Le responsabilità della curatela fallimentare nella bonifica dei siti contaminati

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Contaminazioni storiche e fallimento: la curatela fallimentare deve mettere in sicurezza?

Cambiano i destinatari dell’obbligo di effettuare la messa in sicurezza di un’area, nel caso le contaminazioni storiche provochino, o meno, un rischio immediato per l’ambiente?

La domanda nasce spontanea, dopo che ad un curatore fallimentare un Comune brianzolo aveva ordinato di effettuare la messa in sicurezza di un’area, nonché di rimuovere i rifiuti posti sull’area dello stabilimento dell’impresa fallita.
Oltre al difetto di legittimazione passiva della curatela fallimentare, e all’incompetenza, la curatela fallimentare eccepiva il difetto di motivazione in merito ai rischi di contaminazione che legittimano l’emanazione dell’ordine di effettuare la messa in sicurezza.
Com’è possibile, infatti, dichiarare l’imminenza di un rischio grave, imminente ed irreparabile che legittimi il Comune ad adottare provvedimento, come quello impugnato nel caso di specie (sentenza del TAR Milano n. 408/2010, liberamente scaricabile dal sito di Natura Giuridica, per utenti registrati), quando è dal 1995 che lo stesso Comune diffida la proprietà ad effettuare le opere di messa in sicurezza senza mai provvedere all’esecuzione d’ufficio?


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Se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre

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Chiunque, nell’ambito dei procedimenti per l’autorizzazione alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili (in questo caso, impianti eolici), ha dei motivi per far valere il proprio dissenso, lo deve fare nell’ambito della Conferenza di servizi: della serie, se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre

In attuazione della direttiva comunitaria 2001/77/CE, e in ossequio a impegni internazionali e comunitari, finalizzati alla riduzione dell’inquinamento, anche mediante lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, il nostro legislatore ha varato, nel “lontano” 2003, il D.Lgs. n. 387.
Uno dei principi cardine del Decreto legislativo è quello volto alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.
In particolare, l’art. 12 del D.Lgs n. 387/2003, proprio per snellire l’iter, ha previsto un’autorizzazione unica, che sostituisce tutti i pareri e le autorizzazioni altrimenti necessari: la Conferenza di Servizi, in cui confluiscono le valutazioni di carattere paesaggistico, quelle relative alla esistenza di vincoli di carattere storico- artistico, ogni ordine di valutazione insomma.
Si tratta di un principio così importante che la Corte Costituzionale ha riconosciuto all’articolo 12 del D.Lgs n. 387 del 2003 valore di principio fondamentale, vincolante per le Regioni nella materia di legislazione concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione degli impianti di energia da fonte eolica.


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Terre e rocce da scavo: rifiuti o non rifiuti?

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Terre e rocce da scavo: rifiuti o non rifiuti? Questo è il problema.

Ipotizziamo di essere una società, alla quale un Comune ha ingiunto la rimozione e lo smaltimento dei materiali depositati sull’area di proprietà. Impugnamo l’atto, deducendo l’incompetenza e la violazione dell’art. 186 del Testo Unico Ambientale oltre all’eccesso di potere per travisamento, sviamento, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria.
Il Comune non si costituisce in giudizio, e il Tribunale dispone un’istruttoria, a cui l’amministrazione non ha dato direttamente seguito.
Una trama generica, certo, che andrebbe maggiormente contestualizzata (per un rapido excursus dei fatti, scarica gratuitamente, dalla sezione rifiuti del sito di Natura Giuridica, la sentenza del TAR Genova n. 3741/09, previa registrazione), ma tuttavia sufficientemente comune da poter essere sintetizzata così come fatto, al centro di un dibattito relativo alla rimozione delle terre e delle rocce sparse su un qualsiasi fondo, e della loro qualificazione giuridica come rifiuti (o no).

Cosa sono, dunque, dal punto di vista giuridico, le terre e rocce da scavo?



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La disciplina dei rifiuti di estrazione delle cave (dismesse o in esercizio)

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Qual è il futuro delle cave dismesse? Possono essere recuperate, o adibite a discariche? Se sì, in che modo? A quale disciplina devono essere assoggettati gli operatori del settore?

L’elenco delle domande che, spontanee, nascono nell’approcciarsi a tale spinoso argomento, potrebbe allungarsi all’infinito: in questa sede vediamo di far luce solo su questi aspetti, che rappresentano il punto di partenza per successivi approfondimenti a livello giuridico.

Dunque, c’è una società, che opera nel settore del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, che sostiene di aver preso in affitto, nel 2007, una cava di roccia calcarea, abbandonata da circa 25 anni, per procedere al recupero ambientale della stessa.


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Ruolo e responsabilità del curatore fallimentare nella bonifica dei siti contaminati

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Di recente, il TAR Firenze (sentenza n. 910/10, gratuitamente scaricabile sul sito Natura Giuridica, nella sezione bonifica dei siti inquinati, una volta  che ci si è registrati al sito) è tornato ad occuparsi delle posizione particolare che riveste il curatore fallimentare rispetto all'ordine di smaltimento dei rifiuti: in linea di principio, sottolinea il Collegio, i rifiuti prodotti dall'imprenditore fallito non costituiscono beni da acquisire alla procedura fallimentare e, quindi, non formano oggetto di apprensione da parte del curatore.

In ogni caso, posto che – a fondamento dell’obbligo di ripristino e messa in sicurezza conseguente alla contaminazione del suolo e dell’ambiente – il nostro ordinamento pone il principio della responsabilità, l'esercizio dei poteri è subordinato alla circostanza che il destinatario dell'ordine risulti responsabile dello smaltimento abusivo o dell’inquinamento, almeno a titolo di colpa, non potendosi configurare a suo carico una responsabilità di tipo oggettivo: di conseguenza, anche nei confronti del curatore fallimentare non è configurabile alcun obbligo ripristinatorio in ordine all'abbandono dei rifiuti “in assenza dell’accertamento univoco di un’autonoma responsabilità del medesimo conseguente alla presupposta ricognizione di comportamenti commissivi, ovvero meramente omissivi che abbiano dato luogo al fatto antigiuridico”.



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Aiuti ai Piccoli Comuni con il bando AmbientEnergia.

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Nei giorni scorsi, è stato presentato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo il bando AmbienteEnergia che si pone nella direzione di unire economia ed ecologia in un circolo virtuoso.

In particolare, il bando si rivolge a quegli Enti Pubblici, come per esempio i piccoli Comuni, che da soli non riuscirebbero a investire nelle nuove tecnologie in settori strategici come l'illuminazione pubblica - importante centro di costo per le Amministrazioni Locali - e la realizzazione di impianti fotovoltaici.

La posta in palio è costituita da mezzo milione di euro ed i beneficiari sono i piccoli comuni della Granda fino a 500 abitanti. Le realtà potenzialmente interessate sono circa 100. I progetti potranno essere presentati entro il 29 ottobre 2010.
La Fondazione CrC ha individuato 2 linee di intervento: uno per l'adeguamento delle linee di illuminazione pubblica, in modo da migliorare l'efficienza e ridurrre i consumi, mentre il secondo ambito è quello degli impianti fotovoltaici fino a un kilowatt a servizio di strutture ed edifici pubblici e comunali. 
L'idea di fondo è quella di unire progetti per il risparmio energetico a piani di ammortamento efficaci con l'obiettivo finale di una migliore disponibilità di risorse per le casse degli enti locali.
Ma come funzionerà?
A fine anno, verrà stilata una graduatoria dei progetti presentati. Saranno valutati gli aspetti tecnici ed economici, ma anche le valenze sociali (capacità dei progetti di integrare in modo virtuoso vantaggio economico, innovazione e tutela ambientale). L'iniziativa della Cassa di Risparmio si pone l'obiettivo ambizioso di sensibilizzare Cittadini e Amministratori di aree scarsamente popolate e potenzialmente marginali sul fatto che da un utilizzo intelligente delle nuove tecnologie (impianti da fonti rinnovabili come sole, vento, biomasse, acqua) possono derivare vantaggi per tutti.
I progetti approvati verranno finanziati e messi a regime entro il 2011. Per l'illuminazione pubblica il contributo della Fondazione potrà essere al massimo di 15.000 euro, fino al 50% dei costi ammissibili; viene dato un maggiore spazio al fotovoltaico, con erogazioni fino a 40.000 euro per arrivare a coprire fino all'80% dei costi.   


Fonte: La Guida del 30/07/10 "Un aiuto concreto ai piccoli Comuni" di F.B.