La manovra finanziaria e la lotta alle rinnovabili: l'art 45

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Nel post precedente ("La manovra finanziaria vuole uccidere le rinnovabili"), ho riassunto per sommi capi ciò che rappresentano i certificati verdi, nell’ambito degli incentivi alle fonti rinnovabili, e ciò che l’esecutivo, in mezzo ad altri scempi giuridici, sta portando avanti, in particolare con l'ultima manovra finanziaria (DL 78/2010) : l'attuazione dell' art 45 del D.L. n. 78/2010, infatti, minerebbe un meccanismo, quello dei certificati verdi, che in qualche modo funziona e garantisce, grazie al riacquisto di quelli invenduti da parte del Gse, che il loro prezzo non possa scendere oltre una certa soglia. Il non riacquisto dei certificati in eccesso farebbe venir meno la sicurezza dei ricavi da parte di chi investe.

Tutto ciò sembra fatto a bella posta per distruggere quel poco di buono che finora è stato lentamente fatto nel nostro paese per incentivare le energie rinnovabili. Mi chiedo, retoricamente, che pensare, che dire di quest’ultima trovata dell’attuale esecutivo..

Tutto il male possibile, ovviamente, al di là di quelle parole da perenne propaganda, contenute nella relazione, di cui vi ho parlato nel post precedente.

Propaganda populista bella e buona, che vorrebbe farci credere che i cittadini ci guadagnano…

Come al solito, un discorso miope, cieco direi, che, a volerlo giustificare (arrampicandosi sugli specchi, fra mille difficoltà oggettive) sarebbe quantomeno auspicabile venisse fatto per qualsiasi argomento, e non solo quando fa comodo: perché non parlare in modo corretto, ad esempio, dei soldi che vanno nelle tasche dei soliti noti (i petrolieri), e incidono comunque sulla nostra bolletta?

Perché non ricordare il ruolo del CIP-6 per le fonti assimilate, bestemmia giuridica per premiare (chissà per quale motivo, poi) chi non solo non investe nel futuro sostenibile, ma continua a perpetrare scempi ambientali in base a logiche vecchie ed ottuse?
In quel caso, forse che i cittadini ci guadagnano, o pagano di meno?

Al di là di queste prime (e trite, ritrite, per certi versi, ma evidentemente non abbastanza, se il nostro legislatore continua a muoversi in questa direzione) osservazioni, sorge spontanea una domanda: perché quando si parla di sacrifici, come in questo periodo, non si fanno discorsi seri (non: seriosi), integrati, lungimiranti, e quindi con un obiettivo finale (possibilmente ambizioso) da raggiungere?

Se sacrifici devono essere (e sacrifici devono essere, anche se ci siamo arrivati grazie alle scellerate politiche ambientali dei decenni passati, tutt’altro che sostenibili, politiche ora riproposte quasi dagli stessi soggetti, che tuttavia si presentano immacolati), almeno che siano sensati, mirati.
Che servano a qualcosa, “Giuda ballerino”!

E, soprattutto, che puniscano chi in quel futuro migliore, che tali sacrifici si propongono di dare, non ci crede neanche un po’.
O, quanto meno, non puniscano chi, invece, in un futuro multi-sostenibile ci crede.

La battaglia è già iniziata, e sul sito di greenbiz sono riportate alcune delle proposte di emendamenti trasversali all’obbrobrio rappresentato dall’art. 45 del D.L. n. 78/2010.

Chi scrive sa benissimo che parlare di incentivi alle rinnovabili rappresenta un terreno insidioso, perché esistono incentivi e incentivi, e spesso chi vuole confondere le idee (come è stato fatto, in parte qua, nella citata relazione), non comunica la grande differenza che intercorre fra:
  • un giusto, e dovuto incentivo (i certificati verdi),
  • un incentivo che poteva aver senso, magari in un’altra misura, con altre modalità e per/con altri tempistiche (il conto energia per il fotovoltaico, a conti fatti l’unico stimolo, nel nostro paese, alla diffusione più o meno capillare, più o meno a macchia di leopardo, dei pannelli fotovoltaici nel nostro paese, in realtà assomiglia più ad un sussidio assistenzialistico, che ad una parte di un progetto di più ampio respiro e di ampie vedute, integrato con una crescita di tutta una filiera tecnologica italiana…)
  • un incentivo non dovuto, perverso, dato a chi a tutto pensa, tranne che al nostro futuro sostenibile.
Con l’unico risultato di fare di tutta l’erba un fascio, e mandare al macero, nella migliore delle ipotesi, qualsiasi cosa fatta e, nella peggiore, come nel caso di specie, proprio solo quello che doveva essere salvato.

A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, diceva – e continua a dire – il vecchio Andreotti.
Vuoi vedere che questi tagli non siano propedeutici al finanziamento del nucleare?
A meno che, ovviamente, anche di questo finanziamento, colui che promuove a spada stratta il nucleare, non sapesse niente…

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Natura Giuridica di Andrea Quaranta: Studio di Consulenza legale Ambientale.

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