommato riprendono/confermano quanto detto da Hoffmann sul Sole24ore, ed altri articoli di chi, al contrario, non è tanto d’accordo (vedere i commenti al post di Alessandro Ronchi), ed afferma, con una certa veemenza, che il ritorno energetico derivante dal fotovoltaico è, stante le attuali tecnologie al silicio, ancora bassino (e lo sarà per molto ancora), che produrre pannelli fotovoltaici inquina, così come inquina far funzionare una piattaforma per l’estrazione del petrolio, che la grid parity raggiunta grazie agli incentivi statali non è, tecnicamente, un punto di pareggio poiché si basa su una distorsione del mercato. Amen.

Che il fotovoltaico basato sull’utilizzo del silicio possa diventare (o già essere, almeno in fieri) una tecnologia obsoleta è quasi “auspicabile” – dati i costi e gli attuali standards di fabbricazione – perché questo potrebbe voler dire che sarà sostituita da qualcosa che costi meno, inquini meno e renda di più nel tempo (come il solare a concentrazione).
In ogni caso, produrre energia qualche costo ce l’ha, a prescindere dagli strumenti utilizzati: l’ideale (ma solo nel mondo virtuale...) sarebbe non produrla, ed evitare così i problemi collaterali.
Ma lasciamo i paradossi alle disquisizioni teoriche, e cerchiamo di compiere la prima, l’unica e forse più importante azione per minimizzare gli impatti negativi sull’ambiente: fare del risparmio e dell’efficienza energetica la regola  di stile dei vita…

Infine, gli incentivi statali (conto energia) – hanno il merito, a mio parere, di aver reso attraente l’opportunità di investire in una fonte energetica nuova e diversa dai combustibili fossili.

Insomma, il  fotovoltaico costituisce un business, aiutato finora in modo sostanzioso dallo Stato. Questo può innescare un circolo virtuoso che porta ad alimentare la ricerca in nuove tecnologie, sempre più efficienti che, un giorno, spero non lontano, ci porteranno ad una diversificazione energetica sempre più spinta….

Tutto era iniziato dalla lettura di un articolo sul Sole24ore che, forse, poteva essere scritto in modo un po’ meno accondiscendente.
Questo articolo ha alimentato sul web un forte dibattito, perché è giusto, direi sacrosanto, non accontentarsi e cercare di saperne di più,informarsi per conoscere ed avere gli strumenti necessari per effettuare scelte consapevoli.

L’informazione ambientale, che anche il sito Natura Giuridica si pone come uno degli obiettivi principali da perseguire, presuppone che, in modo trasversale, venga garantita la massima trasparenza, in questo caso sulle fonti di energia rinnovabile.
E la miglior tutela ambientale possibile presuppone la massima integrazione possibile di tutte le tecnologie, di tutte le politiche (ambientali, energetiche, economiche, fiscali, …) che, per loro natura, necessitano della collaborazione pro quota di tutti noi e, non da ultimo, di un’informazione che dia al lettore-consumatore qualcosa di più di un article marketing: un articolo che dia conto, almeno, di tutto quanto si agita dietro le quinte…

Il fotovoltaico, allo stato attuale, non è perfetto, ma almeno ci sono le possibilità e l’interesse per renderlo perfettibile.
Forse è proprio la solita, vecchia, storia della domanda e dell’offerta: sono i lettori esigenti (la domanda) che creano i giornalisti obiettivi (l’offerta); se i primi latitano, certo non si faranno strada nemmeno i veri giornalisti.

Foto: “British Donkey Hide & Seek Society (Swanage Branch)” originally uploaded by julian sawyer

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