Vorrei cominciare oggi, nel solco dei post sulle politiche ambientali nel “Paese del Gattopardo”, un’analisi del testo, partendo dal generale per approfondire, di volta in volta singoli settori, in modo da cercare di capire come si è arrivati all’attuale politica ambientale, e di cosa, quanto e come si può, e si deve, ancora fare per risollevarci da una emergenza ambientale “integrata”……laddove “integrata” dovrebbe essere la politica ambientale.
Per cominciare occorre premettere una brevissima, ma necessaria, analisi della legislazione previgente in materia ambientale, per comprendere meglio il significato della nuova normativa e, soprattutto, aprire spazi di confronto per una riforma (delle riforma) della recente riforma (!) in quanto, come vedremo, il nuovo T.U. appare criticabile sotto diversi punti di vista.
La perenne emergenza della previgente normativa ambientale
In Italia la prima legge ambientale risale al 1966 (c.d. “legge antismog”): tuttavia, nei vent'anni successivi, la legislazione in materia ha continuato ad essere sporadica, episodica, e si potevano contare poche altre fonti in materia.
A partire dal 1986 – anno in cui è stato istituito il Ministero dell'Ambiente – le normative in campo ambientale sono aumentate in maniera esponenziale, fino ad arrivare alle troppe leggi, regolamenti, decreti dei giorni nostri.
Il tutto, occorre sottolinearlo, in assenza di un disegno unitario.
Le conseguenze non si sono fatte attendere:
- è aumentato il tasso di incertezza del diritto, causato dalla contraddittorietà e dalla frammentarietà della normativa ambientale, e dalle sua spiccata settorialità;
- è cresciuta la confusione nei rapporti fra le sue diverse fonti;
- si sono moltiplicate sovrapposizioni di precetti e conflitti di competenza (il cosiddetto “inquinamento legislativo”);
- spesso, dietro il prescritto rigore formale delle regole generali si nascondevano ampie possibilità di deroga e di sanatorie, anche a “dispetto” del diritto comunitario.
Figlia di un modo di legiferare perennemente emergenziale (continuamente prorogato), la confusa legislazione ambientale ha creato notevoli problemi operativi fra gli operatori del settore, ha influito negativamente sullo sviluppo economico del nostro Paese (frenandolo) e, soprattutto, ha impedito un’efficace tutela dell’ambiente.
Negli anni '90 del secolo scorso si è aperto un dibattito in dottrina, volto a trovare soluzioni efficaci per ridisegnare l'assetto della normativa in campo ambientale.
Due gli obiettivi di fondo:
1. garantire la piena conformità delle leggi ambientali alla normativa europea, anche alla luce degli interventi della Corte di Giustizia europea e, soprattutto,
2. definire quella disciplina unitaria e orizzontale, necessaria a garantire coerenza ed uniformità al un sistema sovraccarico di norme, sottoposte a continue modifiche.
Dal 1997 il Governo, avvalendosi delle deleghe legislative contenute nelle più recenti leggi comunitarie, ha sottoposto alcuni settori ad una significativa opera di riforma (ad es., il Decreto “Ronchi sulla gestione dei rifiuti”): tuttavia, questi tentativi hanno lasciato inalterato il problema della eccessiva proliferazione delle norme, e non sono riusciti a coordinare fra di loro i diversi interventi normativi, che non hanno superato la loro natura settoriale.
(continua)