Un passo indietro: le opposte verità
Senza avere alcuna pretesa di esaustività, nel presente
paragrafo sono stati riassunti i principali motivi della contesa, al fine di
cercare di capire di cosa si sente parlare, a proposito di TTIP, un accordo
commerciale con gli Stati Uniti con il quale – nelle intenzioni della UE – si
intendono aiutare i cittadini e le imprese grandi e piccole attraverso l’apertura
degli USA alle imprese dell'UE, la riduzione degli oneri amministrativi per le
imprese esportatrici, la definizione di nuove norme per rendere più agevole ed
equo esportare, importare e investire oltreoceano.
Le principali critiche rivolta al trattato da parte del fronte
dello “STOP-TTIP” riguardano:
-
la tutela ambientale acquisita […]
-
il clima;
-
l’ingerenza dell’industria e delle multinazionali, che a
differenza dei cittadini hanno avuto fin da subito “garanzie sulla possibilità
di partecipare ai processi decisionali[5]”;
-
la sicurezza alimentare.
-
i cosmetici;
-
la chimica;
-
il cibo e il vino (occorre difendere le eccellenze
agroalimentari tradizionali dell’UE per il benessere dei consumatori, dei
produttori e degli animali, e difendere le economie dei territori, ambiente e
biodiversità);
-
il nodo delle cause ai Governi: infatti, i detrattori del TTIP
sostengono che c’è il rischio che una multinazionale o un grande investitore
possa citare uno Stato, per esempio ritenendo una nuova legge lesiva dei suoi
interessi, con il paradossale effetto di veder applicate ad uno Stato sanzioni
pecuniarie come “risarcimento” alle grandi imprese che fanno causa, e al
contempo vedere l’applicazione delle norme alle PMI (solitamente europee: di
qui l’accusa di subalternità agli USA).
Dal canto loro, i fautori del TTIP sostengono che:
-
per quanto riguarda la sicurezza alimentare – cuore del
negoziato – occorre guardare all’enorme potenziale che si aprirebbe per cibi e bevande europee.
Gli USA, infatti, “penalizzano ancora alcuni prodotti con dazi
proibitivi (ben il 140 per cento, per esempio, sul comparto lattiero-caseario)
[…] senza contare i tempi di autorizzazione per la vendita sul mercato
statunitense: le pesche dell’Ue attendono da 12 anni[6]”;
-
la carne agli ormoni è questione fuori dalla sfera negoziale,
dal momento che “il TTIP potrà rivedere dazi, barriere non tariffarie che
riguardano la sola carne senza ormoni, che pure si produce negli Stati Uniti[7]”;
-
in relazione ai cosmetici […]
-
una migliore cooperazione fra UE e USA nei prodotti chimici
eviterebbe alle aziende costi, spesso molto alti, causati dalle diverse regole;
-
con oltre 1.500 fra Dop, Igp e Stg (specialità tradizionale
garantita), l’UE è l’angolo del pianeta che più protegge qualità e tipicità
della tavola; senza i dazi imposti alle specialità tipiche, secondo i pro TTIP, ci sarebbero nuove occasioni
per l’export, tanto più per il «made
in Italy»;
-
le «corti commerciali», in caso di divergenze fra aziende e
governi nazionali, eviterebbero la lunga trafila della giustizia ordinaria e
spese onerose.
Se facessimo un elenco, anche sintetico, di coloro che
rivendicano il loro “no” al TTIP, ci si accorgerebbe non solo che ci sono
personaggi che, in altre circostanze, e su altri temi, sono su posizioni
diametralmente opposte, ma anche che, volendo limitare l’analisi al classico
schema “destra-sinistra”, si assiste ad una sorta di ribaltamento fra il fronte
dei riformisti e quello dei conservatori: a dimostrazione del fatto che –
superato lo “scoglio” ideologico – i suddetti personaggi sono alla costante
ricerca di “nemici” nuovi (e contingenti) a discapito dei contenuti.
<< Il TTIP:le ragioni (e i torti) del si e del no
<< Il TTIP:le ragioni (e i torti) del si e del no
[5]
Greenpeace, cit.
[6]
http://www.panorama.it/economia/ttip-le-ragioni-del-si-e-del-no/#gallery-0=slide-3
[7] http://tinyurl.com/TTIP-si