Quale sarà il destino dello smart working dopo l'estate? Il ricorso allo smart working è fortemente condizionato all'andamento della pandemia sotto un duplice punto di vista: nella fase emergenziale è stato esteso il più possibile laddove la tipologia di lavoro lo consentiva; nella fase post emergenza entrerà a far parte in modo più stabile e regolato della vita lavorativa di molte persone, perché non ritorneremo alla vita com'era prima del Covid19 in un batter d'ali: ci vorrà del tempo ed in questo tempo alcune abitudini dovranno necessariamente cambiare.
A fine luglio terminerà la fase di emergenza dello smart working in cui è di fatto sospesa l’applicazione della legge sul lavoro agile, la n. 81 del 2017. Ciò significa che dal 1° agosto sarebbe necessario stipulare un accordo individuale che regoli lo smart working per ciascun dipendente, anche nel caso in cui sindacato e impresa siglino un accordo aziendale a fare da cornice.
La proroga è arrivata a fine aprile, dopo il tavolo che il ministro del Lavoro ha tenuto con le Parti sociali, e permette alle aziende di far ricorso allo smart working senza dover sottoscrivere un accordo individuale, come invece previsto dalla legge n. 81 del 2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato).
Tuttavia, la possibilità concreta di estendere la proroga oltre l’estate e fino al 30 settembre non nasce solo per rendere possibile l’allineamento al possibile raggiungimento dell’immunità di gregge, in seguito all’attuazione del piano vaccinazioni, ma anche per dare alle imprese un tempo adeguato per disciplinare il lavoro agile post emergenza, quando per continuare lo smart working sarà necessario disciplinare il lavoro agile con i dipendenti, senza l’«ombrello» della normativa emergenziale.
E arrivano i mobility manager...
Di certo però a regolare l’uso dello smart working nelle grandi città, con l'obieettivo di gestire il traffico ed evitare assembramenti, ci saranno molti mobility manager, che avranno il compito di rendere le città più vivibili almeno per quanto riguarda i tempi di vita e di lavoro: nei prossimi giorni — ha annunciato il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile — sarà approvato un decreto insieme al ministro della Transizione Ecologica che introduce l’obbligo del mobility manager anche per le città con più di 50 mila abitanti, per le aziende con oltre 100 dipendenti e per la pubblica amministrazione.
L'incognita della regolamentazione
Nel frattempo, al tavolo con le Parti Sociali, il Governo ha preso l’impegno di verificare la possibilità di introdurre strumenti di incentivazione e di estendere la proroga allo smart working fino al 30 settembre.
Nel decreto sulle riaperture dello scorso 26 aprile è contenuta la proroga dello stato di emergenza fino al 31 luglio, decisione che ha conseguenze anche sulla durata dello smart working. La normativa sul lavoro agile emergenziale è stata già prorogata da fine aprile a fine luglio e con ogni probabilità verrà prorogata al 30 settembre.
Come molti hanno sottolineato in questi giorni, difficilmente a ottobre avremo l’immunità di gregge, per cui il rientro al lavoro dovrà tenere ancora conto di una situazione in cui in ufficio potrebbero entrare persone non vaccinate. In alcune aziende americane si sta introducendo una premialità in busta paga per chi si vaccina, un modo per incentivare una sorta di «immunità di gregge aziendale».
È in questo contesto sanitario che anche le aziende italiane stanno facendo le loro valutazioni.
Sul tavolo resta anche un’incognita legata alla regolamentazione. Le parti sociali non ritengono necessaria una revisione della legge sul lavoro agile oggi in vigore, ma soprattutto i sindacati ritengono che dovrebbe essere incentivata la contrattazione aziendale e di categoria.
Un’ipotesi in campo è la definizione di un protocollo nazionale sullo smart working firmato dalle parti sociali, sul modello di quello sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma al momento il confronto non è nemmeno iniziato.
Come si orientano i diversi settori del mondo del lavoro che hanno dovuto fare ricorso allo smart working?
Le telecomunicazioni sono per propensione naturale il settore dove lo smart working strutturale si sta diffondendo con maggiore velocità. Le principali compagnie telefoniche continueranno a fare ricorso in maniera sistematica allo smart working (p.e. Ericsson che ha prorogato fino a ottobre 2023 lo smart working per il 100% della popolazione aziendale, incluso i tre centri di ricerca in Italia e le organizzazioni di mercato, impegnate nell’implementazione delle reti 5G su scala nazionale. Tutti potranno lavorare da casa per 12 giorni al mese). Sono già stati stipulati diversi accordi accordi aziendali e per quanto riguarda i call center si sta lavorando a un accordo quadro di settore tra Asstel e i sindacati che introduca un modello ibrido.
Un caso particolare resta quello delle banche, dove appare imprescindibile il rapporto di consulenza alla clientela tutto centrato sulla relazione personale. In vista di ottobre bisognerà negoziare un nuovo equilibrio tra lavoro in sede e lavoro da casa, ma potrebbe non essere un’operazione semplice: il sindacato maggioritario della categoria non è favorevole allo smart working di massa perché può diventare l’anticamera dell’esternalizzazione di alcune funzioni.