(segue da) Ultima “puntata” dell’analisi dell’approfondita puntata di Report di domenica 13 aprile 2008, intitolata “Buon appetito!”
Il post precedente chiosava così: “il problema del cibo, e dell’agricoltura, non è, da noi, un problema di carenza: anzi nei paesi ricchi di cibo ce n’è fin troppo, tanto da dover essere gettato via… I prodotti che scadono, ad esempio, devono essere buttati via: in termini tecnici si dice che questi prodotti vengono valorizzati. Sono gli scarti, i rifiuti dei supermercati. Ma non di tutti".
I LAST MINUTE MARKET
Infatti...
Infatti esistono i c.d. “Last Minute Market”, “idea e pratica” nata alla fine degli anni 90: Andrea Segrè, Preside della Facoltà di agraria dell'Università di Bologna, in quel periodo ebbe occasione di calcolare gli sprechi medi che si perpetravano nella grande distribuzione.
Circa 170 tonnellate di cibo perfettamente consumabile, nei soli quattro supermercati che hanno aderito all'iniziativa...
E su scala nazionale?
Considerando tutte le tipologie distributive cash and carry, ipermercati, supermercati e piccoli dettaglio il potenziale quantità di beni alimentari recuperabili sono pari a 238.000 tonnellate, dice Sabina Morganti, di Last Minute Market.
Piero Riccardi fa due rapidi conti: “calcolando un valore medio per chilo di cibo recuperato di 3 euro e 70 centesimi, otteniamo uno spreco di 881 milioni di euro, che potrebbe sfamare 620 mila persone in un anno pari a 566 milioni di pasti all’anno. Sono cifre impressionanti, ma per noi tutto questo è solo il benessere”
Ma: perché tutto questo spreco?
Scarto fisiologico per la Grande Distribuzione, “spiega” Stefano Cavagna, direttore di un ipermercato a Bologna.
Ma lo scarto dei supermercati è solo il terminale di una catena che inizia dal campo.
Ma lo scarto, è davvero fisiologico?
I GAS - GRUPPI D'ACQUISTO SOLIDALI
Esistono, tuttavia, luoghi in cui, per fortuna, lo scarto non sanno neanche cosa sia...
L’azienda biologica Colombini a Pisa, ad esempio, che fa parte di una rete di GAS, Gruppi d’Acquisto Solidali, un gruppo di persone della zona che si uniscono e organizzano acquisti comuni, direttamente da un’azienda.
Come funziona?
Semplice.
Attraverso la programmazione delle semine.
Basta sfruttare internet: un sito, un forum di discussione dei progetti, e “il gioco è fatto”...
La scelta dei consumatori, dunque, “parte” dalla semina. Per quanto riguarda il prezzo, poi, i GAS cercano di mantenerlo, stabile, intorno all'euro e 70 centesimi al chilo, “indifferenziato” (stesso prezzo al chilo per tutti i prodotti).
“Nelle buste, carote, broccoli, fragole tutto ha lo stesso prezzo, tutto costa mediamente 1 euro e 70 al chilo e le carote industriali da 7 centesimi sembrano lontane anni luce, lontani anni luce gli sprechi nel campo, perché al contadino il prezzo non ripaga neppure la raccolta, gli sprechi nei mercati generali solo perché un gambo è un po’ appassito, e nei supermercati dove una retina di arance viene gettata nella spazzatura solo perché una è ammaccata, sembrano lontani anni luce con la loro inefficienza, i prezzi alti, gli imballaggi che costano più del prodotto e paiono fatti apposta solo per alimentare i termovalorizzatori.
Qui tutto funziona diversamente, i consumatori intervengono sul piano di semine, gli sprechi sono zero perché tutto quello che viene prodotto finisce nelle buste dei consumatori e per l’agricoltore non c’è nulla che non valga la pena di essere raccolto.
Tutto qui è efficiente ed economico, e tutto sembra così semplice”.
Stesso discorso vale per il latte: molti allevatori possono vendere direttamente, senza intermediari, il latte, perchè le loro mucche sono sane e alimentate con prodotti di qualità, certificati.
In questo modo guadagnano tutti.
I consumatori, che pagano meno il prodotto finale; il produttore, che può ricavare un prezzo giusto dal suo lavoro; e anche l’ambiente, perché lo spreco di imballaggi si abbassa drasticamente....
In Italia, precisa Piero Riccardi, “consumiamo 834.000 litri di latte al giorno, che significa 834.000 bottiglie di plastica e buste del latte in meno nei rifiuti ogni giorno, in pratica una montagna...”
CHILOMETRO ZERO
Sandra Chiarato, della Coldiretti Veneto, dice che “il chilometro zero fa pensare al protocollo di Kyoto, fa pensare comunque a una cosa a portata di mano, per cui i ristoratori hanno pensato giustamente di non pensare più a una cucina tipica, ma di pensare a una cucina a chilometro zero. Forse non abbiamo scoperto niente di nuovo, ma sicuramente abbiamo creato una coscienza, abbiamo creato un ombrello dove tutti sono andati a ripararsi e a creare anche una strategia di promozione, ma anche un credo, un credo nuovo, una scelta etica”.
In conclusione: serve un agricoltura migliore, rispettosa dell’ambiente, della sopravvivenza del nostro pianeta,dei cibi che produce non solo è possibile, ma si sta già realizzando.
Migliaia di agricoltori, allevatori ci stanno mettendo le loro competenze e la loro faccia.
Ma un vero cambiamento non è possibile senza le nostre scelte, di ciò che mettiamo sulle nostre tavole, di quello che mangiamo al bar, al ristorante, in mensa.
È vero, nessuno può impedire ad un supermercato di vendere delle fragole fuori stagione perché inquinano e hanno poche proprietà nutritive.
Ma noi possiamo non comprarle.
E cosa impedisce alle mense aziendali o scolastiche di cucinare pasti a chilometri zero?
Ippocrate, nel 400 a.c. diceva, e con qusto si chiude la puntata: "lascia che il cibo sia la tua medicina".
Il post precedente chiosava così: “il problema del cibo, e dell’agricoltura, non è, da noi, un problema di carenza: anzi nei paesi ricchi di cibo ce n’è fin troppo, tanto da dover essere gettato via… I prodotti che scadono, ad esempio, devono essere buttati via: in termini tecnici si dice che questi prodotti vengono valorizzati. Sono gli scarti, i rifiuti dei supermercati. Ma non di tutti".
I LAST MINUTE MARKET
Infatti...
Infatti esistono i c.d. “Last Minute Market”, “idea e pratica” nata alla fine degli anni 90: Andrea Segrè, Preside della Facoltà di agraria dell'Università di Bologna, in quel periodo ebbe occasione di calcolare gli sprechi medi che si perpetravano nella grande distribuzione.
Circa 170 tonnellate di cibo perfettamente consumabile, nei soli quattro supermercati che hanno aderito all'iniziativa...
E su scala nazionale?
Considerando tutte le tipologie distributive cash and carry, ipermercati, supermercati e piccoli dettaglio il potenziale quantità di beni alimentari recuperabili sono pari a 238.000 tonnellate, dice Sabina Morganti, di Last Minute Market.
Piero Riccardi fa due rapidi conti: “calcolando un valore medio per chilo di cibo recuperato di 3 euro e 70 centesimi, otteniamo uno spreco di 881 milioni di euro, che potrebbe sfamare 620 mila persone in un anno pari a 566 milioni di pasti all’anno. Sono cifre impressionanti, ma per noi tutto questo è solo il benessere”
Ma: perché tutto questo spreco?
Scarto fisiologico per la Grande Distribuzione, “spiega” Stefano Cavagna, direttore di un ipermercato a Bologna.
Ma lo scarto dei supermercati è solo il terminale di una catena che inizia dal campo.
Ma lo scarto, è davvero fisiologico?
I GAS - GRUPPI D'ACQUISTO SOLIDALI
Esistono, tuttavia, luoghi in cui, per fortuna, lo scarto non sanno neanche cosa sia...
L’azienda biologica Colombini a Pisa, ad esempio, che fa parte di una rete di GAS, Gruppi d’Acquisto Solidali, un gruppo di persone della zona che si uniscono e organizzano acquisti comuni, direttamente da un’azienda.
Come funziona?
Semplice.
Attraverso la programmazione delle semine.
Basta sfruttare internet: un sito, un forum di discussione dei progetti, e “il gioco è fatto”...
La scelta dei consumatori, dunque, “parte” dalla semina. Per quanto riguarda il prezzo, poi, i GAS cercano di mantenerlo, stabile, intorno all'euro e 70 centesimi al chilo, “indifferenziato” (stesso prezzo al chilo per tutti i prodotti).
“Nelle buste, carote, broccoli, fragole tutto ha lo stesso prezzo, tutto costa mediamente 1 euro e 70 al chilo e le carote industriali da 7 centesimi sembrano lontane anni luce, lontani anni luce gli sprechi nel campo, perché al contadino il prezzo non ripaga neppure la raccolta, gli sprechi nei mercati generali solo perché un gambo è un po’ appassito, e nei supermercati dove una retina di arance viene gettata nella spazzatura solo perché una è ammaccata, sembrano lontani anni luce con la loro inefficienza, i prezzi alti, gli imballaggi che costano più del prodotto e paiono fatti apposta solo per alimentare i termovalorizzatori.
Qui tutto funziona diversamente, i consumatori intervengono sul piano di semine, gli sprechi sono zero perché tutto quello che viene prodotto finisce nelle buste dei consumatori e per l’agricoltore non c’è nulla che non valga la pena di essere raccolto.
Tutto qui è efficiente ed economico, e tutto sembra così semplice”.
Stesso discorso vale per il latte: molti allevatori possono vendere direttamente, senza intermediari, il latte, perchè le loro mucche sono sane e alimentate con prodotti di qualità, certificati.
In questo modo guadagnano tutti.
I consumatori, che pagano meno il prodotto finale; il produttore, che può ricavare un prezzo giusto dal suo lavoro; e anche l’ambiente, perché lo spreco di imballaggi si abbassa drasticamente....
In Italia, precisa Piero Riccardi, “consumiamo 834.000 litri di latte al giorno, che significa 834.000 bottiglie di plastica e buste del latte in meno nei rifiuti ogni giorno, in pratica una montagna...”
CHILOMETRO ZERO
Sandra Chiarato, della Coldiretti Veneto, dice che “il chilometro zero fa pensare al protocollo di Kyoto, fa pensare comunque a una cosa a portata di mano, per cui i ristoratori hanno pensato giustamente di non pensare più a una cucina tipica, ma di pensare a una cucina a chilometro zero. Forse non abbiamo scoperto niente di nuovo, ma sicuramente abbiamo creato una coscienza, abbiamo creato un ombrello dove tutti sono andati a ripararsi e a creare anche una strategia di promozione, ma anche un credo, un credo nuovo, una scelta etica”.
In conclusione: serve un agricoltura migliore, rispettosa dell’ambiente, della sopravvivenza del nostro pianeta,dei cibi che produce non solo è possibile, ma si sta già realizzando.
Migliaia di agricoltori, allevatori ci stanno mettendo le loro competenze e la loro faccia.
Ma un vero cambiamento non è possibile senza le nostre scelte, di ciò che mettiamo sulle nostre tavole, di quello che mangiamo al bar, al ristorante, in mensa.
È vero, nessuno può impedire ad un supermercato di vendere delle fragole fuori stagione perché inquinano e hanno poche proprietà nutritive.
Ma noi possiamo non comprarle.
E cosa impedisce alle mense aziendali o scolastiche di cucinare pasti a chilometri zero?
Ippocrate, nel 400 a.c. diceva, e con qusto si chiude la puntata: "lascia che il cibo sia la tua medicina".