#SbloccaItalia: tanto rumore per nulla

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Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nel decreto #SbloccaItalia, svolta nei seguenti post: 
  • Le novità ambientali contenute nello #SbloccaItalia: il dissesto idrogeologicodissesto idrogeologico
  • Le novità ambientali contenute nello #SbloccaItalia: le semplificazioni in materia edilizia 
  • #SbloccaItalia:misure nel settore energetico, idrocarburi, gas naturale 
scopriamo che, in realtà, l’ultimo remake normativo emergenziale, straordinario o eccezionale che dir si voglia, non è diverso da quello originale, anche se forse qualcosa è cambiato a livello di comunicazione, come già evidenziato ne "La politica ambientale ai tempi di twitter".

Una nuova comunicazione che, tuttavia, non risolve i problemi: tanto rumore per nulla. 

Per fare solo qualche esempio, ci sono novità soltanto annunciate (terre e rocce da scavo).
Altre che consistono in proroghe concesse per l’adozione di atti i cui termini di scadenza erano già abbondantemente scaduti (conto termico).
Altre ancora la cui “visione strategica” lascia molto perplessi (le norme sull’incenerimento e quelle sulla trivellazione), senza contare che non sono state recepite nel D.Lgs n. 133/14 quelle poche buone cose che il testo uscito dal Consiglio dei ministri del 29 agosto 2014 conteneva . 

Anche in materia di dissesto idrogeologico qualcosa è stato fatto, ma il punto è che, ancora una volta, il nostro legislatore è intervenuto dopo. Dopo un altro disastro, dopo altre vittime, dopo i fiumi di denaro spesi nella gestione dell’emergenza, dopo tanto tempo e, soprattutto, sull’onda dell’“emotività” della politica e dell’opinione pubblica. 

Il risultato di questo modo di intervenire è la produzione schizofrenica di norme scoordinate, confuse, liberamente interpretabili che, spesso, introducono principi generali o anche deroghe, eccezioni e rinvii a futuri decreti attuativi che chissà quando vedranno la luce e che, per questo, stentano ad avere concrete ricadute pratiche. 

In definitiva, ci sono troppe norme inutili, mentre di quelle utili o non si parla, o quando lo si fa il tono è sempre è soltanto quello di chi si limita a reclamare bei principî, senza tuttavia renderli operativi. 

Due esempi su tutti, strettamente connessi al dissesto idrogeologico


Il primo concerne la bozza sulle “linee strategiche”per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio che il ministero dell’ambiente aveva inviato al CIPE nel 2012, nella quale si poneva, fra l’altro, la fine di marzo 2013 come orizzonte temporale massimo entro il quale il Governo avrebbe dovuto adottare un disegno di legge per l’introduzione, nel nostro ordinamento, di un’assicurazione obbligatoria per la copertura dei rischi connessi agli eventi climatici estremi a carico di beni e strutture di proprietà pubblica e privata. 
Un testo la cui adozione tuttavia è stata procrastinata dalla travagliata nascita del Governo delle “larghe intese”, che ha fatto finire questo provvedimento, come tanti altri, nel calderone delle “larghe attese”. 
E pensare che si tratta di un argomento di primaria importanza, non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello, strettamente correlato, economico. 


Il secondo, invece, riguarda il disegno di legge di contenimento del suolo e di riuso del suolo edificato (stop alla cementificazione a tutti i costi), che ha avuto il “via libera” dal Consiglio dei Ministri esattamente un anno fa, il 13 dicembre 2013: una normativa di cui si sentiva sicuramente la mancanza e per la quale il legislatore ha emanato poco più di una minimale messa in scena. 
Non è questa la sede per spiegare i tecnicismi e i ragionamenti giuridici sottesi a questa affermazione; occorre tuttavia segnalare che spesso le parole del nostro legislatore suonano più come una rassicurazione che come il nucleo di una strategia e, l’ipotizzata legge sul contenimento dell’uso del suolo, più che una normativa di riforma economico e sociale, appare per quello che è: un insieme disorganico di parole, che per quanto belle rimangono inutili, se non concretizzate – tanto da chiedersi che senso abbia colmare un vuoto normativo con una normativa vuota. 


Forse basterebbero soltanto un po’ di impegno e di pragmatica buona volontà ad ogni livello dell’amministrazione e della cittadinanza, senza aspettare i lunghi tempi di un placet normativo: basti pensare agli esempi virtuosi dei Comuni di Cassinetta di Lugagnano e di Recco, anche se in questo secondo caso le vicende successive (l’amministrazione comunale virtuosa non è stata riconfermata al successivo appuntamento elettorale) insegnano che occorre prevedere, oltre alle parole e ai conseguenti fatti, anche un’opera paziente, ma immediata, di sensibilizzazione e di autorevolezza politica.

In altre parole, occorre passare dall’astrattezza di certe parole alla concretezza della volontà dei fatti, per porre fine all’andirivieni tipico di questo inutile gioco dell’oca, ed arrivare al traguardo finora soltanto pronunciato, ma mai realmente sperato, di vivere in un ambiente antropizzato e (ma) a misura d’uomo.