Smart working: una miniguida se si sta pensando di richiederlo o di sceglierlo

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Questo articolo è una miniguida sullo smart working o lavoro agile, scritta non solo sulla base della mia esperienza personale ma attingendo anche alle esperienze di amici e colleghi smart worker come me. Certo non pretende di essere esaustiva, ma potrebbe essere utile per chi sta pensando di optare per questa scelta.

L'ultimo post scritto su questo blog, a maggio scorso, parlava del destino dello smart working, ed oggi ricomincio a scrivere sul naturagiuridica.blogspot.com parlandovi proprio di smart working.
Il motivo è che domani entra in vigore la disciplina che regolerà il lavoro agile per i dipendenti pubblici, sia fin tanto che vige lo stato di emergenza (recentemente prorogato al 31 dicembre 2021), sia nella normalità futura.

In questi mesi di pandemia da Covid19, il lavoro agile è stato lo strumento che ha permesso a molte persone di continuare a lavorare, mandando avanti "da remoto" le più svariate attività. 
Nel mio caso personale, durante il primo ed il secondo lockdown, la percentuale di ore lavoro in smart working ha raggiunto il 100% perché non potevo più spostarmi per raggiungere i clienti, specialmente se fuori regione. 
Prima della pandemia, lo smart working era praticato da un ristretto numero di persone, e prima ancora da pochissime persone, ed una di queste ero io: sono uno smart worker da oltre 15 anni


Ma che cosa vuol dire esattamente essere uno smart worker? 

Innanzi tutto, vuol dire ritagliare uno spazio dedicato al lavoro all'interno del proprio domicilio; durante l'orario di lavoro dobbiamo evitare che quello spazio sia invaso da qualsiasi distrazione come figli da accudire o amici che bussano alla porta e, soprattutto in previsione di "call" e riunioni varie, occorre presentarsi davanti al video con un aspetto ordinato, come se fossimo nella nostra sede di lavoro. 

Significa anche però sdoganare le ciabatte sotto la scrivania, la pausa caffè un pochino più calma e dolce, circondati dalle proprie mura domestiche. Vuol dire anche avere a disposizione una giornata più lunga, per lavorare e non solo, poiché restano a disposizione anche le ore normalmente dedicate agli spostamenti casa - lavoro; come conseguenza di ciò, potremo vedere drasticamente diminuire le spese dedicate al carburante ed alla manutenzione della macchina (anche se la batteria dell'auto potrebbe riservarci qualche scherzo se la teniamo troppo ferma...). 
E la produttività? I primi dati sono stati recentemente pubblicati, ma sono ancora controversi: si parla di un aumento della produttività fino al 13%, ma persiste una certa opinione che vede di malocchio il dipendente pubblico in smart working, perché si pensa che non lavori quanto dovrebbe.
Per essere uno smart worker non troppo stressato d'altronde occorre acquisire una certa auto-disciplina: vi deve essere una scansione delle attività durante la giornata, una separazione tra ore di lavoro ed ore di svago o dedicate alla vita familiare: quando i bimbi e il coniuge tornano a casa, sarebbe importante dedicarsi completamente a loro, e non avere un occhio e un orecchio protesi verso il proprio dispositivo.


Smart Cities?

Con la diffusione capillare dello smart working dovuta ai lockdown, le città sono diventate più  silenziose, gli spostamenti in auto sono diventati più agili ed il cielo è ritornato un pochino più limpido, ma coloro che gestiscono le attività di ristorazione veloce, bar e simili, o altri servizi, come per esempio i parcheggi, hanno perso di colpo la propria clientela. 

Inoltre, a chi non è mai capitato di fare un giro di shopping appena usciti dall'ufficio, o incontrare gli amici per l'aperitivo! Ecco, un fattore che spesso viene citato poco quando si parla di smart working è il senso di solitudine: dopo gli scambi di mail, chat e telefonate con i colleghi ed i capi, a fine giornata ci si ritrova soli davanti al dispositivo spento. Lavorando in smart warking è fondamentale ritagliarsi nuovi momenti di socialità, che siano per esempio il ritorno fra le mura dell'ufficio per un paio di giorni alla settimana, o una capatina al bar sotto casa, tanto per praticare "relazioni sociali vere", off line. 


Cos'è per me essere smart worker?

Ho scelto di essere uno smart worker per vivere e lavorare nello stesso luogo, un luogo che ho scelto insieme alla mia famiglia per soddisfare le nostre esigenze (abitare in un posto piccolo, non congestionato da traffico e rumore, con tanto verde), e per ottenere più tempo da dedicare a "vivere", senza l'incubo di passare ore e ore imbottigliato nel traffico.

Con la pandemia, a me è capitato di veder aumentare molto il mio lavoro perché mi è stato chiesto di scrivere moltissimi articoli sui cambiamenti che la pandemia ha prodotto nell'ambito, per esempio, della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, per non parlare di ciò che è seguìto alla crisi pandemica: il varo del PNRR e la transizione ecologica... e ciò ha determinato anche la mia latitanza come blogger!

Appartengo cioè a quella platea di lavoratori, molto fortunati, che con l'avvento della pandemia hanno visto incrementata la propria attività, ma sappiamo che molti sono stati assai meno fortunati, perché ricoprono ruoli e mansioni che sono incompatibili con lo smart working ed anche per questo durante i lock down hanno dovuto fermarsi, con gravi danni economici.

Lo smart working del dopo-pandemia

Lo smart working del futuro sarà probabilmente regolamentato da un contratto di lavoro ad hoc, dove saranno concordate da lavoratore e datore di lavoro le modalità del suo svolgimento (le tecnologie, i tempi di lavoro al desk, di reperibilità, ecc) , gli obiettivi da raggiungere, i livelli di produttività ed i progetti che dovranno essere realizzati nel periodo di smart working. 
Lo smart working diventerà una scelta di vita certo, non verrà imposto nell'ambito di misure anti-contagio, ma è comunque una scelta che va attentamente ponderata: sia se va fatta presente e concordata con il proprio datore di lavoro, sia se si vuole svolgere da casa un'attività autonoma, perché non tutti siamo uguali, non tutti lavoriamo nella stessa maniera, non a tutti si addice lo smart working!