La definizione di "sviluppo sostenibile" risale al 1987 e fu data nell'ambito della Commissione mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo (WCED) nel documento conosciuto come “rapporto Bruntland” - dal nome della coordinatrice della Commissione - in cui si sottolineava che è sostenibile quello “sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Con il passare degli anni, questo concetto si è evoluto e arricchito tanto che oggi si parla di molteplici sostenibilità per conciliare, in una sintesi che sia la più armonica possibile, le forti interconnessioni presenti nel mondo globalizzato e che spesso sono in contrasto tra loro: l'aumento di produttività per alimentare dignitosamente tutti gli esseri umani, il rispetto degli ecosistemi e la salvaguardia della bio-diversità, gli interessi contrapposti delle diverse economie mondiali ed infine il rispetto di regole comuni, quello che potremmo chiamare "sostenibilità giuridica".
Per realizzare contemporaneamente le molteplici sostenibilità occorre un nuovo modello economico, ed è qui che entra in scena la bioeconomia.
Con la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa – Strategia per una crescita sostenibile”, la Commissione ha cercato di dare delle risposte, e fornire un quadro di programmazione sostenibile all’interno del quale orientare le scelte politico giuridiche degli Stati membri.
La bioeconomia è una teoria ideata da Nicholas Georgescu-Roegen, che la propose per creare un’economia ecologicamente e socialmente sostenibile, volta alla decrescita, partendo dal presupposto che qualsiasi processo economico che produce beni materiali da un lato diminuisce la disponibilità di energia e di materia prima nel futuro – e quindi la possibilità di produrre ulteriori beni – e, dall’altro, aumenta l’entropia: nel processo economico, in sostanza, anche la materia si degrada, ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche e, una volta disperse nell’ambiente, le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia.
Per far fronte agli effetti negativi di quello che lo stesso Georgescu-Roegen definiva provocatoriamente “quarto principio della termodinamica”, occorre ripensare completamente l’economia, rendendola capace di incorporare anche i vincoli ecologici.
Per far fronte agli effetti negativi di quello che lo stesso Georgescu-Roegen definiva provocatoriamente “quarto principio della termodinamica”, occorre ripensare completamente l’economia, rendendola capace di incorporare anche i vincoli ecologici.
La strategia “Europa 2020” – con la quale la Commissione ritiene possa essere raggiunta una crescita allo stesso tempo intelligente (attraverso lo sviluppo delle conoscenze e dell’innovazione), sostenibile (basata su un’economia più verde, più efficiente nella gestione delle risorse e più competitiva) ed inclusiva (volta a promuovere l’occupazione, la coesione sociale e territoriale) – auspica lo sviluppo della bioeconomia in quanto elemento chiave per consentire una crescita intelligente e verde in Europa: una crescita all’insegna delle molteplici sostenibilità.
La bioeconomia, infatti, parte da un approccio:
- che, in relazione alle risorse biologiche, si può definire olistico, perché comprende la produzione di risorse biologiche rinnovabili e la loro trasformazione (e quella dei flussi di rifiuti) in prodotti a valore aggiunto quali alimenti, mangimi, bioprodotti e bioenergie;
- caratterizzato da un forte potenziale d’innovazione, correlato alla presenza di una “vasta gamma di discipline scientifiche, tecnologie industriali e abilitanti e a conoscenze tacite e locali”, e deve affrontare le principali complesse ed interconnesse sfide che caratterizzano il mondo di oggi. Innanzitutto quella relativa alla sicurezza alimentare, che la strategia per la bioeconomia cercherà di contribuire a risolvere attraverso lo sviluppo delle conoscenze di base necessarie per ottenere un aumento sostenibile nella produzione primaria tenendo in considerazione tutte le opzioni, dalla scienza avanzata alle conoscenze tacite e locali;
- la gestione sostenibile delle risorse naturali, cercando di superare le contraddizioni intrinseche agli sfruttamenti di quelle che – come le biomasse – sono in competizione fra di loro (biomasse per scopi food e non-food, o agro energetici).
In quest’ottica, la strategia per la bioeconomia intende migliorare le conoscenze di base e stimolare l’innovazione, al fine di ottenere un aumento della produttività, garantendo al contempo un uso sostenibile delle risorse e una riduzione dello stress sull’ambiente.
La strategia, quindi, è volta a sostenere l’attuazione di una gestione basata sugli ecosistemi, e si propone di fornire servizi ecosistemici e di individuare sinergie e complementarietà con la PAC (politica agricola comune), la PCP (politica comune sulla pesca), la politica marittima integrata e, più in generale, con le politiche comunitarie che riguardano l’efficacia delle risorse, il loro utilizzo sostenibile, la tutela della biodiversità e degli habitat.
Le altre sfide consistono nel ridurre la dipendenza dalle risorse non rinnovabili, nell’attenuare e adattarsi ai cambiamenti climatici (mediante) lo sviluppo di sistemi di produzione a ridotta emissione di gas a effetto serra, che si adattino agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, quali siccità e alluvioni, e li attenuino; un maggior sequestro di carbonio nei terreni agricoli e nei fondali marini, oltre a un adeguato miglioramento delle risorse forestali, nella creazione di posti di lavoro e nella salvaguardia della competitività europea.
Le altre sfide consistono nel ridurre la dipendenza dalle risorse non rinnovabili, nell’attenuare e adattarsi ai cambiamenti climatici (mediante) lo sviluppo di sistemi di produzione a ridotta emissione di gas a effetto serra, che si adattino agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, quali siccità e alluvioni, e li attenuino; un maggior sequestro di carbonio nei terreni agricoli e nei fondali marini, oltre a un adeguato miglioramento delle risorse forestali, nella creazione di posti di lavoro e nella salvaguardia della competitività europea.
Come mettere in pratica tutte queste sfide ambiziose?
Uno dei primi passi da compiere è senz'altro quello di investimenti, anche privati, in ricerca, conoscenza e innovazione, garantendo parallelamente finanziamenti comunitari e nazionali; il secondo passo consiste nella diffusione di questo nuovo sapere, con la creazione di nuove attività d'impresa e nuovi assetti normativi che tengano conto di questa grande ridefinizione del sapere.
Uno dei primi passi da compiere è senz'altro quello di investimenti, anche privati, in ricerca, conoscenza e innovazione, garantendo parallelamente finanziamenti comunitari e nazionali; il secondo passo consiste nella diffusione di questo nuovo sapere, con la creazione di nuove attività d'impresa e nuovi assetti normativi che tengano conto di questa grande ridefinizione del sapere.
Da parte sua, la Commissione si impegna a creare un Osservatorio per la bioeconomia, che monitori la diffusione e condivisione dei suoi principi, e la creazione di progetti pilota e dimostrativi in tutta Europa in grado di offrire strumenti idonei alla realizzazione di reti che offrano la logistica necessaria per la costruzione di bioraffinerie, norme e metodologie standardizzate di valutazione della sostenibilità per i bioprodotti e per i sistemi di produzione di alimenti.
In definitiva, si tratta di un complesso ed articolato sistema di pianificazione di interventi – il principale assente del sistema normativo adottato finora – che, partendo dalle intuizioni di Georgescu-Roegen, ne “stempera” le conclusioni più assolutiste: non si fa riferimento, infatti, ad una decrescita in quanto tale – ovvero di un modello di sviluppo antitetico a quello tutt’ora imperante, ed esclusivamente basato sulla crescita economica – ma concilia la crescita con la sua sostenibilità, attraverso lo sfruttamento oculato ed integrato delle biorisorse esistenti, che tiene conto di alcuni degli aspetti che il sistema di produzione industriale, finora utilizzato, e fondato sul PIL, non aveva preso in considerazione.