Chi inquina paga?

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Come sapete, il mondo del diritto è fatto di tanti principi generali assolutamente condivisibili, ma anche di complicate prassi che spesso, ahimè, non sono in grado di far seguire a quelle bella parole i fatti, perché finiscono con il non semplificare le cose, anzi...

Quello relativo alla ruolo del proprietario incolpevole dell’inquinamento nei procedimenti di bonifica è uno dei casi più lampanti del modo dissociato in cui spesso si tende a procedere (prassi), dopo aver enunciato i bei principi di diritto, cui facevo riferimento all’inizio.
Quelle che seguono sono considerazioni sulla sentenza del TAR di Firenze (1525/10) che vi consiglio di leggere (è possibile scaricare il testo previa registrazione gratuita al sito di Natura Giuridica).
Ora, il TAR toscano ha innanzitutto cercato di mettere ordine a uno dei tanti conflitti di competenze che pullulano in materia di ambiente, creando tanti disagi e tanto imbarazzo negli e fra gli operatori del settore, che non sanno a che santo votarsi, quando devono chiedere delucidazioni giuridiche a qualcuno degli organi “co-compententi”….

E lo ha fatto con un giro di parole che assomiglia – può somigliare, agli occhi di un lettore non avvezzo alle terminologie giuridiche – ad un gioco dell’oca linguistico…
L’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero.
Ad esempio, rientra tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale: si tratta, infatti, di un atto attinente all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell’intesa con le Regioni interessate.

Si deve invece reputare che il decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore, avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento.

L’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio”. Se l’attribuzione delle relative competenze al “Ministero” (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni) vale per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve valere per il decreto di recepimento della conferenza di servizi, avente ad oggetto un intervento di messa in sicurezza d’emergenza che investe una fase prodromica rispetto alla bonifica, e comunque non in grado di determinare il definitivo riassetto del sito.

Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A

Venendo alla responsabilità del proprietario incolpevole dell’inquinamento, il TAR di Firenze (1525/10) ha evidenziato che tanto la disciplina di cui al decreto Ronchi, quanto quella introdotta dal Testo Unico Ambientale, si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa: l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità.

L’Amministrazione non può, cioè, imporre ai soggetti che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento: tale è conforme al principio “chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria, che impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
Il principio “chi inquina, paga” vale, oltre che per le misure di bonifica, anche per le misure di messa in sicurezza d’emergenza.

Quindi, ha osservato il giudice nel caso di specie, l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un accertamento istruttorio volto a determinare l’esistenza dei presupposti soggettivi per l’imposizione, a carico della ricorrente, del contestato intervento di messa in sicurezza.
Operazione che, purtroppo, per trovare un colpevole, e non il colpevole, l’Amministrazione non aveva effettuato…..

Tra l’altro, dal combinato disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava che, nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali da parte del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso - e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati - le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A. competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi.

Pensate un po’ che, nella specie, l’Amministrazione aveva indicato, quali destinatari delle prescrizioni impugnate, i “soggetti titolari dell’area in esame”, utilizzando, cioè, del criterio dominicale, in luogo di quello della responsabilità colpevole.

Il giudice ha trovato anche il tempo per analizzare, en passant, un altro tema che attanaglia gli operatori del settore: quello relativo all’efficace della barriera idraulica in luogo di quella fisica.

La P.A. – sottolinea il TAR di Firenze – è tenuta a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema, ovvero per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, può legittimamente avere luogo soltanto all’esito di un’analisi comparativa tra le diverse alternative, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area
In sintesi, detta analisi deve implicare la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i relativi svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.

Natura Giuridica si è già occupata della responsabilità nei casi di inquinamento:

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