(segue da)
Nel precedente post ho cominciato ad analizzare le prime due tappe dell’evoluzione della politica della Comunità europea in materia di danno ambientale (dal Trattato CEE al vertice di Stoccolma; dal vertice di Parigi all’Atto Unico europeo).
Oggi comincerò ad analizzare la terza fase, inauguratasi con l'entrata in vigore dell'Atto Unico Europeo il primo luglio del 1987, e protrattasi fino al Trattato di Maasticht.
In questa fase si è assistito alla proposta di direttiva comunitaria sui danni all'ambiente causati da rifiuti, alla Convenzione di Lugano e al Libro Verde sulla responsabilità civile per danno all'ambiente.
Questa fase, inoltre, ha segnato un importante punto di svolta: per la prima volta, infatti, è stata introdotta una espressa competenza della CEE in materia ambientale, mediante l'inserimento nel testo del trattato del titolo VII, dedicato all'ambiente.
Il quarto programma d'azione (1987/1992), oltre a ribadire obiettivi di tutela già contenuti nei precedenti programmi, lanciò il nuovo concetto dell'integrazione della politica ambientale con le altre politiche comunitarie, nell'intento di diffondere una maggiore convergenza di interessi e di comportamenti degli Stati membri, dell'opinione pubblica e di tutti i settori interessati nei confronti dei problemi ambientali.
In questo periodo, in sostanza, emerse l'esigenza di dettare delle regole uniformi, mediante le quali la comunità potesse affrontare in maniera più efficace i problemi ambientali, in considerazione dell'incapacità delle sole misure pubbliche di tipo preventivo, adottate da ciascuno stato, di scongiurare episodi di disastro ambientale, specie se imprevisti.
Inoltre, si cominciarono a prendere in considerazione, nell'ambito degli strumenti internazionali sul risarcimento del danno da determinate attività pericolose, profili economici e giuridici di danno all'ambiente, che non si esauriscono nelle conseguenze pregiudizievoli cagionate a cose o persone.
Il primo settembre 1989, la Commissione presentò al Consiglio dei Ministri della Comunità economica europea una proposta di direttiva sulla responsabilità per danni causati da rifiuti.
Per la prima volta venne affrontato, a livello comunitario, il problema della definizione di un regime di responsabilità per danno all'ambiente, che si aggiungeva a quello relativo ai danni (tradizionali) a persone e cose.
Le linee portanti della proposta possono essere sintetizzate così:
Mancava una qualsiasi previsione del risarcimento in termini monetari, sia nell'ipotesi in cui il ripristino della situazione ambientale preesistente all'evento lesivo fosse tecnicamente impossibile, sia in quella in cui, dall'evento di danno sino al momento del ripristino, fosse trascorso un periodo di tempo non irrilevante.
(continua)
Nel precedente post ho cominciato ad analizzare le prime due tappe dell’evoluzione della politica della Comunità europea in materia di danno ambientale (dal Trattato CEE al vertice di Stoccolma; dal vertice di Parigi all’Atto Unico europeo).
Oggi comincerò ad analizzare la terza fase, inauguratasi con l'entrata in vigore dell'Atto Unico Europeo il primo luglio del 1987, e protrattasi fino al Trattato di Maasticht.
In questa fase si è assistito alla proposta di direttiva comunitaria sui danni all'ambiente causati da rifiuti, alla Convenzione di Lugano e al Libro Verde sulla responsabilità civile per danno all'ambiente.
Questa fase, inoltre, ha segnato un importante punto di svolta: per la prima volta, infatti, è stata introdotta una espressa competenza della CEE in materia ambientale, mediante l'inserimento nel testo del trattato del titolo VII, dedicato all'ambiente.
Il quarto programma d'azione (1987/1992), oltre a ribadire obiettivi di tutela già contenuti nei precedenti programmi, lanciò il nuovo concetto dell'integrazione della politica ambientale con le altre politiche comunitarie, nell'intento di diffondere una maggiore convergenza di interessi e di comportamenti degli Stati membri, dell'opinione pubblica e di tutti i settori interessati nei confronti dei problemi ambientali.
In questo periodo, in sostanza, emerse l'esigenza di dettare delle regole uniformi, mediante le quali la comunità potesse affrontare in maniera più efficace i problemi ambientali, in considerazione dell'incapacità delle sole misure pubbliche di tipo preventivo, adottate da ciascuno stato, di scongiurare episodi di disastro ambientale, specie se imprevisti.
Inoltre, si cominciarono a prendere in considerazione, nell'ambito degli strumenti internazionali sul risarcimento del danno da determinate attività pericolose, profili economici e giuridici di danno all'ambiente, che non si esauriscono nelle conseguenze pregiudizievoli cagionate a cose o persone.
Il primo settembre 1989, la Commissione presentò al Consiglio dei Ministri della Comunità economica europea una proposta di direttiva sulla responsabilità per danni causati da rifiuti.
Per la prima volta venne affrontato, a livello comunitario, il problema della definizione di un regime di responsabilità per danno all'ambiente, che si aggiungeva a quello relativo ai danni (tradizionali) a persone e cose.
Le linee portanti della proposta possono essere sintetizzate così:
- la responsabilità civile venne canalizzata sul produttore dei rifiuti, il quale, oltre che dei danni alle persone e alle cose, era considerato responsabile delle lesioni all'ambiente, dal momento della produzione sino al momento dell'evento lesivo, indipendentemente dalla colpa, e quindi in stretta correlazione con il sistema della responsabilità oggettiva;
- il legislatore utilizzò la formula lesione (che deve essere persistente e rilevante) all'ambiente, intendendo così esprimere un istituto diverso dal danno alle persone ed ai beni;
- la proposta di direttiva - in relazione all'oggetto della richiesta di riparazione della lesione all'ambiente - dettò una disciplina speciale, in base alla quale i soggetti legittimati a promuovere l'azione contro l'illecito ambientale (i poteri pubblici e i gruppi o le associazioni di interesse collettivo) potevano richiedere il divieto preventivo o l'interdizione del fatto generatore delle lesioni all'ambiente, il rimborso del costo delle misure adottate per prevenirlo o per attenuarne la gravità, il ripristino dell'ambiente nello stato immediatamente precedente a quello determinato dalle lesioni, ovvero il costo sopportato per l'esecuzione di tale misura.
Mancava una qualsiasi previsione del risarcimento in termini monetari, sia nell'ipotesi in cui il ripristino della situazione ambientale preesistente all'evento lesivo fosse tecnicamente impossibile, sia in quella in cui, dall'evento di danno sino al momento del ripristino, fosse trascorso un periodo di tempo non irrilevante.
(continua)