Sul Sole 24 Ore di oggi, martedì 20 maggio 2008 è stata pubblicata una “Lettera” del Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, intitolata “Una politica ecologica del sì”.
Il titolo, devo ammetterlo, mi è piaciuto, perché penso che i continui, e aprioristici, veti siano, comunque, nella migliore delle ipotesi vanagloriosi……
E devo ammettere che leggendo la prima parte della lettera-articolo sono anche rimasto piacevolmente colpito, sia per la posizione contraria all’accorpamento del Ministero dell’Ambiente con quello delle Infrastrutture, sia per aver detto che occorre puntare su fonti energetiche rinnovabili (nonostante, ahimè, fra le righe si legga che si tratta di una scelta…obbligata, più che di un progetto in cui crede…) sia, infine, per il fato di aver sottolineato che occorre una politica ambientale del dialogo, del sì, che sappia però anche dire come……
Mi lascia perplesso, invece, la parte finale, in cui afferma che “da eco-liberale quale mi sento, ritengo che termovalorizzatori e rigassificatori, strade e autostrade, ponti (e penso soprattutto, da siciliana, al Ponte per eccellenza, quello sullo Stretto di Messina) vadano fatti, trovando le soluzioni meno invasive, facendo tutte le verifiche e le analisi ma in tempi definiti, che diano a chi programma un investimento la certezza di una decisione, quale che sia, entro una data precisa e ravvicinata”…
Va bene ridurre i templi biblici, già oggetto di una breve analisi nelle pagine di questo blog, va bene una politica ambientale integrata (anche del sì…ma anche del no, quando occorre…) decisa e decisionista, ma continuare ad insistere con la “Storia del Ponte”, accennare distrattamente a “soluzioni meno invasive”, fino ad arrivare, sostanzialmente, a “sacrificare” il bene ambiente e la salute dei cittadini in nome di una non meglio precisata “decisione, quale che sia”, non mi sembra, per un verso, auspicabile e, per altro, consona al ruolo che dovrebbe rivestire il Ministro dell’Ambiente.
Che tale deve rimanere, senza pericolosi accorpamenti, come ahimè avvenuto nel caso della Sanità.
Di seguito riporto alcuni stralci della lettera-articolo
"Caro direttore, […] credo che non sarebbe stato opportuno accorpare l'Ambiente con altri dicasteri; concordo invece in pieno con l'esigenza di chiarezza. Ritengo infatti che ricondurre le questioni ambientali, in tutta la loro complessità, a una semplice pertinenza delle Infrastrutture sarebbe stato il risvolto speculare di quella "politica dei no" che anche io non condivido e gli elettori, mi pare, hanno condannato, cancellando i Verdi dal Parlamento.
La questione ambientale non può, a mio avviso, essere relegata a effetto collaterale delle altre politiche del "fare". È una posizione che mi sembra riduttiva in tempi in cui la comunità internazionale si interroga seriamente su cosa le economie industrializzate, e quelle in via di (galoppante) sviluppo, possono fare per contribuire alla salute del nostro pianeta.
[…]
Il nostro Paese ha la peculiarità di dipendere quasi totalmente dall'estero per l'energia. Puntare su fonti energetiche alternative e rinnovabili, se il prezzo del petrolio continuerà a crescere come tutto lascia credere, da noi più che un'opzione sarà una necessità. E bisogna far presto perché altrimenti, in tempi relativamente brevi, il costo dell'energia in Italia, già elevato rispetto ai Paesi concorrenti, sarà tale da rendere le nostre produzioni economicamente improponibili sul grande mercato globale.
[…]
Credo quindi che si debbano avviare politiche ambientali capaci di dire sì, ma anche come. Politiche capaci di progetto. Progetto energetico, di tutela, ma anche di comportamenti virtuosi diffusi, e culturale. Progetto da condividere con la società civile e con il mondo imprenditoriale.
Il programma di governo del Pdl indica già chiaramente alcune scelte a breve, medio e lungo termine: «Incentivi alla diversificazione, alla cogenerazione, all'uso efficiente di energia, alle fonti rinnovabili: dal solare al geotermico, dall'eolico alle biomasse, ai rifiuti urbani; realizzazione dei rigassificatori già autorizzati; partecipazione ai progetti europei di energia nucleare di ultima generazione».
Ciò detto, da "eco-liberale" quale mi sento, ritengo che termovalorizzatori e rigassificatori, strade e autostrade, ponti (e penso soprattutto, da siciliana, al Ponte per eccellenza, quello sullo Stretto di Messina) vadano fatti, trovando le soluzioni meno invasive, facendo tutte le verifiche e le analisi ma in tempi definiti, che diano a chi programma un investimento la certezza di una decisione, quale che sia, entro una data precisa e ravvicinata.
Il che vuol dire anche ripensare i meccanismi di governance delle decisioni strategiche nazionali perché se c'è stato l'ambientalismo del no, c'è anche, ed è fortissimo, anche il localismo del no.
[…]"
Per leggere l’articolo integrale, clicca qui.
Il titolo, devo ammetterlo, mi è piaciuto, perché penso che i continui, e aprioristici, veti siano, comunque, nella migliore delle ipotesi vanagloriosi……
E devo ammettere che leggendo la prima parte della lettera-articolo sono anche rimasto piacevolmente colpito, sia per la posizione contraria all’accorpamento del Ministero dell’Ambiente con quello delle Infrastrutture, sia per aver detto che occorre puntare su fonti energetiche rinnovabili (nonostante, ahimè, fra le righe si legga che si tratta di una scelta…obbligata, più che di un progetto in cui crede…) sia, infine, per il fato di aver sottolineato che occorre una politica ambientale del dialogo, del sì, che sappia però anche dire come……
Mi lascia perplesso, invece, la parte finale, in cui afferma che “da eco-liberale quale mi sento, ritengo che termovalorizzatori e rigassificatori, strade e autostrade, ponti (e penso soprattutto, da siciliana, al Ponte per eccellenza, quello sullo Stretto di Messina) vadano fatti, trovando le soluzioni meno invasive, facendo tutte le verifiche e le analisi ma in tempi definiti, che diano a chi programma un investimento la certezza di una decisione, quale che sia, entro una data precisa e ravvicinata”…
Va bene ridurre i templi biblici, già oggetto di una breve analisi nelle pagine di questo blog, va bene una politica ambientale integrata (anche del sì…ma anche del no, quando occorre…) decisa e decisionista, ma continuare ad insistere con la “Storia del Ponte”, accennare distrattamente a “soluzioni meno invasive”, fino ad arrivare, sostanzialmente, a “sacrificare” il bene ambiente e la salute dei cittadini in nome di una non meglio precisata “decisione, quale che sia”, non mi sembra, per un verso, auspicabile e, per altro, consona al ruolo che dovrebbe rivestire il Ministro dell’Ambiente.
Che tale deve rimanere, senza pericolosi accorpamenti, come ahimè avvenuto nel caso della Sanità.
Di seguito riporto alcuni stralci della lettera-articolo
"Caro direttore, […] credo che non sarebbe stato opportuno accorpare l'Ambiente con altri dicasteri; concordo invece in pieno con l'esigenza di chiarezza. Ritengo infatti che ricondurre le questioni ambientali, in tutta la loro complessità, a una semplice pertinenza delle Infrastrutture sarebbe stato il risvolto speculare di quella "politica dei no" che anche io non condivido e gli elettori, mi pare, hanno condannato, cancellando i Verdi dal Parlamento.
La questione ambientale non può, a mio avviso, essere relegata a effetto collaterale delle altre politiche del "fare". È una posizione che mi sembra riduttiva in tempi in cui la comunità internazionale si interroga seriamente su cosa le economie industrializzate, e quelle in via di (galoppante) sviluppo, possono fare per contribuire alla salute del nostro pianeta.
[…]
Il nostro Paese ha la peculiarità di dipendere quasi totalmente dall'estero per l'energia. Puntare su fonti energetiche alternative e rinnovabili, se il prezzo del petrolio continuerà a crescere come tutto lascia credere, da noi più che un'opzione sarà una necessità. E bisogna far presto perché altrimenti, in tempi relativamente brevi, il costo dell'energia in Italia, già elevato rispetto ai Paesi concorrenti, sarà tale da rendere le nostre produzioni economicamente improponibili sul grande mercato globale.
[…]
Credo quindi che si debbano avviare politiche ambientali capaci di dire sì, ma anche come. Politiche capaci di progetto. Progetto energetico, di tutela, ma anche di comportamenti virtuosi diffusi, e culturale. Progetto da condividere con la società civile e con il mondo imprenditoriale.
Il programma di governo del Pdl indica già chiaramente alcune scelte a breve, medio e lungo termine: «Incentivi alla diversificazione, alla cogenerazione, all'uso efficiente di energia, alle fonti rinnovabili: dal solare al geotermico, dall'eolico alle biomasse, ai rifiuti urbani; realizzazione dei rigassificatori già autorizzati; partecipazione ai progetti europei di energia nucleare di ultima generazione».
Ciò detto, da "eco-liberale" quale mi sento, ritengo che termovalorizzatori e rigassificatori, strade e autostrade, ponti (e penso soprattutto, da siciliana, al Ponte per eccellenza, quello sullo Stretto di Messina) vadano fatti, trovando le soluzioni meno invasive, facendo tutte le verifiche e le analisi ma in tempi definiti, che diano a chi programma un investimento la certezza di una decisione, quale che sia, entro una data precisa e ravvicinata.
Il che vuol dire anche ripensare i meccanismi di governance delle decisioni strategiche nazionali perché se c'è stato l'ambientalismo del no, c'è anche, ed è fortissimo, anche il localismo del no.
[…]"
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