La politica ambientale nel paese del Gattopardo (11): rapido excursus sul Testo Unico Ambientale e la tutela dell'ambiente

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Continua l’analisi generale del Testo Unico Ambientale, cominciata con il post introduttivo relativo alla perenne emergenza della (previgente) normativa ambientale, e proseguita con un rapido excursus sulla legge delega.

Vediamo, ora, quali sono stati i tratti essenziali del Testo Unico Ambientale, nella sua formulazione originaria: come vedremo, infatti, nell’arco dei due anni successivi alla sua entrata in vigore, il Testo Unico Ambientale è stato oggetto di due rilevanti modifiche, e già si parla di sue ulteriori integrazioni.

Il D.Lgs. n. 152/06 (che non ha la struttura e i caratteri tipici né di un Testo Unico né di un codice ambientale) consiste in un complesso di 318 articoli e 45 allegati (occupa 424 pagine della Gazzetta Ufficiale), che sostituisce ed abroga la maggior parte delle previgenti normative di settore, con la sola eccezione della gestione delle aree protette.

I primi tre articoli, che avrebbero dovuto costituire il tessuto “comune” dei principi, regolanti i diversi settori disciplinati nel codice, in realtà non forniscono definizioni valide per tutte le discipline contenute nel decreto e neanche disposizioni di carattere comune, in grado di agire da “collante” fra le diverse parti, e di organizzare in modo unitario le diverse competenze amministrative e tecnico-scientifiche ovvero i poteri dell'autorità di controllo ed i diritti del soggetto interessato.

Le nuove norme in materia di V.I.A. (parte II) introducono una disciplina organica della materia, superando la frammentazione delle norme vigenti; è stata prevista la possibilità, per l’autorità competente, di indire un’inchiesta pubblica, al fine di rendere più efficace la fase di partecipazione al pubblico, ed è stato introdotto un meccanismo finalizzato a garantire che il procedimento di compatibilità ambientale si concluda in tempi certi.
Inoltre, il decreto ha dato attuazione alla direttiva europea n. 2001/42/CE sulla V.A.S. di piani e programmi, che si differenzia dalla V.I.A. in quanto consente l’attuazione della strategia di tutela ambientale ad effetto anticipato.

La tematica relativa alla difesa del suolo e lotta alla desertificazione è stata inserita all’interno della disciplina delle acque e delle risorse idriche (parte III), con lo scopo principale di dare attuazione alla direttiva 2000/60/CE e realizzare, quindi, un quadro per la protezione delle acque; è stato introdotto il concetto di distretto idrografico; sono previsti diversi livelli di pianificazione, i quali, tuttavia, sono risultati essere poco coordinati.
La novità più rilevante della terza parte consiste nella modifica della nozione di scarico, che rischia(va) di rendere vano il lungo lavoro giurisprudenziale volto a stabilire con chiarezza la linea di confine fra la normativa sui rifiuti e quella sugli scarichi di acque reflue posta a tutela delle acque.

Importanti modifiche sono contenute nella parte relativa alla gestione dei rifiuti (parte IV), fra le quali spiccano l’inserimento, accanto alla tradizionale definizione di rifiuto, delle nozioni di sottoprodotto e di materia prima secondaria, la ridefinizione delle priorità nella gestione dei rifiuti; la previsione, anche per il settore dei rifiuti, di un sistema di organizzazione amministrativa già previsto per la gestione delle risorse idriche (il c.d. Ambito territoriale ottimale), nel tentativo di superare l'eccessiva frammentazione delle gestioni, un intervento chiarificatore nella nozione di deposito temporaneo; la rivisitazione del sistema autorizzatorio.

In materia di bonifica dei siti contaminati (parte IV), l’innovazione più significativa riguarda il passaggio da un sistema che individuava la necessità di procedere alla bonifica di un sito sulla base del superamento di limiti di accettabilità (predeterminati e generali, limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee in funzione della loro destinazione urbanistica) ad un sistema di analisi di rischio sanitario sito specifica, con la determinazione di valori limite, caso per caso. Occorre segnalare, inoltre, la diversa ripartizione delle competenze, con l'assegnazione di un ruolo preminente al Ministero dell'Ambiente; la problematica della gestione delle terre e rocce da scavo, qualificabili come rifiuto solo ex-post (con tutti i connessi rischi anche dal punto di vista penale); il tentato coordinamento del nuovo regime con la successiva disciplina sul danno ambientale.

Con riguardo all’inquinamento atmosferico (parte V) si è assistito ad un appesantimento burocratico e ad alcuni vuoti della disciplina, accanto al discutibile regime autorizzatorio, (che stabilisce in 15 anni la durata delle autorizzazioni) e a quello transitorio e sanzionatorio (che sembra aver dimenticato il principio della dissuasività).

Infine, il nuovo regime della responsabilità per danno all'ambiente (parte VI), destinato a recepire la Direttiva 2004/35/CE, è apparso più aderente all'impostazione della direttiva di quanto non siano apparse le versioni precedenti, specie sotto il profilo della definizione dell'area del danno e del ripristino, ferma restando la centralizzazione in capo al Ministero dell'Ambiente delle competenze all'esercizio delle attività amministrative di prevenzione, ripristino ambientale e di risarcimento per equivalente patrimoniale, oltre che all'azione cautelare, introdotta ex novo (art. 301).
Inoltre, sono state formulate delicate e non sempre lineari disposizioni di raccordo con il regime sulla bonifica di tipo sostanziale e procedimentale.

Queste, a grandi linee, sono le principali innovazioni contenute nel D.Lgs. n. 152/06, al quale va riconosciuto l’indubbio merito di essere stato il primo tentativo di organizzare la complessa materia ambientale in un unico testo (esigenza ritenuta indispensabile dagli operatori del settore), consentendo di introdurre espliciti riferimenti ad alcuni principi di carattere generale, precedentemente richiamati solo occasionalmente nell’ordinamento nazionale (es. principio di precauzione).

Non manca(va)no aspetti positivi.
Alcuni settori (V.I.A.) sono stati disciplinati unitariamente per la prima volta; sono stati introdotti alcuni meccanismi di flessibilità in tema di determinazione dei livelli di tutela (ad es., la maggior importanza riconosciuta all’analisi di rischio rispetto ai limiti tabellari; l’introduzione di meccanismi differenziati, come la messa in sicurezza operativa per i siti con attività in esercizio, per la gestione delle contaminazioni storiche); la nuova definizione di deposito temporaneo chiarisce che l’opzione quantitativa e quella temporale sono fra di loro alternative (anche se, incomprensibilmente, negli allegati il deposito temporaneo viene inserito fra le operazioni di recupero).
Tuttavia sono più numerose le ombre, sia da un punto di vista procedurale che sostanziale.

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