Giusto ieri parlavo del fatto che l’Italia è incastrata nella sua disonestà…
Oggi – quando si dice “il caso” – mi sono trovato per caso a leggere questo articolo di Paola Severino, vice rettore della LUISS, dal titolo “Certezza del diritto e legalità la doppia sfida”, pubblicato sul Messaggero di sabato 24 maggio 2008.
Un articolo che riassume con efficacia una delle piaghe della nostra società, concausa di quella disonestà che paralizza l’intero paese…
Ve lo riporto integralmente, perché vale la pena leggerlo. Per pensare.
"I primi commenti politici e giornalistici al discorso del nuovo Presidente di Confindustria ne hanno messo in luce i punti di più immediato impatto sociale: la crescita zero, le scelte energetiche, il rapporto con i sindacati, il lavoro femminile, l'occupazione dei giovani, l'inaridimento delle fonti di ricerca. Ma accanto a questi vi sono almeno altri due temi, che è forse più difficile cogliere, ma che meritano di essere approfonditi.
Il primo è stato espresso con esemplare sinteticità da Emma Marcegaglia in una proposizione ferma e chiara: "La certezza del diritto è fondamentale. Non c'è mercato senza legge".
Si tratta di un argomento denso di implicazioni e di prospettive tuttora aperte ed irrisolte, poiché il risultato di presidiare l'economia con norme certe ed efficaci si può raggiungere solo attraverso una serie di articolati passaggi.
In primo luogo, una limitazione delle prescrizioni burocratiche che scandiscono la vita dell'impresa.
La burocrazia genera approfittamenti che sconfinano nella corruzione per chi vuole trovare comode scorciatoie.
La burocrazia produce ostacoli, il più delle volte inutili e formali, alla realizzazione degli scopi di impresa.
La burocrazia corrode l'efficienza e l'efficacia che devono connotare lo sviluppo del mercato.
La burocrazia genera sacche di potere cui non corrisponde alcun contenuto costruttivo, ma solo l'esercizio di una ottusa forza ostativa.
La burocrazia sopperisce alla incapacità dello Stato di svolgere controlli efficaci imponendo al cittadino di documentare e certificare fatti di cui proprio lo Stato che li richiede dovrebbe avere diretta cognizione.
In secondo luogo, una semplificazione ed una riduzione del numero delle leggi.
La stratificazione convulsa e disordinata di norme prive di coordinamento interno e sistematico genera uno stato di incertezza interpretativa in cui il governo dell'impresa diventa una traversata piena di pericoli e di incognite.
La difficile reperibilità di provvedimenti legislativi, sparsi nelle fonti più diverse, anziché raccolta in testi unici, determina il formarsi di una cultura da "legulei" che è incompatibile sia con la cultura d'impresa che con la cultura del giurista.
L'oscurità dei testi legislativi ed il loro intrecciarsi ed intersecarsi in un inestricabile groviglio generano incertezza nell'interpretazione del diritto e quindi nell'indicazione della corretta via al comportamento dell'imprenditore.
In terzo luogo, il recupero di efficienza della giustizia.
Appare ormai superfluo ripetere per l'ennesima volta che una sentenza emanata dopo anni di defatiganti rinvii non può soddisfare l'esigenza di giustizia di chi chiede l'applicazione della legge.
Se l'accertamento di un credito, il riconoscimento di un diritto di proprietà, il risarcimento di un danno richiedono anni di costoso processo, a quali rimedi sostitutivi potrà ricorrere l'imprenditore per non soccombere alla legge del più prepotente e spregiudicato?
Solo un Paese con poca burocrazia, con un numero limitato di leggi chiare e perentorie, con un sistema processuale efficiente, può presentarsi con concrete chances di successo alla sfida di un'economia ormai da tempo globalizzata.
Il secondo tema meritevole di approfondimento, strettamente connesso al primo, è quello del rispetto delle regole.
Un'impresa che opera nell'illegalità è un'impresa che, oltre a violare la legge, altera le regole della concorrenza e del mercato.
Essa sottrae infatti spazio, avvalendosi spesso di connivenze, favoritismi, finanziamenti irregolari, alle imprese che rispettano la legge.
E' proprio per questo che il forte richiamo di Confindustria ad una compatta reazione dall'interno, volta a fare terra bruciata intorno alle imprese illegali, può segnare una nuova tappa della lotta per la legalità.
Sono a tutti note le recenti iniziative, volte ad escludere da Confindustria quelle imprese che, assoggettandosi al pagamento del "pizzo", diventano conniventi con associazioni mafiose da cui si attendono protezioni o favori.
Si tratta di una forma di esecrazione e dissenso sociale che può diventare una potente arma per combattere l'illegalità ed isolare chi non rispetta le regole.
Solo un Paese in cui l'illegalità non è considerata "normale", in cui l'aggiramento delle regole non è considerato un vanto da "più furbi", in cui chi non rispetta la legge è socialmente condannato dai suoi concittadini, prima ancora che dal giudice, può riprendersi dalla profonda crisi, non solo economica, che lo attraversa, e riconquistare un ruolo adeguato alle sue tradizioni ed alla sua storia".
Via Il Messaggero
PS: ieri sera, a Exit, si parlava anche delle varie problematiche legate ai c.d. "sviluppatori", i furbetti che giocano sulle fonti rinnovabili (l'esempio di ieri sera riguardava l'eolico), generando un altro mostro, e alimentando, nell'oscurità, un meccanismo che non serve a nessuno, se non ai soliti.
Ma questo è un argomento che affronteremo in un altro post.
PS2: oggi 16 novembre 2011, Paola Severino è stata nominata dal Sen. Prof. Mario Monti Ministro della Giustizia.
Non posso che essere contento di questa scelta, e le parole postate più di tre anni e mezzo fa, all'indomani dell'insediamento a palazzo Chigi di mister B., sono una riprova del valore di questa donna.
Auguri
Oggi – quando si dice “il caso” – mi sono trovato per caso a leggere questo articolo di Paola Severino, vice rettore della LUISS, dal titolo “Certezza del diritto e legalità la doppia sfida”, pubblicato sul Messaggero di sabato 24 maggio 2008.
Un articolo che riassume con efficacia una delle piaghe della nostra società, concausa di quella disonestà che paralizza l’intero paese…
Ve lo riporto integralmente, perché vale la pena leggerlo. Per pensare.
"I primi commenti politici e giornalistici al discorso del nuovo Presidente di Confindustria ne hanno messo in luce i punti di più immediato impatto sociale: la crescita zero, le scelte energetiche, il rapporto con i sindacati, il lavoro femminile, l'occupazione dei giovani, l'inaridimento delle fonti di ricerca. Ma accanto a questi vi sono almeno altri due temi, che è forse più difficile cogliere, ma che meritano di essere approfonditi.
Il primo è stato espresso con esemplare sinteticità da Emma Marcegaglia in una proposizione ferma e chiara: "La certezza del diritto è fondamentale. Non c'è mercato senza legge".
Si tratta di un argomento denso di implicazioni e di prospettive tuttora aperte ed irrisolte, poiché il risultato di presidiare l'economia con norme certe ed efficaci si può raggiungere solo attraverso una serie di articolati passaggi.
In primo luogo, una limitazione delle prescrizioni burocratiche che scandiscono la vita dell'impresa.
La burocrazia genera approfittamenti che sconfinano nella corruzione per chi vuole trovare comode scorciatoie.
La burocrazia produce ostacoli, il più delle volte inutili e formali, alla realizzazione degli scopi di impresa.
La burocrazia corrode l'efficienza e l'efficacia che devono connotare lo sviluppo del mercato.
La burocrazia genera sacche di potere cui non corrisponde alcun contenuto costruttivo, ma solo l'esercizio di una ottusa forza ostativa.
La burocrazia sopperisce alla incapacità dello Stato di svolgere controlli efficaci imponendo al cittadino di documentare e certificare fatti di cui proprio lo Stato che li richiede dovrebbe avere diretta cognizione.
In secondo luogo, una semplificazione ed una riduzione del numero delle leggi.
La stratificazione convulsa e disordinata di norme prive di coordinamento interno e sistematico genera uno stato di incertezza interpretativa in cui il governo dell'impresa diventa una traversata piena di pericoli e di incognite.
La difficile reperibilità di provvedimenti legislativi, sparsi nelle fonti più diverse, anziché raccolta in testi unici, determina il formarsi di una cultura da "legulei" che è incompatibile sia con la cultura d'impresa che con la cultura del giurista.
L'oscurità dei testi legislativi ed il loro intrecciarsi ed intersecarsi in un inestricabile groviglio generano incertezza nell'interpretazione del diritto e quindi nell'indicazione della corretta via al comportamento dell'imprenditore.
In terzo luogo, il recupero di efficienza della giustizia.
Appare ormai superfluo ripetere per l'ennesima volta che una sentenza emanata dopo anni di defatiganti rinvii non può soddisfare l'esigenza di giustizia di chi chiede l'applicazione della legge.
Se l'accertamento di un credito, il riconoscimento di un diritto di proprietà, il risarcimento di un danno richiedono anni di costoso processo, a quali rimedi sostitutivi potrà ricorrere l'imprenditore per non soccombere alla legge del più prepotente e spregiudicato?
Solo un Paese con poca burocrazia, con un numero limitato di leggi chiare e perentorie, con un sistema processuale efficiente, può presentarsi con concrete chances di successo alla sfida di un'economia ormai da tempo globalizzata.
Il secondo tema meritevole di approfondimento, strettamente connesso al primo, è quello del rispetto delle regole.
Un'impresa che opera nell'illegalità è un'impresa che, oltre a violare la legge, altera le regole della concorrenza e del mercato.
Essa sottrae infatti spazio, avvalendosi spesso di connivenze, favoritismi, finanziamenti irregolari, alle imprese che rispettano la legge.
E' proprio per questo che il forte richiamo di Confindustria ad una compatta reazione dall'interno, volta a fare terra bruciata intorno alle imprese illegali, può segnare una nuova tappa della lotta per la legalità.
Sono a tutti note le recenti iniziative, volte ad escludere da Confindustria quelle imprese che, assoggettandosi al pagamento del "pizzo", diventano conniventi con associazioni mafiose da cui si attendono protezioni o favori.
Si tratta di una forma di esecrazione e dissenso sociale che può diventare una potente arma per combattere l'illegalità ed isolare chi non rispetta le regole.
Solo un Paese in cui l'illegalità non è considerata "normale", in cui l'aggiramento delle regole non è considerato un vanto da "più furbi", in cui chi non rispetta la legge è socialmente condannato dai suoi concittadini, prima ancora che dal giudice, può riprendersi dalla profonda crisi, non solo economica, che lo attraversa, e riconquistare un ruolo adeguato alle sue tradizioni ed alla sua storia".
Via Il Messaggero
PS: ieri sera, a Exit, si parlava anche delle varie problematiche legate ai c.d. "sviluppatori", i furbetti che giocano sulle fonti rinnovabili (l'esempio di ieri sera riguardava l'eolico), generando un altro mostro, e alimentando, nell'oscurità, un meccanismo che non serve a nessuno, se non ai soliti.
Ma questo è un argomento che affronteremo in un altro post.
PS2: oggi 16 novembre 2011, Paola Severino è stata nominata dal Sen. Prof. Mario Monti Ministro della Giustizia.
Non posso che essere contento di questa scelta, e le parole postate più di tre anni e mezzo fa, all'indomani dell'insediamento a palazzo Chigi di mister B., sono una riprova del valore di questa donna.
Auguri