di Naide Della Pelle
Una domenica pomeriggio decido di interrogare la rete per capire qualcosa di più sullo stato dell’ambiente nella Regione Abruzzo.
La mia curiosità nasce dalla lettura di un articolo, apparso su “La Stampa” del 09 ottobre 2008, a proposito di un sorprendente documento sull’ambiente dei vescovi della diocesi di Abruzzo e Molise, nel quale si prende posizione nei confronti del progetto di costruire il Centro Oli di Ortona.
Il Centro Oli di Ortona in Abruzzo non è un frantoio, ma un centro di prima raffinazione del greggio estratto dalle colline ortonesi...
Rimango “esterrefatta” dal tono e dal contenuto della denuncia dei vescovi:
Sentiamo il dovere di farci voce delle paure del popolo di Ortona e della zona frentana per la costruzione di un centro di raffineria per l’idrosolfurizzazione del petrolio. Si tratta infatti di una attività industriale considerata tra le più inquinanti e devastanti per le risorse naturali del territorio circostante, con conseguenze anche gravissime sulla salute degli abitanti.
E mi sorge un dubbio, e molti interrogativi: com’è che la Chiesa sente il dovere di prendere posizione in modo così intenso e accorato?
Dove sono gli “interlocutori istituzionali” in materia ambientale come WWF e Legambiente, che di solito si fanno portavoce di queste esigenze?
Che peso hanno i loro documenti, i rapporti e le denunce nella determinazione della decisione politica?
Cercando qualche informazione in più, mi accorgo che, durante tutta l’estate 2008, diversi soggetti – Legambiente WWF e Corpo Forestale dello Stato - hanno messo in guardia la politica abruzzese sullo stato dell’Ambiente in Abruzzo, denunciando situazioni preoccupanti nelle quali, se da una parte si moltiplicano gli illeciti, come descritto nel rapporto annuale sulle ecomafie, dall’altro si moltiplicano gli sforzi per evitare che se ne parli, come viene riportato nell’articolo che ho tratto dal sito di Unimondo sull’aumento dei reati ambientali in Abruzzo, e come denuncia Prima Da Noi.
Le nostre (sono nata e cresciuta in Abruzzo) attività produttive, come la ricettività e le produzioni alimentari, potevano fregiarsi dell’etichetta “prodotto in Abruzzo, il polmone verde d’Italia”.
Invece di insistere su questa strada (che per esempio ha portato tanti e tanti soldi e benessere ai colleghi marchigiani), oggi vorremmo cambiare la vocazione di una regione intera sacrificando le coste al petrolio.
La sensazione che ho è che la situazione ambientale sia molto più preoccupante di come sembra, che noi abruzzesi siamo seduti su una specie di polveriera che potrebbe scoppiare tra meno di un anno, facendo piombare l’Abruzzo in un’emergenza simile a quella campana, ossia con molti progetti di inceneritori fermi ai blocchi di partenza e tanti, tanti rifiuti che vanno accumulandosi.
La raccolta differenziata ferma ai minimi, il progetto del Centro Oli che va avanti nonostante tutto (anche “nonostante la Chiesa”, e i tantissimi comitati spontanei di Abruzzesi che dicono no al progetto), l'enorme discarica abusiva di Bussi Popoli scoperta nel 2007 disegnano un panorama alquanto desolante.
Un’altra sensazione forte che ho è che i nostri politici siano abituati a governare in un contesto di controllo assoluto dei media: un modo di fare arcaico, che non sta più né in cielo né in terra, e che in passato è stato consentito dallo stato di arretratezza generale in cui versava la regione.
Questo scrollarsi di dosso le cose, il fare finta che sotto l’autostrada la terra sia sana, ormai è finito.
E’ finito proprio l’anno scorso...
Ma, in uno stato democratico, non dovrebbero essere i rappresentanti politici a farsi portavoce e a difendere i nostri interessi?
Se anche la Chiesa scende in piazza, forse si è accorta di quanto l’opinione pubblica abruzzese si sente, oltre che non rappresentata, calpestata...
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