Nel post “Interpretazione del diritto: come districarsi fra leggi e sentenze” mettevo in guardia il lettore sulle enormi difficoltà di destreggiarsi nei meandri del diritto ambientale, dovute, in gran parte alla mancanza di normative integrate, chiare, autorevoli, figlie del clima di perenne emergenza, che conduce il nostro legislatore a rincorrere quasi sempre l’ultima improrogabile necessità di “mettere ordine” al caos da lui stesso generato.
Ordine che, se sarà, in mancanza di programmazione, coerenza e lungimiranza, sarà comunque temporaneo…
Di recente, un altro esempio di “fretta legislativa” – come dimostrano le modalità con le quali si è provveduto alla sua "approvazione" – è quello che ha visto l’approvazione della legge sulla privatizzazione dell’acqua, spacciata come panacea dei mali della gestione della risorsa idrica.
Su questo tema così delicato ed importante avrò modo di tornare nei prossimi giorni.
Oggi volevo cominciare a parlarvi di un altro esempio del confuso “sistema” di legiferare.
Oggi volevo cominciare a parlarvi di un altro esempio del confuso “sistema” di legiferare.
Il “settore”, questa volta, è quello relativo alle bonifiche dei siti contaminati: il tema specifico, quello dell’omessa bonifica.
Chi viene punito, se viene punito, e per cosa? Per l’inquinamento causato, o per non aver proceduto alla bonifica?
Che cos’è l’omessa bonifica?
Qual è la “portata temporale” delle norme sulla bonifica?
Ho cercato di dare una risposta a questi interrogativi in un articolo pubblicato sul n. 10 della rivista Ambiente & Sviluppo, edita da IPSOA.
Di seguito, riporto alcuni stralci.
Ma procediamo con ordine.
Come sapete, quello che per comodità espositiva viene (pomposamente) chiamato Testo Unico Ambientale, in materia di omessa bonifica, pur avendo apportato all’art. 51-bis del “decreto Ronchi” modifiche tutt’altro che formali, ha mantenuto la criticata formulazione iniziale, in base alla quale “chiunque cagiona l’inquinamento […] è punito […] se non provvede alla bonifica”.
Cosa ha voluto (e cosa vuole) dire, il legislatore, con questa formula (non magica….)?
In sostanza: è punito:
a) l’inquinamento, a condizione che non si sia provveduto alla bonifica o, invece,
b) l’omessa bonifica?
Non si tratta di una domanda oziosa, da “parrucconi” del diritto, che non sapendo bene cosa fare si riuniscono in conciliaboli oscuri per parlare in modo criptico di problemi di cui non importa nessuno.
Le conseguenze di tale mancanza di certezze giuridiche non sono di poco conto dal punto di vista pratico:
a) nel primo caso, infatti l’illecito non si perfeziona fintanto che non si verifica l’omessa bonifica;
b) nel secondo, invece, il reato si è già perfezionato, e viene escluso solo l’assoggettamento a pena, ma non anche l’applicazione di misure di sicurezza, come la confisca dell’area inquinata.
Ma non è finita qua: optare per una soluzione interpretativa o l’altra ha delle precise “influenze” anche sull’efficacia della funzione premiale connessa alla bonifica – stimolo (nel primo caso) o impedimento (nel secondo) – e sull’estensione (o meno) della responsabilità penale ai concorrenti estranei alla riparazione.
Dulcis in fundo: l’art. 257 del D.Lgs. n 152/06 ha previsto che l’osservanza dei progetti approvati (vale a dire: la bonifica) costituisce una condizione di non punibilità….
In pratica: un modo “forbito” e subdolo di condonare anche l’inquinamento...
Molti commentatori, infatti, hanno messo in evidenza il reale, sotteso interesse del Governo in materia sanzionatoria:
“prevedere un evidente condono permanente che elimina alla radice ogni deterrenza della sanzione penale e costituisce oggettivamente un incentivo all’inquinamento”...
(continua con: "Le norme penali possono essere retroattive?")