Ambiente & Sviluppo n. 4/2008 e Lexambiente: vi segnalo un mio articolo in materia di tutela delle acque nel Testo Unico Ambientale

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Sul sito Lexambiente, a cura di Luca Ramacci, è stato pubblicato, in formato pdf, mio articolo, intitolato “Secondo decreto correttivo del T.U.A.: i ritocchi sulla tutela delle acque”, uscito sulla rivista Ambiente & Sviluppo, Ipsoa n. 4/2008.

Il punto da cui sono partito è costituito dal fatto che, all’indomani dell’entrata in vigore del c.d. “Testo Unico Ambientale”, sono state numerose le critiche rivolte al Governo per il metodo utilizzato nell’approvazione (che, ingenuamente, allora si pensava) “definitiva” della annunciata riforma ambientale (basti considerare che sul TUA sono già intervenuti due “correttivi”, e sono già stati presentati altri DDL di ulteriore riforma di un progetto nato con ben altre ambizioni…di tutela ambientale, efficienza, efficacia e stabilità…)

E pungenti sono stati i commenti relativi ai contenuti di una normativa che – lungi dall’apportare al più che frammentato sistema normativo ambientale italiano almeno una ventata semplificatoria – non ha risolto i gravi problemi in cui, da anni, si dibatte il nostro Paese, incapace di dotarsi di una normativa ambientale seria, coordinata ed efficace, al fine di contrastare le sempre più drammatiche “emergenze” ambientali.

In particolare, con riferimento alle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche, è stato sottolineato che le novità introdotte – volte alla sistematica riorganizzazione di tutta la legislazione in materia, e presentate dal Governo “fra loro fortemente interconnesse e consequenziali”:
  • da un lato hanno rappresentato vere e proprie ingerenze dell'apparato statale tese alla marginalizzazione del ruolo delle Regioni e delle Autonomie locali ben oltre il dettato costituzionale, e
  • dall’altro, non si sono limitate semplicemente a inserire “profili correttivi di istituti che negli anni di vigenza delle attuali disposizioni, avevano manifestato elementi di criticità o suscitato controversie interpretative e problematiche applicative", come sostenuto dall’allora Governo.
Le successive vicende, come vi preannunciavo, hanno confermato la precarietà di tali scelte, ed evidenziato, di conseguenza, la necessità di un cambio di rotta:
  • dopo un primo, conciso decreto correttivo (D.Lgs 284/07, relativo al regime riguardante i distretti idrografici e il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche), e
  • in seguito alle ben note vicende estive (un “veniale” “incidente di percorso”, dovuto alle imperiture sbadataggini burocratiche, nel procedimento di approvazione del secondo decreto correttivo…),
  • il 29 gennaio u.s. è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs n. 4/2008, con il quale il legislatore delegato ha portato a compimento l’iter di approvazione del secondo decreto legislativo recante ulteriori disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs n. 152/06, che ha riguardato, inter alia, la parte III del c.d. “T.U.A.”.
Senza entrare nel “dettaglio tecnico”, per il quale vi rimando alla lettura dell’articolo integrale, vorrei qui evidenziare le considerazioni finali che, alla luce dell’analisi svolta, portano, direi inevitabilmente, ad affermare che anche il secondo decreto correttivo si inserisca nel bailamme della ruspante politica (non solo…) ambientale nostrana, che neanche il Testo Unico Ambientale – presentato in pompa magna come prima opera di riordino, semplificazione e coordinamento dell’intricata selva di leggi e leggine – è riuscito a snellire.

Certo, alcune delle disposizioni ivi contenute si muovono, positivamente, nel senso di riportare, da un lato, la disciplina nei binari faticosamente costruiti nel corso degli anni – attraverso successive elaborazioni, soprattutto giurisprudenziali, che hanno contribuito, almeno in parte, a far ordine nella complessa ed affastellata normativa in materia – e di specificarne, dall’altro, il contenuto.


Tuttavia non mancano aspetti criticabili – che riguardano, in particolare, la definizione di acque reflue industriali, i criteri di assimilabilità dei liquami di allevamento alle acque reflue urbane, l’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato – che rappresentano un passo indietro rispetto ai (peraltro già esigui) progressi che il “testone” aveva avviato.

Non penso che si tratti di esprimere un giudizio sulla bontà o meno (o…“più o meno”…) della ennesima riforma (della riforma…): non credo sia utile né tantomeno serio, effettuare la somma algebrica degli aspetti positivi e di quelli negativi, sopra delineati, per giustificare, o condannare, in toto, le modifiche,
sull’onda della sterile contrapposizione ideologica.
Specie quando, come nel caso, si deve affrontare il più ampio problema della riforma del diritto dell’ambiente

Il problema, tuttora irrisolto sta altrove, e riguarda:
  • l’inefficacia e l’approssimazione della “tecnica legislativa”;
  • la miopia delle scelte contingenti;
  • la scarsa disponibilità a cercare una composizione degli interessi in gioco e
  • l’incapacità di trovare delle soluzioni condivise e sostenibili…
Insomma, il problema è insito nell’assenza di un chiaro disegno politico, capace di programmare con coerenza e affidabilità il governo dell’ambiente, di farci uscire dal pantano del “provvisorio” in cui troviamo e di offrire una prospettiva diversa e di più ampio respiro per il futuro.

Sono questi – insieme ad una generale presa di coscienza delle problematiche ambientali, troppo spesso utilizzate come “spauracchio” per dividere anz
iché rendere consapevoli – i principali nodi da affrontare, e risolvere, prima di qualsiasi velleità riformatrice.

Altrimenti, il rischio è quello di perseverare a mettere delle “pezze” qua e là, ma di lasciare irrisolto il problema della resistenza e della qualità del “tessuto” legislativo originario (il c.d. T.U.A.)

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