Spesa alla spina: la rivoluzione consapevole del consumo

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Una volta, prima ancora che si cominciasse a parlare di raccolta differenziata, e che il c.d. “decreto Ronchi” dettasse le “prime regole” per la gestione dei rifiuti e degli imballaggi, c’era, appunto, la sana abitudine – quando si andavano a comprare le bevande, prime fra tutte il latte – di portarsi dietro il vuoto a rendere, che potremmo definire l'antenato della più moderna spesa alla spina.
Il vuoto a rendere era un semplice sistema di gestione, dei consumi e degli sprechi, che permetteva di limitare l'impatto della nostra presenza sull’ambiente; un sistema sintomatico di un certo modo di rapportarsi con la natura.
Con il tempo, tuttavia, per un misconosciuto senso che ci porta a complicare sempre le cose (un errato concetto di efficienza, divenuto troppo simile a quello di approvvigionamento e consumo veloce dei beni, che ci ha portato a sacrificare la sostenibilità ambientale dei nostri acquisti), abbiamo mandato in soffitta questo strumento, sostituito dalla spasmodica ricerca di un rapido consumo fine a se stesso, caratterizzato dall’usa e getta, che non permette più di innestare nel processo di acquisto - e consumo - di un prodotto la fase di riciclo dell'imballaggio.
E quello che era uno dei sistemi di gestione del viver civile si è trasformato in un problema di gestione dei rifiuti.
Non è questa la sede per approfondire le problematiche connesse alle mille sfaccettature e alle difficoltà pratiche che si incontrano nella gestione (che dovrebbe essere integrata) dei rifiuti (urbani, industriali, speciali, pericolosi, non pericolosi, ingombranti, elettrici ed elettronici, …): voglio invece porre l’accento su un “nuovo” modo di consumare, figlio forse più delle ristrettezze economiche che di una chiara coscienza ambientale, che può tuttavia costituire un’ottima base sulla quale far rinascere una nuova consapevolezza sociale ed ambientale, cambiando l’attuale paradigma di insostenibilità.

Mi riferisco alla c.d. “spesa alla spina”, un nuovo modello di consumo critico (nei confronti della società dei consumi usa e getta), ecocompatibile, e sostenibile anche per le tasche delle famiglie (perché permette di acquistare il contenitore una sola volta o addirittura di riciclarlo, riducendo l'impatto ambientale dei rifiuti “da imballaggio” e contemporaneamente abbattendo i costi sostenuti dal consumatore per il packaging dei prodotti).

Si tratta di una “novità che sapevamo già”: una presa di coscienza che finalmente sembra diffondersi rapidamente, come testimoniato dai blog dedicati (Abagnomaria, Ecoblog, Ecoalfabeta, per citarne solo alcuni...)
e, soprattutto, dalle sempre più numerose e mirate iniziative imprenditoriali.

Come quella relativa alla distribuzione del latte (con numerosi punti self service, alcuni “addirittura” ad energia solare), ai detersivi (Ecologos, Mille Bolle),

ai cereali, anche al anche caffé, alla pasta, al riso, alle caramelle, ai legumi, alle spezie, e alla frutta secca. Numerose, poi, le grandi catene di distribuzione che stanno orientando in questo senso le proprie iniziative commerciali (Coop, Auchan, Crai). Seguiranno post di maggiore dettaglio: nel frattempo, cliccando qui, si può firmare la petizione per la presenza di distrubutori alla spina presso i centri commerciali.