L' assoggettabilità degli impianti fotovoltaici all'ICI

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L'assoggettabilità o meno degli impianti fotovoltaici al pagamento dell'ICI (imposta comunale sugli immobili) rappresenta un importante aspetto tributario relativo alle fonti energetiche rinnovabili, sul quale permane una notevole incertezza, causata sia dalla controversie interpretative fra Agenzia del territorio e Agenzia delle Entrate, sia dalle contradditorie sentenze dei giudici pronunciatisi in merito. In questa sede tratteremo della querelle tra le 2 agenzie.

La questione (che può essere posta in questi termini: l'impianto costituisce un bene mobile, dunque non soggetto a ICI, oppure è un bene immobile, e per questo non soggetto all'imposta?) è quanto mai stringente perché l'attuale incertezza riguarda l'azione amministrativa stessa delle 2 agenzie, gli investitori in energie rinnovabili, l'azione dei Giudici Amministrativi, presso cui vengono ad aprirsi in contenziosi e, non da ultimo, i Comuni nei quali quegli stessi impianti sono collocati, che si trovano alla perenne ricerca di fonti di finanziamento, dato il progressivo venire meno dei trasferimenti statali.

In estrema semplificazione, la discussione parte dalla definizione di bene immobile: un bene risulta immobile perché inamovibile da un bene immobile (un terreno, un fabbricato) nel quale è inserito, oppure è immobile perché privo dell'integrazione con il supporto immobile (di nuovo, il terreno o il fabbricato), o dell'integrazione fra le parti stesse che lo compongono?

Il tutto può essere affrontato con esiti diametralmente opposti se si pensa ad un impianto energetico domestico (dotato di un numero di parti componenti minore rispetto ad un omologo di maggiori dimensioni), diciamo sotto o attorno ai 20 kw,  oppure ad un impianto di potenza superiore. Nel primo caso, l'amovibilità - quanto meno teorica - è fattibile e senza costi economici aggiuntivi eccessivi (posso quindi pensare ai pannelli sul tetto di un condominio come un bene mobile), mentre risulta difficile pensare di poter spostare, se non a fronte di costi economici ingenti, un intero parco fotovoltaico da un terreno ad un altro!

Altra questione è la connessione o meno dell'impianto alla rete elettrica nazionale: nel caso di un grande impianto connesso alla rete elettrica può configurarsi un interesse pubblico, e dunque un'esenzione dall'imposta ICI? Questa è l'interpretazione, innovativa, del Consiglio Nazionale del Notariato, di cui parlo in seguito.
L'Agenzia delle Entrate fa peraltro notare che la destinazione urbanistica di un terreno su cui viene ospitato un impianto fotovoltaico non è destinata a cambiare per il fatto stesso di ospitare l'impianto: se era agricolo, o edificabile, rimane comunque tale...

L'occasione per affrontare questo argomento è data dall'attesa (che si trascina da diverso tempo) della pubblicazione di una circolare congiunta delle 2 agenzie volta a far chiarezza proprio in relazione agli aspetti prima evidenziati.


Nel frattempo, la questione è stata affrontata dal CNN, il Consiglio Nazionale del Notariato, con due studi: il 35-2011/T e il 221-2011/C.
L'argomento è stato affrontato dal punto di vista civilistico, partendo dalla definizione di bene immobile.
La nozione di “bene immobile” è dettata dall’art. 812 c.c., il quale dispone che “sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”. Al secondo comma è poi precisato che “sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione”. Tutti gli altri beni sono mobili.
Il Consiglio Nazionale del Notariato ha classificato le centrali fotovoltaiche (impianti di grandi dimensioni e di potenza complessivamente superiori ai 20 kW) nella categoria dei beni immobili in quanto l’eventuale precarietà dell’elemento materiale dell’ancoraggio al suolo è compensata da considerazioni attinenti al profilo funzionale.
Le centrali fotovoltaiche non possono essere classificate come beni mobili dal momento che per funzionare non possono prescindere dal collegamento col territorio che le ospita (ove avviene l’integrazione tra i diversi elementi dell'impianto e il loro allacciamento alla rete elettrica nazionale).

Forse però si dimentica che moltissimi contratti hanno quasi sempre una durata di vent'anni: tant'è, allo stato attuale sono in corso degli studi per capire come salvaguardare la fertilità dei terreni agricoli in vista di un loro ri-utilizzo dopo i 25/30 di funzionamento dell'impianto fotovoltaico ivi installato. 

Sotto l'aspetto fiscale, invece, il CNN ha inteso interpretare i grandi impianti allacciati alla rete elettrica nazionale come assimilati agli impianti di interesse pubblico, e pertanto non assoggettati al pagamento dell'ICI, precisando che i lastrici solari, ove sono inseriti i piccoli impianti destinati prevalentemente ai consumi domestici, possiedono la stessa natura dell’edificio cui appartengono, dichiarando la loro astensione dal pagamento dell'ICI.

Rispetto alla qualificazione dell'impianto, si dibatte, dicevamo, tra la posizione dell'agenzia del Territorio che – in virtù della stabile connessione con il suolo – lo considera un bene immobile (risoluzione 3/T/2008) e quella dell'agenzia delle Entrate (circolari 46/E/2007, 112/E/2009 e 38/E/2008) che, continua a ribadire la tesi della natura di beni mobili degli impianti fotovoltaici perché "si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando, per riutilizzare il bene in un altro contesto, con le medesime finalità, debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento".

Sul versante dell'accatastamento degli impianti fotovoltaici, la diatriba riguarda anche l'applicazione della categoria catastale: la D/10 è utilizzabile qualora la produzione di energia abbia uno dei requisiti indicati nella circolare 32/E/2008 dell'Agenzia delle Entrate ed è la categoria catastale normalmente proposta dagli operatori al momento della richiesta di accatastamento di impianti installati su serre; per contro, l'agenzia del Territorio ritiene corretta la categoria D/1, con conseguente rettifica della categoria catastale proposta e, quasi inevitabile, successivo contenzioso tributario.

L’Agenzia del Territorio, infatti, con la risoluzione n. 3/2008, nell’affrontare la classificazione e determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche a pannelli fotovoltaici (in modo specifico agli impianti fotovoltaici di grande potenza, i cosiddetti parchi fotovoltaici realizzati allo scopo di produrre energia da immettere e vendere alla rete elettrica nazionale), aveva ritenuto di poter fare riferimento per analogia alla prassi (consolidata e suffragata anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione) in merito alle turbine delle centrali elettriche, facendo pertanto rientrare anche questi impianti nella categoria D/1 – Opifici.  In definitiva, nel caso di accatastamento nella categoria D/1, l’impianto è da assoggettare all’imposta.

Contrariamente, non avrebbero autonoma rilevanza catastale, e costituirebbero semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di fabbricato ospitanti impianti di produzione di energia aventi modesta potenza e destinati prevalentemente ai consumi domestici.

L’Agenzia delle entrate ha assunto un diverso approccio, attribuendo supremazia al concetto di autonomia funzionale.
Nella circolare n. 46/E del 2007, infatti, ha affermato che "un impianto fotovoltaico posizionato su un terreno non costituisce un manufatto infisso al suolo, dal momento che è possibile rimuovere agevolmente i suoi moduli componenti per spostarli in un altro sito, mantenendo inalterata la loro funzionalità".
Non è possibile, pertanto – diversamente da quanto sostenuto dall’agenzia del territorio – ravvisare quella stretta complementarietà con l’unità immobiliare che comporterebbe l’assoggettamento al tributo dell’impianto, oltre che del terreno. Ai fini fiscali, precisa l'agenzia, la costruzione di un impianto fotovoltaico non comporta un’automatica variazione della destinazione urbanistica del terreno ospitante l’impianto stesso. In particolare, "si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando, per riutilizzare il bene in un altro contesto, con le medesime finalità, debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento".

Se sul tema della qualificazione immobiliare dell'impianto fotovoltaico dovrebbe essere l'agenzia delle Entrate a modificare la propria posizione fino a farla collimare con quella del Territorio (considerando beni immobili solo gli impianti di potenza elevata), sul tema della categoria catastale attribuibile agli impianti montati su serre dovrebbe invece essere il Territorio a convergere verso la posizione delle Entrate fino a sposare la tesi di cui alla citata circolare 32/E/2008, con conseguente indirizzo agli uffici di abbandonare la riclassificazione della rendita proposta se sussistono i requisiti richiesti dalla citata circolare.
In effetti, la tendenza sembra essere quella di distinguere tra i piccoli impianti fotovoltaici, destinati in prevalenza a utilizzi domestici e che, anche fiscalmente, non hanno una propria autonomia reddituale e non devono quindi essere autonomamente accatastati, potendo al limite solo incidere sulla rendita attribuibile al fabbricato di cui costituiscono pertinenza, e le centrali o parchi fotovoltaici, per i quali l'energia prodotta è destinata alla vendita, suscettibili come tali di un'autonoma redditività e, pertanto, soggetti ad accatastamento alla stregua di beni immobili.
Il criterio, sostanzialmente, è dato dalla potenza dell'impianto stesso e da una soglia, quella di 20kw, utilizzata dall'Agenzia delle Entrate per determinare le regole di imposizione fiscale degli impianti fotovoltaici, mantenendo le agevolazioni per privati ed enti non commerciali appunto fino alla potenza di 20 kw.

Se fosse risolto una volta per tutte il problema dell'accatastamento per i piccoli impianti si otterrebbe una semplificazione notevole, che confinerebbe eventuali giudizi "caso per caso" ai soli impianti di grande taglia.

Fonti:
Andrea Quaranta, Fonti rinnovabili di energia. Guida teorico-pratica agli incentivi giuridici, economici e fiscali, Flaccovio Editore, in pubblicazione per febbraio 2012.
Anna Bruno, Ici su impianti fotovoltaici pubblicato su Nextville-approfondimenti il 10 ottobre 2011
Paolo Vignando, Fotovoltaico: allo studio una circolare congiunta, pubblicato su Il Sole 24 ore